Corro per le strade di questo luogo a me sconosciuto, quando all’improvviso una pallottola mi penetra il corpo.
Non riesco più a procedere, quindi crollo sul cemento duro e freddo.
A quanto pare, sono riusciti a prendermi.
Hanno vinto loro.
Proprio come mia madre, sono venuta al mondo per essere sfruttata.
Quando si erano accorti che non ero più di alcuna utilità, avevano deciso di mandarmi al macello.
Per la prima volta in vita mia, mi ero ribellata, con scarse speranze di riuscire a farla franca. Ma i casi erano due: o non agivo, arrendendomi al mio triste destino, oppure tiravo fuori la grinta e fuggivo. Avrei potuto fallire, così come avrei potuto finalmente riuscire a vivere una vita dignitosa, in libertà e piena di gioia.
Avevo trovato molto più allettante e producente la seconda opzione.
E così sono scappata, alla ricerca della felicità.
Le persone si scostavano al mio passaggio, urlavano, come se fossi stata una belva feroce.
Però io non volevo fare del male a nessuno, non ero un pericolo, volevo semplicemente allontanarmi dai guai, dalla prigionia, dalla paura… dalla morte.
Volevo raggiungere la vita, per la prima volta.
Tuttavia delle persone hanno pensato bene di spararmi, ponendo per sempre fine ai miei tormenti e ai miei sogni di libertà.
E così adesso mi ritrovo qui, sola e in agonia.
Potrei approfittare di questi ultimi momenti per pensare a mia madre, alla mia vita tormentata e a quanto io sia stata stupida a sperare che sarei riuscita a trovare la felicità in questo mondo, ma non lo farò. Voglio pensare che un giorno tutto questo finirà, voglio pensare che altre mucche come me, un giorno, non dovranno più patire certi supplizi. Voglio pensare che quel giorno non sia poi così tanto lontano.
Chiudo gli occhi con questi pensieri nel cuore.
Me ne vado serena.