PJ Mask Aggretsuko
Una città anonima, uguale a tutte le altre città.
Una mattina altrettanto anonima, e ovviamente, uguale a tutte le altre
mattine.
Inizialmente l'idea di quella trasferta l'aveva entusiasmata: si era
illusa che un cambio
d'ambiente le avrebbe giovato, smuovendo un po' la fossilizzante
routine lavorativa.
E invece, sospirando, Retsuko constatò che l'ammasso di
carne soppressata in quella scatola chiamata Metrò era esattamente lo
stesso.
Avrebbe dovuto prevederlo dagli sghignazzi sommessi che quel porco del
suo capo aveva emesso nel comunicarle la notizia.
Alla fine si era ritrovata in una città piena di scimmie rosa
spelacchiate, chiamate umani, che manco si curavano
della presenza di un piccolo panda rosso vestito come loro.
Ma in fondo, questo non le importava: era quotidianamente invisibile
agli occhi dei suoi
concittadini furry, non
faceva una gran differenza esserlo davanti a degli
estranei.
Mentre il treno sotterraneo si fermò, le porte automatiche si aprirono
sbuffando, e la piccola straniera strascicò i piedi già stanchi in
direzione dell'ufficio, superata da persone ben più frettolose di lei.
Poco lontano, in una scuola elementare, l'approccio alla giornata era
completamente differente, i piccoli studenti che scendevano dallo
scuolabus non vedevano l'ora di varcare il tempio del sapere, affamati
di nozioni.
Tra loro, tre bambini amici da sempre si salutarono.
O meglio, due lo fecero, mentre la terza non si era ancora accorta di
loro.
Greg, timido biondino, e Connor, irruente ragazzino dai capelli
castani,
guardarono incuriositi la loro amica, intenta a sfogliare un libro
preso dalla biblioteca di classe, sul suo argomento preferito: i gufi.
Amaya era una ragazzina con gli occhiali che alcuni additavano
ironicamente come la sorella minore di Hermione Granger, di cui
tra l'altro era diventata di recente una sfegatata fan.
Le
similitudini con la "sorellona", invero, non si limitavano a un
atteggiamento da secchiona saputella e precisina: come
quest'ultima, infatti, amava perdersi periodicamente dietro eroi
fittizzi, spesso
distanti e irraggiungibili, un po' come per la Granger rispetto a Piton.
- Amaya! - Protestò Connor. - Ti abbiamo salutato.
Gli occhi rossicci della bimba si distolsero dall'oggetto di interesse,
e
tornarono finalmente sulla realtà oggettiva dei suoi amici.
Si limitò a gemere, cadendo dalle nuvole.
- Ciao! Scusate, stavo consultando
questa encliclopedia dei gufi. Stavo cercando un modo su come
ammaestrarli per mandare messaggi.
A quelle parole, i due ragazzi si guardarono, basiti.
- Fammi indovinare. - Ribatté Greg. - Ieri sera hai letto Harry Potter.
Amaya annuì entusiasta, tirò fuori l'adorata action figure
di Hermione, e cominciò ad elencare i vantaggi che
avrebbe portato un gufo postale presso la base operativa dei PJ Masks.
- Tu e i tuoi idoli. - Obiettò Connor.
- Cosa avresti contro Harry Potter? - Ribatté Amaya, piccata. - Poi,
tu, che parli in continuazione del Maestro Feng!
- Il Maestro è una cosa seria! - Si difese Connor, stizzito. - E
comunque,
se vogliamo dirla tutta, un gatto postale sarebbe molto meglio!
Greg annusò aria di battaglia imminente tra i due, e quindi tossì
rumorosamente, portando l'attenzione generale su di lui.
- Sapete dell'apertura di un Karaoke in città? - Snocciolò, nella
fretta di cambiare argomento. - E' aperto anche di giorno! Mi
piacerebbe tanto andarci!
L'idea piacque agli amici.
- Sì! - Esclamò Connor. - Finalmente un qualcosa di cinese in
questa città oltre al ristorante.
