The Shadow Adventure

di pampa98
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THE SHADOW ADVENTURE
 


Jaime odiava le fiere. Troppo fracasso, troppe persone, troppo tutto. Cercava di evitarle il più possibile e, se proprio non poteva farne a meno, faceva in modo di andarvi insieme a qualcuno che, come lui, non ne fosse troppo entusiasta.
Quel giorno non gli era andata affatto bene. Tyrion aveva comprato un biglietto per lui e Podrick per visitare la fiera tutto il giorno, ricordandosi solo in un secondo momento che, in quella stessa data, avrebbe celebrato il suo decimo anniversario di matrimonio. E, ovviamente, invece di disdire o cambiare giorno per la gita con suo figlio, aveva ben pensato di telefonare a Jaime la sera precedente informandolo che avrebbe dovuto accompagnare lui Podrick. Non aveva impiegato troppo tempo a convincerlo: Tyrion sapeva quanto suo fratello adorasse il proprio nipotino ed erano bastate le parole giuste per far sì che Jaime, alle nove di mattina, si trovasse di fronte alla villetta dei Lannister pronto a trascorrere una “meravigliosa” giornata all’insegna del divertimento.
Per sua fortuna Pod era un bambino relativamente tranquillo e gli piacevano giochi semplici, ai quali Jaime non era costretto a prendere parte. Altro aspetto favorevole era che quello fosse un mercoledì mattina qualunque, pertanto la fiera non era particolarmente affollata.
«Zio Jaime, posso salire sul Bruco Mela?» gli chiese Pod, tirandogli la manica della giacca.
«Va bene. Ci puoi andare da solo, vero?» Su meno attrazioni era costretto a salire, più sarebbe stato felice.
Pod annuì, indicando il cartello di fronte a loro. “I bambini al di sotto dei 6 anni devono essere accompagnati da un adulto.” Pod ne aveva compiuti otto il mese scorso.
«Perfetto. Vai a prendere posto, ti compro il gettone.»
Pod lo fermò di nuovo, fissandolo con i suoi grandi occhi marroni.
«Posso fare due giri?»
Jaime scosse la testa, sorridendo. Gli passò una mano tra i capelli, scompigliandoglieli affettuosamente, prima di dirigersi alla biglietteria.
Mentre aspettava insieme agli altri genitori che i bambini scendessero, Jaime estrasse il cellulare e fece un veloce giro su Instagram. Anche quell’app era stata opera di Tyrion, perché “non voglio essere l’unico adulto a usarla”. Jaime aveva provato a spiegargli che vi erano centinaia di adulti che la usavano, ma lui non aveva voluto sentire storie, tanto per cambiare.
Scorse distrattamente la sua home, scorrendo le foto di Snow e la sua fidanzata – non ricordava nemmeno perché li seguisse – e i post politicamente impegnati della giovane collega di Tyrion, finché la sua attenzione non fu catturata da un set di foto di Margaery Tyrell. Era insieme alla sua fidanzata Sansa e a Renly e le foto erano state appena caricate da quello stesso posto. Guardò i vari scatti per capire chi altri fosse con loro e come aveva sperato in una foto, scattata certamente contro la sua volontà, figurava Brienne di Tarth. Un sorriso comparve spontaneamente sul volto di Jaime vedendola intenta a sorseggiare un frappè, mentre cercava inutilmente di nascondersi dall’obiettivo. E il suo sorriso si allargò ulteriormente quando, alzando la testa, la vide dall’altra parte della strada.
Jaime non ci pensò due volte: aprì la rubrica e cliccò sul suo nome. Dopo un solo squillo, la vide guardare il telefono e portarselo all’orecchio per rispondere.
«Pronto?»
«Girati alla tua sinistra.»
Brienne aggrottò le sopracciglia, cercando di capire il motivo di quella richiesta, ma non appena incrociò il suo sguardo, la sua espressione si ammorbidì.
Sollevò una mano in segno di saluto e Jaime la invitò a raggiungerlo.
«Credevo odiassi queste fiere» gli disse, una volta di fronte a lui.
Quel giorno indossava un paio di jeans che, anche se lei non se ne rendeva conto, le mettevano in risalto le lunghe gambe provocando un forte sfarfallio nel basso ventre di Jaime, e una maglietta con un leggero scollo sul petto.
«Diciamo che sono stato incastrato» spiegò. «Tu, invece?»
Brienne sospirò.
«Dovevamo uscire io, Sansa, Ygritte e Arya. Le ultime due hanno dato buca e quando siamo arrivate stamani abbiamo incontrato Margaery, che stava praticamente facendo la terza incomoda con suo fratello e Renly.»
«E così tu sei diventata la quinta incomoda.»
«Esatto.»
Jaime fece spallucce.
«Che fortuna allora che hai trovato il tuo amorevole fidanzato pronto a tirarti fuori da questa spiacevole situazione.»
Brienne sbuffò, sebbene a Jaime non sfuggì il rossore che le salì lungo le guance.
«Non preoccuparti, ci sono abituata» rispose. «E poi non… Non voglio disturbare. Non avevamo deciso di vederci oggi.»
«E per questo motivo la tua presenza dovrebbe “disturbarmi”?» scherzò lui.
«Brienne!»
Podrick aveva finito la sua corsa e, non appena aveva visto Brienne, le era saltato addosso. Lei rise, dandogli un leggero buffetto sulla testa.
«Ciao, Pod.»
«Che bello! Non sapevo che venivi anche te!»
Brienne lanciò uno sguardo incerto a Jaime e lui si strinse nelle spalle.
«Non lo sapevo nemmeno io. Brienne ci ha fatto una sorpresa. Dì un po’, Pod» aggiunse, mettendogli una mano sulla spalla. «Ti andrebbe se restasse con noi?»
«Sì!! Resta, resta!»
Brienne sospirò. Anche lei aveva un debole per Podrick e non riusciva mai a dirgli di no.
«Suppongo che gli altri potranno fare a meno di me per un paio d’ore» concesse infine, facendo scaturire un largo sorriso sul volto degli altri due.
 

