The toxic Island.

di Sashet and Seshat
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Ricordi felici, dolorosi, pianti, urla e risa. Il loro ultimo anno era stato un vero e proprio turbinio di emozioni che, tuttavia, li aveva uniti come non lo erano mai stati nel corso di quei cinque anni. 

Dopo la gita e qualche seduta con lo psicologo della scuola, le lezioni ripresero normalmente. Le prove per gli esami ora erano diventate molto più serie, facendo concretizzare quello che fino ad ora per i ragazzi era stato un semplice gioco. 

 

Il fatidico giorno era giunto, l’aria era nuovamente calda e afosa come i primi di settembre, era giunta la chiusura del ciclo. 

20 Giugno, gli studenti erano nuovamente lì, in piedi in attesa della campanella, con i dizionari in mano parecchio pesanti e nient’altro che un mazzetto di fogli e una penna con loro. Ciò che li attendeva era la prima prova, quella di italiano. Semplice. 

Avevano a disposizione cinque ore per comporre il tema di italiano, ma per Robin ne bastarono tre, così come per Fabienne. 

Dopo aver consegnato, fu concesso loro di lasciare l’istituto, venendo però bloccate da una ragazza molto giovane, indossava un completo elegante costituito da una semplice camicetta bianca e una giacca rossa, abbinata ai rispettivi pantaloni. La giovane era munita di taccuino e penna, lasciando intuire che fosse la giornalista del sito della loro città. 

 

«Salve ragazze, lavoro per il giornale online della città, volevo farvi una piccola intervista su questi esami, se vi va.» 

Ovviamente le ragazze acconsentirono, posto che non chiedesse nulla della gita. 

Le domande furono semplici e basate appunto solo e unicamente sui loro esami. 

 

Una settimana dopo. 

 

L’esame orale, il terrore, il boss finale. Fabienne e Robin finirono nello stesso gruppo, partecipando quindi l’una all’esame dell’altra. Forse perché erano estremamente preparate o forse perché erano le ultime del loro gruppo, il loro esame durò meno del previsto, beccandosi per giunta il voto massimo. 

 

Sorridenti e correndo il più lontano possibile dalla scuola, si sentirono finalmente libere, mature e, nonostante le cicatrici e i brutti ricordi, quell’esperienza era rimasta lì, in quella scuola. 

«É tutto finito.» 





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