- Il karaoke è giapponese! - Si affrettò a precisare Amaya, ma il bimbo
fece spallucce.
- Che importa? L'importante è andarci!
La proposta trovò d'accordo la bimba, che si unì con un "Andiamoci
dopo la scuola!", accolto da un "Evviva!" da parte di Greg.
Il maestro lì vicino si chiese per un momento se fosse legale per tre
bambini di sei anni entrare in un Karaoke, ma tanto non aveva
importanza, in virtù della brutta notizia che stava per rivelare.
- Come, non lo sapete? Qualcuno ha rubato i
microfoni del locale, e ne hanno quindi rimandato l'apertura fino a
quando non
verranno ritrovati.
Soddisfatto, l'adulto tornò a svolgere il suo lavoro.
I bimbi, con l'entusiasmo raffreddato, afflosciarono le spalle e si
guardarono a vicenda.
- Ma chi potrà mai avere interesse a rubare dei microfoni? - Domandò
Greg.
- Chi vuoi che sia? - Soffiò Connor. - Non c'è troppa scelta: la vanità
di Lunetta, l'egocentrismo del Ninja della Notte, la megalomania di
Romeo.
- E' il momento dei PigiaMask! - Esclamarono all'unisono. E, unendo
enfaticamente i pugni destri: - Di notte salviamo la situazione!
Quando ebbero finito, Greg chiese: - E adesso che facciamo?
- Niente. - Rispose Amaya, facendo spallucce. - Aspettiamo che faccia
buio.
Non potendo fare altro per il resto delle quindici ore necessarie
all'attesa, Amaya tornò al suo libro, Connor andò a giocare a palla, e
Greg si intrattenne con il pupazzo di un rettile.
Quella sera.
Gli occhi allibiti del povero panda rosso erano sul punto di traboccare
calde lacrime tra il disperato e il frustrato.
Quella impietosa saracinesca metallica abbassata, grigia come l'umore
dell'ìmpiegata, aveva serrato così ogni speranza di riscattare una
giornata andata particolarmente male.
Forse complice il fatto che fosse una novizia, le avevano affidato
tutte le pratiche più impegnative, sommergendola letteralmente di fogli.
Non si contavano, inoltre, le frecciatine sulla sua statura o
sull'aspetto esotico.
E in tutto ciò, non mancava il maniaco con un fetish per i panda rossi,
che aveva cercato di insidiarla durante il viaggio di ritorno.
Il cartello con scritto "chiuso" non rilasciava ulteriori
spiegazioni o notizie di eventuali riaperture, facendo salire una
insana collera in Retsuko, che, negatale la possibilità di sfogarsi in
una catarsi canora, ebbe l'impulso di prendere a capocciate l'ingresso.
La sua parte razionale la richiamò alla calma, suggerendole l'inutilità
del gesto.
Sospirando, si diresse mestamente verso l'appartamento, con lo scopo di
affogare, almeno nel sonno, le sue brutte emozioni.
Da qualche altra parte, tre ragazzini potevano vedere dalle rispettive
finestre che una splendida luna piena era finalmente ascesa nel suo
massimo splendore.
Era finalmente notte in città, e un coraggioso terzetto di eroi si
preparava ad affrontare i cattivi affinché non gli rovinassero la
giornata.
Anche se in effetti, ormai lo avevano fatto.
- Buonanotte Mamma! Buonanotte Papà! - Salutò Amaya, prima di
chiudersi in camera da letto.
Premette un pulsante sul fidato orologio da polso, e come d'incanto, il
soffice e caldo vestito di flanella, in genere usato per infilarsi
sotto le coperte, si trasformò in un pratico e scattante costume da
supereroina, dalle sembianze di un gufo.
Come un lampo, uscì dalla finestra, andandosi a materializzare nella
base segreta a forma di Totem.
- Buonanotte Papà! Buonanotte Mamma! - Salutò Greg, prima di
chiudersi anch'egli in camera.
