«Allora
ci vediamo domani, amore» Una ragazza mora avvicinò le labbra a
quelle del suo fidanzato, baciandolo velocemente.
Quest’
ultimo si limitò a sorridere, ignorando lo sguardo
raggelante che il suo
amico gli aveva appena mandato.
«Stammi
bene, tesoro» rispose, sorridendole. Beatrice
ricambiò con un certa
felicità impressa sul viso; finalmente aveva ciò
che desiderava tanto.
Messini scosse
la testa, alzando gli occhi al cielo. Il fatto che lui stesse
con un'altra era davvero irritante. Beh, sì, anche lui stava
con quella
piattola di Natasha, ma non era la stessa cosa.
Non
l’amava. Invece Alain amava Beatrice, su questo ne
era certo.
Lo captava ogni
volta che si baciavano e si tenevano mano per la mano. Quei due
erano perfetti. Forse sbagliava ad andare dietro clandestinamente al
biondo.
Ma una cosa era
certa: lui ci stava e con piacere.
«Ciao,
amoruccio mio!» Natasha gli saltò al collo
leccandogli le labbra, come
suo solito «Mi mancherai!»
«Dio,
Nati, saranno solo un paio d’ore e poi ci
rivedremo!» esclamò sarcastico,
evitando accuratamente di aggiungere un purtroppo.
Lei
ridacchiò.
«Lo
so, sono incorreggibile!
Ciao, amore» e gli pizzicò le guanciotte, mentre
lui faceva una smorfia irata.
Alain si lasciò scappare un risolino.
«Non
strapazzarlo più, andiamo» la tirò dal
braccio l’amica «Altrimenti
facciamo tardi stasera. Mi raccomando, siate puntuali!»
Dopo aver fatto
l’ occhiolino
ai ragazzi, Beatrice tirò Natasha dalla mano e si
allontanarono.
«Vita
mia, ci vediamo dopo!» diceva quest’ ultima, mentre
l’altra la spintonava
via.
Messini rimase
ad agitare la mano, rassegnato: cos’ aveva di così
speciale
nell’aver fatto innamorare perdutamente quella piovra?
Aveva
diciotto anni compiuti a maggio, e questa storia tirava avanti da
quando ne
aveva quattordici. Per dinci, un po’ di libertà!
Un po’
di libertà nel frequentare altre persone, ragazze, ragazzi...
Gettò
uno sguardo ad Alain, che osservava la direzione in cui erano sparite
le
loro fidanzate.
Accorgendosi
dello sguardo del moro, si voltò subito un po’
imbarazzato.
«Ehm,
allora, andiamo?»
Non
prima di averti assaggiato.
Messini
ghignò. Non portava nulla di buono quel sorriso. E se era
per questo,
non portava nulla di buono lui stesso.
Alain fece di
tutto pur di non scomporsi. Ogni volta la stessa storia: ci
cascava come un salame.
La
verità era che non faceva altro che pensarlo, desiderarlo,
volergli
stringere la mano. Sapeva benissimo che tutto quello che stavano
facendo alle
spalle di Beatrice e Natasha era un maledetto sbaglio, ma... non
poteva più
fare a meno di lui.
Di
Matteo Messini.
Una droga come
un’altra, ma una droga potente. Una droga che lo aveva
destato
dal suo piccolo mondo infernale e, forse, gli stava facendo scoprire un
altro
senso dell’ amore che già conosceva.
Un
amore folle, mai provato con nessuno.
Nemmeno con la
sua ragazza. Eppure, sapeva di provare determinati sentimenti
per la sua Bea.
L’
adorava e non l’ avrebbe lasciata mai.
Ma Beatrice era
Messini? Sapeva dargli le emozioni che provava ogni volta che
si avvicinava a lui, lo sfiorava, lo attirava a sé con un
bacio? Se lo chiedeva
ogni sacrosanto giorno ed ogni volta si rispondeva di no.
