Capitolo 10: Ricordi verso
Hogwarts
Scuola di Magia e
Stregoneria di Hogwarts, fine giugno 1999
Ron camminava lungo la strada che da studente aveva attraversato in
carrozza tante volte. Di fianco a lui, Harry procedeva silenziosamente.
Dietro, i signori Weasley chiacchieravano con Bill, Charlie e Percy.
George non era voluto venire. Aveva detto che non sarebbe tornato a
Hogwarts, nemmeno per il diploma della sorella. Ron non aveva capito di
cosa aveva paura il fratello finché non aveva varcato il
cancello e aveva visto il castello in lontananza.
- E’ sempre così la prima volta? –
chiese ad Harry.
L’amico annuì comprensivo.
- Però è solo il primo impatto, quando vedi gli
studenti, inizia di nuovo a sembrarti casa. La prima impressione
però è davvero brutta.
Entrambi avevano deciso di non concludere la loro istruzione a
Hogwarts. Subito dopo la guerra erano entrati nell’Ufficio
Auror.
Harry aveva iniziato subito il giorno dopo la caduta, quando aveva
partecipato a un’ispezione in tutte le zone circostanti al
castello, che aveva portato all’arresto di alcuni sostenitori
di Voldemort. Ron, invece, aveva iniziato qualche mese dopo, quando
finalmente era riuscito a convincere George di tornare a gestire il
negozio.
In quei mesi Harry era tornato più volte a Hogwarts, lui
diceva per lavoro. Hermione invece sosteneva che era una scusa per
andare a trovare Ginny. A quanto gli aveva raccontato, una volta,
un’esasperata McGranitt, dopo l’ennesima volta che
le faceva perdere ore del suo tempo per parlare delle difese della
scuola (cosa di cui avevano parlato migliaia di volte) gli aveva detto
piccata “Inizierò a togliere punti alla Casa di
appartenenza di qualsiasi studente o studentessa con cui
parla durante queste visite, signor Potter”.
Ron, invece, non era mai tornato. E la cosa positiva era che Hermione
non glielo aveva mai chiesto. Gli aveva raccontato quanto fosse stata
dura per lei tornare lì. I ricordi della battaglia, la
mancanza di lui e di Harry, ma anche il fatto che ormai era diventata
pure lei una celebrità. La fermavano nei corridoi, gli
studenti del primo anno la additavano e cose del genere. Con il fatto
che era diventata Caposcuola, inoltre, era un po’ difficile
starsene per i fatti suoi.
Ron ed Hermione, strano ma vero, non avevano litigato neanche troppo
negli ultimi mesi. I loro battibecchi continuavano, ma senza litigi
eclatanti. A Ron ancora bruciava tanto il fatto di aver abbandonato lei
ed Harry in quella foresta, ma nessuno degli altri due sembrava
ricordarlo. La guerra era ormai un triste ricordo.
Non si era ancora pronti per essere del tutto felici, i lutti non erano
superati. Sua madre e Andromeda Tonks erano spesso colpite da momenti
di tristezza, mentre suo fratello stava iniziando solo ora a vedere un
barlume in fondo alla depressione. Però si provava un
qualcosa di diverso. Ci si sentiva liberi, senza l’ansia di
un nemico che poteva colpire da un momento all’altro. Era da
anni che Ron non provava quella sicurezza.
Superò il portone della scuola e capì cosa Harry
aveva detto prima. Studentesse e studenti, di varie età e
dimensioni, giravano per il castello con le tipiche divise nere.
Riconobbe qualche viso noto: lungo alle scale c’era Dennis
Canon, fratello del defunto Colin, che sembrava essere molto
più tranquillo che ai suoi tempi; Dean Thomas
passò a salutarli poco dopo, seguito a ruota da Jimmy Peakes
e Ritchie Coote, i battitori di Grifondoro al suo sesto anno.
Proprio in quel momento arrivò Neville. Anche lui, come
loro, adesso era un Auror, e anche se Ron doveva ammettere che adesso
era piuttosto bravo con gli incantesimi, si vedeva che non era quella
la sua vocazione.
- E’ sempre bello tornare a Hogwarts – disse,
mentre tutta una serie di ragazzini gli piombava intorno. Era tutta
quella gente che l’anno prima aveva difeso dai Carrow, che lo
vedevano come un eroe molto più a portata di Harry e Ron.
- Sapete, ragazzi – disse a Harry e Ron – Un giorno
vorrei tornare qua. A insegnare.
- Cosa vorresti insegnare? – gli chiese Ron un po’
stupito. Non si immaginava Neville a spiegare a tutta una serie di
ragazzini come difendersi da un Molliccio.
- Erbologia. La professoressa Sprite mi ha offerto già un
posto come assistente. Anche la McGranitt me l’ha
più volte accennato.
- Ah beh, sì, ci sta.
