Appuntamento Al Buio_Cap1
Febbraio da qualche parte a Tokyo
“Inuyasha, sei il solito
orso, che ti costa venire alla festa?” Il ragazzo dagli occhi
azzurri si rivolgeva all’amico che gli stava a fianco guardandolo
di sbieco. Erano seduti al solito tavolo del loro locale preferito
sorseggiando una birra chiara. Per tutta risposta il giovane dai
capelli argento grugnì uno sbuffo non sollevando lo sguardo
dall’interessante spettacolo che la schiuma della sua birra gli
riservava.
“Lascialo stare Miroku. Il
botolo sta ancora leccandosi le ferite!” Ghignò un ragazzo
bruno che giocava a biliardo poco lontano. I capelli erano
raccolti in una coda alta e i lineamenti marcati lo identificavano come
un appartenente al clan dei demoni Lupo.
L’albino strinse il bicchiere
non dando segno di voler reagire alle provocazioni, ma il rumore
sinistro del vetro che s’incrinava fece sì che Miroku
parlasse nuovamente come se nulla fosse successo.
“Dai Inuyasha, sarà
pieno di gente, pieno di ragazze, musica, alcol, sarà una festa
memorabile! Dopo tutto compio gli anni una volta
l’anno” concluse ammiccando.
Il giovane demone lupo mise in buca
l’ultima palla commentò nuovamente ghignando “Giusto
cuccioletto, puoi stare lì a far da tappezzeria, o meglio non
venire proprio, così non ci rovinerai l’atmosfera, Miroku
ed io avremo più donne a disposizione”.
Il ragazzo al tavolo
alzò la testa muovendo impercettibilmente indietro le morbide
orecchie bianche, che lo caratterizzavano come mezzo demone, ed
appoggiò la schiena alla sedia allontanando da sé il
boccale di birra sospirando.
Il lupo si avvicinò agli
amici prese una sedia, la girò e si sedette a cavalcioni
appoggiando un braccio sulla spalliera, allungando l’altro per
prendere la birra che era stata di Inuyasha e prima di portandosela
alle labbra, l’alzò leggermente in direzione del cugino e
con fare sarcastico disse: “Tu permetti vero? Tanto sei
abituato a condividere…”
Il lampo d’odio che
attraversò gli occhi ambrati del mezzo demone fece scattare in
piedi Miroku un secondo prima che Inuyasha si alzasse ringhiando per
scagliarsi contro il cugino, facendo scattare gli artigli.
“Te la chiudo io quella maledetta bocca lupastro schifoso!”
Anche il giovane lupo, era scattato
in piedi sulla difensiva, ma inaspettatamente addolcì lo sguardo
e poggiò la mano sulla spalla di un Inuyasha che, ancora
fremente, era trattenuto a forza da Miroku.
“Era ora che reagissi,
cugino, cominciavo a non riconoscerti più. “La rabbia
dell’albino sembrò scemare, ma sbraitò: “Sei
il solito idiota Koga, prima o poi ti staccerò quella testa di
cavolo che ti ritrovi sul collo!“ Koga fece spallucce e
tornò a sedersi sorseggiando la birra.
“Su su, calma ragazzi! Stiamo
organizzando una festa e poi, Inuyasha, Koga ha ragione, ci saranno un
sacco di ragazze che, ahimè, dovrò lasciar perdere
altrimenti la mia bella Sango mi ucciderebbe – disse mentre un
brivido gli correva lungo la schiena – ma tu e Koga potrete senz’altro far
strage di cuori...” “E non solo di quelli” sorrise
furbo il giovane lupo, ingoiando un’altra sorsata di birra.
Inuyasha si buttò
stancamente sulla poltrona, appoggiò i piedi sul tavolo
incrociando le braccia sul petto e sbuffò: “Va bene
cercherò di tenermi libero per questa stupida festa, basta che
mi lasciate in pace e non cercate di accasarmi, ora voglio solo pensare
a me stesso”.
