Broken

di Darlene_
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Fandom: Deception
 
Personaggi:
Cameron e Jonathan Black
 
 
 
Broken
 (parte II)
 
 
 
Massaggiandosi i polsi finalmente liberi dalle manette, Jonathan osservò il perimetro della piccola stanza, alla ricerca di una via fuga, ma l’unica finestra presente era sbarrata e il poliziotto di guardia, ci avrebbe scommesso qualsiasi cosa, piantonava l’esterno. Abbandonò il suo proposito di evasione e cercò di sfilare la maglia, come gli era stato ordinato. Si fermò quasi subito a causa delle fitte che partivano dal torace per propagarsi in tutto il corpo. Maledisse quei bastardi che lo avevano conciato così male e promise a se stesso che un giorno gliel’avrebbe fatta pagare. Non capì di avere qualcuno alle sue spalle fino a che due mani gli sollevarono delicatamente la t-shirt.
“Lascia fare a me.” Gli sussurrò Cameron all’orecchio.
“Come hai fatto a…” Non ebbe il tempo di concludere la domanda, che ottenne la risposta.
“Temo che ti sia arrugginito in questi ultimi tempi, un esperto in escapologia non ha problemi ad entrare in una stanza all’apparenza chiusa.” Le sue labbra carnose premevano contro il lobo del fratello, il fiato caldo che gli solleticava la pelle. Jon sorrise, sapendo che il gemello non lo avrebbe potuto vedere, in fondo era felice che fosse lì con lui.
Le mani scorrevano sulla schiena, facendo scivolare il tessuto, fino a che la maglia fu sfilata e gettata a terra. Finalmente a torso nudo, Jonathan si voltò verso Cameron che, con delicatezza, passò i polpastrelli sui numerosi ematomi che costellavano la pelle chiara. Avrebbe voluto riempirlo di domande sul modo in cui se li era procurati, ma sapeva che non sarebbe servito a nulla, non con quel cocciuto di suo fratello, perciò si limitò a posargli le mani sulle spalle fissandolo negli occhi.
“Troverò quella donna e tu sarai finalmente libero, te lo prometto Jon.”
Il gemello annullò la distanza tra loro e lo strinse in un abbraccio, sussurrandogli: “Lo so.”
 