Un tocco sul quadrante attaccato al cinturino, e anche il suo
abbigliamento mutò nelle squame di un energetico geco.
Anch'egli balenò in un lampo verde, direttamente nel quartier generale.
- Come sarebbe a dire? - Stava intanto protestando Connor. - Mamma!
Perché hai messo il pigiama in lavatrice?
Base segreta dei PJ.
- Sei in ritardo, Gattoboy. - Puntualizzò Gufetta.
- Come mai il tuo vestito è tutto bagnato? - Chiese Geco.
- Lasciamo perdere. - Liquidò il terzo, rifiutando di dare spiegazioni.
Senza perdere tempo, l'intellettuale del gruppo cominciò a ticchettare
le dita in maniera frenetica sulla tastiera virtuale davanti a sè.
Come per magia, una serie di schermi si materializzò, indicando le
inquadrature delle varie webcam che sorvegliavano la città, con buona
pace della privacy dei cittadini.
Senonchè una di loro inquadrò immediatamente il colpevole del furto,
che, non contento del misfatto, non aveva resistito alla tentazione di
tornare sul luogo del delitto, semplicemente per pavoneggiarsi
davanti a un assistente robot rassegnato.
Venne subito riconosciuto come Romeo, il piccolo scienziato pazzo.
Gattoboy sbottò, indignato.
- Ma non ce l'ha una vita fuori da quel ruolo?
Gufetta fece spallucce.
- Immagino di sì. Come noi, del resto. Però nessuno lo ha mai visto. Io
me lo
immagino come una sorta di Dexter del famoso Laboratorio omonimo.
- Ma è cattivo! - Puntualizzò Geco, che non si perdeva un episodio del
cartone citato. - Più che Dexter, somiglia al suo rivale Mandark!
L'idea piacque a Gufetta.
- Prendiamo nota, un'alleanza tra Mandark e Romeo potrebbe essere un
buono spunto per un futuro crossover. Ma adesso il dovere ci chiama:
vogliamo andare?
- Alla gattomobile! - Propose immediatamente Gattoboy, ma Gufetta
obiettò.
- Ma no, dobbiamo prenderlo dall'alto, con l'elegante Gufaliante!
Di fronte all'ennesimo screzio tra i due, un finto colpo di tosse si
intromise: era Geco, con fare timido.
- Questa volta vorrei usassimo la Gecomobile.
- Dai, Geco, la tua Gecomobile va bene sott'acqua, ma per il resto è
rumorosissima e lentissima.
- Ma non la usiamo praticamente mai! - Protestò il verde.
Gli altri due sbuffarono, e alla fine Gufetta annuì, condiscendente.
- E va bene.
Un urlo entusiasta riecheggiò nel quartier generale, e qualche minuto
dopo, da un canale di irrigazione emerse un mezzo anfibio di colore
verde, che con un balzo atterrò sulla strada, derapando di 90 gradi, e
poi partì, sgommando, di gran carriera.
Al suo interno, Gufetta e Gattoboy, trattenuti solo dalle cinture di
sicurezza, venivano sballottati dallo spericolato stile di guida di
Geco.
- E pensare che neppure avremmo l'età per la patente! - Ebbe la forza
di rantolare Gatto, prima che un'ondata di nausea lo costringesse a
tapparsi la bocca.
Retsuko si svegliò di soprassalto.
Allarmata, fece in tempo a osservare dalla finestra solo il riflesso
del bolide verde che si stava allontanando, portando con sè il
fastidioso baccano che aveva interrotto l'agognato sonno che era
appena riuscita a raggiungere solo dopo innumerevoli rigiramenti nel
letto.
E dire, che, a giudicare dalle vie, la zona non solo non sembrava
trafficata, ma al contrario, in quel momento era completamente deserta.
Chi poteva essere il delinquente che si divertiva a fare il pilota di
Formula Uno a quell'ora?
Senza contare che al giorno d'oggi tutte le auto vanno con modernissimi
motori elettrici, decisamente silenziosi.
