Our last Christmas
Questa
storia è legata all'universo alternativo della
serie Cosa tiene accese le stelle,
ed è ambientata un paio di anni prima dell'inizio della
stessa. I personaggi protagonisti sono miei OC, introdotti in "Di vecchie dissonanze e nuovi duetti".
Our
last Christmas
Ottobre
1995
È una tranquilla
mattina di inizio ottobre, a Hogwarts, tremendamente ordinaria e noiosa.
La maggior parte
degli studenti è immersa nella propria assonnata colazione,
un lieve brusio a
fare da sottofondo, mentre i ritardatari si stanno accomodando or ora
con
grandi sbadigli e occhi cisposi. C’è chi rischia
di addormentarsi sulla propria
tazza, chi finisce di redigere il tema di Trasfigurazione per compito,
chi
legge la Gazzetta del Profeta appena recapitata e chi si abbuffa di
pancetta e
uova.
Una tranquillissima,
ordinaria e noiosa colazione in Sala Grande in una serena mattina di
inizio
ottobre.
Per lo meno fino a
quando un gufo reale di maestose dimensioni plana elegante con mille
giravolte
nella Sala, una spessa busta dalla carta color blu notte nel becco. Gli
studenti del primo anno in grado di tenere entrambi gli occhi aperti lo
ammirano tutti estasiati, mentre quelli delle classi successive che a
loro
volta si sono già scrollati di dosso il torpore delle
coperte si limitano a
contemplarlo per pochi istanti, per poi ritornare alla propria
colazione –
ordinaria amministrazione di ogni anno.
Il gufo atterra
imponente al tavolo Grifondoro, proprio ai posti corrispondenti agli
studenti
del settimo anno, e per la precisione davanti a Nathaniel Ghisler,
voltato a
discutere animatamente con il Tassorosso seduto alle proprie spalle, e
Charlotte Sheridan. La ragazza, la guancia sprofondata nel palmo della
mano, un
occhio chiuso e un gomito a tenere ferme le pagine, è
immersa nella lettura di
un libricino dalla copertina viola, mentre rimescola distrattamente la
tazza di
latte e cereali che ha di fronte. Nessuno dei due Grifondoro pare dar
segno di
accorgersi dell’animale, e continuano imperterriti le proprie
occupazioni senza
nemmeno rivolgergli il minimo sguardo.
Indispettito da
tanto disinteresse, con un lampo di biasimo negli occhi ambrati il gufo
becca
la mano della ragazza. Al terzo richiamo volutamente più
veemente dei
precedenti – Maledetta bestiaccia, mi ha lasciato
il segno! –, Charlotte
si decide a distogliere l’attenzione dal romanzo e dedicarla
al proprio molestatore
pennuto.
“Damnú air!”
impreca a denti stretti, mentre il gufo deposita pomposo la
missiva e con
il consueto cipiglio altezzoso accetta i biscotti che la ragazza gli
porge,
prima di riprendere il proprio volo. “Hanno già
scritto? Troppi problemi
affliggono quelle megere… Nat!” chiama
picchiettando la schiena del fidanzato
sedutole affianco.
“Lots, cosa…?”
inizia a domandarle il ragazzo, ma non fa in tempo a voltarsi che
Charlotte gli
sventola seccata la busta davanti al viso. Come è possibile
che sia già
arrivata la lettera? Non è ancora
passato Halloween, non può essere
seriamente lei. Eppure lo è
inequivocabilmente: busta blu notte delle
grandi occasioni e il sigillo del sindaco impresso sulla ceralacca
dorata,
nonché la consueta intestazione «a tutti
i ragazzi di Port» vergata
dalla rigida calligrafia di sua nonna.
“Ma siamo solo al…
che giorno è oggi?” ribatte Fabian Gallagher, che
si è alzato dalla tavolata
Tassorosso per avvicinarsi ai propri migliori amici e analizzare meglio
la
situazione.
“Il sette ottobre,”
suggerisce scuotendo rassegnata il caschetto corvino Caitriona Kelley,
Tassorosso del sesto anno e a sua volta membro del cosiddetto Gruppo
dei Ragazzi
di Port, mentre si sbraccia per avvisare quanti
più affiliati possibili
della stessa combriccola.
“Sette ottobre!”
scandisce inviperita Charlotte, assottigliando i furenti occhi blu e
passando il
funesto involto a Nathan. “Sarà meglio per loro si
tratti di qualche calamità
che ha improvvisamente travolto il villaggio e non della lista di
preparativi
per Natale. Potrei non rispondere delle mie azioni in tal
caso,” afferma
perentoria, indirizzando una tale occhiata alla lettera da incenerirla,
se
disgraziatamente ne avesse il potere.
Intanto, richiamata
da Caitriona e dal successivo passaparola, una trentina di ragazzi,
tutti
visibilmente spaesati o in taluni casi allucinati, si è
radunata attorno al
tavolo Grifondoro in attesa che Nathan si decida a scartare
l’involucro e
rivelarne il contenuto.
Impaziente di vedere
smentiti i propri peggiori incubi, Charlotte si arrampica in ginocchio
sulla
panca e sbircia il messaggio da sopra la spalla del fidanzato.
“Léan air!”
inveisce nuovamente la ragazza, sprofondando teatralmente il viso
contro la
schiena del giovane. “Sono realmente gli
ordini supremi da parte del
Circolo delle Banshee per Natale,” biascica esasperata,
scatenando nel resto
del gruppo le medesime reazioni.
A Port – Donegal,
Irlanda – le festività sono una faccenda di tutto
riguardo, nessuna esclusa, da
San Patrizio alla Fondazione fino agli onomastici. Un vero e proprio
affare di
stato – o per meglio dire di villaggio – da cui
nessuno viene escluso e in cui
ciascuno deve svolgere meticolosamente la propria parte.
Tuttavia il Natale si
colloca su tutt’altro livello, nell’elenco delle
priorità di Port: è una
questione serissima, sissignore, quasi di vitale importanza. A tal
punto da
richiedere la messa in campo dell’artiglieria pesante e la
pianificazione di
ogni singolo dettaglio con un mese di anticipo, così che a
metà novembre i
compiti vengono ufficialmente ripartiti tra gli abitanti. A quel punto
il gufo
reale del sindaco, messaggero ufficiale del villaggio, sorvola
l’oceano fino
alla Scozia per aggiornare anche i ragazzi a Hogwarts delle mansioni di
cui
dovranno occuparsi, in modo che possano arrivare a Port per le vacanze
adeguatamente organizzati.
Coordinatore
indiscusso delle celebrazioni di qualsiasi sorta è il
Circolo delle Banshee,
ovvero il nutrito gruppetto di anziane e strenue custodi delle
tradizioni che,
armate di bacchette e fatture pronte sulla lingua, supervisionano e
dirigono
l’intero lavoro dei compaesani. Tra di loro il Natale viene
progettato molto
prima – c’è chi afferma inizino ancora
il giorno successivo all’Epifania – e
con meticolosa precisione anche per tutte quelle inezie a cui nessuno
presterebbe mai attenzione. Come la lunghezza dell’orlo delle
tovaglie: chi
potrebbe mai notare si tratti di tre o quattro centimetri? E cosa
potrebbero
compromettere quei dieci millimetri in più? La risposta, per
il Circolo, è una
sola: cambiano tutto, rovinano tutto. Per questo
discutono e
architettano e discutono ancora, sedute sulle panchine della piazza o
su una
sedia di fortuna sulla soglia di casa propria, mentre correggono e
ritoccano
bozze con colpi di bacchetta – pigri, seccati o autoritari a
seconda dei casi
–, intavolando dispute accesissime sull’ordine
delle carole o il colore dei
tovaglioli.
Tutto deve essere
perfetto per Natale, quasi che si rischi Azkaban
nell’abominevole caso in cui
le lanterne a illuminare le stradine siano quattrocentodieci invece che
quattrocentotrentadue.
Delle versioni scrupolose
e maniacali di Peeves il Poltergeist, reputa Charlotte, ma ugualmente
snervanti
e assatanate. Ronzano per le vie armate di elenchi e bacchette, pronte
ad
affatturare chi non svolga al meglio il proprio ruolo, o ad accollarne
di nuovi
a qualche malcapitato trovatosi per ironia della sorte sulla loro
strada. Uno
sciame di Pixie della Cornovaglia indaffarato e per di più
sovraeccitato
dall’ansia da prestazione, che costringe l’intera
cittadinanza a portarsi
avanti con il lavoro un mese prima della festività.
Un’assoluta blasfemia,
a sentire Charlotte, fermamente contraria al ritrovarsi invischiata in
qualcosa
che richieda ci si organizzi con largo anticipo – o qualsiasi
tipo di anticipo,
a essere onesti. La filosofia di vita che porta avanti da
più di diciassette
anni prevede si faccia tutto all’ultimo: ci ha provato a
prendersi per tempo, sul
serio, ma ogni volta tutte le sue buone intenzioni sono
andate a fare
compagnia ai Nargilli di cui blatera la Lovegood. Nemmeno con lo studio
è in
grado di applicarsi: i compiti li esegue tutti con diligente
precisione
e puntualità, ma per gli esami studia seriamente solo a
ridosso degli stessi,
ripetendo da anni di riuscire a dare il meglio di sé sotto
pressione – i
G.U.F.O. superati con il massimo dei voti ne sono la chiara
testimonianza,
reputa.
Per questo, per quanto
ami il Natale, odia con tutta se stessa l’Avvento e i vari
allestimenti che le
sottraggono tempo prezioso da trascorrere con i propri migliori amici o
a
leggere, obbligandola a pensare un mese in avanti, subissata altrimenti
di
richiami all’ordine ogni due giorni. Una vera tortura, a suo
giudizio,
amplificata ora all’ennesima potenza. Sette
ottobre: da uscirne pazzi come
quelle sciroccate, poco ma sicuro!
Che poi, quello che
veramente non riesce a comprendere è la necessità
che tutto sia irreprensibilmente
impeccabile: sono poi sempre loro, non viene certo il Ministro della
Magia in
persona! Port conterà una ventina o poco più di
famiglie che si conoscono da sempre:
il bisogno di essere ineccepibili non riesce proprio a
coglierlo.
