Onirica: il diario dei sogni

di DanceLikeAnHippogriff
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Ho sognato di nuovo un sogno che ricordo di aver fatto tempo fa.

 

All'inizio del sogno, mi trovavo in uno spiazzo enorme dove si stava tenendo una festa di studenti. In mezzo a tutto quel trambusto gioioso, una ragazza mi ha invitata a ballare. Avevamo entrambe una sorta di tatuaggi dorati sui polsi e sulle mani, e ricordo distintamente che dovevo tenere gli occhi chiusi perché era lei a dovermi guidare nei passi. Non saprei dire perché non li ho tenuti sempre chiusi, ma anche se li chiudevo vedevo tutto, quindi non faceva molta differenza. A un certo punto, la ragazza si è diretta verso una fornace e sembrava che volesse guidarmici dentro. Mi sono staccata da lei di scatto e mi sono allontanata dalla piazza.

Mi trovavo in una città indefinita, piena di palazzi grandi e riccamente decorati. In uno di questi, sapevo che si trovava la scuola di magia che frequentavo. Insieme ad un gruppo di studenti, stavamo tornando dalla stazione e dovevamo prendere delle carrozze, ma devo aver sbagliato strada perché mi sono ritrovata in un punto lontano dal centro, pieno di nebbia e con pochi alberi che spuntavano come ciuffi qua e là.

Ho sentito dei rumori concitati e, dopo essermi avvicinata alla fonte del rumore, ho visto che dei maghi stavano prendendo d'assalto un palazzo diroccato dove, a quanto pareva, si trovava un criminale che stava minacciando un uomo con una bacchetta. Decido subito di unirmi all'offesa, ma proprio quando siamo riusciti a circondare la donna, ho come un flash e ricordo di aver già sognato tutto. Ancora con la bacchetta puntata contro di lei, sento l'impellente bisogno di lasciarla fuggire, come se fosse la cosa più giusta da fare.

Lei mi ha guardato a sua volta, ma forse ha pensato che la mia esitazione fosse dovuta alla paura e mi si è avvicinata con aria beffarda. A quel punto non ragiono più e la minaccio dicendole di stare indietro, cosa che lei fa.

All’improvviso, una donna dei nostri ci si rivolta contro. Era la madre di quella donna. Ci ha rinchiuso dentro una stanza, facendola diventare sempre più calda. Il nostro gruppo, allora, si è messo in cerchio, facendo meditazione in piedi con delle matite appoggiate in verticale per toccare labbra e naso. Controllando la nostra respirazione siamo riusciti a diminuire la nostra quantità di sudore e siamo riusciti a uscire usando della lava.

La madre della donna si trovava sulle scale, sbalzata via dall'urto che la nostra magia aveva causato per liberarci.

Avrei voluto chiederle di più su quella storia perché io non sapevo niente, avevo preso parte alla spedizione perché era quello che avevo fatto tempo fa nello stesso sogno e volevo dirglielo con tutta me stessa. Ma dalle mie labbra non è uscita neanche una parola, come se il sogno stesso mi avesse impedito di rivelare a quei personaggi così reali che, in realtà, non esistevano. Allora, la donna mi ha guardato, beffarda, e se n'è andata dicendo che le facevamo tutti schifo.

Mentre ritornavo sui miei passo, verso casa, mi sono accorta che non avevo le scarpe. Sapevo di avere i calzini da qualche parte in tasca, ma non li ho messi, considerandoli inutili. Così, attraversando pozzanghere e pestando i piedi sui sanpietrini, sono arrivata a un edificio da cui uscivano ragazze con degli strumenti in spalla: era il Conservatorio.

Stavo per entrare e chiedere aiuto quando, all'improvviso, sono svenuta tra le braccia di due studentesse.

 

***

 

Riflessioni: mi domando se sia veramente possibile arrivare a un livello tale di consapevolezza all’interno del sogno da far comprendere anche alle entità con sui si interagisce, e non solo a noi stessi, che il mondo in cui ci si trova in quel momento non è reale.

Che poi, il fatto che non sia reale è solo il mio punto di vista. Forse, per quelle persone che trovo nei miei sogni, sono io l’illusione.





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