Dov’è mio fratello e qual è questo orizzonte?

di ireturner
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Dov’è mio fratello e qual è questo orizzonte?


 
Sei forse sordo al mio lamento?
 
Noi, figli di un incesto, eppure tanto crudeli al nostro sangue:
lui sposò sua madre, tu uccidi il tuo gemello.
 
Questa è la settima porta di Tebe, ti dico.
Ma soltanto uno di noi avrà posto nel cuore della patria.
 
Che la mia spada non ti sia lieve, fratello mio!
In verità, invoco gli dèi affinché più duramente affondi in te:
siamo cullati nel grembo d’una maledizione divina, eppure il mio odio è mortalmente umano.
Lo sentirai, come pur’io sento il tuo.
 
Un tempo ci amavamo—lo ricordi? Ci insegnammo a vicenda ad impugnare l’elsa.
Qualcuno mi chiede: te ne penti? No! No! Così è stato scritto dalle stelle!
Videro la nostra sorte, poco c’è da fare. Lo vide dapprima nostro padre, cieco di spilli.
E poi Tiresia, all’alba dell’ultimo stasimo.
Che pentimento è mai possibile?
 
Qualcuno mi chiede: te ne penti? .
Se non saranno le fiamme a riunirci, che siano le Erinni!
Nessuna vendetta più atroce dell’afferrare la mano morta di chi odiai in vita.
 
Ed ecco come la tragedia nostra si compie.
Vieni più vicino.
 
Vengo più vicino
Quasi t’abbraccio, fratello.
 
Ma non sei cinto dalle mie mani.
Questa è la mia lama, e la conficco.
 
Questo è il mio sangue, per te lo verso.
 
Allarga la mia ferita, fatti veleno.
 
Ti obbedisco. Cadi!
 
… Cado.
 
 
 
«Qual novo male sopra Tebe incombe?»
«Per man l’uno dell
altro eroi morirono…»
«Chi mai? Chi dici? Il terror mi dissenna!»
«Sii calma, ascolta. I due figli d’Edìpo…»
«Ahimè! Che il mal già presagisco, misera!»
«Dubbio non v’ha: trafitti nella polvere…»
«Giacquero là? Sebbene è duro, dillo.»
«Sì, troppo. Con fraterne mani spentisi.»
«Ugual fu dunque per entrambi il Dèmone!»*
 


 
 
Bacia il mio rancore, fratello. Bevi la mia uggia.
 
E tu guardami, mentre infossi la tua arma nel mio petto.
Se moriremo, che sia almeno ad occhi aperti.







 
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* = dialogo tratto da I sette contro Tebe.




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