Già il solo fatto che esistessero ancora catorci con motori più
rumorosi di un trattore avrebbe dovuto essere considerato crimine
contro l'umanità.
Maledicendolo, tornò a letto, per ricominciare i tentativi di
assopimento.
La Gegomobile sgommò a destinazione, sotto lo sguardo di Romeo.
Costui era un piccolo genio del crimine, letteralmente.
Guidava anche lui, in barba alla legge, un mostruoso autoarticolato che
fungeva anche da Laboratorio mobile.
Come da cliché per gli scienziati pazzi, andava in giro con un camice
da laboratorio, completo di guanti, che lo rendevano, paradossalmente,
ancora più affine per un eventuale crossover con il Laboratorio di
Dexter. (prendere nota ndA).
Un paio di occhiali protettivi coronavano il tutto, ma il vero tocco di
classe era la capigliatura: capelli neri con doppie punte acuminate
alla Sayan, con un ciuffo bianco che dava un innegabile effetto "Moglie
di Frankestein".
Accolse l'arrivo dei nemici con una punta di sprezzo.
- Ecco i Pigiaminkia!
La capotta della Gecomobile si aprì, e due degli occupanti balzarono
fuori, mentre il pilota in verde scendeva con calma.
- Vi stavo aspettando! - Tuonò Romeo, con un sorriso malvagio.
In realtà stava cercando di contenere l'entusiamo, perché finalmente
era arrivato un pubblico a cui poter spiegare il suo geniale piano.
Entusiasmo che venne frenato quando si accorse che solo Geco gli stava
prestando attenzione.
Quest'ultimo fece un sorriso imbarazzato.
- Solo un attimo, Romeo, gli altri due sono al momento occupati con
problemi di ehm... mal d'auto.
Si potevano, in disparte, sentire rumori di vomito.
Dopo essersi ripresi, anche Gatto e Gufetta si presentarono a fianco di
Geco.
- Ti abbiamo scoperto! - Accusò il felino. - Sei tu il ladro di
microfoni da karaoke!
Non che Romeo avesse fatto qualcosa per nasconderlo: al contrario.
Di fianco al Laboratorio su ruote, lì parcheggiato, era stato allestito
un
improvvisato impianto di karaoke, con tanto di casse e altre
apparecchiature apposite.
E accanto, sorvegliata dalla fedele
sentinella robot, vi era una cassa contenente tutti i microfoni rubati.
- Vi piace? E' il mio karaoke personale! Ho rubato tutti microfoni
cosicchè possa cantare solo io!
Gli occhi dello scienziato si illuminarono di una luce inquietante,
mentre una
follia mista ad autocompiacimento si fecero
strada nel proposito che stava per rivelare.
- ... E così conquisterò il mondo!
Una risata agghiacciante cominciò a riecheggiare, delirante, isterica...
- .... E come pensi di farlo?
La domanda di una Gufetta scettica colse il malvagio totalmente
impreparato, che si pietrificò insieme alla sua risata.
Non potendo ammettere che a quella parte del piano ancora non aveva
pensato, Romeo si fece prendere da una grande collera.
Stufo di quei seccatori, si rivolse all'aiutante.
- Robot, distruggili!
Retsuko tentò di riparare la testa sotto il cuscino.
Si girava e rigirava nel letto, ma ogni volta che tentava di
concentrarsi sulle pecore da contare, un qualche schiamazzo la
disturbava.
Dovevano esserci dei bambini che giocavano.
- Ma i bambini dovrebbero essere a letto da un pezzo! - Protestò. - Non
devono alzarsi presto la mattina?
Non solo aveva passato una giornataccia, non solo non aveva potuto
rilassarsi di sera con il suo passatempo preferito, ma adesso non
poteva neppure sperare di dormire perché un branco di maleducati e
incivili aveva deciso così?
Come si sarebbe presentata, la mattina dopo, in ufficio? Come avrebbe
potuto
affrontare, in quelle condizioni, una giornata che già l'aveva
demotivata in condizioni normali?
I nervi della piccola panda erano sul punto di cedere.