Miroku sorrise e rassicurò
l’amico posandogli una mano sulla spalla:” Tranquillo,
vogliamo solo divertirci un po’, niente
d’impegnativo”. In tutta risposta il ragazzo sbuffò
nuovamente e Miroku soddisfatto ordinò altre tre birre per
suggellare l’accordo.
Aprile, tra Tokyo e NY
“Kagome che bello, quindi tornerai in tempo per la festa!”
“Sango, non cominciare! Ti ho già detto che voglio fare le cose con calma e poi si vedrà…”
“Certo, certo è che sono felicissima che tu abbia
finalmente deciso di rientrare in Giappone. Tre anni Kagome, tre anni!
Nessuno vale tanto!”
La ragazza dall’altro capo del telefono sospirò:
“Dai Sango, è stata solo una coincidenza,
l’opportunità di frequentare il master si era presentata
già prima di chiudere la faccenda” la sua voce
esitò impercettibilmente mentre terminava la frase, ma questo
dettaglio non sfuggì alle allenate antenne dell’amica.
“Di mandare a stendere Hojo! – ribatté esasperata
– Ancora non riesci a dirlo! Comunque, la mia idea è solo
quella di farti conoscere i miei amici e Miroku. D'altronde hai
tagliato tutti i ponti. Se escludi me e Rin, gli altri erano
tutti amici comuni che hai chiuso fuori dalla tua vita”.
“Mah sì, Sango – sospirò quasi pentendosi
della decisione presa – poi vediamo. Miroku lo conosco già
e per gli altri tuoi amici ci sarà tempo, più
avanti”.
“Kagome frequentavate le elementari! È notevolmente cambiato fidati.”
“Sì, sì, certamente – tagliò corto l’altra – comunque ora devo andare”.
La webcam che inquadrava la ragazza ebbe uno scossone quando una
biondina tutto pepe le si buttò al collo, urlando in direzione
dello schermo “Hi Sango! How are you?” La brunetta
giapponese sorrise all’amica americana.
“Hi Amy! Where are you going today? University or shopping?”
“No, - rispose la biondina scuotendo i riccioli – we go to
the party for Kagome. We are sad that she goes away - poi dando un
bacio all’amica – Darling, we wait below - poi voltandosi
nuovamente verso il pc – See you later Sango!”
“Bye bye Amy! Enjoy!”
Le due amiche si guardarono ancora un attimo negli occhi e la webcam
azzerò in un istante le migliaia di chilometri che le
separavano.
“Andrà tutto bene Kagome” sussurrò la ragazza
in Giappone rivolgendo all’amica un sorriso timido. “Lo so
- rispose l’altra negli States – ora vado. Ti voglio bene
Sango!” e con un sorriso triste chiuse repentinamente il
portatile concludendo la chiamata.
“Anch’io Kagome” mormorò in risposta la brunetta ad uno schermo ormai vuoto.
Maggio Tokyo 75° Piano K. tower.
Il display dell’ascensore
annunciò finalmente l’arrivo dell’ascensore al
settantacinquesimo piano. Quando le porte si aprirono ne uscì
una bella ragazza bruna, fasciata in un paio di jeans chiari sovrastati
da un blazer blu da cui spuntava maglietta bianca, che di banale
aveva solo l’apparenza, visti i piccoli ricami che
l’impreziosivano.
Completavano il look semplice e ricercato allo stesso tempo, un paio di
ballerine e un’ampia borsa da giorno che avrebbe fatto invidia a
Mary Poppins.
Con passo spedito uscì dalla cabina e scese rapida i tre
gradini, varcando la porta a vetri smerigliati che dividevano
l’ampio atrio d’ingresso a cui si accedeva direttamente
dall’ ascensore, dal salotto dell’appartamento privato
della Kazaana Corporation. Il giovane Miroku era riuscito ad
ottenere da suo padre il pied-à-terre in cambio di un rapido
percorso universitario, che lo stava portato al tavolo della dirigenza
dell’azienda di famiglia.
“Ciao amore, scusa il ritardo” rispose la brunetta
sfiorando con le sue le labbra del ragazzo che sentendola entrare aveva
buttato la testa indietro appoggiandola mollemente sullo schienale del
divano e l’aveva salutata “Sango, luce dei miei occhi, ben
arrivata!”