In effetti non ci aveva mai pensato, ma Neville sarebbe stato un ottimo
professore. Lo vedeva ora, in quell’atrio. Ragazzini di ogni
età passavano e lo salutavano e lui aveva una parola per
tutti. In fondo era stato lui uno dei capi dell’ES
l’anno prima e forse addirittura in un modo migliore di
quanto lo era stato Harry. Lui si curava dell’aspetto umano
di tutti loro. Era difficile vedere quel nuovo Neville, con il ricordo
del ragazzino pasticcione dei primi anni.
Uno lampo dai capelli rossi si scagliò su di loro e
abbracciò Harry. Ginny baciò il suo ragazzo e si
guardò intorno raggiante.
- Siete arrivati! – disse con un grosso sorriso. Poi
però si spense.
- George non c’è?
La signora Weasley le rivolse uno sguardo triste – No, non ce
l’ha fatta.
Ginny fece una smorfia triste, ma non aggiunse altro. Tutti erano
preoccupati per George, quindi non se la prendevano quando aveva quegli
atteggiamenti.
- Sei qui – disse un’altra voce. Ron si
girò e vide Hermione. Stava a qualche metro da lui, con la
divisa della scuola, la spilla con la C ben in vista. Vederla vestita
in quel modo diede a Ron una sensazione di calore che lo fece sentire a
casa come non succedeva da tanto tempo.
- Se vuoi me ne vado – le rispose con un sorriso.
- Oggi non giocano i Cannoni di Chudley?
- Sì, ed è una grande sofferenza non essere allo
stadio.
La prima cosa che aveva comprato con il suo primo stipendio era stato
l’abbonamento annuale alla sua squadra del cuore. Aveva
convinto anche Harry, che fin da piccolo Ron aveva portato dalla sua
parte regalandogli libri sui Cannoni.
- Più che altro è una sofferenza andare allo
stadio. Facciamo schifo.
- Sai che novità – disse Charlie.
- Quidditch – disse Hermione, scuotendo la testa. Si
avvicinò e abbracciò Ron, dandogli un bacio
leggero.
- Come va?
Ron scosse le spalle – Tutto bene, mi dispiace per Ginny. Mi
sa che ci teneva che George venisse.
- Ci teneva, ma non se lo aspettava.
- Tu, invece, come stai?
- Abbastanza bene, dai. Mi hanno dato i risultati dei M.A.G.O.
- E…?
- Non male, tutte E.
Ron scoppiò a ridere e le diede un bacio sulla fronte
– Non male? Harry, indovina cosa ha detto Hermione dopo aver
scoperto che ha preso tutte E.
- Che è andata benino o qualcosa del genere?
- “Non male”.
- Hermione, a volte non capisco se sei seria o scherzi.
Hermione sorrise di nuovo. Stava per dire qualcosa, ma fu interrotta
dall’arrivo di Kingsley.
Il Ministro della Magia stava facendo un ottimo lavoro. Da quando si
era insediato aveva portato avanti tutta una serie di riforme e non
c’era giorno che cercava di cambiare qualcosa.
L’aspetto era però era molto trasandato. Si vedeva
che era piuttosto stanco. Ricostruire il mondo magico non era affatto
un compito semplice.
Quando vide i ragazzi sorrise. Strinse calorosamente la mano a Harry e
Ron e poi si rivolse a Hermione.
- Hermione, hai pensato alla proposta che ti ho fatto?
- Sì, ma la risposta rimane sempre la stessa. Mi dispiace.
Ron la guardò interrogativo.
- Mi ha proposto un posto al Ministero. Ho rifiutato.
- Perché? – fece sorpreso Harry.
- Perché voglio portare avanti il CREPA.
- Ma potresti farlo all’Ufficio Regolazione e Controllo delle
Creature Magiche.
Hermione scosse la testa – Prima di cambiare le leggi, serve
anche cambiare l’opinione pubblica. Gli elfi domestici stanno
prendendo coscienza, non posso abbandonarli ora.
Harry e Kingsley provarono a insistere per un po’, ma Ron non
si aggiunse. Stava iniziando ad apprezzare quel lato idealista e
testardo di Hermione. E poi sapeva benissimo che Hermione nel suo
futuro non vedeva solo il CREPA. Come diceva spesso “Sarei io
stessa nel torto se volessi stare al CREPA per tutta la vita, vorrebbe
dire che non avremmo ottenuto vittorie”. Hermione sarebbe
andata al Ministero, ma solo dopo aver già iniziato a
cambiare le cose.
La discussione stava continuando, quando una Serpeverde con la spilla
da prefetto passò di lì e salutò
Hermione con un sorriso. Hermione le rispose in modo altrettanto
cordiale. Ron l’aveva già vista, era abbastanza
carina, con occhi e capelli scuri.
- Hey ma quella la conosco! Ci ha sempre ignorati e ora ti tratta in
quel modo? – chiese Ron.
- Lei è posto. E’ la sorella di Daphne Greengrass:
Astoria. Non è mai stata dura nei nostri confronti.
Cioè immagino che pure lei fosse un po’ contagiata
con le robe del sangue e via dicendo, ma sta avendo tutta una serie di
problemi con la vecchia guardia Serpeverde, a quanto so.