Davvero, un conto è
accordarsi su cosa cucinare per il pranzo del venticinque in piazza,
così da
non ritrovarsi con quaranta bottiglie di Ogden Stravecchio e
trentasette
Christmas Pudding, un’altra misurare metro alla mano la
distanza tra i piatti e
le posate. Forse sarà che dall’alto del proprio
caotico disordine non riesce a
cogliere la logica sottesa a tutti questi sforzi che giudica
completamente
futili, ma le pare una tale assurdità…
Se c’è una cosa che
il Circolo delle Banshee sa egregiamente fare, comunque, è
ammazzare tutto
l’entusiasmo della gente con le proprie fissazioni.
“Ma che bisogno c’è
di iniziare a ottobre?”
rantola accorato
Sean McKinley, Corvonero del quinto anno che si trova già in
pieno studio
intensivo per i G.U.F.O. e sperava di avere a disposizione ancora un
mesetto di
ripasso indisturbato.
“A quanto pare –
cito testualmente –,” chiarisce Nathan, “quest’anno
dobbiamo fare le cose in
grande.”
“Perché si sa che solitamente
ci limitiamo a scambiarci gli auguri,” ribatte caustico Aidan
Kelley,
Serpeverde e fratello minore di Caitriona, incrociando le braccia al
petto.
“Immagino si
riferiscano velatamente allo scorso anno e allo scempio che a parer
loro ne è
derivato…”
“Scempio, non
esageriamo, è stato solamente un po’ sotto tono
rispetto al solito.
Ingigantiscono sempre tutto.”
“No, beh,
effettivamente è stato un fallimento tale da meritare una T
nella scala dei
Natali, e sono ancora buono.”
Le festività del millenovecentonovantaquattro,
a voler essere onesti, sono state decisamente ben al di sotto del
consueto
standard di Port, con un susseguirsi dopo l’altro di intoppi
che hanno quasi
causato la celebrazione del funerale collettivo di tutte le anziane del
Circolo, colpite da infarto simultaneo ripetutamente.
In primo luogo, Silente
ha permesso lo svolgimento di quelle bestialità
del Torneo Tremaghi e
del conseguente Ballo del Ceppo, a cui nessun ragazzo ha voluto
rinunciare. Per
risolvere l’inghippo è stato faticosamente trovato
il compromesso di far
rincasare il mattino successivo con la Metropolvere i ragazzi
attardatisi a
scuola, costringendo a ripiegare sui bambini più piccoli per
le celebrazioni
del ventiquattro.
Poi Fabian
Gallagher, colonna portante del gruppo musicale del paese,
nonché prima voce
maschile e solista del Coro dei Ragazzi (i nomi altisonanti,
estremamente
fantasiosi e corredati di maiuscole sono una costante a Port), si
è ritrovato
allettato e impossibilitato a cantare o suonare.
O’Brian Padre si è
scolato quattro bottiglie del delizioso e fortissimo liquore al sambuco
di
Melissa Doherty, sfracellandosi sulla tavolata dei dolci e spedendo
tutti i
manicaretti a imbrattare abiti e capelli dei vicini, nonché
il suolo, in
maniera irreversibile e prima che chiunque potesse assaggiarne anche
solo una
briciola. E questo solo per citare alcune disgrazie.
Ne consegue che ora
gli sforzi del villaggio mirino tutti nella direzione opposta, per
assicurarsi
che il millenovecentonovantacinque adombri con la propria sfavillante
perfezione gli incidenti disseminati a tradimento lungo la strada che
torna
indietro, anno dopo anno, fino agli inizi.
E perché potrebbe
anche essere l’ultimo, aggiunge mentalmente Charlotte. Ma
questo nessuno ha
l’ardire di ricordarlo a voce alta, non ancora – si
sa che, a differenza dei
sogni, gli incubi a dirli si avverano. Eppure lo sanno – lo
hanno sempre saputo
– che non era davvero finita, e se solo il pensiero li ha mai
sfiorati sono
stati degli sciocchi, dei codardi o degli illusi. Nessuno è
morto finché non si
identifica il cadavere, dovrebbero ricordarsi tutti che questa
è la prima
regola delle guerre; e se il morto manca, allora non si è
vinto, solo ritardato
lo scontro. Per vincere non basta prendere l’Anello, serve
distruggerlo – ma i
maghi non li considerano, i libri babbani.
Così forse ci sarà
un’altra guerra, e forse questo sarà il loro
ultimo Natale, e forse invece no,
ne avranno altri ancora e ancora, ma nel caso… solo nel
caso, ma metti mai,
meglio essere preparati.
“Ovviamente questo
dovrà essere il Natale più spettacolare che si
sia mai visto da… beh, dall’anno
zero come minimo, così da sotterrare il ricordo del
precedente.”
“A essere precisi
dal sette o quattro avanti Cristo.”
“Eh? Ma che vai
dicendo, se siamo avanti Cristo non si può parlare ancora di
Natale.”
“Per tutti i
Leprecani dell’Ulster, c’è stato un
errore di calcolo, lo sanno pure i goblin…”
“Sì, bene, fine della
lezione di storia, Charlotte,” la blocca pratico Nathan,
afferrandola per un
polso e costringendola a sedersi composta al proprio fianco.
“Qualsiasi sia la
motivazione, questi sono i nostri incarichi per quest’anno, e
a meno di voler
essere sommersi di Strillettere – o peggio – ci
conviene eseguire il tutto
senza troppe lamentele. Non finisce mai bene per chi prova a
contrastare i loro
piani, lo sapete, ottobre o novembre che sia.”
“Ehm ehm!”
tossicchia garbatamente la professoressa Umbridge alle spalle del
circolo di
studenti creatosi attorno ai due Grifondoro, un sorrisetto lezioso
stampato sul
viso da rospo e un completo rosa ricolmo di fiocchi, così da
renderla simile a
un pacco regalo – non particolarmente gradito, tra
l’altro.
Tutti gli irlandesi
si voltano nella sua direzione, chi con sguardo perplesso, chi
intimorito e chi
di astio malcelato.
“Vorrei ricordarvi
il Decreto Didattico Numero Ventiquattro, miei cari,” trilla
stucchevole
l’insegnante, posando delicatamente i propri artigli laccati
di rosa sulla
spalla del piccolo e timidissimo Owen McGowan, il quale si ritrae
subito
terrorizzato e a ben vedere anche un po’ disgustato.
“Ma non esiste
nessun Decreto Didattico Numero Ventiquattro,” osserva
diligente Charlotte, che
in quanto Caposcuola si è studiata l’intero
regolamento di Hogwarts, ultimi
emendamenti inclusi, e verso cui hanno tutti rivolto tacite richieste
di
intervento.
“Certo che sì, è
entrato in vigore questa mattina, e conferisce
all’Inquisitore Supremo – che
sarei io – il potere di sciogliere
organizzazioni, società, squadre,
gruppi e circoli di studenti – e con questo si
intende l’incontro regolare
di tre o più studenti per qualsivoglia ragione –
in qualsiasi momento lo reputi
opportuno. Nessuna organizzazione, società, squadra, gruppo
o circolo può esistere
senza previa conoscenza e approvazione dell’Inquisitore
Supremo, pena
l’espulsione.”
Investita del
proprio ruolo di portavoce del corpo studentesco, nonché di
membro anziano del
Gruppo di Port, Charlotte tenta nuovamente di ribattere per
puntualizzare come
a suo giudizio il loro non possa rientrare nell’elenco dei
ritrovi incriminati
– o dovrebbero reputare come tali anche le quattro Case
–, ma viene anticipata
dalla vocina affettata della donna.
“Vi consiglio
pertanto di recarvi in aula per le lezioni. Immediatamente. Non
vorrei
mai vedermi costretta ed espellere qualcuno di voi!”
Non sapendo bene
come comportarsi per evitare inutili spargimenti di sangue di primo
mattino,
Charlotte fa cenno col capo agli altri di eseguire
all’istante gli ordini della
Umbridge. Ne riparleranno appena possibile, lascia intendere con un
gesto
apparentemente meccanico della mano. I ragazzi seguono le istruzioni
dettate
loro dalla giovane Sheridan, e si allontanano a gruppetti diretti nelle
rispettive classi, mentre quest’ultima si domanda per quale
malaugurata
circostanza l’abbiano posta al comando. Prendere decisioni
per l’intero gruppo
non rientra tra le sue massime ambizioni, tutt’altro, la vita
le appare molto
più rassicurante quando a prenderle è qualcun
altro e può rintanarsi nel suo
angolino, cercando di non attirare l’attenzione di nessuno su
di sé. Ma lei,
Nathan e Fabian sono i più grandi, ora, e ovviamente Silente
ha ben pensato di
nominarla prima Prefetto e poi Caposcuola.
Ad aggravare la situazione
è giunta la nuova insegnante: non sa fino a quando
riuscirà a sostenere quel
rospo in gonnella che si arroga il diritto di insegnare –
guardarci leggere,
a voler essere precisi –, e rispondere con
diplomazia alle sue continue
insinuazioni e provocazioni, mostrandosi sempre un irreprensibile
modello di
studentessa. A inizio anno si è imposta di non darle alcun
motivo di sorta per
sottrarle la spilla da Caposcuola – non
l’avrà cercata, ma in fondo è ben
orgogliosa della nomina – e intende mantenere quella
decisione.
Tuttavia non ha
nemmeno intenzione di voltare la testa dall’altra parte di
fronte alla crudeltà
della donna: un conto è essere tanto dementi
da negare il ritorno di
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, un altro essere volutamente
dispotiche e
malvagie. Per questo motivo ha accettato di far parte del gruppo di
Difesa che
stanno organizzando Potter e i suoi amichetti, per quanto
l’idea di avere come
insegnante quel ragazzino estremamente fortunato e
ancora al quinto anno
non la alletti particolarmente. Continua a ritenere che Finn
o Ryan, due
Auror addestrati da Moody e zio Duff, sarebbero scelte decisamente
più sagge –
d’accordo, forse Ryan non si lascerebbe mai convincere, ma
è sicura che il
cugino sarebbe invece entusiasta e ben disposto ad aiutarli in qualche
stanza sul
retro della Testa di Porco –, ma per il momento le basta fare
qualcosa contro
la Umbridge, anche assistere a lezioni tenute da Potter su come
Disarmare. Cosa
che, tra l’altro, è in grado di fare benissimo
senza il suo aiuto.