Ma non
l’ avrebbe mai ammesso. Era orgoglioso, e Dio, doveva
resistere.
Doveva resistere
a quel ragazzo che gli aveva rubato il cuore da qualche mese a
quella parte.
E
così la pensava anche l’ altro.
Incominciata
per gioco, finita per amore.
Diamine, lo
sapeva fin troppo bene che Alain era un ragazzo. Se era per quello,
aveva anche un anno in meno di lui, ma che importava?
Se perdi la
testa, la perdi per chi ti riserva il fato.
Il destino aveva
voluto che Matteo Messini, nemico per
eccellenza di Alain Brandi, dovesse
innamorarsi proprio di quest’
ultimo.
Lui aveva quello
che Natasha non possedeva. Alain era il suo angelo
biondo, la sua àncora.
Alain era tutto
d’ amare, d’assaporare... Non era vuoto e segnato
come la castana,
no.
Alain era il suo
sogno d’amore da mesi, e non avrebbe permesso che glielo
portassero via.
A costo di dover
litigare con Beatrice.
Alain
apparteneva a lui.
Anche se alle
volte si faceva desiderare, o faceva il cacasotto dalla paura.
Eh
sì, la paura di ammettere i propri sentimenti, la paura di
farsi scoprire,
la paura che lui amasse lei.
Lo pensava
spesso, e Messini, il quale riusciva a scorgere facilmente i sentimenti
altrui, aveva paura che l’altro non l’ avrebbe mai
amato.
Paura infondata,
ma probabile.
Quando
ami, ami con la paura di non essere corrisposto.
E sperava di
sbagliarsi, ogni volta che lo guardava nelle sue iridi verde
cristallino.
Gli
passò una mano sul viso, lentamente.
Il biondino
pensò di scansarsi. Non aveva mai adorato fare le cose alla
luce
del sole.
Ma erano in un
vicolo dove non c’ era anima viva nei paraggi.
E aveva bisogno
delle sue carezze.
Bisogno
come l’aria.
Aria che gli
mancava non appena lui lo guardava fisso.
«Di
già?» sussurrò Messini, mentre
l’ altro deglutiva. Le sue provocazioni
erano sempre pericolose.
Erano rischiose
e lo facevano finire con lo starci scioccamente.
«Mmh»
disse solo, voltando la testa dall’ altro lato.
«Smettila
di fare così» il moro gli prese il volto tra le
mani «Siamo soli»
Alain si morse
un labbro. Perché doveva sempre metterlo in
difficoltà?
«E
cosa cambia?» chiese, guardandolo negli occhi caramellati.
Lui sorrise. Tra
i due era di certo il più coraggioso.
Era una
qualità che si riconosceva spesso e ne andava fiero.
«Non
ha importanza» disse, un centimetro lontano dalle sue labbra
«E ti prego,
non allontanarmi»
Sembrava quasi
una supplica. Fu per questo che Alain sentì i battiti del
suo
cuore accelerare notevolmente. Fatto sta, che il bruno aveva
già infilato la lingua
nella sua bocca, mettendogli una mano sulla nuca bionda per manovrarlo
a suo
piacere.
Il ragazzo si
lasciò baciare. Messini era come un turbine di mezza
stagione: travolgeva.
Pian piano,
mentre il bacio si faceva più irruento, circondò
la sua schiena con
le braccia lasciandosi cullare da quelle sensazioni che gli
percorrevano il
corpo.
Un
brivido caldo, se così si poteva definire.
Soddisfatto,
Messini ritrasse la lingua lasciando il compagno con gli occhi
ancora socchiusi.
I capelli
d’oro leggermente bagnati e scompigliati, incorniciavano il
viso
perfetto.
Era
irresistibile.
«Stronzo!»
sbottò Alain, spintonandolo. Prima lo baciava dietro un
vicolo e poi
lo lasciava patire sul più bello. Stronzo.