- Sì – convenne Neville –
l’anno scorso non si è mai opposta ai Carrow, ma a
volte sembrava un po’ schifata dal loro modo di gestire la
scuola. Ma come sappiamo: “Affrontare i nemici richiede
notevole ardimento. Ma altrettanto ne occorre per affrontare gli
amici”.
Ron iniziò a grattarsi il mento – Lo so!
L’ha detto Lupin, giusto?
Sentì una botta sul coppino. Si girò e vide la
professoressa McGranitt, alta e austera come al solito, che sbatteva
una pergamena arrotolata sul palmo della mano.
- Albus Silente, Weasley. Ascoltare non è mai stato il tuo
forte.
- Salve, professoressa.
- Ah, Potter, ci sei anche tu. Era da qualche settimana che non ti
vedevo, stavo iniziando a preoccuparmi.
Harry sorrise – Sempre un piacere, professoressa.
- Allora, qui stiamo per iniziare. Signorina Granger, signorina
Weasley, se volete diplomarvi andate iniziate ad andare in Sala Grande.
Audrey, muoviti! Che stai facendo? Sei una professoressa adesso!
Audrey Plunkett era la nuova ragazza di Percy. Della sua stessa
età, era entrata subito dopo Hogwarts nel dipartimento di
Trasfigurazione, sotto l’ala protettrice della McGranitt. Era
stata la sua assistente fino alla morte di Silente, quando la McGranitt
la stava per nominare professoressa al suo posto. Ma, visto che il
posto di preside alla fine era stato preso da Piton, lei aveva mandato
Audrey a Ilvermorny, la scuola di magia americana. Ufficialmente per
approfondire i suoi studi, in realtà per costruire contatti
utili all’Ordine.
Audrey era una ragazza alta, con lunghi capelli castani e occhi verdi.
Indossava spessissimo completi da cavallerizza, che se possibile la
rendevano ancora più slanciata. Superava di una spanna Percy.
- Mi scusi, professoressa. Stavo dicendo ai miei futuri suoceri che io
e Percy ci sposiamo!
La McGranitt fece un grosso sorriso.
- Congratulazioni, cara! – disse, per poi tornare al solito
tono sbrigativo – Tuttavia potevi dirglielo anche dopo la
cerimonia.
- Oh, sì, mi scusi.
Si mise a correre verso la Sala Comune, ma inciampò.
Neville, in qualche modo, riuscì a intercettarla prima che
cadesse.
- Oh, grazie mille!
- Figurati.
E si presentarono.
In tutto questo Charlie spuntò da dietro i ragazzi e
bisbigliò.
- Non so se avete sentito! Percy si sposa!
- Dobbiamo fare una veglia funebre per Audrey –
ridacchiò Bill, tirando una pacca al futuro sposo.
- Perché non ci hai detto nulla, Perce? Siamo i tuoi
fratelli!
- A George l’ho detto!
- Perché proprio a George e noi a no?
- Gli ho chiesto di essere il mio testimone di nozze!
Ron e suoi fratelli sorrisero, mentre alla signora Weasley vennero le
lacrime agli occhi.
- E ha accettato? – chiese Ron.
- Sì, e ha anche fatto una mezza battuta.
Tutti lo guardarono stupiti. George non faceva battute da tanto tempo.
Tutti la famiglia Weasley e Harry si avvicinarono a Percy per avere
più notizie, ma furono richiamati da Audrey, che stava
arrivando di corsa.
- Pochi minuti e iniziamo! Venite!
Tutta la famiglia si mosse verso la Sala Grande. Mentre salivano
vedevano vari studenti che scendevano con i bagagli, pronti per tornare
a casa. Ron quasi sentì il dispiacere che provavano. Gli
ultimi giorni a Hogwarts, quelli dopo la fine degli esami, erano sempre
stati i suoi preferiti. Potevi fare quello che volevi, senza orari se
non per i pranzi, e non dovevi stare in un casa sovraffollata piena di
fratelli. E poi c’erano Harry ed Hermione.
La Sala Grande era tirata a lucido. Tramite Harry, aveva saputo che
quell’estate sarebbe stata restaurata. Avrebbero aggiunto
delle targhette per terra, con tutti i nomi dei caduti nelle due guerre
magiche. A Ron sembrava una buona idea, ma sapere che suo fratello
sarebbe stato su una di quelle, lo aveva turbato. C’erano dei
momenti in cui si fermava e si rendeva davvero conto che Fred era
morto. E quello era stato uno di quelli.
I quattro lunghi tavoli erano stati tolti, sostituiti da file ordinate
di sedie per le famiglie e gli amici dei diplomandi. Più
avanti c’era un'altra fila di sedie, dove erano seduti tutti
gli studenti del settimo anno. I professori erano seduti al loro solito
tavolo.
Ron riconobbe Xenophilius Lovegood, in una delle prime file. Il padre
di Luna si era scusato con loro pochi giorni dopo la battaglia di
Hogwarts, ma Ron non era ancora riuscito a farsi passare del tutto il
risentimento dei suoi confronti. Avevano rischiato di essere catturati,
per colpa sua.