«Zio, mi compri un peluche?»
Facendo il giro delle attrazioni, erano giunti nella zona delle bancarelle in cui si potevano vincere giocattoli e peluche e, com’era prevedibile, Pod voleva prendere qualcosa. Jaime odiava anche quelle: una delle ultime volte in cui era stato alla fiera con i suoi genitori, lui aveva cercato di vincere un pupazzo per Cersei per l’intera giornata, senza successo. Da allora non ci aveva più provato.
«Ci sono molti negozi che li vendono» cercò di proporre lui, «e hanno anche più scelta.»
«Ma lì c’è Shadow!»
Jaime aggrottò le sopracciglia, non avendo idea di chi fosse quel tizio.
«È un amico e rivale di Sonic» spiegò Brienne, anche se Jaime continuava a non capire di cosa parlassero.
«E c’è solo qui?» chiese.
«Sì! Dai, zio, ti prego!»
Jaime sospirò.
«Va bene, ma non ti prometto niente.»
Era uno di quei giochi in cui si dovevano buttare a terra più lattine possibile usando un fucile. Jaime non aveva un’ottima mira, ma sarebbe stato sicuramente più semplice che lanciare dei cilindri intorno ai birilli.
«Buongiorno!» li salutò allegramente il proprietario, un uomo corpulento sulla sessantina. «Ehi, bimbo, vuoi vincere uno di questi giochi?»
Pod annuì timidamente, stringendosi a Brienne.
«È timido, eh?» chiese poi rivolto a Jaime, con un grande sorriso in volto.
«Solo con gli sconosciuti. Senti, quante ne devo buttare giù per Shallow?»
«Shadow» lo corresse Brienne.
«Ehm, più ne abbatti, meglio è» rispose l’uomo. «Purtroppo non sono molto esperto sui nomi dei personaggi dei cartoni di oggi. Quale sarebbe esattamente Shadow?»
«Questo.» Brienne indicò un pupazzo nero e rosso, con due scarpe gigantesche e piccole orecchie che a Jaime ricordarono quelle di un cane.
Decise di non chiedersi chi o cosa fosse e si limitò a impegnarsi a prenderlo.
«Hai massimo tre tentativi.»
Il primo fu un totale disastro. Riuscì ad abbattere una sola lattina con sette colpi in canna.
La seconda volta ne abbatté due, solo perché una, cadendo, ne aveva buttata a terra un’altra.
«Dai, zio Jaime!» lo incitò Pod. «Ne devi buttare giù quattro.»
Jaime inspirò a fondo prima di prendere di nuovo la mira. Il primo colpo andò a segno. I successivi tre no. Se voleva vincere quello stupido peluche non doveva più sbagliare. Il quinto colpo andò a segno. Stava per accadere come prima, ma la seconda lattina colpita durante la caduta resistette e rimase ferma al suo posto. Il sesto colpo lo mancò.
«Merda!»
«Ah, che peccato!» esclamò l’uomo, sfoggiando un grande sorriso. «Non hai vinto il peluche, ma puoi prendere uno di questi.»
Tirò fuori un set per fare le bolle di sapone e un paio di semplici bambole.
«Posso fare un altro tentativo?» chiese Jaime.
«Sì, ma dal quarto tentativo non sono più gratis.»
«Va bene. Quanto viene?»
«15 dollari.»
Jaime e Brienne si scambiarono uno sguardo sconvolto: con quella cifra potevano comprare anche due peluche in un qualsiasi negozio di giocattoli.
«Non importa, zio» disse Pod, sforzandosi di sorridergli. «Facciamo qualcos’altro.»
A Jaime si spezzò il cuore nell’apprendere di aver deluso le aspettative di suo nipote.
«Andiamo alla Sala degli Specchi?» gli chiese il bambino, cominciando a trascinarlo via.
Jaime annuì.
«Quei giochi sono fatti per far perdere la gente» gli sussurrò Brienne. «Non te la prendere. Shadow si trova sicuramente da altre parti.»
Jaime le sorrise, prendendole la mano. Sapeva che Brienne si sentiva a disagio nel mostrarsi in effusioni in pubblico, ma in quel momento sentiva davvero il bisogno di toccarla.
«Poi mi dovrete spiegare chi cazzo è questo Shallow.»
Brienne sospirò.
«Shadow, come ombra. Non è così difficile da ricordare.»
 