La ragazza si sedette accanto a lui e tirò fuori dalla borsa
un’agenda gonfia di appunti e contemporaneamente, gettò
un’occhiata alla planimetria, raffigurante il grande terrazzo
dell’attico, poggiata sul tavolino basso, posto davanti al grande
divano ad angolo bianco. Sul foglio si potevano ben distinguere delle
annotazioni in diversi colori in base alla tipologia
d’indicazioni. In verde gli addobbi floreali, in blu e azzurro le
luci e le casse, in arancio i punti buffet.
D’un tratto si girò verso la porta della cucina dalla
quale stavano uscendo Koga e una deliziosa ragazza dai capelli rossi e
gli occhi verdissimi che rideva allegra a qualche stramba battuta
dell’amico. Anche lei era un demone, si vedeva chiaramente. I
suoi lineamenti ricordavano vagamente quelli di Koga, ma erano
più dolci. Il demone lupo voltò lo sguardo verso il
divano e salutò la nuova arrivata: “Eccoti Sango, tu
conosci Ayame? La mia amica super esperta in feste e bagordi”
“Solo di fama” rispose la brunetta allungando la mano verso
la ragazza, che le rivolse un caloroso sorriso, schernendosi
“Koga esagera sempre, collaboro con un’agenzia
d’eventi, ma non partecipo mai a tutte le feste che
organizzo”
Il ragazzo ammiccando allungò un braccio e posò la mano
aperta sul fianco destro della ragazza, attirandola contro il suo petto
e le soffiò sulle labbra: “Ah ma questa sarà la
migliore festa della tua vita perché ci sarò io!”
Lei, in tutta risposta, emise una risata cristallina buttando la testa
indietro scuotendo i suoi meravigliosi riccioli rossi, e gli
assestò una leggera gomitata nelle costole liberandosi e
depositando finalmente le birre che teneva in mano sul tavolo.
Cominciarono quindi, a smarcate i punti fondamentali per
l’organizzazione, constatando che erano perfettamente nei tempi.
Quando arrivarono alla musica dal vivo
Sango alzò la testa e chiese: “Quindi Inuyasha si è
deciso? Suonerà? – poi, come folgorata, si guardò
attorno sbatté le ciglia alcune volte ed esclamò - A
proposito, dov’è? Non l’ho visto.”
Miroku sospirò e Koga commentò tra il sarcastico e
l’amareggiato: “Niente, è ancora nella fase di
clausura. Ha accettato di venire alla festa, ma non ne vuole sapere di
organizzazioni e tanto meno di suonare. “
“Ma Ban ha detto che la band si è riorganizzata –
aggiunse Miroku – e quando se la sentirà, potrà
rientrare. D’altra parte, è stato un duro colpo.”
“Beh certo, quando la tua fidanzata si fa tutto il campus
è difficile restare indifferenti.” Ghignò Koga. La
ragazza in questione non gli era mai andata a genio.
Sango fece una smorfia, ma lo
apostrofò scocciata: “Non esagerare, non si è fatta
tutto il campus…” neanche lei aveva mai amato molto la
fidanzata di Inuyasha, ma non tollerava che qualcuno fosse calunniato.
“No, certo! – aggiunse Miroku – Soltanto il suo bassista nel giorno del suo compleanno! “
“Il migliore regalo che potesse fargli, ossia mostrargli chi era
veramente – sbuffò Koga, e aggiunse – ma ormai
è passato quasi un anno ed è ora di smetterla di
struggersi “.
Miroku fece un mugugno d’assenso e aggiunse con voce grave:
“Capisco lo shock, Inuyasha credeva molto in questa relazione, ma
undici mesi sono più che abbastanza per elaborare il lutto e
tornare ad una vita normale e conoscere gente”.
