Gray afternoons, long silences, unspoken forgiveness

di _Equinox
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Vecchi ritrovamenti tra i documenti dell'altro PC portano a questo e un po' di AtsuAfu non fa mai male, anche se io dovrei essere a studiare storia medievale dannazione.

Quei pomeriggi piovosi e cupi gli piacevano molto. Gli ricordavano Hokkaido e le giornate trascorse con suo fratello a giocare nel giardino, il cui terreno scivoloso si riempiva di tanti piccoli specchi d’acqua, infranti poi dai loro piedini e dalle galosce in gomma. Crescendo, aveva però iniziato ad apprezzare anche il bel tempo, specialmente quando il sole, nei momenti più radiosi, dava a ogni cosa una luce più colorata. Allora si ritrovava a pensare a quanto il proprio compagno, nonché coinquilino da sei mesi, assomigliasse davvero tanto a quell’abbagliante stella diurna e, in un certo senso, riuscisse a illuminare persino una nuvola imbronciata come lui.
Tutti quei pensieri, misti alle varie nozioni che stava provando ad assimilare dagli appunti, finirono con lo spostarsi sulla discussione avvenuta quella mattina – qualcosa di stupido, come spesso accadeva, ma sfociato in insulti non esattamente leggeri, da parte di entrambi. Senza rendersene conto, Atsuya si era detto mentalmente che, forse, vista la piega presa dalla relazione nell’ultimo periodo, sarebbe stato il caso di tornare alla normalità, fingendo che quel raggio di sole dai capelli fin troppo lunghi e curati non fosse mai entrato a far parte del suo grigiore. Si maledisse subito dopo, perché a lui stare lontano da Aphrodi non faceva bene – e persino Shirou, che con un altro biondo ci aveva a che fare da più tempo, glielo aveva sottolineato.
Sospirò sonoramente, raccogliendo i libri sul letto, deciso a scendere in cucina per provare anche solo a instaurare una conversazione civile con l’altro. Studiare, almeno finché si trovava in quella situazione, era fuori discussione. Si mise allora in piedi, poggiò i tomi sulla scrivania e camminò versò la porta scorrevole in legno chiaro. Non sapeva cosa avrebbe detto al fidanzato, ma ci avrebbe pensato nel breve tragitto. Quando però sentì i passi leggeri di Afuro sul parquet, ebbe l’istinto di tornare di corsa sul materasso, raccogliendo al volo il volume di disegno industriale e il quaderno degli appunti, per poi far finta di nulla.
Terumi varcò la soglia della stanza con quanta più nonchalance possibile, cercando di non soffermarsi sul profilo definito di Fubuki, sui muscoli appena accennati che si intravedevano dalla canotta e sulle labbra avvolte intorno alla matita. Fece un respiro profondo, poi ancheggiando si diresse dall’altro lato del letto, poggiando con poca grazia la tazza di cioccolata calda sul comodino del rosso e prendendo posto accanto a lui sulle coperte. Non si preoccupò di mettersi composto o di dire altro, recuperò solo la Nintendo Switch da sotto al cuscino e, con il volume al minimo, si mise a giocare ad Animal Crossing, perché tanto gli esami li aveva già finiti, lui. Sapeva di avere lo sguardo argenteo dell’attaccante su di sé, perché di proposito era entrato con solo una maglietta larga addosso che, vista la posizione, aveva lasciato scoperta parte dell’inguine – e, coincidenza, la biancheria intima era tutta a lavare.
Alla fine, non si meravigliò quando sentì il fruscio delle pagine richiuse e una mano delicata tra i ciuffi scompigliati.




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