Il resto della giornata era trascorso bene, salvo la visita alla Sala degli Specchi. Jaime e Pod si erano rifiutati di procedere con le braccia tese e, mentre il bambino aveva ceduto dopo la prima testata, Jaime aveva dovuto sbattere contro gli specchi tre volte prima di accettare che, forse, c’era una ragione per cui si dovevano mettere le mani avanti in quel labirinto.
Avevano pranzato con gli hot-dog e si erano incontrati di nuovo con gli amici di Brienne per un saluto veloce. Quando il sole aveva cominciando a tramontare e Pod aveva iniziato ad accusare la stanchezza, lamentandosi e stropicciandosi gli occhi, Jaime capì che era il momento di tornare a casa.
«Tu sei venuta in macchina?» chiese Jaime, prendendo in braccio Podrick prima che si addormentasse sulla strada.
«In autobus. Pensavo di riprenderlo anche per il ritorno.»
Jaime scosse la testa.
«Ti accompagno io e non accetto un rifiuto.»
Brienne annuì. Quando arrivarono alla macchina, però, disse:
«Puoi aspettarmi cinque minuti? Ho dimenticato una cosa.»
Jaime aggrottò le sopracciglia, ma accettò. Avrebbe approfittato di quel tempo per capire come legare Pod senza che la cintura gli facesse male mentre dormiva.
Come promesso Brienne tornò dopo pochi minuti e, con grande stupore di Jaime, teneva tra le mani quel famoso Shadow che Pod tanto desiderava.
«Ma che hai fatto?» le chiese, guardandola pieno di ammirazione.
Lei arrossì, abbassando lo sguardo.
«Ecco… Mi sono ricordata che tu avevi finito i tentativi, ma io no.»
Jaime scosse la testa.
«Sei incredibile. Pod» chiamò il bambino, scuotendolo leggermente. Lui aprì gli occhi, richiudendoli subito.
«Mmm?»
«Guarda cosa ti ha preso zia Brie.»
Gli mise il peluche tra le braccia e lui lo strinse a sé, sorridendo, anche se probabilmente non aveva capito di cosa si trattasse.
 