Sango lo guardò storto, gli diede uno scappellotto e
sbuffò: “Scommetto che se ti lasciassi ti basterebbe una
settimana per riprenderti”
“Anche meno! “ridacchiò sottovoce il lupo,
piegandosi verso l’orecchio della rossa che gli sedeva accanto,
mentre Miroku cercava di guardare in faccia la ragazza che si era
girata dalla parte opposta, pregandola: “Sanguccia mia, ma cosa
dici! Se tu mi lasciassi, non potrei più vivere” e
così dicendo si piegò verso di lei, stringendola tra
le braccia, facendo scorrere una mano fino alla base della
schiena. Lei scattò di fianco facendo un salto sul divano e lo
respinse urlandogli: “Miroku sei sempre il solito!"
Qualche minuto dopo, tornata la calma, gli amici decretarono che tutto era pronto, indirizzato o comunque sotto controllo.
Girando le pagine dell’agenda a un certo punto Sango alzò
la testa ed esclamò: “Ah il 25 devo andare a prendere
Kagome all’aeroporto!” “Kagome? - chiese
interrogativo il suo ragazzo – Quindi torna dagli States. Era
ora!”
Koga che controllava la scaletta alzò la testa e chiese:
“Chi Higurashi? Kagome Higurashi? Quella ragazzina di cui eri
innamorato in terza elementare?”
Miroku annuì:
“Sì, non ci crederai, è la migliore amica di
Sango!” Il demone lupo sbuffò una risata rivolgendo
un’occhiata all’amica, che alzò gli occhi al cielo:
“Si so tutto, lei non ti ha mai considerato, ed era in
prima!”
“Cosa ci faceva Higurashi così lontana dal tempio di famiglia?” chiese Koga, sinceramente interessato.
Le labbra di Sango si schiusero in un sorriso tirato, non voleva che i
fatti della sua amica fossero trattati come pettegolezzi da salotto, ma
dopotutto avrebbe frequentato i suoi amici e preferiva che avessero una
spiegazione, seppur minima, piuttosto che farla passare per scontrosa.
Il suo ragazzo le venne incontro e rispose:” Ha avuto una brutta
esperienza con un ragazzo e così ha colto l’occasione che
si era presentata di frequentare un master alla Columbia. Sono
più di tre anni che non torna a casa”.
Il lupo rise: “E che le è successo? Anche il suo fidanzato
si è fatto tutto il campus?” Sango gli rivolse
un’occhiata furente e Miroku intervenne nuovamente: “Niente
di simile, ma la questione fu comunque spiacevole.”
“Kagome Higurashi? Si mi sembra di ricordare di qualcosa legato
all’ università si parlava di scambi di
favori…particolari?” Ayame aveva ascoltato in silenzio
fino a quel momento e la domanda le sorse spontanea, ma addolcì
il finale quando vide le labbra di Sango tremare.
“Già, qualcosa del genere – tagliò corto
Miroku, poi si rivolse verso Sango che era rimasta in silenzio –
Quindi verrà alla festa, vero? In fondo non ha più alcun
contatto con la gente che frequentava prima, dovrà farsi nuovi
amici” “Sango annuì e il giovane lupo
commentò: “Quindi fatemi capire, sarà un raduno di
sfigati in amore?”
Un lampo passò negli occhi di Miroku che si batté la mano
sulla fronte come se avesse appena avuto una rivelazione:” Come
ho fatto a non pensarci! “Gli amici si girarono a guardarlo
interrogativi. “Dobbiamo farli conoscere!”
16 Giugno Tokyo
Il giovane festeggiato parlava al telefono camminando sul terrazzo
“Sango, tesoro ma sicuro! No, non sarà niente di esagerato
ci troviamo prima sistemiamo le ultime cose e ci mangiamo qualcosa. Tu
e Kagome vi potreste preparare nella stanza degli ospiti”.
“Non so, Miroku. Non vorrei forzare Kagome “
“Tranquilla – la
rassicurò il ragazzo dall’altro capo
dell’apparecchio– è una cosa informale, di giorno,
niente di cui preoccuparsi, altrimenti non si presenterebbe neanche il
nostro amico”.
Intorno alle 16 Inuyasha
entrò nella hall della K. Tower e si diresse spedito verso la
postazione della sicurezza nel lato sinistro dell’atrio dietro la
quale, semi nascosto da una rigogliosa parete di giardino verticale, si
trovava l’ascensore privato che portava direttamente al
settantacinquesimo piano.