“Oh, signorina
Sheridan,” chiama la vocetta mielosa
dell’Inquisitore Supremo, mentre Charlotte,
abbandonata l’idea di latte e cereali per colazione, sta
afferrando una
manciata di biscotti e il proprio romanzo per rifugiarsi
nell’aula di Pozioni
con i due amici. “Non ho potuto esimermi
dall’osservarvi poco fa, e purtroppo
non mi risulta che abbia problemi di postura, così come il
signor Ghisler qui
presente. Converrà con me, dato anche il ruolo di esempio
che ricopre presso
gli studenti più giovani, che sarebbe più
appropriato in futuro mantenere
consone distanze tra di voi o chiunque altro,” ammonisce,
rivolgendo un
eloquente sguardo a Fabian, mentre Charlotte avvampa vistosamente.
“Buona
giornata a tutti e tre!”
Afferrate le proprie
cartelle, i ragazzi si affrettano a seguire la scia degli amici e
dirigersi
verso la comune lezione nei sotterranei – incredibile come
anche Piton possa
apparire una valida ancora di salvezza in confronto alla donna.
“E adesso come
accidentaccio facciamo?” domanda Fabian, passandosi irritato
e al tempo stesso
preoccupato la mano tra i capelli biondi. “Non abbiamo mai
avuto bisogno di un
club ufficiale per le prove del Coro, ma dubito che quella…
quella…”
“Figlia di anfibio?” suggerisce
Charlotte, provando a dare
voce ai pensieri dell’amico e facendo scoppiare a ridere gli
altri due.
“Sì, è precisamente
quel che intendevo, grazie a mhuirnín,”
riprende il ragazzo schioccandole un bacio sulla guancia.
“Piano con le effusioni,
o il rospo potrebbe prenderne spunto per compilare il Decreto Didattico
Numero
Venticinque,” ribatte alzando gli occhi al cielo Nathan,
fingendosi scocciato
per il comportamento dei propri migliori amici. Non è mai
stato un tipo particolarmente
geloso, e nel caso è perfettamente in
grado di dissimularlo sotto strati
e strati di abitudinario distacco, controllo e razione,
nonché
il sorriso dietro cui si trincera da sempre
quando si relaziona con
gli altri. A essere onesti c’è stato un periodo in
cui ha creduto che per Charlotte
sarebbero sempre stati solo due amici, ma è stato scacciato
dalla dichiarazione
della ragazza l’anno precedente. Sorride ancora al ricordo
che sia stata
proprio lei a fare il primo passo, quando in genere si imbarazza al
minimo
cenno di fidanzamenti o relazioni che la riguardano.
“A proposito di
effusioni,” interviene Charlotte voltandosi verso Fabian.
“Perché quella
piattola di Corvonero ha ricambiato il tuo saluto, oggi?”
“Perché non avrebbe
dovuto? L’ho salutata e lei ha risposto: si tratta di
educazione, Lots. E
comunque si chiama Eleanor Mulli...”
“Sì, lo so, Mulligan,
ma piattola Corvonero rende meglio: è una lagna, sempre a
parlare di scuola e lamentarsi
di aver sbagliato qualche compito.”
“Somiglia a
qualcuno…” la provoca Nathan, ricevendo in
risposta un’occhiataccia contrariata
dalla ragazza.
“Io non mi lamento mai
di compiti sbagliati, so perfettamente che saranno
tutte E!” lo corregge
lei, per poi tornare a dedicare le proprie attenzioni a Fabian.
“Avete chiuso,
pensavo non ti avrebbe più rivolto la parola. Immaginavo che
tu avresti
continuato a salutarla – Tassorosso lo sei non a caso
–, ma non capisco la
piattola: è stata lei a lasciarti.”
“Tecnicamente non ci
siamo lasciati: non stavamo ancora insieme.”
“Oh, che
sottigliezze, uscivate e qualche volta andavate a letto assieme
– va meglio,
ora?”
“Tecnicamente è
sbagliato anche questo,” puntualizza Nathan con un sorrisetto
divertito rivolto
all’amico. “Principalmente andavano nello
sgabuzzino delle scope al terzo
piano: capisco perché lo abbia lasciato.”
“Non è colpa mia se
non voleva saperne di venire nel mio dormitorio, essendo un Prefetto
ligio alle
regole,” si giustifica Fabian stringendosi nelle spalle.
“Dovresti prendere
esempio, Lots, e non tiranneggiare gli studenti più piccoli
per infiltrarti
ogni volta che discuti con Nat.”
“Ma io sono
Caposcuola,” ribatte la ragazza, mettendo ben in mostra la
spilla appuntata sul
petto. “E, sinceramente Nat, vivevo benissimo anche senza
sapere a quale piano
fosse il loro luogo d’incontri.”
“Effettivamente così
ti rovina la sorpresa. Gliel’ho suggerito per portartici:
è decisamente il più
comodo tra gli sgabuzzini di Hogwarts… Ahi! Ma devi sempre
essere così
violenta, Sheridan?” protesta Fabian, massaggiandosi la
fronte dove l’amica lo
ha appena colpito con il manuale di Pozioni.
“Amadán!”
lo rimbrotta lei, scuotendo teatralmente il capo.
“Sciocchezze vostre a
parte,” riprende Nathan riportando il discorso sul principale
problema della
mattinata, “dobbiamo pensare alle prove del Coro e ai vari
gruppi per la
preparazione del Natale. Cosa possiamo fare?”
“Immagino che
dovremo recarci dalla Umbridge e perorare la nostra causa,”
riflette Charlotte.
“Una volta che avremo letto con calma le direttive del
Circolo delle Banshee
andremo a chiederle il permesso di formare i gruppi necessari. Credo
che la sua
intenzione fosse quella di scoraggiare l’iniziativa di
Potter,” continua
abbassando di un paio di ottave la voce, “ma non dovrebbe
avere nulla contro un
Coro natalizio e gruppetti di ragazzine intente a ricamare tovaglioli.
In caso
di obiezioni, puoi sempre scrivere a tua nonna, Nat, e far intervenire
lei.
Credo che pure Voi-Sapete-Chi sarebbe poco incline a contravvenire alle
ingiunzioni di Sinéad O’Sullivan.”
“Immagino tu abbia
ragione,” conviene Fabian, “qualsiasi cosa tu abbia
detto.”
“Appunto, quale era
l’accordo sulle parole dalle cinque sillabe in su e di tua
sola conoscenza?” lo
spalleggia Nathan, aprendo la porta dell’aula di Pozioni e
tenendola spalancata
per permettere ai due amici di superarla.
“Che avreste aperto
un vocabolario per istruirvi a riguardo,” ribatte prontamente
la ragazza,
accomodandosi davanti a uno dei calderoni. “A ben pensarci
dovrei regalarvene
uno ciascuno per Natale.”
“Ma come,” ironizza
Nathan, sedendosi a sua volta ed estraendo il manuale dalla propria
sacca, “non
hai già acquistato da secoli il nostro regalo?”
Charlotte scuote
beffarda la testa: “Per chi mi hai preso, Ghisler? Non sono
certo come quelle
assatanate di tua nonna e le sue amiche. In ogni caso mi auguro che il
rospo
dia il permesso di formare i Circoli Natalizi di Port – bel
nome, vero? –, non
ho intenzione di venire subissata da missive minatorie che sputano
qualche
discutibile poltiglia per non aver assecondato i voleri delle loro
signorie. E
spero tanto mi tocchi qualche mansione facile e che non richieda
eccessive
perdite di tempo. Mi è bastato dover…”
Ma l’ingresso in
aula del professor Piton riesce miracolosamente a tacitare il
chiacchiericcio
stordente di Charlotte e ad allontanare per un paio d’ore la
minaccia
dell’Inquisitore Supremo e quella, almeno a loro giudizio
più opprimente, delle
nonnine di Port.
Dicembre
1995
Alla fine, anche a
seguito del supporto di Silente adeguatamente sollecitato da
Sinéad O’Sullivan,
sono riusciti a ottenere il beneplacito della professoressa Umbridge e
a
riunirsi per assolvere i rispettivi compiti, senza troppi intoppi e
pochi
richiami all’ordine da parte del Circolo delle Banshee.
Così due mesi dopo,
a una settimana dall’inizio delle vacanze, il Natale di Port
è quasi del tutto
ultimato, quantomeno la fetta di preparativi spettata agli studenti che
ancora
frequentano Hogwarts.
Con un libro
incantato affinché stia sollevato all’altezza
degli occhi e volti da solo le
pagine, Charlotte Sheridan sta decorando una delle lanterne che le sono
state
commissionate, insieme a tre ragazzini del secondo anno che appaiono
molto più
divertiti di lei dal far sbrilluccicare i barattoli di vetro di ogni
dimensione
e forma.
“No no, caspita, non
può morire adesso…” rantola la ragazza,
abbandonando barattolo e bacchetta per
afferrare con due mani il libro e incollarsi alle pagine, scorrendo gli
occhi
rapida completamente avvinta dal racconto.
“Ehilà, Circolo
Luminarie!” saluta proprio in quel momento Nathan, comparendo
sulla soglia
dell’aula occupata per l’occasione dal gruppetto e
appoggiandosi allo stipite
della porta, il capo mollemente inclinato di lato, le mani in tasca e
il
sorriso smagliante causa prima di sospiri infatuati a Port e a Hogwarts.
E uno sfugge proprio
dalle labbra di Brianna McKinley, insieme alla lanterna che tiene tra
le mani e
si frantuma così a terra, risvegliando Charlotte dalla
lettura appassionata
dell’ultimo giallo di Agatha Christie che ha scovato in una
bancarella babbana
dell’usato.