Per fortuna i genitori di Hermione si erano seduti dall’altro
lato, un paio di file più indietro. La famiglia Weasley li
raggiunse e Ron si sedette di fianco a loro, chiacchierando
amorevolmente.
Hermione era partita per l’Australia un mese dopo la
battaglia, dopo aver partecipato a tutti i funerali e essersi
assicurata che Ron e la sua famiglia stessero un po’ meglio.
Era riuscita a ritrovarli e ad annullare l’Incantesimo di
Memoria che aveva fatto loro. Poi erano tornati a casa e lei aveva
fatto spola tra casa sua e la Tana fino al ritorno a Hogwarts. Durante
le vacanze di Natale, Hermione aveva presentato Ron ai suoi.
In realtà, Ron aveva più volte visto i genitori
di lei, ma Hermione aveva insistito tanto per fare una cena dove lui
veniva introdotto ufficialmente come suo ragazzo. Ron aveva passato la
prova, a quanto lei gli aveva detto, ma lo ricordava ancora come uno
dei momenti più ansiogeni della sua vita. Stare in quella
casa babbana, senza magia, gli aveva fatto capire come dovevano
sentirsi Harry ed Hermione le prime volte che erano venuti a casa sua.
Era tutto così strano, con quegli strani oggetti chiamati
“elettrodomestici”. I genitori di Hermione gli
avevano parlato del loro lavoro – praticamente dei Guaritori
specializzati in denti, come più volte gli aveva raccontato
anche lei – che a Ron aveva fatto davvero paura. Mettere del
ferro sui denti? Erano pazzi quei babbani!
La professoressa McGranitt si alzò e il silenziò
scese subito nella sala. Ron dovette ammettere che la presenza della
nuova preside riusciva a non sfigurare il confronto con Silente.
Entrambi, anche se in modo diverso, riuscivano ad avere una presenza
che non passava inosservata.
- Benvenuti a tutti! Sette anni fa varcavate questa soglia per essere
smistati nelle case che in questi anni sono state la vostra dimora.
Ora, la vostra storia in questo castello è terminata, avete
ottenuto i vostri M.A.G.O. e ora è al momento di arrivare
confrontarvi con fasi nuove della vostra istruzione. Ora, purtroppo non
sono e non sarò mai saggia come Albus Silente, che a lungo
voi avete avuto il privilegio di avere come preside, ma permettetemi di
dirvi un paio di parole. Non dirò due parole a caso, signor
Thomas, non è nel mio stile. Le rammento che il mio udito
è ancora buono – disse rivolta allo studente, che
Ron vide da lontano afflosciarsi sulla sedia.
Si aggiustò gli occhiali e continuò –
Ho detto prima che inizia una nuova fase della vostra istruzione non
per mera frase di circostanza, ma per mettervi in guardia su uno
strumento che molto spesso sottovalutiamo: il sapere. Molto spesso
è più affascinante il potere, inteso sia come
capacità magica fuori dal comune sia come asimmetria che
domina qualsiasi nostro rapporto, ma molto poco si parla del sapere. Un
uomo o una donna che conosce e che ha l’umiltà di
porsi sempre nell’ottica di imparare qualcosa di nuovo
è un uomo che avrà più
possibilità di confrontarsi con ciò che ha
davanti. Chi conosce sa usare il potere, ma non sempre chi ha il potere
conosce, e questo molto spesso porterà alla sconfitta. Lord
Voldemort, mi scusi chi ha ancora paura di pronunciare il suo nome, ma
di un nome si tratta, non aveva così a cuore la conoscenza.
E proprio per questa sua fiducia nello sminuire le cose da lui non
considerate importanti ha perso. Ricordate quindi che gli esami che
avete dato e le lezioni che avete affrontato non sono un capitolo
chiuso della vostra esistenza. Ricordatevi che studiare, interrogarsi e
agire di conseguenza è quello che vi ha, spero, insegnato
questa scuola. Ed è anche l’unico modo per
muoversi in un mondo che, mi dispiace per le rassicurazione che non vi
sto dando, è ancora in gran parte sconosciuto. Infine, prima
di procedere con la cerimonia, vi voglio dare un ultimo avvertimento,
perché potreste mal interpretare. Il sapere è
prezioso, ma questo non vuol dire che bisogna fingere di conoscere,
perché ciò è stupido.
Saggiò è chi ammette di non conoscere e per
questo è ancora più determinato a imparare.
La professoressa concluse e dalla sala si levò un caloroso
applauso. Ron non si era mai immaginato Minerva McGranitt nel ruolo di
preside fino a quel momento. O meglio, non si era mai immaginato la sua
vecchia professoressa di Trasfigurazione fare quei discorsi che un
tempo faceva Silente. E doveva dire che era molto diversa da lui. Era
molto più pratica e meno astrusa, ma non per questo
più scontata. O almeno così immaginava, visto che
lui smetteva di ascoltare Silente dopo i primi due minuti e poi
Hermione gli faceva un riassunto alla fine.
- Ora procediamo con la cerimonia. Il professor Vitious ora
leggerà i vostri nomi, quando verrete chiamati recatevi qui.