“Ciao Jinenji, vado
su!” disse mentre faceva cenno con una mano alla guardia. Si
conoscevano bene poiché frequentava Miroku ormai da diversi
anni.
“Aspetti un attimo signor
Taisho. Il signor Kazaana mi ha ordinato di avvisare prima di far
salire chiunque”. Il ragazzo dalla figura imponente si
precipitò a bloccarlo, marcando la parola chiunque senza
però poter nascondere un certo imbarazzo. Contemporaneamente gli
indicò dei divanetti arancio posti in un angolo riparato della
sala.
Inuyasha lo guardò
perplesso, sbattendo più volte le palpebre come se quel gesto lo
potesse aiutare a mettere a fuoco la situazione. Poi, vedendo lo
sguardo risoluto della guardia, balbettò: “Va – va
bene” e si accomodò su una poltrona, posando sul tavolino
antistante la busta di carta colorata contenente il vino pregiato che
Miroku si era raccomandato portasse con sé.
Il mezzo demone sospirò e si
abbandonò contro lo schienale della poltrona accavallando le
gambe. Il braccio sinistro cadde mollemente sul bracciolo, mentre
piegò l’altro in modo da sostenere la testa ciondolante
sulla mano aperta.
Dopo qualche minuto, la gamba che
poggiava sul pavimento iniziò ad agitarsi alzando ed abbassando
ritmicamente il tallone, segno che la pazienza del ragazzo fosse messa
alla prova. Così questi allungò una mano e tirò su
la prima rivista che incontrò.
Intanto in un taxi poco lontano due
ragazze chiacchieravano preparandosi mentalmente alla serata che stava
per iniziare. O meglio una chiacchierava animatamente, l’altra si
limitava a rispondere a monosillabi, ad annuire o a rivolgere
all’amica sorrisi tirati, finché non sbottò:
“Sango calmati, andrà tutto benissimo, la festa
andrà benissimo, tu sarai bellissima, sarà tutto
buonissimo, tutti si divertiranno tantissimo ed io – esitò
– starò da favola”
Proprio in quel momento
l’auto si fermò davanti alla K. Tower e le due ragazze
scesero dal taxi, recuperando una serie di pacchetti e un paio di
piccoli trolley.
“Non credi che abbiamo
esagerato? “Chiese Kagome lanciando un’occhiata sconsolata
alla quantità di cose che avrebbero dovuto portarsi fino
all’attico.
“Sciocchezze, sono solo due
cosine!” ribatté l’amica mentre faceva cenno al
portiere di aiutarla con i pacchi.
Si erano appena incamminate verso la postazione di guardia quando il telefono di Sango squillò.
“Miroku?” disse interrogativa guardando il display un secondo prima di rispondere.
“Miroku ciao, siamo
appena arrivate.” La voce cristallina rimbombò leggermente
nell’alta ed elegante hall. Nonostante ora ospitasse anche
l’appartamento di un giovane scapolo, non aveva perso la
formalità e l’eleganza di un edificio di rappresentanza.
La torre in verità ospitava paio di loft a disposizione della
società, gli uffici direzionali e le sale stampa ai piani
più alti. Poi via via, scendendo, l’ufficio legale quello
commerciale fino all’amministrazione. Tutti,
dall’amministratore delegato all’ultimo fattorino,
transitavano da quegli ingressi.
Mentre l’amica parlava al
telefono, Kagome alzò lo sguardo rivolgendolo ammirata verso
l’alto, in direzione dei lampadari in cristallo dalle forme
geometriche, che pendevano dal soffitto del decimo piano.
Tutt’intorno si aprivano una serie di camminamenti che si
affacciavano con delle balconate trasparenti direttamente sulle pareti
del giardino verticale del piano terra, cosa che donava
all’ambiente l’aspetto di una serra tropicale.