“Bree!” richiama
esasperata, contemplando i cocci di vetro a terra e abbandonando il
romanzo sul
banco. “Ti sei fatta male?” domanda poi addolcendo
il tono davanti allo sguardo
colpevole della ragazzina, e ricomponendo con un colpo di bacchetta i
frammenti
di vetro. “Non ti preoccupare, è tutto a posto,
vedi? E direi anche che per
oggi abbiamo finito: è quasi ora di cena. Ricordatevi di
venire domani puntuali
alla stessa ora.”
I tre ragazzini
afferrano le proprie cartelle e sfilano via, salutando Charlotte e
Nathan, il
quale ricambia con un sorriso ciascuno che per poco non fa inciampare
Brianna
nei propri piedi.
“Dovresti provare a
essere meno carino e coccoloso,” lo apostrofa Charlotte non
appena i tre sono
sufficientemente lontani. “Mi rischi di mandare a monte le
fatiche di due mesi
e poi chi la sente più tua nonna!”
Nathan si stacca
dalla porta e avanza fino a raggiungere la fidanzata, inarcando il
sopracciglio
destro per esprimere la propria diffidenza circa le assurde
constatazioni della
ragazza.
“Non dire
sciocchezze, Lots,” la rabbonisce, sedendosi sul banco di
fronte a lei e
chinandosi per sbirciare il titolo del libro dalla copertina usurata.
“Un
cavallo per la strega, interessante?”
“Ero arrivata al
colpo di scena, prima che qualcuno venisse qui a spezzare cuori. Se lo
avessi
letto ti saprei dire.”
“Non sarai gelosa di
Brianna McKinley, spero,” le sussurra, chiudendole il viso
tra le mani e
reclamando poi le sue labbra a infrangersi contro le proprie. Tra
l’intransigenza della Umbridge e la ritrosia della ragazza in
pubblico, deve
approfittare degli attimi di solitudine per rubarle qualche bacio in
più.
“Assolutamente no,”
replica indispettita Charlotte, mordendogli il labbro inferiore per
allontanarlo da sé lo stretto necessario per parlare, le
palpebre ancora calate
e un sospiro incastrato tra di loro – fin troppo simile a
quello di Brianna per
i suoi gusti. Quando riapre gli occhi trova ad attenderla il sorriso
che Nathan
le riserva quando sono soli – quello tutto per lei,
così diverso dal solito
sempre stampato sul viso –, e sente lo stomaco contrarsi in
uno spasimo
piacevole. Gli stringe in risposta la mano, per poi alzarsi a
riordinare la
stanza.
“Ma è snervante
sul lungo periodo essere circondati da donzelle in procinto di svenire
ogni
santa volta. Continuo a ritenere doveroso un drastico cambio di
immagine per la
tua persona. Sono certa che se sorridessi di meno e fossi
più scostante
potremmo vedere dei miglioramenti. Oppure ritrovarci assaliti da altre
donzelle
attratte dal tipo del ragazzo dannato e ombroso,” continua a
ragionare, mentre
conta le lanterne pronte e le sistema ordinatamente in una scatola che
ha
precedentemente modificato con l’Incantesimo Estensivo.
Nathan rotea gli
occhi scuotendo il capo: “Il lavoro ti deve aver dato alla
testa, a mhuirnín.
Avete finito tutte le lanterne?”
“Magari…” rantola
Charlotte afferrando quella a cui stava lavorando prima
dell’interruzione
dovuta all’ingresso del ragazzo. “Questa
è la numero milleottocentonovantasei,
il che significa che ne mancano altre centoquattro. E poi devo
illuminarle
tutte e incantarle perché Levitino per aria, ma immagino che
questo lo farò una
volta a Port. Sicuramente è la parte meno complicata del
tutto: un colpo di
bacchetta e via.”
“Se tu avessi
iniziato subito…”
“Non ho alcuna
intenzione di venire ripresa anche da te per aver iniziato a
novembre – mi
pare di essermi sufficientemente applicata quest’anno
–, quindi risparmiati
certe osservazioni. E poi non è colpa mia se Brianna,
Gilbert e Jack sono anche
coinvolti nel Coro dei Ragazzi e quindi la maggior parte delle volte
Fabian mi
sottrae gli aiutanti!”
Nathan ridacchia,
sapendo quanto Charlotte trovi frustrante che l’amico non
l’assecondi e
spalleggi sull’argomento come è solito fare per
qualsiasi altra cosa.
“Infatti sono
notevolmente sorpreso di averli trovati qui. Come hai fatto a
convincerlo?”
domanda, alzandosi per prendere sottobraccio la scatola e lasciare
l’aula.
“Oh, è facilmente
corruttibile quando si tratta di trovare il modo di avere
più tempo libero per
le prove,” spiega la ragazza seguendolo a ruota e chiudendo
la porta della
stanza. “Ho promesso di fargli tutti i compiti di
Trasfigurazione in cambio dei
miei elfetti disponibili tre pomeriggi a settimana.”
“Così a lui passi i
compiti, eh?” domanda fingendosi offeso. “Me ne
ricorderò quando ti starò
implorando di darmi qualche suggerimento con i temi per
Piton.”
“Non fare il
bambino,” ribatte Charlotte, tirandogli un pungo sulla
spalla. “A mali estremi,
estremi rimedi: è la prima e unica volta che aiuto anche
lui. Piuttosto, tu perché
non sei alle prove del Coro? Il direttore ha radiato senza preavviso
dall’albo
degli strumenti il triangolo proprio quest’oggi?”
“Nelle ultime tre
canzoni è Kelley a suonare il bodhrán
– che è un tipo di tamburo, dato
che a differenza di qualcuno ho sufficiente
orecchio per andare oltre il
triangolo –, per cui mi sono già liberato dalla
tirannia di Gallagher,” le
risponde, dandole a sua volta un colpetto con il gomito contro il
braccio.
“Stessa cosa,”
liquida lei, posando la mano sulla maniglia dell’aula in cui
si svolgono le
prove del Coro dei Ragazzi. Poi, ripensandoci, si volta verso il
giovane con un
sorrisetto malandrino sulle labbra piene: “Che ne dici di
rallegrare il pezzo
finale? Ho sempre pensato che God rest you merry gentleman
sia una gran
noia…”
Ricevuto un
occhiolino complice, Charlotte socchiude silenziosamente la porta e i
due
scivolano dentro la stanza, trovandosi alle spalle di Fabian.
Il ragazzo, rivolto
verso il resto del Coro e dei musicisti, batte il tempo con una
bacchetta,
mentre intona l’ultima strofa della canzone, le dita che si
rincorrono veloci nell’aria
e l’espressione rapita.
Per il giovane
Gallagher suonare e cantare è vitale quanto la magia o
respirare: la musica lo
fa sentire vivo, gli riempie il cuore come
l’aria nella sacca di una
cornamusa. È la sensazione più potente,
coinvolgente e scombussolante che abbia
mai provato.
“Now to the Lord sing praises, all you within this
place, and with true love and brotherhood each other now embrace…”
Alle sue spalle, i due
Grifondoro catturano l’attenzione degli altri ragazzi,
scatenando qualche
risatina sommessa imitando Fabian.
“…this
holy
tide of Christmas all other doth deface…”
Ben presto le
risatine si tramutano in una grassa risata contagiosa, che distrae i
ragazzi
dal ritornello che spetta loro attaccare e fa destare Fabian dalla
propria
trance. A modulare le note successive è così
Charlotte, con la propria voce
stonata e stridente tanto da rendere irriconoscibile la melodia:
“Oh tidings
of comfort and joy, comfort and joy! Oh tidings of comfort and joy!”
Nelle risate
generali, Fabian si volta verso gli amici con le labbra arricciate in
una
smorfia infastidita e i pugni posati minacciosi sui fianchi, nel
tentativo di
interrompere quei due deficienti e intimidirli.
Inutilmente, perché i
due continuano imperterriti il proprio teatrino e la propria imitazione
fatta
da Nathan è davvero perfetta, tanto da strappare un sorriso
anche a lui e trascinarlo
nell’ilarità generale.
“Immagino foste
tutti immersi nell’estasi mistica delle vostre voci
angeliche,” prorompe
Charlotte interrompendo gli ultimi sghignazzi, dopo essersi esibita in
una
perfetta riverenza di ringraziamento. “Tuttavia mi sento in
dovere di ricordare
a ognuno come sia quasi ora di cena. Sarebbe davvero increscioso dover
fare rapporto
all’Inquisitore Supremo riguardo il vostro
ritardo…”
L’aula si svuota
velocemente, lasciando solo Fabian intento a riporre i propri strumenti
e
Charlotte e Nathan ad aiutarlo.
“Siete due Schiopodi
Sparacoda con il cervello di un Troll di Montagna!” li
rimbecca chiudendo con
cura la custodia del violino, regalo dei genitori per i suoi
diciassette anni. “E
dire che siamo i più grandi del gruppo e tu una
Caposcuola!”
“Può darsi, ciò non
toglie che ci adori!” chiosa Charlotte avvicinandosi
all’amico per tirargli i
capelli.
“Ti piace vincere
facile… Ma restate comunque due dementi.”
“Mi piace vincere,
più che altro,” specifica la ragazza.
“In ogni caso quella canzone è una tale
lagna da richiedere drastici interventi, e meno canti meglio preservi
la tua
ugola d’oro.”
“Quindi il tuo era
un tentativo di salvaguardare la mia voce, devo dedurre?” le
domanda sistemando
l’ultima sedia e dirigendosi verso la porta.
“Mio… anche
Ghisler ha dato il suo valido contributo.”
Nathan si stringe
nelle spalle dipingendosi un sorriso angelico sul volto, mentre lascia
per
ultimo l’aula che Fabian provvede subito a chiudere.
“Beh, dopo la
Strillettera di questa mattina capisco abbiate voluto assicurarvi di
non
deludere mamóSinéad. Non ha
esplicitamente richiesto di… che ha detto,
Nat?”