Il piccolo professore iniziò a chiamare uno a uno i singoli
studenti. Questi si recavano al tavolo degli insegnanti, dove la
McGranitt consegnava loro una pergamena e poi tutti loro tornavano a
sedersi, dopo aver stretto la mano a tutti i professori. La cerimonia
in sé era abbastanza semplice, ma dava l’idea di
un cambiamento epocale. Una stretta di mano con i professori dava
l’idea di un rapporto paritario con loro. Hermione e Ginny si
presero le strette forse più calorose.
Quando tutti finirono, la preside prese di nuovo la parola –
Ora, come siete arrivati il primo anno, ve ne andrete. Delle barche vi
aspettano al Lago. Su su, in piedi!
I docenti si misero davanti seguiti dai diplomandi. Dietro di loro le
famiglie.
- Mi aspettavo qualcosa di meglio – disse Ron a Harry
– mi è sembrato tutto così semplice.
Neville, che lo aveva sentiti, si infilò nel discorso.
- Questa prima parte della cerimonia non è
granché, ma secondo me attraversare il Lago in barca vedendo
Hogwarts che si allontana è molto emozionante.
Attraversarono i corridoi della scuola e arrivarono alla riserva delle
barche. Una flotta di piccole imbarcazioni li aspettava.
Hagrid, come al loro primo anno, si mise a dare indicazioni.
- Due persone per battello! Siete un po’ cresciutelli, in
quattro non ci state più!
Era visibilmente emozionato. Aveva passato tutta la cerimonia a
piangere e a soffiarsi il naso e tutti i ragazzi del settimo gli
avevano stretto la mano un po’ schifati, essendo che con
quelle mani continuava a passarsi un grosso fazzoletto di stoffa tutto
sporco.
I ragazzi iniziarono a salire sulle imbarcazioni.
- Weasley, Granger! Che state facendo? – disse la McGranitt.
Hermione e Ginny stavano salendo tranquillamente su una barca. Si
fermarono e si guardarono tra di loro, cercando di capire cosa stavano
sbagliando.
- Volete lasciare loro due su una barca da soli? – disse
indicando Harry e Ron.
Ron si guardò intorno. Che voleva dire? Guardò
Harry, ma anche lui era un po’ confuso.
- Sveglia, voi due! – disse di nuovo la preside –
salite anche voi su una barca! E anche tu, Paciock!
Ron capì e si aprì in un grosso sorriso. Era da
quando si erano avvicinati al Lago che stava iniziando a provare un
enorme nostalgia. Era invidioso. Non si pentiva di non essere tornato
in quella scuola, ma avrebbe voluto darle un ultimo saluto che non
fosse la battaglia con il suo sapore dolceamaro.
Senza farselo ripetere un’altra volta salì sulla
barca con Hermione. Harry fece lo stesso con Ginny.
Quando tutti furono saliti la McGranitt li guardò e a Ron
sembrò di vedere una lacrima scorrere lungo il suo viso.
- Di addii ne abbiamo dati fin troppi, spero che con tutti voi sia solo
un arrivederci. Hogwarts ha imparato tanto dai suoi studenti, tanto
quanto voi avete imparato da Hogwarts.
Le imbarcazioni iniziarono ad abbandonare la riva e il castello si
allontanò sempre di più. Era proprio come aveva
detto Neville. Ron aveva avuto tanti eventi emozionanti nella sua vita,
molti di più di quanti avrebbe dovuti averne un ragazzo
della sua età, ma questo era uno dei più belli.
Lui ed Hermione si guardarono per un lungo momento, poi, lentamente, si
baciarono. Rimasero abbracciati a guardare il castello che si faceva
più piccolo, in silenzio.
- Questa è davvero la fine di un’era –
disse Ron, dopo attimi che sembravano anni.
- Sì – rispose Hermione, stringendosi ancora di
più a lui.
E rimasero così, vedendo quella che era stata la loro casa
per tanti anni farsi sempre più lontana. Entrambi con le
lacrime agli occhi.
Scuola di Magia e
Stregoneria di Hogwarts, 1 settembre 2010
Ron ed Hermione avanzavano lungo quella via che avevano attraversato
più volte per arrivare a scuola, in silenzio. Erano solo le
nove, ma già da un’ora si erano trovati a
Hogsmeade con gli Auror di stanza lì per assicurarsi che
tutto fosse pronto.
- A che stai pensando? – chiese Hermione.
Ron sorrise – Al tuo diploma.
Hermione sorrise – E’ un bel ricordo, no?
- Un po’ malinconico, ma sì, è un bel
ricordo.
Dopo quel primo mese a capo degli Auror, il ragazzo si stava un
po’ ambientando. Certo, aveva ancora una fifa mostruosa ed
era ancora logorato dalle paranoie, ma si stava abituando a quei ritmi.
In più, Hermione gli era stata di grande aiuto. Ron credeva
che lavorare con lei sarebbe stato difficile, ma invece come coppia
funzionavano bene anche al Ministero. Hermione era la vice-direttrice
dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia,
praticamente il capo di Ron. Ma non dava ordini, anzi, collaborava con
lui molto meglio che con Harry, a suo dire. Il loro amico aveva la
tendenza a essere impulsivo e solitario. Ron, invece, cercava molto
spesso il confronto sia con la moglie che con Dean, il suo vice.