Kagome si ritrovò a pensare
che da un momento all’altro avrebbe potuto assistere al volo di
un pappagallo o avrebbe udito l’urlo di qualche scimmia. Quello
che invece sentì fu il sospiro della sua amica che le si
rivolgeva: “Kagome, Miroku mi ha chiesto di aspettare un momento
qui un fornitore che è in ritardo ed accertarmi che abbia
portato tutto correttamente prima che scarichi”
“Ok, aspettiamo!”
“Mah, no, guarda è
questione di pochi minuti e poi Miroku ha urgenza di avere
questi” disse allungandole il sacchetto di deliziosi cibi che
Kagome aveva preparato su insistenza dell’amica.
Kagome guardò perplessa il
sacchetto poi scoccò un’occhiata diffidente
all’amica: “Ha bisogno urgente del cibo?
“ “Sì, mi ha detto qualcosa sul cominciare a
preparare per mangiare con calma, non so… In ogni caso questi
vanno messi in frigo, no!”
Kagome sospirò scocciata.
Era venuta alla festa solo per far piacere a Sango e non aveva voglia
di presentarsi da sola. D’altra parte, lo sguardo di preghiera
dell’amica la convinse. In fondo a casa di Miroku dovevano
esserci, al momento, solo tre o quattro persone, i suoi amici
più stretti arrivati con anticipo per aiutare a sistemare le
ultime cose e godersi l’anteprima della festa.
Così, con un sospiro,
rispose: “E va bene, dai qua! Porto su questi, li sistemo e se
non sei ancora arrivata torno qui a farti compagnia.”
“Affare fatto!” dichiarò l’amica sorridendo,
passandole i preziosi sacchetti.
Il chiacchiericcio femminile giunse
inaspettato ad Inuyasha perso nei suoi pensieri. Mosse leggermente le
orecchie in direzione del suono, ma perse subito il brio che lo aveva
spinto quando riconobbe la voce di Sango. Un moto di simpatia risorse,
facendogli piegare impercettibilmente le labbra verso l’alto
quando un’altra voce, questa volta sconosciuta, rispondere
sarcastica: “Ha bisogno urgente del cibo? “
Miroku! Chissà che ha in mente!
In ogni caso lui sarebbe rimasto
un’oretta giusto per salvare la faccia e poi, approfittando del
casino e col favore delle tenebre, se la sarebbe svignata. Magari
sarebbe andato a farsi una birra o al cinema, ovunque pur di togliersi
da quella bolgia.
Perso nei suoi pensieri, si accorse
solo in quel momento che la proprietaria della voce si era avvicinata
alla postazione di Jinenji con in mano un grosso sacchetto di carta
colorato.
Da dov’era mollemente seduto,
a causa del fogliame che gli occludeva parzialmente la visuale, vedeva
solo un angolo del tavolo della reception, a cui la ragazza si era
accostata. Di lei poteva intravedere il polpaccio tornito e
l’incavo del ginocchio destro, seminascosto dall’orlo della
gonna che batteva proprio là dove il ginocchio flette per
piegarsi. A salire l’ampio tessuto viola scuro lasciava solo
intravedere le forme, stringendosi però all’altezza della
vita, rivelandola sinuosa e sottile. Certo, per quel poco che si
vedeva, coperto com’era dalla siepe e dai lunghi capelli neri,
che rendevano invisibili la schiena e il busto.
La sentì parlare, in
lontananza, con voce calda, amichevole, senza esitazioni, incertezza o
paura, al mezzo demone addetto alla sicurezza. Anche a lui doveva aver
fatto una certa impressione perché Jinenji che, al contrario,
vedeva benissimo in viso dalla sua posizione e che sovrastava la sua
interlocutrice di almeno mezzo metro, era diventato leggermente rosso e
le aveva risposto alquanto imbarazzato che avrebbe avvisato del suo
arrivo il signor Miroku.
Lei rimasta perplessa aveva
risposto gentilmente: “Va- va bene”, ma aveva poi mormorato
a bassa voce “Ma se lo abbiamo sentito un minuto fa, sto
scemo!”
Era rimasto a fissarla più
del dovuto o forse aveva pronunciato la risposta a voce alta "Non sai
quanto" fatto sta che si trovò inchiodato alla sedia da un paio
di occhi nocciola, che lo scrutavano seri.