L’altro
ghignò, afferrandolo per un braccio.
«Ahia,
il gattino si
è arrabbiato!»
«Non
chiamarmi così!» lo ammonì il biondo
«Sei uno stronzo e basta! Lasciami
stare, è tardi, dobbiamo andarcene»
Bloccandolo
ancora, Messini fece una smorfia.
«Pensi
voglia rifugiarmi tra le
braccia di Natasha? Pensi io sopporti le piovre come lei? Cadi male, amico»
Fu quella parola
che fece sentire una fitta allo stomaco ad Alain. Dopo tutto
quel tempo lui lo considerava un amico? No, loro due non erano affatto
amici.
Non lo sarebbero mai stati per via dei caratteri troppo diversi e per
via
della sfacciataggine dell’
altro. Non avrebbero condiviso
niente se non un semplice saluto. E allora perché si faceva
trattenere il
braccio da quell’idiota?
E
perché adesso questi lo stava spingendo contro una macchina?
«Sei
testardo, molto testardo» commentò il moro, mentre
con una gamba lo
bloccava e gli passava una mano tra i capelli.
«Che
cosa vuoi da me?» Il suo non era più di un
sussurro, mentre abbassava gli
occhi verdi in direzione dell’ asfalto.
«Credevo
lo sapessi cosa voglio» L’altro, con un gesto
rapido, afferrò una mano
del ragazzo e la baciò piano, sfiorandone ogni dito.
Alain lo
guardava mordendosi il labbro inferiore. Ci voleva solo un miracolo
per fermarlo.
In breve, come
aver ascoltato le sue preghiere, piccole gocce caddero dal cielo
come coriandoli colorati. Sia Messini, che lui volsero gli occhi sopra
di essi,
contemplando la pioggerella che stava colando rapida.
«Piove»
fu ciò che disse il biondino come per mettere la parola
“fine” alle
provocazioni dell’altro.
Questi, intanto,
si era allontanato da lui e continuava a guardare fisso il
cielo.
Amava
la pioggia. Era un qualcosa che lo
rendeva felice senza
un motivo.
Una candida
liberazione.
Aprì
le braccia cercando di bagnarsi il più possibile sotto lo
sguardo perplesso
del compagno, che al contrario odiava le giornate piovose.
«Cosa
diavolo fai?» domandò, trovando riparo sotto un
vecchio balcone.
Il brunetto
aprì la bocca assaporando il gusto di quel getto
d’ acqua che cadeva
a picco sopra la sua testa.
«Amo
la pioggia! Amo sentirla!»
All’esclamazione
del ragazzo, Alain si grattò per una attimo la testolina
bionda.
Messini era
alquanto strano. Come stranezze raggiungeva il primo posto: non
smetteva mai di stupirlo. Ecco perché continuava a stargli
dietro.
«Tu
sei tutto pazzo» fu il commento che arrivò subito
dopo.
Il castano si
fermò un attimo con gli occhi che brillavano di uno strano
bagliore.
«Sono
pazzo di te» mormorò, prima di prenderlo per mano
e trascinarlo con lui
sotto le goccioline del neo-acquazzone.
Parve di vederlo
sorridere prima di affondare la testa nell’incavatura del suo
collo.
Forse aveva
sentito. Aveva sentito ciò che non gli avrebbe
ripetuto.
Perché
lui l’ amava e ne era certo. Ne era certo come il suo nome
stesso,
ma... non poteva dirgli una cosa
del genere.
Lo avrebbe fatto
solo soffrire.
Bastava solo
stringerlo e baciarlo, niente di più.
Almeno
per ora.
«Andiamo
a casa, adesso» disse, spingendolo in avanti «Non
vorrai restare qui a
bagnarti le ossa!»
Alain sorrise
per la prima volta in quei dieci minuti, lasciandosi guidare dal
ragazzo che gli aveva fatto riscoprire il bisogno
dell’ amore.
L’
amore che provava per lui.
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