“Astenermi
dall’essere disavveduta come mio solito e
replicare la pagliacciata da
ragazzina scriteriata dello scorso anno, inficiando
così la tua
performance canora – per usare le sue esatte
parole,” lo anticipa Charlotte,
sollevando infastidita gli occhi al cielo e un pelo a disagio. Quella
mattina a
colazione una Strillettera le è stata recapitata da parte
della nonna di Nat,
ed è esplosa in Sala Grande senza darle il tempo di aprirla
con calma in un
luogo più appartato lontano da orecchie indiscrete e
curiose, probabilmente a
seguito di qualche incanto applicato dalla donna – ne
sa sempre una più del diavolo.
“Che tradotto per
noi comuni mortali immagino significhi non tentare di
avvelenarti,” chiarisce
Nathan, battendo una pacca di comprensione sulla schiena
dell’amico e facendo
mordere a Charlotte il labbro inferiore, irritata. Sa benissimo che
quelle vecchie
pettegole incallite incolpano lei per aver convinto il
ragazzo a rimanere a
Hogwarts per il Ballo del Ceppo. D’accordo, è
stata opera sua, ma non aveva
certo idea che la Serpeverde con cui l’amico era fidanzato ai
tempi – e dire che le stava simpatica – fosse così deficiente
da versargli per errore il succo di zucca, a cui è
allergico, nel bicchiere del
whiskey: decisamente non una buona combinazione per lui,
hanno scoperto.
“Che tesoro che è
tua nonna. Non immaginavo mi fosse affezionata al punto da preoccuparsi
della
mia salute.”
“Non farti troppe
illusioni, credo che sia principalmente interessata a non vederti
rovinare
nuovamente il Concerto Natalizio con la tua assenza.”
“Figurarsi, ho
sempre pensato di non starle particolarmente simpatico.”
“Non farne una
questione personale, alla Capessa delle Banshee non
va particolarmente a
genio nessuno, a parte forse Ryan – tutte le vecchiette lo
adorano. Dubito
sopporterebbe anche questo Mezzosangue inglese,”
precisa posando
una mano sulla spalla di Nathan, “se non vi fosse costretta
dai legami di
parentela. Comunque io non sono né disavveduta né
scriteriata!”
“Solo snervante
come tutti gli O’Byrne, per continuare a citare le
perle di nonna. Cambiando
argomento,” continua Nathan avvistando da lontano i gemelli
Weasley e Lee
Jordan entrare in Sala Grande, “George questa mattina mi ha
chiesto consigli
per il tuo regalo di Natale.”
“Regalo? Per me?”
sbotta scandalizzata Charlotte, indirizzando uno sguardo stralunato ai
tre
ragazzi davanti a loro mentre vengono inghiottiti dalla caotica
confusione
della cena. “L’Idiota non ci sta col cervello,
sciuro. So io dove finisce quel
regalo se solo si azzarda a consegnarmelo. Ma perché deve
essere così Idiota
e non capire?” rantola drammaticamente. “E
perché mai è venuto a chiedere
proprio a te?”
“Cosa vorresti
insinuare, Sheridan? L’idea di quest’anno
è tutta merito mio!”
“Vacci piano, signorino.
Avrai anche trovato cosa fare, ma la mente geniale
dietro il come
è la mia!”
“Aspettate a
vantarvi entrambi: l’unica opinione che conta qui
è quella della sottoscritta.
Una volta che lo avrò scartato potrete rivendicarne i meriti
o scaricare le
colpe,” sentenzia Charlotte, mentre a loro volta vengono
fagocitati dal turbinio
di chiacchiere, studenti affamati e deliziosi manicaretti.
Vigilia
di Natale 1995
La mattina del
ventiquattro dicembre Port è in pieno fermento, la maggior
parte delle porte e
finestre spalancate per permettere agli indaffarati inquilini di
entrare e
uscire con agio, nonché comunicare con il resto del
villaggio o redarguire gli
sfaccendati che ardiscono oziare e sfuggire ai
ritocchi finali – grazie
a Merlino possono avvantaggiarsi della magia per il riscaldamento.
O’Brian il Vecchio –
ultracentenario patriarca del proprio clan – strimpella
carole e canti
tradizionali al violino seduto nel proprio giardino che si affaccia
sulla
piazza principale, le palpebre calate sugli occhi ciechi e un sorriso
estatico
a illuminargli il viso incartapecorito, mantenendo alto lo spirito
natalizio
dei compaesani e alleggerendo il lavoro con la propria colonna sonora.
Un po’
ovunque voci di adulti e bambini, alcune intonate, altre molto meno,
alcune
ancora ovattate e assonnate, si accodano allo scroscio di note che si
sprigionano dalle corde carezzate dall’archetto,
probabilmente più datato del
musicista che lo impugna.
Un’atmosfera davvero
deliziosa, converrebbe Charlotte, se non fosse per
l’altissimo rischio di
cadere in un’imboscata delle Banshee e ritrovarsi
sovraccarichi di ulteriori
compiti; come se svegliarsi di prima mattina per incantare duemila
lanterne e
farle volteggiare sparse per ogni cantuccio del paese non sia
sufficiente.
Per questo motivo la
ragazza negli ultimi giorni ha accuratamente ponderato ogni singolo
passo mosso
oltre i confini di casa propria – in realtà anche
all’interno, in caso di
visite –, risolutamente decisa a evitare incontri
indesiderati, sia per
scansare eventuali compiti aggiuntivi, sia per sfuggire agli sguardi di
biasimo
nel malaugurato caso in cui venga intercettata con le mani in mano.
Così si è
ben guardata le spalle ed è riuscita ad arrivare indenne
alla mattina della
Vigila, contro i prognostici di Aisling e zio Duff che la volevano
già
capitolata nei minuti immediatamente seguenti al rientro da Hogwarts
– maghi
di poca fede!
La parte più
difficile e cruciale del piano di sopravvivenza è evitare
nel modo più assoluto
di incrociare anche solo per errore mamó Sinéad,
la nonna di Nat e sua
vicina, sempre pronta a criticare qualsiasi cosa faccia – e
dire che ora sono quasi
parenti!
È arrivata al punto
di schivare tutte le finestre rivolte verso casa della donna, pur di
scongiurare il rischio di incrociare gli occhi verdi da dietro le
tendine di
trina immacolate. Ha anche trascorso le ultime due notti insonni, a
causa degli
incubi e la nostalgia che l’assalgono particolarmente nei
periodi precedenti le
festività – se il mondo fosse giusto
ci sarebbe Connor. Ha infatti
evitato di scivolare fuori dalla propria finestra e servirsi del
centenario
faggio tra le due dimore per raggiungere il davanzale della camera di
Nat e il
conforto del ragazzo: non è certo tanto stupida da
intrufolarsi nella tana del
nemico anche solo per pochi minuti.
Se solo non fosse un
tale disastro nella Smaterializzazione da non essere ancora riuscita a
superare
l’esame, solo Spaccarsi dolorosamente e vomitare
ripetutamente sulle scarpe
lucide dell’esaminatrice, ora potrebbe andare ovunque senza
problemi,
soprattutto dopo che zio Duff ha requisito tutta la Metropolvere di
casa per
spostamenti che non siano della massima urgenza e importanza
– Non finirai
tutte le nostre scorte per andare dai Gallagher, signorina, i galeoni
per
acquistarla non crescono certo sugli alberi!
Per questo ora si
aggira guardinga per le stradine lastricate di ciottoli ghiacciati,
pattinando
sulle suole consunte degli scarponcini invernali, diretta a casa di
Fabian,
sperando che lui e Nat siano ancora lì e di non doverli
rincorrere per mezzo
villaggio. Sarà anche tanto piccolo che ognuno di loro ne
conosce a memoria ogni
singolo anfratto, tuttavia quando vi è necessità
di trovare qualcuno questi
pare sempre essersi volatilizzato nel nulla.
“A stór!”
la richiama berciando mamó Maire, la
proprietaria del microscopico pub
del villaggio, proprio mentre sta per svoltare indisturbata in via
degli Orchi
Bassi.
“Aye?”
replica candida Charlotte al richiamo, stampandosi un tentativo di
sorriso
sulle labbra arrossate per il freddo e voltandosi in direzione della
voce acuta
della donna, la quale si sporge pericolosamente dalla finestra di casa
propria
agitando un tovagliolo verde nella sua direzione.
“Dovresti informare
Melissa che siamo giunte alla conclusione che servirebbero un paio di
bottiglie
in più di quel suo delizioso liquore di sambuco.
L’anno scorso O’Brian ne ha
scolate quattro da solo, e poi…”
"Quest’anno dobbiamo
fare le cose in grande,”
la anticipa Charlotte, annuendo comprensiva. “Aye,
riferirò tutto quanto,
credo ne abbia di già pronte tra le scorte in cantina. Buona
giornata!” saluta
rapida, sterzando oltre l’angolo con un sinistro scricchiolio
del ghiaccio
sotto i propri piedi, non concedendo ulteriore tempo
all’anziana – si sa che a
quelle dai la bacchetta e ti prendono tutta la magia.
Non ha nemmeno il
tempo di voltare gli occhi che il campo visivo viene invaso da un
pesante soprabito
azzurro polvere contro cui va irrimediabilmente a scontrarsi, venendo
salvata
dal terribile livido che le sarebbe sicuramente rimasto grazie al
pronto
intervento della strega che è sbucata dal nulla nel mezzo
del suo cammino.
“Tá brón orm,”
si scusa ritornando con i piedi saldi a terra e sollevando gli occhi
sulla
sorridente madre di Fabian, che indossa il cappotto allacciato
malamente e un
cappellino giallo appuntato storto sui vaporosi capelli ramati.
“Ciao, cara!” la
saluta raggiante la donna, mentre traffica alla ricerca di qualcosa
nelle
tasche del soprabito. “Fabian e Nathan sono nella rimessa sul
retro, credo ti
stiano aspettando. Io sono invece irrimediabilmente a corto di zucchero
e non
me ne sono accorta prima di mettermi a preparare il pudding! E dire che
avevo controllato
proprio ieri… Dici che Maisie sarà
così cortese da aprirmi in via
eccezionale la bottega? Me ne serve per un esercito, non posso certo
chiedere
ai vicini,” espone la madre di Fabian, scuotendo teatralmente
la testa e
mandando il cappellino a planare su un cumulo di neve ai bordi della
stradina.