Ma quando si è girata?
Trovandosi improvvisamente a disagio si drizzò sulla sedia e
sbottò: “Beh, che c’è?” La brunetta
aprì la bocca per rispondere, ma nello stesso momento Jinenji
annunciò, mentre attaccava la cornetta del telefono:
“Potete salire. Prego da questa parte signorina Higurashi. Signor
Taisho”. Poi notando l’occhiata della ragazza ai pacchetti,
ancora nella hall, aggiunse: “Non si preoccupi. Prenda quello che
le serve, gli altri li faccio portare su appena possibile da un
fattorino.”
Così dicendo si
avvicinò all’ascensore riservato e passò un badge
su un lettore. In risposta si accese una luce blu e dopo pochi istanti
la porta dell’ascensore si aprì.
Kagome mosse verso
l’ascensore e rivolse a Jinenji un ampio sorriso: “Grazie
mille!”. Inuyasha allora si alzò pigramente e, passando
davanti al mezzo demone, sbuffò:
“Alla buon’ora, ci
si vede Jinenji”, entrò in ascensore, attese che la
ragazza lo raggiungesse e schiacciò il tasto riportante il
numero settantacinque.
Con il suono di un campanello le porte inesorabilmente si chiusero e l’ascensore cominciò lentamente a salire.
Ok forse troppo lentamente.
Kagome era appena tornata da New
York, era salita sull’Empire. Salire fino alla terrazza
dell’ottantaseiesimo piano richiedeva poco più di un
minuto.
Nessuno immagina quanto sia effettivamente lungo un
minuto se lo devi trascorrere con altre trenta persone. Era ben a
conoscenza del fatto che gli ascensori moderni non producessero
particolari suoni e che il grado di confort fosse tale da far sì
che i viaggiatori non avvertissero per nulla l’accelerazione, che
permetteva di coprire una distanza di circa trecento metri in
pochissimi secondi, eccezion fatta per il leggero fastidio alle
orecchie che si poteva avvertire a causa del repentino cambio di
altitudine, ma questo ascensore sembrava essere decisamente lento.
Erano saliti da più di quindici secondi e non si era ancora
accesa neanche la lampadina che segnava all’arrivo del decimo
piano.
Almeno, pensava, che si sarebbe
dovuta accendere. Anche gli express, pur non avendo fermate
intermedie, producevano l’accensione delle spie luminose ai piani
principali per dare all’ospite in transito l’idea di quanto
ancora mancasse alla sua destinazione.
Mentre rifletteva, si accese
finalmente la luce che indicava l’arrivo al decimo piano.
Restò accesa un paio di secondi e poi si spense, segno che
l’ascensore stava continuando la sua corsa.
Passò ancora qualche
secondo, poi gli occhi della ragazza lasciarono il display e
cominciarono a scivolare lungo le pareti di metallo e legno. Il
pavimento riportava un elegante monogramma, con il logo
dell’azienda intarsiato in un gioco d’incastri tra legni
pregiati, che denotava la ricerca di una sobria eleganza anche nei
particolari.
Sinceramente incuriosita dal pavimento, alzò gli
occhi al cielo per scoprire il soffitto mentre il display del ventesimo
piano si spegneva lentamente. Sulla sua testa una cornice di legno
chiaro con intarsi metallici argento incastonavano un elegante
specchio.
Mentre rimirava il suo riflesso fu
attirata da qualcosa sulla testa del ragazzo che le era accanto.
Strizzò gli occhi per mettere a fuoco e cercò di capire
che cosa fossero quei batuffoli bianchi seminascosti da dei lucenti
capelli argenti. Di colpo i riflessi argenti furono sostituiti da due
pozze oro che la scrutavano irritate e sussultò quando lo
sentì sbuffare scocciato: “Beh?”
“Scu-scusa”
balbettò arrossendo visibilmente. Abbassò lo sguardo, ma
continuò a sbirciarlo di sottecchi.
Mentre la luce del trentesimo piano
cominciava ad accendersi il mezzo demone sbuffò: “Quanto
ci mette oggi questo dannato ascensore!”