Dennis Canon, a capo della squadra di Auror di stanza a Hogsmeade,
aveva ricapitolato tutte le misure da loro messe in campo. Visto che la
Mappa del Malandrino ce l’aveva Harry ed era anche contraria
a tutte le leggi sulla privacy (potevi vedere tutto di tutti in quel
castello!), gli Auror avevano ricreato una mappa che mostrava solo chi
nel castello non era né studente né docente.
Inoltre tutti gli ingressi erano controllati. Incognita era la Foresta
Proibita, l’unico spazio da cui si poteva entrare a Hogwarts.
Una serie di Auror erano stati messi a pattugliare nel parco, in modo
da riuscire a dare l’allarme in caso di attacco.
Dennis gli era sembrato molto sul pezzo. Era diverso da
com’era a scuola, ma la morte del fratello doveva averlo
segnato molto. Era molto riservato, scrupoloso nel lavoro ma di poche
parole. Gli ricordava un po’ George. Non che di carattere
avessero granché da spartire, ma il lutto che avevano subito
li aveva cambiati molto. Anche se George ora era ritornato quello di
sempre, in fondo era cambiato molto. Lo aveva visto quando aveva
incontrato Rookwood, ma anche nei piccoli momenti al negozio. George
odiava il 2 maggio e non festeggiava nemmeno il suo compleanno, in
quanto era anche il compleanno di Fred.
Hermione lo stava osservando. Aveva capito che stava pensando a
qualcos’altro, ma dopo tanto tempo insieme aveva capito che
non bisognava forzarlo a dirgli ogni cosa nella sua testa.
- Dennis – le disse.
Hermione annuì – Sì, è molto
cambiato. Però è molto bravo come Auror.
- Il problema è che fa solo l’Auror. E’
il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene. Ho guardato il
suo fascicolo, non si è mai preso una vacanza.
- Okay, forse esagera.
A Ron venne in mente quando Hermione aveva iniziato a lavorare al
Ministero. Un anno senza prendersi una vacanza. Solo quando era nata
Rose, Ron ce l’aveva fatta a convincerla a prendersi una
vacanza oltre al periodo di maternità. Non per prendersi
cura della figlia (appena era finita la maternità di
Hermione, lui si era messo in paternità) ma per rilassarsi
un attimo.
- Mi dispiace per lui. Almeno noi eravamo in tanti e siamo riusciti ad
affrontarlo insieme. Lui è sempre stato solo, e Colin era
l’unica persona con cui aveva un legame davvero stretto nel
mondo magico.
- Per evitare altre persone come lui dobbiamo fermare il Maestro.
- Già.
Il Maestro non si era più fatto sentire per tutta
l’estate. Sembrava che lui e i Mangiamorte evasi fossero
scomparsi dopo l’attacco a Hogwarts. Tutti gli uffici del
Ministero stavano all’erta, aspettando anche il
più piccolo segno, ma non avevano trovato nulla. Ron ed
Hermione avevano pensato allora di continuare a cercare, mentre
rinforzavano le difese della scuola e di Bartemius.
Il figlioccio di Malfoy, a quanto pareva, era l’obbiettivo
numero uno. Il fatto che parlasse serpentese doveva essere utile al
Maestro. Forse voleva scatenare un basilisco contro il Ministero.
Arrivarono davanti al portone del castello, che trovarono aperto. Si
trovarono nell’enorme sala d’ingresso.
- E’ sempre emozionante rientrarci – disse Hermione.
- Sì, anche se me la ricordavo molto più grande.
- Beh, eri molto più piccolo.
- E tu eri molto più insopportabile.
Hermione scoppiò a ridere – Io? Tu eri uno dei
bambini più insensibili e scortesi che ho mai conosciuto.
Fu Ron a sorridere stavolta.
- Già. Mentre tu eri troppo so-tutto-io.
- Se a undici anni mi avessero detto che tu saresti diventato mio
marito, mi sarei trasferita a Beuxbatons.
- E ti saresti follemente innamorata di me quando saresti venuta al
Torneo Tremaghi con la delegazione della scuola.
- Contaci, Ron. Tra te e lo splendido giocatore di Quidditch Victor
Krum chi credi avrei scelto?
Ron rise – Questo è davvero un colpo basso!
Gli ci erano voluti anni per superare l’amicizia che legava
Krum ed Hermione, ma a un certo punto aveva capito che era
profondamente sbagliato voler aver parola sulle amicizie della moglie.
Che non fosse geloso era un altro conto, ma almeno non era possessivo.
- La coppietta è in luna di miele un po’ in
ritardo? – disse una voce dietro di loro.
Audrey e Neville stavano sghignazzando in un angolo della sala.