Riprese a contare, non le pecore, bensì fino a 10 per evitare di cedere
a una crisi isterica.
6....7...8...9...
Il training autogeno sembrò fuzionare, si sentiva già più calma, più
lucida, e più tranquilla.
Un
attimo dopo, un rumore di lotta, seguito da un grosso schianto
metallico, furono le gocce che fecero perdere quel poco di lucidità rimasto.
Cominciò a piangere,
Lo scagnozzo robotico,
sebbene grosso, non presentava una sfida in grado di impensierire i
poteri dei Pigiamini, che infatti, come da routine, lo mandarono al
tappeto, riducendolo come l'androide Genos di One Punch
Man dopo ogni sconfitta.
Romeo, in preda al
panico, corse verso i microfoni.
- Miei! Miei! Posso cantare solo io!
E così dicendo, afferrò uno dei microfoni.
Gufetta fece un breve volo e gli atterrò a fianco, po cercò di
sottrargli l'apparecchio.
Romeo, tuttavia, non voleva saperne di
lasciar andare la presa.
La colluttazione parve a Geco, che sotto sotto era un romanticone, come
una cosa dolcissima.
Al che propose un'idea molto stramba.
- Perché non cantate assieme? Ci sono microfoni per tutti!
La proposta colse di sorpresa l'eroina e il villain.
- Io? - Inorridì Romeo. - Con lei?
Gufetta ignorò il commento dello scienziato: era ancora troppo
sbalordita.
- E che diavolo dovremmo cantare?
- Potreste cantare una canzone d'amore, come... Romeo e Gufetta!
L'inaspettata proposta di Geco ebbe l'effetto di fare allontare
all'istante i
due interessati, in preda al disgusto, nonchè a lasciare la presa sul
microfono, come se fosse un oggetto maledetto.
Gattoboy cominciò a ridere come non mai.
Romeo non sopportò oltre l'affronto.
Fischiò.
- Ho degli ospiti per voi! - Annunciò, infine.
Ululando, un trio di bambini licantropi, vestiti come emo, irruppe
sulla scena.
Gufetta li riconobbe subito.
- I Lupetti!
- Andate, sbranateli! - Ordinò Romeo.
Geco gonfiò i muscoli da Supegeco, pronto all'azione.
Gattoboy si preparò per usare la supervelocità.
Gufetta si librò in volo, per sorprenderli in picchiata.
Caso volle, però, che il trio di lupi mannari si accorgesse nel
frattempo della cassa con i microfoni dentro.
Perdendo del tutto l'interesse per la lotta, i licantropi decisero che
ululare canzoni alla luna con i microfoni doveva essere molto più
divertente.
Ignorando le proteste di Romeo, presero dunque gli apparecchi ed
emisero i loro versi con quanto più fiato possibile.
L'effetto fu destavante, molti vetri dei palazzi circostanti
cominciarono a frantumarsi, diverse spaccature si formarono nel terreno.
- Bisogna fermarli! - Esclamò Gattoboy, e i suoi compagni
annuirono.
I Pigiamini si avventarono contro i Lupetti, e nella rissa generale
volarono microfoni da tutte le parti.
Retsuko cadde dal letto. Era una maschera mista di rabbia e lacrime.
- Anche i cani randagi ci si mettono, ora? A fare le serenate alla Luna?
Il lato selvaggio della sua anima stava prendendo il sopravvento.
Avrebbe finito per prendere a testate la parete, o al peggio, sarebbe
scesa in strada a fare una strage di bambini.
Troppa la rabbia, troppa la violenza che aveva represso, come una
bestia nera che adesso scalpitava per uscire.
Ira funesta, vendetta, tremenda vendetta.
Se solo avesse potuto...
Dalla finestra entrò, frantumando il vetro, un oggetto.
- Adesso esagerano! - Urlò esasperata la panda. - Anche vandali!
Raccolse l'oggetto, lo riconobbe, sorrise.
Era un microfono.
Lo impugnò, lo accese, si chiarì la voce.