“Già, è un po’ lento effettivamente” rispose lei, riportando lo sguardo sul display.
Si sentiva in colpa per essere
stata sorpresa a fissargli le orecchie. Non lo aveva fatto per
metterlo a disagio o per una forma di curiosità morbosa. Kagome
aveva sempre pensato che le persone dovessero essere apprezzate o meno
in base al loro modo di essere, di comportarsi e non per il loro
aspetto.
Non è esatto dire che non
vedeva la differenza tra demoni, mezzi demoni e umani, semplicemente la
considerava una caratteristica pari all’essere biondi o alti un
metro e ottanta, ma questo quel ragazzo un po’ scorbutico che
aveva accanto non poteva certo saperlo.
In risposta ricevette un grugnito strozzato che nonostante tutto le fece spuntare il leggero sorriso.
Era già passato quasi un
minuto dall’inizio della salita ma erano appena arrivati al
quarantesimo piano e il silenzio e l’imbarazzo già tipico
dell’ambiente sembrava ancora più palpabile dopo quel
breve scambio di battute.
Inuyasha mal sopportava il dover
star accanto ad una ragazzina che non nascondeva affatto la sua
curiosità per il suo essere meticcio. Questo e la sua decisione
di stare più lontano possibile dal genere femminile lo rendevano
alquanto irritabile.
Poi in un istante, poco prima di
raggiungere il cinquantesimo piano, con uno scossone improvviso
l’ascensore si fermò, la luce si spense lasciando la
cabina nell’oscurità.
Nello stesso momento in cui le
tenebre calavano Inuyasha allertò i sensi e sbottò:
“Ma che diavolo…”
Sentì un tonfo accanto a lui
assieme ad un urlo soffocato, così voltò lo sguardo verso
la ragazza che gli era accanto e la trovò accasciata sul
pavimento con gli occhi sgranati. La ignorò e si diresse
verso la pulsantiera schiacciando il tasto per l’emergenza con
veemenza. Dopo quasi un minuto nessuno aveva ancora risposto.
“Dannazione! Ma che stanno facendo, devo pensarci io?” Imprecò facendo scattare gli artigli.
A quel suono Kagome sussultò
e soffocò un nuovo singhiozzo. Alle narici sensibili del mezzo
demone arrivò un odore pungente, salato. Un odore di lacrime che
lo bloccò all’istante.
“Cosa, cosa stai facendo?”
“Cosa posso fare, è
buio pesto! – poi mormorò sottovoce, parlando tra
sé e sé – e non è che mi piaccia
particolarmente, mica ci vedo io! “
Inuyasha, sentì lo stesso e
realizzò solo in quell’istante, che lui vedeva
perfettamente grazie alla sua natura di mezzo demone. La sua collera si
smorzò
immediatamente.
Posò a terra la busta del
vino, le si accucciò accanto e le disse con il tono più
rassicurante che poté:
“No, no tranquilla, vedrai
che ci risponderanno subito. Queste trappole si fermano a giorni
alterni. Se fosse per me salirei su quella dannata terrazza con un paio
di balzi.”
Lei annuì e lui si
rialzò tornando ad imprecare e a premere insistentemente il
tasto dell’assistenza. “Maledizione” sibilò
tra i denti.
Intanto al settantacinquesimo
piano, nello studio di Miroku l’interfono lampeggiò e il
ragazzo rispose: “Sì, Jinenji?” L’addetto alla
sicurezza balbettò qualcosa dell’allarme
dell’express, ma il ragazzo lo interruppe: “Sì,
è tutto sotto controllo. Ho fatto gli spostamenti necessari.
Spegni il cicalino e sblocca l’ascensore C affinché gli
ospiti possano salire direttamente al settantacinquesimo. Se
avrò bisogno, ti chiamerò” e così dicendo
attaccò il ricevitore e tornò a concentrarsi sulle
immagini che la telecamera ad infrarossi gli rinviava dalla cabina
dell’ascensore.
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Ciao a tutti!
dopo 10 anni torno a scrivere nel mio fandom preferito!
Un grazie particolare a Lune per i betaggio <3
A presto
Crisan
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