Storia di una bambina impigliata nel cielo

di moonwhisper
(/viewuser.php?uid=36486)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Doveva essere accaduto quel giorno di pioggia. Seduta sul bordo della finestra, guardava i vortici d’aria sul mare. E pioveva di acqua e smarrimento. Aveva saltato, e proprio così le era successo, di rimanere impigliata al cielo della tempesta.

E di ali non ne aveva mai avute. Perché le bambine rotte, di ali non hanno bisogno. O forse qualcuno aveva dimenticato che anche una bambina sbagliata, senza ali non potrà mai volare.

Dipinta sul cielo, guardava il mondo sotto il suo sguardo, ma non riusciva a toccarlo, a capirlo. E l’aria lassù, così in alto, non arrivava, e non le crebbero mai le gambe per camminare e le mani per prendere.

La tempesta divenne notte. Il Nero le scavava le orbite, e il cuore le si allargava di rabbia e violenza. Urlava, ed erano fragori celesti. Piangeva, ed erano fulmini rossi. E il firmamento le stava appeso sul capo, ma brillava di indifferenza, la luna cantava di ninnananne lontane, ma lei non poteva dormire. Le vennero gli occhi del Diavolo, pieni di incantesimi e luci malvagie. Tesseva ragnatele di sguardi e bugie, imprigionando nei fili di seta le stelle innocenti, ingoiandole di fame vorace. Eppure, il Bianco le cresceva nel petto, e scavava vuoti infiniti di desideri e dolore e poesie. Ed erano lacrime candide che le incidevano il viso.

E fu alba. Arrivò con il soffio del vento, a colorarle le piccole dita sporche di sangue pulito. Le aprì le labbra in un bacio, la invase di interi universi e favole antiche. E le regalò un paio di mani di zucchero, per farsi sfiorare, un paio di gambe di carta, per farsi cingere. Ma prima che potesse ricordare le ali, l’alba sfiorì in un gemito storto. E la bambina incompleta scoprì di non poterla afferrare, perché le mani di zucchero si sciolsero piano, di non poterla rincorrere, perché le gambe di carta le si accartocciarono tutte. Impigliata nel cielo, restò ad oscillare per secoli lenti, mentre il dolore ingordo le masticava la carne.

Fu tramonto. Ma viola, malinconico e piatto. E il sole stanco le spiegò che le albe non esistevano più. Lei non gli raccontò dell’ultima alba che aveva stretto forte contro il suo corpo, perché in fondo anche il sole stava sbiadendo.

Cadde, in un sospiro sconfitto.

E la prima volta che il volo la accolse, fu per vederla morire.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=391317