Avrebbe fatto strage di bambini, ma alla sua maniera.
- E' il momento dell'Erode.
Intanto, eroi e villani si stavano affrontando in una battaglia senza
quartiere, come i supereroi Marvel in Civil War, come Leonida e Serse
nella battaglia delle Termopili, come i lottatori di Smackdown durante
la Royal Rumble.
Geco partì alla carica per travolgere il gruppo dei Lupetti, ma questi,
agili, si dispersero prima che posse riuscirvi.
Per contro, questi cercarono di circondarlo, ma sulla loro strada
trovarono Gattoboy e la sua velocità.
Gufetta fornì supporto aereo, rallentandoli con raffiche di vento.
Nella gazzarra, Romeo, rimasto prudentemente in disparte, si rivolse
all'assistente Robot, ancora impegnato a raccogliere i propri pezzi
lasciati sul campo, e sussurrò l'ordine di sbaraccare l'impianto
Karaoke e di caricare tutto sul Laboratorio su ruote.
Ma al momento di avvicinarsi, lo scienziato e l'automa trovarono una
misteriosa figura a forma di panda minore che stava trafficando con le
attrezzature.
- E tu chi saresti? - Domandò Romeo.
Il panda, con indosso un pigiama, salutò l'umano con un umile inchino.
- Sono la signorina Retsuko. - Si presentò, con il più cortese dei
sorrisi. - Non riuscivo a dormire, e allora ho pensato di venire a
cantare un po' al vostro Karaoke.
- Chi sei? - Ripetè il bambino, studiando con curiosità il folto
pelo che la ricopriva. - Sei una bambina lupo come il
trio laggiù?
E indicò il campo di battaglia, dove tutti si erano appena fermati, con
l'attenzione generale spostata sul nuovo arrivo.
- In realtà sarei un panda. - Precisò l'animale, mantenendo il sorriso
di
circostanza, mentre le sopracciglia si aggrottarono leggermente, e
aggiunse: - E ho 25 anni.
Romeo accolse la notizia con scetticismo, e rispose con irritante
sarcasmo.
- Un'adulta bassa come me? Chi credi di prendere in giro?
- Quella presa in giro mi sento io.
Il tono di Retsuko, da gentile e solare, si era abbassato di due
ottave,
E si doveva essere abbassata anche la temperatura, constatò lo
scienziato, altrimenti non si sarebbe spiegato quell'irrazionale
brivido lungo la schiena che aveva appena avvertito.
La signorina, intanto, continuò.
- A quest'ora dovreste essere a dormire, tutti. Lo sapete?
- Beh, veramente, - Tentò Gattoboy. - Noi saremmo gli eroi....
I lupetti, invece, non erano disposti a tollerare qualcuno che gli
facesse la morale.
Uno di loro avanzò, con fare spaccone.
- Nessuno può dirci cosa possiamo o non possiamo fare!
Il secondo licantropo, una femmina, rincarò la dose.
- I Lupetti fanno quello
che vogliono e quando lo vogliono! E se non ti sta bene, vattene a casa
a dormire, vecchia!
Quel "vecchia" fu la goccia.
Il sorriso, via via sempre più forzato, si stava trasformando in una
caricatura grottesca, un ringhio primordiale, alimentato da una rabbia
tenuta troppo a lungo dalle catene di una facciata sociale chiamata
educazione.
La mano destra strinse ancora di più il microfono, fino a farsi venire
le nocche bianche.
- E' ciò che sto cercando di fare da ore: dormire! E anche ieri sera,
volevo cantare. Ma sembra che sia io, l'adulta, quella a cui non viene
concesso nulla, qua.
L'altra mano accese l'impianto, e poi selezionò istintivamente un disco
dal repertorio.
Dopodiché, premette "Play".
Un sottofondo distorto di chitarre cominciò a riempire l'ambiente.
La melodia sembrava particolarmente malvagia, inquietante, sinistra.
Roba che contagiò, con i brividi, anche degli eroi senza paura come i
Pigiamini.
