Perché sono pazzo

di ImperioMagicum
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DATEMI UN COPIONE

Datemi un copione, vi prego. Da troppe settimane non recito più e rischio di morire. Voglio di nuovo delle prove per far spettacoli, monologhi, dialoghi, anche pantomime. Il mio corpo si irrigidisce senza il passo sul legno della scena, il mio viso si fossilizza nello sguardo del semplice spettatore. Voglio di nuovo utilizzare la mia voce alla sua massima potenza, voglio ancora sentirmi correggere la pronuncia, voglio di nuovo qualcuno che mi chieda di leggere la frase lentamente, con ritmo e passione. Voglio di nuovo il brivido del pubblico, voglio ancora le risate dietro alle quinte, voglio di nuovo le bestemmie sottovoce che si lanciano per zittire i giovani attori rumorosi. Voglio di nuovo le prove da otto ore la domenica, capaci di far arrivare il regista allegro a sera senza fargli percepire uno stipendio. Voglio di nuovo le ore di montaggio, sentire l'odore del legno di scenografia sulle mie mani sudate e doloranti, le bestemmie ed i calci alle porte sghembe che non vogliono entrare nei cardini. Voglio di nuovo le canzoni, ignote a voi lettori, che cantavamo in spogliatoio fino a pochi mesi fa prima dell'entrata in scena. Voglio ancora un girotondo e gridare "Merda merda!" sculacciando il sedere di colleghi registi e colleghe. voglio un solo regalo: poter terminare gli spettacoli di quest'anno prima di ritrovarmi in università, voglio fare Tito in "Centocinquanta la gallina canta", recitare assieme alla ragazza con cui posso condividere una canzone partigiana, rendere fiero di noi il vecchio regista che ha appena perso la vista ad un occhio e merita di poterci vedere, un'ultima volta, ed essere fiero di noi e del suo laboratorio che dura da ormai 34 anni.

"Ma che aspettate a batterci le mani?
A metter le bandiere sul balcone?
Sono arrivati i re dei ciarlatani,
i veri guitti sopra il carrozzone
venite tutti in piazza tra due ore
vi riempirete gli occhi di parole
la gola di sospiri per amore
ed il cuor farà seimila capriole...

e non temete se la notte è scura
abbiamo trenta lune di cartone
con dentro le lanterne col carburo
da far sembrar la luna un solleone..."

( Ma che aspettate a batterci le mani, Dario Fo ) 








 




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