Un colpo di tosse li avvisò dell’arrivo del medico. Si staccarono con un certo imbarazzo, sorridendosi con complicità.
“Immagino tu sia Jonathan.” Disse l’uomo con tono gioviale. Indossava un camice troppo largo e portava dei buffi baffetti. Scorse la cartella clinica, annuendo di tanto in tanto. Non appena ebbe concluso fece un cenno a Cam, accorgendosi solo in quel momento della sua presenza e si concentrò sul paziente.
“Qui c’è scritto che c’è stata una rissa e guardandoti direi anche abbastanza violenta.”
Joanthan annuì abbassando il capo come uno scolaretto. Non era un carcerato violento, era sempre rimasto sulle sue, ma da quando in prigione avevano scoperto la sua collaborazione con i federali la sua vita era diventata letteralmente un inferno.
“Bene.” Il dottore strofinò le mani, soddisfatto. “Temo che tu possa avere delle costole rotte e sarà necessaria una lastra. Nel frattempo, se tu sei d’accordo, propongo una visita generale perché so che dalle tue parti non si sta molto bene.” Accennò ad una risatina, per non metterlo a disagio. Jon annuì, un po’ perplesso.
“Perché vuole aiutarmi?” Chiese. Nell’ultimo anno aveva smesso di credere nelle buone azioni degli altri esseri umani. Cam gli mise una mano sulla spalla, a lui non importava il motivo, l’unica cosa che gli importava era la salute del fratello.
Il dottore parve confuso, quindi disse: “Forse non tutti qui dentro pensano che la vita di un carcerato valga quanto quella di un qualsiasi altro individuo, eppure per me non ci sono differenze. Può capitare a tutti di commettere un errore.” Prese qualcosa dalla tasca e indicò a Jon il lettino. “Siediti qui.”
Il paziente avrebbe voluto fare da sé, ma il premuroso gemello lo aiutò a posizionarsi. Il medico gli puntò una luce negli occhi, quindi lo costrinse ad aprire la bocca e constatò con una certa soddisfazione che non vi erano denti rotti nonostante i numerosi pugni che avevano ferito la mandibola.
“Adesso stenditi, voglio capire se hai effettivamente qualcosa di rotto.” Propose lo specialista.
Quando la sua schiena poggiò nuovamente contro una superficie, Jon trasse un sospiro di sollievo che non passò inosservato a suo fratello, che si sedette accanto a lui.
Il medico posò delicatamente un palmo sul torace dando piccoli colpetti con l’altra mano. Jon si morse il labbro, cercando di concentrarsi sul dolore provocato dai denti e non quello alle ossa. Cam gli prese una mano e lui la accettò stringendola con forza. Mentre le mani indiscrete dello sconosciuto tastavano vari punti, via via più dolorosi, il paziente chiuse gli occhi, tentando di ignorare le fitte che lo laceravano come lame di coltello. La sua presa sulla mano del fratello aumentava sempre di più e le nocche diventarono bianche per lo sforzo. Avrebbe voluto gridare, ma era talmente abituato a tenersi tutto dentro che non emise nemmeno un gemito.
Cam avvicinò le labbra al suo orecchio, promettendogli che presto sarebbe finito tutto. Posò la fronte su quella corrucciata del gemello, carezzandogli i capelli, come spesso Jon aveva fatto con lui quando erano solo dei bambini.
Il medico li osservò per qualche istante. Aveva ovviamente sentito parlare di loro alla televisione, e per un po’ aveva creduto che il suo paziente si fosse sacrificato per Cameron, per non minacciare la sua fama, ma ora che li studiava da vicino comprese che il mago non avrebbe mai permesso al fratello di prendere il suo posto in galera, il loro era un legame unico. Si schiarì la voce, leggermente dispiaciuto nel dover spezzare quel momento di intimità, e pronunciò la sua diagnosi. “Da questo primo esame direi che hai due costole rotte, ma dovremo attendere la lasta per conferma. Purtroppo questa mattina il macchinario è guasto e potremo procedere solo nel pomeriggio. Nel frattempo resterai qui. Ti farò una flebo di antidolorifico per calmare il dolore, d’accordo?”
Jon avrebbe voluto obiettare che stava bene, ma per una volta la sua cocciutaggine si fece da parte e si limitò ad annuire.
Il dottore indossò un paio di guanti, avvicinando una flebo. Prese con delicatezza il braccio del paziente, disinfettando con cura la pelle, quindi infilò l’ago. I fratelli Black seguirono con cura ogni passaggio e Cam sospirò di sollievo quando vide la cannula finalmente attaccata all’avambraccio di Jon, sperava che l’antidolorifico agisse nel minor tempo possibile, non riusciva più a vederlo soffrire.
 
L’orologio ticchettava, segnando lo scorrere del tempo. I gemelli erano rimasti soli nello studio del medico e Jon cominciava ad addormentarsi. Ad un certo punto, nel dormiveglia, afferrò la camicia di Cameron biascicando: “Non lasciarmi solo. Non voglio stare qui, portami via con te.”
L’altro sorrise tristemente, quella era la prima volta da anni in cui il fratello mostrava le sue insicurezze, eppure sapeva che non sarebbe riuscito a liberarlo; anche se avesse voluto farlo evadere non ci sarebbe mai riuscito con Jon in quelle condizioni. Diminuì la distanza tra i loro visi e gli disse: “Non ora, ma presto, te lo prometto.” Il suo fiato caldo solleticò le gote livide del gemello, cullandolo verso il mondo dei sogni.
Il telefono di Cameron vibrò nella sua tasca e a quel punto non poté ignorarlo: Kay gli aveva inviato una cinquantina di messaggi in cui lo minacciava di espellerlo dalla squadra per la sua disobbedienza e Black non poteva permetterselo, non dopo aver promesso a Jon di aiutarlo. Si tolse la giacca e la posò sul torace nudo del fratello, baciandogli dolcemente i capelli.
“Tornerò.” Sussurrò prima di voltarsi ed andarsene.




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