Charlotte si apre in un sorriso divertito, certa che la sera prima non
si sia
nemmeno sognata di controllare di avere tutto il
necessario per
preparare il suo fantastico dolce, per il quale si sprecano sempre
tutti in
un’infinità di elogi più che meritati.
E anche sollevata che i due ragazzi
siano ancora dai Gallagher.
“Credo ti stia
dimenticando la borsetta, Deirdre,” le suggerisce allegra,
notandone l’assenza
e conoscendo la donna. L’altra si batte una mano sulla
fronte, per poi
Appellare la borsa che sfreccia fuori dalla porta spalancata di casa e
che
intercetta prontamente, i riflessi ancora allenati dal passato da
Portiere ai
tempi di Hogwarts. Richiama a sé anche il cappellino per
sistemarlo con
maggiore cura, finalmente pronta per recarsi a fare compere.
“E forse è il caso
di chiedere anche a O’Brian un paio di bottiglie di
rum,” aggiunge Charlotte,
rammentando come l’anno precedente ne fosse rimasta sfornita
all’ultimo:
l’ennesima disdetta di quel nefasto Natale.
“O’Brian… rum… hai
perfettamente ragione, a stór. Sono una
tale smemorata!” concorda la
donna, salutandola con un buffetto sulla guancia e allontanandosi in un
fruscio
di sottane.
Charlotte, il
sorriso ancora stampato sul viso, si dirige verso la rimessa nel
giardino sul
retro di casa Gallagher. Il casotto in origine serviva da Stanza
del
Quidditch, come erano soliti chiamarla i bambini di casa,
per Oisín
Gallagher ai tempi della sua militanza tra le file dei Ballycastle Bats
come
Cacciatore, ed era inaccessibile senza esplicito invito del
proprietario.
Charlotte ricorda quanto Nat e Connor smaniassero entrarvi, un tempo, e
quanto
lei si annoiasse invece ad ascoltare i loro vagheggiamenti a riguardo.
Quando
il padre di Fabian si è ritirato dalla carriera da
professionista lo spazio
necessario per tutto il materiale da Quidditch si è
notevolmente ridotto,
cosicché ne hanno approfittato loro per farne il proprio
angolo di ritrovo.
“Sei in ritardo,
Sheridan,” la rimbecca Nat non appena mette piede nella
stanza, senza nemmeno
alzare gli occhi dalla scatola in cui lui e Fabian stanno rovistando.
Non gli
serve, sa perfettamente riconoscere il passo pesante di Charlotte,
così come il
saltello con cui evita l’asse sconnessa davanti alla porta.
“Ehi, ciao anche a
te, eh! È sempre un piacere, figurati,” gli
risponde sarcastica, intercettando
poi il caldo sorriso che Fabian le rivolge e avvicinandosi
all’amico per
schioccargli un bacio sulla guancia.
“Effettivamente ci
eravamo messi d'accordo per trovarci da me alle nove e mezza,” le
ricorda Fabian,
passandosi una mano tra i capelli e tornando a chinarsi sul prezioso
bottino.
“Beh, le prove del
vestito per le feste hanno richiesto più tempo del
previsto. Aisling
ha preteso ne provassi almeno una ventina dei suoi e di mamma: sostiene
che i
miei siano carini ma non sufficientemente eleganti,” si
giustifica Charlotte,
allungandosi per sbirciare a sua volta nella scatola di cartone.
“Dovevi portarla via
con te quando sei uscito di casa,” commenta Fabian rivolto a
Nathan.
“Aisling mi ha
cortesemente invitato a precederla e lasciarle ai loro passatempi da
sorelle.”
“Potevi Schiantarla
e salvarmi da quella tortura, invece che dileguarti alla prima
minaccia,”
ribatte Charlotte. “Ehi, ma questi non sono tutti fuochi
d’artificio del Dottor
Filibuster!”
“Non si Schiantano
le belle ragazze,” decreta Nathan prendendole dalle mani il
pacchetto che ha
appena afferrato. “Comunque, sono alcuni prototipi dei
gemelli Weasley,” le
spiega passandone con attenzione una manciata a Fabian
perché li smisti.
“È roba super fichissima!”
commenta entusiasta l’altro ragazzo, mostrandogliene uno
dalla confezione
rossa. “Questo esplode in uno stuolo di angeli che suonano la
tromba e volano
per alcuni minuti in cielo.”
Charlotte inarca
sardonica le sopracciglia, scuotendo la testa in moto di dissenso.
“L’originale
prevederebbe un immenso dragone, ma abbiamo richiesto una variazione
sul tema
secondo le direttive di nonna.”
“Sapete cosa penso
di quella robaccia dell’Idiota e suo fratello,”
commenta incrociando le braccia
al petto e rivolgendo loro uno sguardo di sufficienza.
“I tuoi sono tutti
pregiudizi nei confronti di George. Se non fossi così
impegnata a trattarlo
male ti accorgeresti che lui e Fred sono geniali!”
“E poi i giochi
pirotecnici sono nostra responsabilità, per cui lascia fare
a noi.”
“Non costringetemi a
dirvi che io vi avevo avvisato, se qualcosa dovesse andare
storto,” borbotta,
squadrando dubbiosa la mercanzia illegale reperita dai due alle sue
spalle.
“Non accadrà nulla,
fidati di noi,” la rassicura con scarsi risultati Nathan,
pizzicandole
scherzoso un fianco.
“Magari di voi
potrei anche, dell’Idiota molto meno… Ma passando
ad altro, avete finito ora?
Avevate promesso che avremmo trovato un po’ di tempo libero
per esercitarci con
quegli incantesimi che mi son fatta mostrare da Finn: altro che Potter
e il suo
Patronus!”
“Durante le vacanze,
si era detto, non proprio alla Viglia.”
“Ma tu non hai
qualche prova o altro da fare? Se ti scopre mia nonna che rigiri la
bacchetta e
ci importuni ti riempie di compiti da qui a Pasqua.”
“Le lanterne, come
potete notare mettendo il naso fuori da questo sgabuzzino, le ho
sistemate
questa mattina presto. Le ultime prove per le letture, invece, sono nel
dopopranzo…”
“Quante volte ve le
fanno ripetere, scusa? Hanno paura che a diciassette anni tu non sappia
leggere
decentemente, soprattutto quando camera tua è invasa da
libri?”
“Immagino siano
fermamente determinate a impedire incresciosi inconvenienti, sempre in
virtù di
quella loro logica per cui questo Natale deve eclissare qualsiasi festa
si sia
mai celebrata prima,” risponde la ragazza, seguendo gli amici
nei loro traffici
da un bancone all’altro della rimessa.
Mamó Sinéad è
stata particolarmente
minacciosa alle prove del giorno precedente, paventando orribili
supplizi
all’Inferno per chiunque osi incappare in qualche blasfemia o
banalissimo
errore nel leggere durante la Messa di Mezzanotte. Tutti ricordano con
raccapriccio l’infelice lapsus in cui è incorsa
l’anno precedente Caitriona
Kelley, confondendo un’innocente istituzione con
L’Inquisizione – argomento
poco felice, in un villaggio di maghi.
“Dopo mi sono
proposta per accompagnare papà a Londra,” riprende.
“Infine, alle sei e mezzo
sono di turno in cucina ad aiutare con gli antipasti del
cenone.”
“Allora temo dovremo
rimandare quegli incantesimi a un altro giorno,” la informa
Nathan, pulendosi
le mani sporche di fuliggine nei pantaloni che solitamente usa per
andare a
pesca. “Noi ora siamo richiesti in piazza per montare i
tendoni e le tavolate.”
“Dopo questo siete
liberi, no? Il Coro è oggi pomeriggio.”
“C’è il Quidditch,”
ribattono ovvi i due. “L’ultimo ritrovo prima della
partita di domani.”
Charlotte sbuffa
irritata: si era completamente scordata della stupidissima competizione
che
vede scontrarsi la metà est e quella ovest del villaggio
– Squadra Bosco e
Squadra Oceano, per dirla con gli originalissimi nomi coniati secoli
prima.
“Preparatevi
all’ennesima sconfitta!” sogghigna Fabian che
gareggia con la Squadra Bosco,
vincitrice della Coppa di Natale da più di
quarant’anni – da quando suo padre
possiede una scopa, almeno.
“Ma se tu sei sempre
in panchina…” insinua indispettita Charlotte.
“E il tuo amico non è molto più
bravo.”
“Ehi, ero stato
scelto come Cacciatore al secondo anno!” puntualizza Nathan.
“E al terzo Wood ha
saggiamente deciso di sostituirti con Katie Bell. Mi pare uno spreco di
tempo
farvi allenare con la squadra.”
“Papà dice che tutti
devono dare il loro contributo, anche le riserve,” ribatte
Fabian orgoglioso –
di cosa, poi, Charlotte non ha idea.
“Sarà, ma a te il
Quidditch non è mai seriamente interessato, diversamente dal
resto della
famiglia,” prova infatti a ribattere ancora la ragazza.
“Perché rischio
inutilmente di rompermi qualche osso o peggio. Come lo suono il violino
con le
dita fuori uso per via di un Bolide?” si giustifica il
Tassorosso. “In ogni
caso lo sai che per la Coppa di Natale facciamo entrambi
un’eccezione, inutile
che ti lamenti ora.”
Charlotte increspa
le labbra in una smorfia stizzita ed emette un grugnito rassegnato.
“Poi ci sono le
prove del Coro, i fuochi da sistemare nelle varie postazioni, e beh, il
cenone
ognuno a casa propria,” prosegue Fabian, lasciando uno sbuffo
nero sul naso di
Charlotte con le dita imbrattate e uscendo dalla rimessa.
“Se tu non fossi
arrivata con un’ora di ritardo, magari…”
rincara Nathan seguendolo. “Invece
temo ci vedremo direttamente dopo Messa allo scambio degli auguri e dei
regali.”