Neville era cambiato tanto dai tempi della scuola. Ormai più
sicuro di sé, ma sempre e irrimediabilmente smemorato, era
uno dei professori più benvoluti a scuola (o almeno
così gli aveva detto Teddy). Inoltre era diventato anche uno
spassoso compagno di bevute, con cui Ron spesso si trovava al Testa di
Porco. Audrey, sua cognata, era diventata molto amica di Neville e,
nonostante fosse sposata con Percy, era una presenza molto diversa da
lui, simpatica e divertente.
- Che combinate voi due? – chiese Hermione.
- Oh, niente di che, nascondiamo il Whisky Incendiario da Minerva
– rispose tranquillamente Neville.
- Ma voi siete professori!
- Infatti, siamo maggiorenni e con coscienza di causa – disse
Audrey – non capisco perché debba proibirci
l’uso di alcolici.
Neville fece uno sguardo imbarazzato – Credo sia per colpa
mia. Quella brutta storia con la Pianta Carnivora del Bangladesh.
Ron sapeva che qualche anno prima Neville aveva lottato con una pianta
carnivora diventata eccessivamente aggressiva perché, per
sbaglio, gli aveva dato del Whisky Incendiario. Gli studenti di
Hogwarts, a quanto pareva, avevano preso molto sul ridere la vicenda, e
si erano messi a fare il tifo. Quando lo aveva raccontato a Hermione,
lei aveva subito disapprovato. E infatti stava guardando con uno
sguardo arcigno Neville, ricordando spaventosamente la McGranitt.
- Oh dai, Hermione. C’è chi ha fatto di peggio.
Prima Audrey mi ha raccontato di un altro professore di Erbologia che
organizzò una recita scolastica e mandò
metà Sala Grande in Infermeria.
Ron e Audrey si guardarono, sapendo cosa aspettava quel poveretto.
- Ah! Te l’ha detto Audrey?
Il tono di Hermione sembrò spaventare Neville, che per un
momento sembrò il ragazzino timido che Ron aveva conosciuto
a scuola – Sì, perché? Non me lo doveva
raccontare? Ti assicuro che non organizzerò mai recite
scolastiche.
- Ma, dimmi un po’, hai presente quel libro che ti ho
regalato?
Neville sembrò confuso – Ehm… Hermione,
tu regali sempre libri. Credo che metà delle librerie dei
membri dell’ES siano composte da tuoi regali di compleanno.
Però devo dire che quella vecchissima edizione di Mille erbe e funghi magici
è davvero molto bella!
- No, io intendevo l’edizione che io ho curato delle Fiabe di Beda il Bardo!
L’hai letta?
- Ehm sì… cioè no…
Hermione lo guardò minacciosa.
- Va bene, Hermione, scusami. E’ che una volta mia nonna mi
ha raccontato Lo
stregone dal cuore peloso e ho avuto incubi per settimane.
Ma che c’entrano le Fiabe
di Beda il Bardo?
- Quelle maledettissime fiabe c’entrano sempre –
disse Ron – è lì che Audrey ha preso
quella storia. Era un appunto di Silente.
Hermione si girò verso di lui con un sorriso a trentadue
denti – Bravo, Ron!
- Hey, ma la smetti di stupirti! Siamo sposati da dieci anni!
- Dieci anni? Per Silente, ragazzi, stiamo diventando vecchi
– esclamò Audrey.
- Comunque… dove state nascondendo l’alcol?
– chiese Ron curioso.
- Da Lumacorno, naturalmente!
Per Neville sembrava la cosa più ovvia del mondo.
- E’ talmente vecchio e testardo che la nostra cara preside
gli lascia fare quello che vuole. Nel limite di quanto la McGranitt
possa far fare quello che pare a qualcuno…
- E, secondo voi, lei non lo sa? – chiese Hermione, con
un’espressione critica sul volto.
Neville sorrise – Sta iniziando a perdere colpi! Figurati
che, quando sono tornato dall’ospedale, mi ha chiesto che
cosa facessi qualche giorno prima nei giardini del castello.
- Non so, io non sarei così tranquilla se fossi in voi.
- Per cosa non dovrebbero essere tranquilli i miei professori?
– chiese una voce dietro di loro.
Minerva McGranitt scendeva dalle scale. Alta e austera come al solito,
se non fosse stato per i capelli corvini che ormai erano diventati
bianchi, sarebbe stata identica a quando Ron l’aveva vista
per la prima volta, in quella stessa stanza.
- Di Teddy Lupin, professoressa – disse Audrey, mentre
Neville era evidentemente nel pallone – dicevamo che eravamo
abbastanza tranquilli sul fatto che quest’anno
entrerà nella squadra di Quidditch della mia Casa.
- E da quand’è che la signorina Granger parla di
Quidditch?
- Infatti non ne sta parlando, lei è solo contraria al fatto
che Teddy entri in squadra – disse Ron, beccandosi
un’occhiata di ringraziamento da parte degli altri due
professori.
La McGranitt li guardò scettica, ma poi scosse le spalle
– Può entrare in squadra e mantenere buoni voti.
Non è il primo né l’ultimo studente che
lo farà. Neville?
- Sì, Minerva?
- Non hai dimenticato qualcosa?