Dopo aver riportato Pod a casa e essere stati invasi dai ringraziamenti di Tysha per avergli preso quel pupazzo che, a quanto sembrava, era impossibile da trovare, Jaime e Brienne ripresero il viaggio verso la casa di quest’ultima.
«Un porcospino?»
«Sì, una specie.»
«Non ne aveva l’aspetto.»
«Sì, invece» continuò Brienne. «Quelli dietro la testa sono gli aculei.»
«Ah. Non erano capelli?»
«Ti pare che gli animali abbiano i capelli?»
Jaime sbuffò.
«Non hanno nemmeno scarpe e guanti se è per questo. Ah, va be, ci rinuncio. Mi fido della tua parola e basta.»
«È una serie molto carina.»
«Non lo metto in dubbio» rise lui. «Eccoci qui, mia signora. Riportata a casa sana e salva.»
Brienne annuì, ma non si mosse. Prese a tormentarsi le mani, mordendosi il labbro inferiore come faceva sempre quando era nervosa.
«Va tutto bene?» le chiese Jaime.
Lei si slacciò la cintura, scese dalla macchina e, prima che lui potesse lamentarsi del fatto che non l’aveva salutato, Brienne aprì la portiera posteriore e aggirò l’auto fino a raggiungere il posto del guidatore. Jaime tirò giù il finestrino e lei gli lanciò in grembo qualcosa di blu e morbido.
Questa volta Jaime lo riconobbe: era un pupazzo di Stitch che aveva già visto alla bancarella in cui si trovava anche Shadow. Si chiese se Brienne si fosse dimenticata di dare anche quello a Pod o comunque cosa avrebbe dovuto farci lui con quell’affare. Spense il motore e scese a sua volta dall’auto.
Brienne era rimasta lì in piedi, lo sguardo che scavava nel terreno e il volto che sembrava essere sul punto di prendere fuoco.
«Puoi spiegarti?» le chiese Jaime.
«E-Ecco… Ehm… Ho-Ho abbattuto tutte le lattine» iniziò a raccontare. «Potevo prendere un peluche gigante o… o due piccoli. E, be’, Pod ne voleva uno piccolo, quindi… Poi, ecco, ho pensato che domani è il nostro… Il nostro primo mesiversario e… Ecco, ho pensato… È stata una cosa stupida, lo so!»
Si portò le mani a nascondersi la faccia e Jaime provò l’impulso di abbracciarla e farle capire quanto la trovasse adorabile in quel momento.
«Scusa. Se non lo vuoi va bene, lo…»
«Guardami, Brienne.»
Lentamente, lei scostò le mani dal suo volto. Jaime le portò una mano dietro la nuca, attirandola a sé.
«Mi piace moltissimo» disse, prima di catturarle le labbra tra le sue. La sentì sospirare mentre portava le braccia intorno alla sua schiena, stringendolo a sua volta.
«D-Davvero?» gli chiese e se possibile il suo volto era diventato ancora più paonazzo.
Jaime le sorrise.
«Certo. È stato un gesto dolcissimo. Solo… Come facevi a sapere che mi piace Stitch?»
«Non… Non lo sapevo. È solo che tu me lo ricordi.»
«Ti ricordo un mostriciattolo alieno?» esclamò Jaime, sentendosi improvvisamente molto meno lusingato di prima.
«No, idiota! Stitch è dolce e gentile, ma sa anche essere una vera peste. Proprio come te.»
Jaime le sorrise, guardando il faccione dell’alieno.
«Questa risposta mi piace di più» disse. «E la mia donzella quale lato del suo Stitch preferisce?»
Brienne sbuffò.
«Quello per cui non mi fai penare.»
Gli prese la mano, guardandolo dritto negli occhi.
«Davvero, se non ti piace…»
«Mi piace, Brienne. Sul serio.»
Lei sorrise. Voltò lo sguardo verso la sua casa, una piccola villetta a due piani in cui si era trasferita da meno di un anno, e poi tornò a guardare Jaime.
«C’è posto dietro la mia auto» disse. «Per non intralciare il passaggio. Se… Se ti va di entrare.»
Jaime le rivolse un sorrisetto che non proveniva certo dal suo lato dolce, prima di salire di nuovo in auto e parcheggiare dove gli era stato consigliato. Scendendo, Jaime pensò che la piazzola era abbastanza grande per contenere le loro macchine senza problemi di ingresso e uscita per nessuno dei due.

 




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