Il terzo licantropo, che nel frattempo era rimasto in disparte, potè
percepire nella sua interezza l'aura
angosciante che si stava sprigionando dal panda, e per questo cercò di
fermare i compagni.
- Ragazzi, forse non dovremmo...
Gli altri due liquidarono la sua prudenza, deridendolo come codardo.
Come faceva a non capirlo? Li stava sfidando.
Loro, i Lupetti!
Gonfi della spavalderia dettata dal loro orgoglio di licantropi, si
sentivano coloro che rappresentavano il terrore della notte, l'
anarchia della Natura, la furia risvegliata dalla Luna piena.
E avrebbero dovuto avere paura di una vecchia nanerottola pelosa?
Loro la paura la incutevano.
Gonfiando i polmoni, ulularono tutta la loro potenza.
Ciò che riceverettero in risposta, però, li spiazzò, perché alle loro
orecchie sembrò l'apocalisse.
Avvicinando il microfono alla bocca, Retsuko esplose con un ruggito che
investi come un'onda d'urto tutta la zona, così potente che tutti venne
scagliati via.
L'istinto dei fieri lupi mannari, travolti dalla sproporzionata forza
aggressiva, tramutò la temerarietà in istinto di sopravvivenza.
Gli ululati mutarono in uggiolìi, e fu immediato il dietrofront che
fece girare i tacchi ai due licantropi e li fece precipitare in una
indecorosa fuga.
Il terzo li seguì, non avvedendosi di un crepaccio lì vicino, nel quale
precipitò in perfetto stile di Wile E Coyote.
Salvo aggiungere, dopo il tonfo sul fondo, un rassicurante: - Sto bene!
Intanto, sul palco, la canzone del Diavolo aveva inizio.
Con legioni di demoni che pogavano, Retsuko, anzi, Aggretsuko, intonò
il suo lamento:
"Ditemi perche dovete sempre
aspettare che sia notte.
distruggere gli abbracci di Morfeo e,
per cosa? Fare a botte!
Salvate la giornata ma lo fate
rovinando l'esistenza
se non scappate a letto ora, giuro
che mi scatta la violenza."
Nel momento in cui la batteria elettronica rallentava, lasciando una
tregua alla furia Death Metal, che la stava sballottando in aria
come un giungo nella tempesta, Gufetta cercò di spiegarsi.
- Noi eravamo qui per rimediare al furto dei microfoni da parte di
Romeo!
- Silenzio, Pigiamacci! - Intimò Romeo, aggrappato a un palo. - E non
osate mettere in discussione il mio piano di conquista del mondo!
Per tutta risposta, Retsuko si voltò verso di lui, e gli ruggì come il
T-Rex di Jurassic Park.
"Conquistare il mondo? Conquistarlo
quando? Conquistare un corno!
Il tuo genio immondo, ha toccato il
fondo, scemo a tutto tondo!
Shakespiriani tentativi di
affrontare la nemesi e vendicarti
Ma la rivalsa dell'Amleto si è
corrotta in un gran Pigiama party".
- Non ti permetto di deridermi! - Sbottò lo scenziato. - Io sono Romeo, il genio del male! Uohohoho!
Per risposta alla risata di quest'ultimo, la panda rise a sua volta.
Ma la sua risata, molto più malvagia, terrificante, stridente,
raccapricciante, fece sembrare a confronto il verso di Romeo a un
innocuo "Ho ho ho" di Babbo Natale.
E poi, continuò.
"Genio del male": ma tu sai cos'è il male?
Il dolore lacerante, l'incubo aberrante,
di un'anima urlante nell'inferno ripugnante.
Sofferenza, strazio, il supplizio e il patimento
Afflizione, angoscia, il rimpianto e il tormento."
Questo fu troppo per il povero scienziato, che lasciò la presa
dall'appiglio e venne sballottato in aria. L'assistente robot lo prese
al volo, ma finì per essere sollevato anch'esso. Fu solo per un colpo di fortuna che entrambi andarono a finire dentro il Laboratorio a ruote.