Poi, approfittando
di Fabian che dà loro la schiena poco più avanti,
si china a sfiorare rapido le
labbra di Charlotte, lasciandola impietrita nel giardino dei Gallagher
e
raggiungendo con poche falcate l’amico.
La ragazza, le
guance tinte da un lieve rossore – di irritazione
per essere stata
scaricata, ovvio cerca di convincersi,
non è certo una ragazzina
alle prime cotte –, si avvia verso l’ambulatorio di
mamó Melissa per
riferirle il messaggio di cui è stata incaricata,
riprendendo la propria
attenta guardia.
«Ecco servito il
magico Natale irlandese marchio Port, ricetta originale dal 1597,
garanzia
firmata Circolo delle Banshee – diffidate delle
imitazioni».
Nathan sostiene da
anni che dovrebbero scriverlo a chiare lettere in piazza, oppure sul
vassoio
del servizio buono con cui sua madre sta portando in tavola la
casseruola con
lo stufato – rigorosamente Irish Stew da una vita, pare che
in famiglia non si
sia mai mangiato altro alla Vigilia.
La prima delle
tradizioni di Port, che si inanellano una dopo l’altra come
lucine sui
davanzali, è infatti quella del cenone in famiglia.
Questione seria, ritiene
Nathan, perché se si vive in un paesino dove tutti sono un
po’ imparentati con
tutti – e gli O’Brian con i Gallagher in linea
materna, e i Gallagher con i
McKinley per via di uno zio sposatosi due volte, e i McKinley con i
Kelley
grazie a… beh, non se lo ricorda nessuno il legame tra
McKinley e Kelley – la
faccenda si complica assai. Della serie: quest’anno cena dai
tuoi o dai miei, e
i cugini di secondo grado vengono o fanno a parte? E quelli di quarto
acquisiti
in seconde nozze sono parte della famiglia? E i parenti da fuori Port
si
invitano?
Parrebbe la parte
più facile da organizzare, quella del cenone,
perché non si deve pensare a
cucinare per un intero villaggio dallo stomaco vorace come per il
pranzo in piazza
del giorno seguente, eppure a modo suo è forse lo scoglio
più arduo da aggirare
per non incagliarsi in risentimenti e liti familiari in grado di
prolungarsi
per secoli. L’esempio più lampante è
Maisie McGowan – matrona e capitano di una
ciurma sgangherata di sette figli maschi, nonché
proprietaria di una bottega in
grado di fare concorrenza alla Stanza delle Necessità
–, che ha bandito dal
proprio negozio per un anno intero O’Brian Padre per non aver
accettato il suo
invito al cenone. Eppure, la figliola di mezzo dell’uomo
aveva sposato il
fratello della propria nuora più giovane! Insomma,
è una questione di estrema
delicatezza, da soppesare con attenta cautela.
A casa di Nathan è
tutto un altro discorso, invece: i parenti ancora in vita del nonno non
vivono
a Port, sua madre è figlia unica, e l’unico
invitato è così il fratello di
nonna, Padre O’Sullivan.
Della famiglia
paterna non sa più nulla, è solo un ricordo
caliginoso di soldatini di piombo
immobili e storie di Robin Hood narrate da una voce dal marcato accento
inglese. Sua madre dice che erano tre – un nonno dai baffi a
manubrio con cui
era solito solleticarlo, una nonna rimasta impigliata negli anni
cinquanta e
nei loro capelli cotonati, una zia che studiava Legge in una qualche
università
babbana –, che quando è sceso in Guerra
papà li ha fatti andare via, ventimila
leghe oltreoceano, e si è portato il dove nella tomba.
Quindi, alla fine,
sono sempre in cinque attorno al tavolo del salotto, intrattenuti da
pacate
conversazioni tra una portata e l’altra a volte sul tempo, a
volte sui ricordi
del passato, altre su qualche lezione di vita che nonna ci tiene
particolarmente a comunicare a tutti. Nathan, diversamente da Charlotte
che lo
etichetta come mortalmente soporifero, lo trova
assai rilassante,
considerato cosa aspetta tutti loro non appena metteranno il naso fuori
dallo
speziato tepore del salotto.
I dirimpettai,
invece, hanno facilmente risolto la questione dell’indovina
chi viene a cena
con una drastica scelta: nessuno viene escluso.
Ecco allora che la
dimora si riempie di O’Byrne e Sheridan. Dalle finestre del
salotto, Nathan
riesce a intravedere, tra gli altri, Duff O’Byrne
sprofondato nella propria poltrona
davanti al camino con la pipa tra i denti, lo zio paterno di Charlotte
che si
serve la terza porzione di stufato mentre la moglie gli fa Evanescere
esasperata il piatto, le loro quattro figlie-matrioske –
fiocchi inamidati tra
i capelli e abiti identici, manco fossero gemelle – intente a
sfornare una
teglia a testa di biscotti di marzapane e Finn Sheridan che, da bravo
fratello,
ne ruba uno a ciascuna per testarli. Aisling appollaiata
su una
cassapanca che discute animatamente con la madre, Ryan e Charlotte
impegnati a
lanciarsi noccioline da inghiottire al volo, nonna Sheridan pronta a
rimbrottarli armata di un mestolo di legno.
Gli O’Byrne-Sheridan
e il caotico marasma dei loro ritrovi gli piacciono, moltissimo a dire
il vero,
ma vanno presi senza alcun dubbio a piccole dosi: pare non ci sia mai
stato un
cenone senza qualcuno mezzo azzoppato da un incantesimo partito per
errore –
quest’anno è il turno di Eilís, la
più piccola delle Matrioske (il nomignolo è
ovviamente merito di Charlotte).
Loro invece saranno
pochi ma buoni, tranquilli e sotto le righe dell’esuberanza:
un ottimo antidoto
alla confusione di visi e strette di mano e baci e grida che li attende
fuori
dalla porta.
Alla fine non sono
riusciti a incastrare tra i vari impegni un ritaglio di tempo
sufficiente per
rivedersi prima della Messa di Mezzanotte, tuttavia, mentre tutti gli
abitanti si
dirigono verso la chiesa, Nathan riesce a intrecciare le proprie dita
con
quelle di Charlotte e rubarla alla folla di parenti per trascinarla con
sé in
fondo alla fila. La ragazza, senza sfilare la mano dalla sua presa
salda, le fa
scivolare entrambe nella tasca del cappotto del Grifondoro, per
scaldare le
dita intirizzite nonostante i due strati di guanti e prendere la scusa
di
stringersi più vicina a lui. Non dicono nulla – a
volte è rilassante anche non
avere le orecchie che ronzano per gli sproloqui infiniti di Charlotte
– e si
perdono ciascuno nei propri pensieri, passeggiando alla luce delle
lanterne che
fluttuano illuminando il paese con i loro aloni azzurrini.
Ed è bello anche
così, a sbirciala di sottecchi mentre riflette su
chissà che cosa e inclina
appena la testa di lato, non tanto da appoggiarla sulla sua spalla ma
abbastanza vicina da sentirne il leggero profumo di lavanda; a pensare che
sia un
ammasso di cellule testarde che sguazzano in un mare di sarcasmo, un intreccio di nervi
tesi e
labbra mangiucchiate e curve mancate. È mareggiata, tempesta
e burrasca, onde
che si prendono centimetri di spiaggia per volta, la trasformano in
fondale e
avanzano, divorano, consumano; ma è anche bonaccia, calma
piatta e dolce
rollio, carezza che lambisce e deposita conchiglie, invece di rubare
granelli.
A lui piace, sempre, moltissimo, all’infinito, e potrebbe
annegarci in lei – forse
lo ha già fatto da molto tempo.
Quando, arrivati sul
sagrato, districano la loro stretta, si sente per un attimo come un
naufrago
lasciato sulla costa.
“Grazie, Ryan, gli
Spioscopi di ultima generazione sono stupendi!” esclamano
Fabian e Nathan,
salvando il maggiore dei fratelli Sheridan dalla stretta in cui lo sta
stritolando Charlotte, entusiasta per aver ricevuto
l’ennesimo libro babbano.
“Ho pensato vi sarebbero
stati utili, soprattutto per le lezioni di
Difesa,” risponde Ryan,
sciogliendosi dall’abbraccio della sorella.
“Supereremo
sicuramente i M.A.G.O., data la preparazione in materia del
rospo…”
“Non dovrei dirvelo,
ma secondo zio Duff avete ottime possibilità di farcela. E
se lo dice quel
vecchio brontolone c’è da starne certi: non
è particolarmente generoso di
complimenti…”
“Sentitevi onorati,
per me spreca sempre e solo frecciatine e sarcasmo,” si
lamenta Charlotte. “Cosa
è che ha detto l’altro ieri? Ah, che sarei la
peggior strega possibile per fare
l’Auror – come se poi mi interessasse, visto che
voglio fare tutt’altro –
perché troppo scriteriata. Io
scriteriata!”
“Non è vero, ogni
tanto sa riconoscere anche le tue doti. Ha constatato proprio oggi i
tuoi
miglioramenti nel preparare la spuma di tonno. L’ha definita
addirittura commestibile,”
confida Ryan ai due ragazzi con una strizzata
d’occhio. “È decisamente il
tuo cavallo di battaglia quella spuma commestibile.
E a proposito di zio
Duff, devo scappare a vedere la faccia che farà aprendo il
mio regalo!”
Allontanatosi Ryan,
Nathan e Fabian afferrano una mano ciascuno di Charlotte per
trascinarla in
disparte dalla calca di gente.
“Allora, chi
inizia?”
“Io,” decide impaziente
Charlotte, guardando trepidante i due
“Sei incorreggibile!
D’accordo, allora. Ghisler, la refurtiva!”
esordisce Fabian allungando la mano
verso l’amico, che dopo aver rovistato nella tasca poggia sul
palmo spalancato
un piccolo involucro. Il Tassorosso lo allunga poi a Charlotte, che
svolge la
cartina azzurra con dita tremanti d’aspettativa e fissa con
occhi sbarrati la
particolare collana che vi è custodita.
“Per Merlino, Godric
e Morgana, una GiraTempo! Come diamine siete riusciti a procurarvene
una?”
