Locus Amoenus

di bekka981
(/viewuser.php?uid=1143532)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Vedo solo colori.

Sono luci.

Si accendono e si spengono ad intermittenza regolare.

Rosso. Due secondi. Buio.

Blu. Due secondi. Buio.

Bianco. Due secondi. Buio.

Ed inerte al caos che mi circonda fisso quelle luci, conto quei secondi che scorrono così lentamente da sembrare surreali, rivedo quell'ombra uscire allo scoperto, quel cappuccio nero, il volto oscurato, la mano nascosta nella tasca, il luccichio e poi...

Bang. Bang. Bang. 

…percepisco il vuoto dietro di me, l'impatto del mio corpo con l'asfalto e l'oscurità che mi travolge.

Non so cosa mi abbia svegliato, o quanto tempo sia passato, ma i miei occhi si sono aperti ed un cielo nero campeggiava sopra di me, uno sfondo così nero da non lasciarmi intravedere niente se non altro vuoto. Il vuoto più immenso ed infinito che possa esistere.

I secondi passano, io li conto, il sangue bagna la mia camicia e si estende sempre di più nella pozza rossa in cui mi trovo.

Un paio di occhi sbarrati mi fissano dall'alto mentre la sua voce urla frasi sconnesse.

Urla e piange.

I suoi singhiozzi suonano come un rumore straziante, le lacrime rigano vorticosamente le sue guance, le mani premono sul mio petto, sulla ferita aperta, cercano di fermare l'emorragia.

E tremano.

Mi urla di non morire.

Mi urla di resistere perché andrà tutto bene.

È tutto ok ed io starò bene.

Ma i suoi occhi dicono tutt'altro. Quel paio di fessure restano fisse nelle mie, colme di terrore, un terrore agghiacciante.

Ed io mi ritrovo a pensare a come mi hanno da sempre trasmesso tranquillità.

Avverto sulla punta della mia lingua quelle tre parole messe in croce, tutti si scordano di dirle, le danno per scontato. Io le avverto e sento il bisogno di pronunciarle, almeno una prima e ultima volta.

Ma appena apro la bocca, loro non escono, non si muovono.

Restano lì, sulla punta della mia lingua, senza farsi mai veramente sentire.

E non sento più il dolore lancinante al petto. Non sento più altri rumori e, con essi, anche la sua voce si dissolve lentamente.

La sua bocca continua a muoversi, ma non emette più alcun suono. Non sento più il tremore delle sue mani contro la ferita. Non percepisco più alcuna sensazione.

È preoccupante, vero?

Niente più bugie, niente più risposte rassicuranti dette solo per circostanza.

Niente cazzate.

È preoccupante. Sì, lo è, per forza.

Gli infermieri non intervengono e vedo solo quelle luci. Le luci di un’ambulanza. Si accendono e si spengono a rallentatore.

Rosso. Due secondi. I suoi occhi lucidi.

Blu. Due secondi. Le sue urla mute.

Sto morendo, e lui lo ha capito.

Continua ad urlare ed alle mie orecchie non arriva alcun rumore.

Continua a piangere ed io non sento il rumore dei suoi singhiozzi.

Vedo il suo viso farsi sempre più sfocato, le mie palpebre si fanno pesanti, iniziano a chiudersi, e lui resta lì.

Resta lì e mi guarda terrorizzato, con gli occhi sbarrati.

Sì, lo ha capito. Ha capito cosa sta per succedere.

Si agita sempre di più e mi urla contro, mentre le lacrime gli offuscano la vista. Mi prende il viso tra le sue mani, tocca il mio naso con il suo, una sua lacrima mi bagna la guancia ed urla ancora, e ancora.

Ma io non lo sento. Non lo sento più.

Bianco. Due secondi. Buio. E solo altro buio.

È successo troppo in fretta.

Così in fretta che nessuno ha potuto impedirlo.

Così in fretta da non lasciare il tempo di cogliere quell’attimo, quell’ultimo istante rimasto, quell’ultima occasione non sfruttata, che lascia dietro di sé una sola domanda a cui nessuno saprà mai dare una risposta.

Una domanda che fa trapelare quella sensazione orribile, ti travolge come una tempesta silenziosa e ti lascia solo un unico pensiero:

chissà come sarebbe stato.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3907027