- La prossima volta vincerò io! - Soffiò, Romeo, astioso, mentre il suo
piede schiacciava sull'acceleratore, in una indecorosa ritirata.
La musica brutale, intanto, andava sfumando, così come l'adrenalina nel
sangue di Retsuko, la cui smorfia mostruosa si rilassò, gli occhi alla
Gene Simmons tornarono a minuscoli puntini alla Hello Kitty, e il
diavolo in persona tornò ad essere una mite e cortese signorina.
I Pigiamini erano ancora scossi, tanto che impiegarono qualche minuto, prima di vincere la titubanza e avvicinarsi.
Fecero per parlare, ma fu Retsuko a chinarsi per prima, proferendo scuse.
L'improvviso cambio di atteggiamento confuse gli eroi, tanto che Gufetta, impietosita, appoggiò una mano sulla spalla del panda.
- I miei complimenti. E' la prima volta che vedo qualcuno riuscire a cacciare un cattivo con una ehm... canzone!
La signorina alzò lo testa, e venne accolta dall'entusiasmo di Gattoboy.
- E' un potere incredibile! La voce da superPanda! Anche tu. come noi, hai un pigiama con poteri da animale?
- No, in realtà, io sarei un panda autentico....
- Un panda? - Ribattè Geco, sorpreso. - Un panda che parla? Forse sei l'incarnazione di una dea, come Bastet o An Yu?
- Sono solo una semplice segretaria... - Tentò di spiegare Retsuko, al colmo dell'imbarazzo.
Ma era venuto il momento delle vere scuse. E fu Gufetta a porle per prima.
- Ci dispiace di aver disturbato il tuo sonno. E dobbiamo anche
ringraziarti! Ci hai aiutato a recuperare i microfoni del Karaoke.
- Beh, di questo sono io a ringraziare voi! - Ribattè Retsuko. - Finalmente il locale potrà aprire!
Soddisfatto, Gattoboy alzò un braccio per celebrare la consueta vittoria.
- Superpigiamini, fate festa!
Gli altri due si unirono al coro.
- Sarà una bella giorn....
Un colpo di tosse li interruppe: era Retsuko, che li stava fulminando con gli occhi.
- Potreste fare meno rumore?
... - ata anche questa. - Sussurarono con un filo di voce.
E facendo il più piano possibile, si misero a raccogliere i microfoni per riportarli al locale.
Sorridendo, Retsuko li salutò.
- Buonanotte!
L'indomani pomeriggio.
Connor, Amaya e Greg si stavano divertendo con il Karaoke al suo primo giorno d'apertura.
- Bella interpretazione, Connor - Si complimentò Amaya. - Anche se la
voce non era potente come quella della signorina di ieri notte!
- Dubito che chiunque potrebbe eguagliarla. - Ribattè il castano, posando il microfono.
Uno scampanellio, intanto, introdusse un nuovo cliente.
Il trio di bambini si voltò, e videro di spalle una posata signorina,
con giacchettina e gonna al ginocchio, mentre parlava col proprietario,
chiedendo di una sala privata.
Quest'ultimo, con un cenno d'intesa, le indicò un angolo riparato, dove vi era un ingresso con tendina.
Ringraziando, con movimenti eleganti e leggiadri, scomparve dietro il telo.
- Avete notato? - Congetturò Amaya. - Sembrava un adulto, ma era alta come noi.
- Se è per questo, ho notato anche delle anomale orecchie. - Aggiunse Greg.
- Per tacere del pelo rossiccio. - Concluse Connor.
I tre ci pensarono su. Amaya fu la prima a domandarlo:
- Credete che fosse....?
Prima di poter concludere la domanda, un lungo ruggito, ovattato, si
diffuse nel locale, al quale seguirono numerosi grugniti e brontolii.
Il padrone del locale sospirò.
- Dobbiamo insonorizzare quella saletta ancora di più!
Tutti e tre i bambini annuirono sulla conferma dei loro sospetti, e scoppiarono a ridere.
FINE
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