“No no, non è questo
il regalo, solo il mezzo per arrivarci,” spiega Nathan.
“Il come ce la
siamo procurata è un segreto professionale, dico solo che
l’idea è stata di
Gallagher e che mi ha costretto ad
assecondarlo.”
“L’abbiamo presa in
prestito da una Corvonero…”
“Avevo detto segreto
professionale, Gallagher, quale delle due parole non hai
compreso?”
“Suvvia, Ghisler,
la divertirà saperlo!”
“Avevamo deciso di
non dirle ni…”
“Avete rubato una GiraTempo!?”
“Ecco, visto? Divertirà,
sicuro.”
“Certo che no, a mhuirnín,
come dicevo prima l’abbiamo presa in prestito da una
Corvonero. Come si chiama,
Nat?”
“Mandy McTass.”
“Precisamente, la
cara Mandy. A quanto pare resta a Hogwarts per le feste e quindi non
era
costretta a riconsegnarla come hai dovuto fare tu, altrimenti avremmo
usato la
tua.”
“E ve l’ha data di
sua spontanea volontà?”
“Beh, devi sapere
che è un tantino sbadata, a quanto pare – almeno
così racconta un mio compagno
di Casa che ci esce assieme e non sa spiegarsi il numero spropositato
di
lezioni che frequenta –, nonché sensibile al
fascino degli irlandesi dagli occhi
verdi, non ce ne voglia il caro Ernie.”
“Ernie è il
Tassorosso con cui esce.”
“Sì, grazie, lo
avevo compreso. L’irlandese dagli occhi verdi invece saresti
tu?” domanda
Charlotte, squadrando indagatrice Nathan che annuisce lentamente.
“Proprio lui. Per
quanto ne so io li ho ancora marroni e non avevamo tempo di preparare
una
Polisucco,” spiega Fabian. “In ogni caso, mentre
lei era impegnata a
chiacchierare riguardo un manuale di Astronomia…”
“Artimanzia.”
“Giusto, scusa,
Artimanzia. Ecco spiegato perché ti sei limitato a sorridere
e annuire per la
maggior parte del tempo: tu non segui Artimanzia. Comunque, dicevo,
mentre
lei chiacchierava amabilmente di Artimanzia, tra un sorriso e
l’altro Nat le ha
chiesto se poteva prestarcela, giusto una parola qua e una
là, e la carissima
Mandy ha annuito. Un lavoro straordinario, devi crederci, mi sono anche
domandato
se il nostro amico non abbia qualche Veela nell’albero
genealogico, ma dice di
no. Così, permesso alla mano, io ho approfittato del suo
passaggio nei pressi
della nostra Sala Comune per vedere Ernie. E ora eccola qui.”
“Siete due… due… coglioni!”
sentenzia la ragazza scuotendo il capo in segno di disapprovazione.
“Ehi, è Natale:
dovresti essere più buona! Ad ogni modo, avrei preferito
essere definito un
genio, ma vedrò di accontentarmi. Dovresti apprezzare la
gentilezza di
chiederle prima di appropriarcene, lo abbiamo fatto per te.”
“Al rientro a scuola
la restituiremo subito. Nel mentre, dato che in questi giorni non le
servirà
per le lezioni, l’abbiamo Confusa perché non la
cerchi.”
“Confusa?!”
“Beh,” replica
Fabian pratico, “non potevamo correre il rischio che ne
denunciasse la
scomparsa, mi pare ovvio.”
“Una volta a Hogwarts
vi detrarrò trenta punti a testa. Pensate alla povera Mandy
e non provate a
contestare,” decreta Charlotte, zittendo ogni loro protesta
ancora sul nascere.
“Ormai il danno è
fatto, Lots…”
“Ci tengo a
ricordare una volta ancora come io fossi contrario a questa
follia.”
“Ma alla fine hai
acconsentito, poche storie, Ghisler! E non è che la tua idea
fosse migliore…”
“Che idea?”
“Oh, no, questa verrà
sepolta sotto tutto il buon senso che ho perso
assecondandolo.”
“Allora, lo vuoi o
no il tuo regalo?” domanda divertito Fabian, le labbra
increspate nel sorriso
di chi sa di aver già vinto e la mano a scompigliare i
capelli di Charlotte.
“Certo, se ti senti così in
colpa nei confronti di Mandy McTass possiamo
fare a meno, per quest’anno.”
La ragazza lo
schiaffeggia debolmente sul palmo, per allontanare le dita irriverenti
dall’acconciatura che ha richiesto ore di torture tra le
grinfie di Aisling e
le cugine, e annuisce rassegnata e sempre più incuriosita,
per quanto provi a
nasconderlo sotto lo sguardo severo.
“Qui viene la mia
parte di idea,” spiega raggiante Nathan, un sorrisetto furbo
sulle labbra,
mentre estrae dalla tasca tre biglietti. “Hai sempre detto
che ti piacerebbe
andare almeno una volta alla festa di Natale al pub nel paese babbano a
valle,
ma non è concesso saltare le celebrazioni qui, pena Azkaban.
Quindi, beh… oggi
doppi festeggiamenti.”
Charlotte quasi gli
strappa i foglietti dalle mani e scorre febbrile gli occhi a leggere
cosa vi sia
scritto.
“Pare che nel locale
suoni un gruppo molto in voga al momento tra i Babbani.”
“Musica folk, dicono
gli avvisi pubblicitari.”
“Come ve li siete
procurati?” chiede la ragazza incredula.
“Opera mia anche
questa,” si vanta Fabian. “Ho chiesto un
po’ in giro, tuo cugino Finn è andato
alla Gringott a cambiarci i soldi, mio fratello è stato
obbligato a farsi tre
ore di fila al bottegino – si chiama
così, giusto? –, ed ecco quanto. Se
non fossimo stati rinchiusi al castello saremmo andati di
persona.”
“Tre giri dovrebbero
bastare,” continua Nathan accennando con il capo alla
GiraTempo che la ragazza
ancora stringe tra le mani. “Probabilmente domani sembreremo
O’Brian dopo la
sbornia dello scorso anno: due Natali possono valere come quattro
bottiglie di
Whiskey Incendiario.”
“Poco male, tanto
siamo in panchina come al solito a Quidditch.”
“Allora, ti piace?”
La ragazza vola a
gettare loro le braccia al collo e stringerli in una morsa tanto
familiare,
elettrizzata e ancora incredula.
“Siete i migliori,
metodi poco ortodossi a parte. Grazie grazie
grazie…”
“Quindi, a
mhuirnín, sei pronta per il tuo primissimo Natale
babbano?”
Forse è da sciocchi,
Lord Voldemort è tornato e loro studiano per gli esami,
pensano alla carriera,
si scambiano regali. Forse ne scoppierà un’altra,
di guerra, e sarà violenta e
infinita come la prima, di più, molto di più,
forse. Sguazzeranno dentro anni
di sangue e Maledizioni e morte – Diggory è solo
il primo.
Forse sono solo
lanciatori di coltelli che giocano alla roulette con il destino: un
millimetro
più a destra e tutto esplode, ci vuole pochissimo.
Eppure sono figli
sbocciati dalla Guerra stessa – la Prima violenta e infinita
Guerra Magica
–, fatti a brandelli dai suoi strascichi, ancora impigliati
in una luminosa
mattina di maggio in cui i lupi mannari escono dalle fiabe e diventano
sangue e
carne. Ancora e ancora e ancora.
Sono già intaccati e
maledetti, fatti di polvere e calcinacci e tutta la resilienza delle
scogliere
del Donegal; hanno avuto il loro pezzo di Paradiso, e se presto
dovranno
scendere in battaglia sarà perché era tutto
già incastonato in intricate
simmetrie di costellazioni.
Ma poi Charlotte
sorride e Fabian sorride e anche Nathan sorride, e va bene
così, davvero. Per
ora, va bene così. Sono ancora ragazzini che corrono a
perdifiato sulla
spiaggia, ascoltano musica, si baciano e prendono in giro. Davvero, va
tutto
bene: sono migliori amici, loro tre, e faranno sempre tutto assieme
– anche
combattere, anche morire. Staranno sempre assieme, sempre.
Punto. Il
resto è superfluo.
Anche aver preso
in prestito la GiraTempo di una malcapitata Corvonero.
NdA
Questa
storia è nata, molto a caso, in seguito al prompt lasciatomi
da shilyss
nell’ambito del gioco “Obbligo, verità o
salvataggio” organizzato dal gruppo facebook il
Giardino di EFP, che chiedeva di scrivere un missing moments da una
storia a
cui fossi particolarmente legata. La scelta è ricaduta, un
po’ banalmente,
sulla mia serie Cosa
tiene accese le stelle, dove compaiono per la prima
volta gli OC protagonisti di questa one-shot.
Immagino
che assai difficilmente qualche studente avrebbe mai potuto "prendere
in prestito"
una GiraTempo, ma la Rowling stessa ha approvato una fanfiction
(che è
quello che per me TCC resterà sempre) in cui si
faceva di tutto e di più con una GiraTempo, per cui mi sono
presa la licenza di
sfruttare la cosa per questa sciocchezzuola leggera e comica, scritta
per puro divertimento. Stando a Harry Potter Wiki il
primo Decreto Didattico della Umbridge è stato emanato
proprio il sette ottobre, nei libri però, se non ricordo male,
è specificato
solo il mese.
L’uso
del presente
mi è risultato molto più naturale, dato il genere
ben diverso dal solito, spero
che non appaia troppo in contrasto con il resto della serie.
L’ambientazione,
particolarmente attuale, è dovuta alla mia grande coerenza XD.
Ringrazio di cuore
chiunque sia passato di qui e si sia soffermato a leggere, spero
davvero che la
storia possa essere stata di vostro gradimento. Ne approfitto anche per
augurarvi una Buona Pasqua, soprattutto in questo momento difficile.
A presto,
Maqry
Gaelico
irlandese: dannazione (corrispondente dell’inglese
“damn it”).
Gaelico
irlandese: mia cara, tesoro.
Gaelico
irlandese: idiota.
Gaelico
irlandese: tesoro.
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