- Ehm… credo che ormai sia provato che se mi dimentico
qualcosa è assolutamente inutile cercare di farmi ricordare
cosa ho dimenticato…
Ron, Hermione e Audrey sorrisero.
- La porta delle serra numero tre aperta, Neville. Ci sono le
mandragole dentro.
- Ah, per le mutande di Merlino!
- Vai a controllare che sia tutto in ordine. Di questi tempi non si sa
mai.
Neville annuì e corse via.
- Audrey.
- Sì, professoressa?
- Ho visto vicino alla tua aula dei porcospini che giravano liberi. Non
è che sono fuggiti?
- Per Silente! – esclamò la professoressa, e si
affrettò verso la sua aula.
- E poi dicono che sia io la vecchia! – sbuffò la
McGranitt, guardando Audrey che si allontanava.
- Ma con chi credono di avere a che fare? Come se non sapessi che
è da un pomeriggio che si scervellano per capire dove
nascondere il Whisky Incendiario! E per non parlare delle scommesse sui
nuovi studenti!
- Che cosa?! – sbottò Hermione.
La prima reazione di Ron fu ridere ma, dopo aver visto la faccia delle
altre due, si contenne. Fortunatamente nessuno lo aveva visto. Quindi
la McGranitt era consapevole del grande segreto di Neville e compagnia.
Eppure Neville, nelle loro bevute alla Testa di Porco, era
così sicuro che la preside non sospettasse nulla.
- Oh sì! Scommettono sulle Case degli studenti. E da
quest’anno sembra che anche Lee Jordan sia entrato nel giro.
Immagino che George Weasley non voglia rimanere escluso.
Lee era l’infiltrato di Ron e George a scuola. Con
l’aiuto dell’istruttore di volo riuscivano a
introdurre i loro prodotti nel castello. Immaginava che la McGranitt
sapesse, ma non aveva idea che lei avesse un così fitto
controllo su tutto.
- Ma ora gli ho fatto uno scherzetto. Madama Bumb si stava annoiando in
pensione e ha deciso di ritornare. Ora si divideranno il lavoro. Non
che a Jordan dispiaccia, non è il suo lavoro principale qui
dentro. Vero, Weasley?
Ron deglutì – Non so di che parla, professoressa.
La preside sbuffò – Ah, tutti mi credono
rimbambita! Non è che se non impedisco certe cose non vuol
dire che non lo sappia. Ma è quasi divertente vedere come
cercano di nascondermi le cose.
Hermione sembrava felice. C’era ancora ordine in quella
scuola.
- Comunque non vorrei annoiarvi con la comicità del mio
corpo docente. Siamo qui per parlare di altro, dico bene?
Hermione si ricompose subito.
- Sì, certo. Allora, prima di tutto vorremmo parlare della
protezione di Bartemius Dolohov. Come ormai ben sappiamo è
lui l’obbiettivo del Maestro. Sospetto che qualcosa di
strano, forse riconducibile al suo gruppo, stia avvenendo intorno ai
confini della scuola. Ci sono state strane sparizioni…
- Tutti gli insegnanti sono stati avvisati della situazione e lo
terremo d’occhio il più possibile. Mi rifiuto di
farlo seguire in tutto il castello da un professore, sarebbe un
po’ pesante per uno studente.
Inoltre qualcun altro controllerà il signor Dolohov.
- Chi? – chiese Ron.
*
- Expecto Patronum! – gridò Bartemius. Ma dalla
bacchetta uscì una nebbiolina che non prese forma.
- Ancora qui? Tra poco dobbiamo partire e non hai ancora fatto
colazione.
Draco stava dietro di lì, vestito con un elegante vestito
nero con i bottoni d’argento. I capelli biondi, talmente
chiari da sembrare bianchi, erano ormai lunghi e legati in un codino.
- Smetterò quando taglierai quel coso – disse
indicandogli il codino. Lui e Astoria da quando si era fatto crescere i
capelli cercavano in tutti i modi di farglielo tagliare. Lui stava
resistendo.
- Tra poco dobbiamo partire.
Bartemius non era più maldisposto come l’anno
scorso ad andare a Hogwarts. A dispetto delle paure iniziali, aveva
trovato degli amici, e lo stare da solo con Draco, Astoria e Scorpius
per tanto tempo, per quanto volesse loro bene, non era più
così allettante. Certo, aveva paura dei Mangiamorte, ma
forse era più sicuro a Hogwarts che a casa. La loro villa,
comprata da Draco qualche anno prima, era di fianco a un campo di
addestramento per Auror, cosa che permetteva a Draco di insegnare a
Bartemius tutta una serie di incantesimi senza trovarsi il Ministero a
chiedere conto di cosa veniva visto nella traccia di Bartemius. Doveva
essere pronto, se mai fossero tornati.
Bartemius era molto più avanti di tutti gli studenti del suo
anno. Aveva superato con il massimo dei voti l’anno
precedente e aveva già studiato il programma almeno fino al
quinto anno. Sapeva la teoria alla perfezione, e anche nella pratica se
la stava cavando piuttosto bene. Si stava intestardendo
sull’Incanto Patronus, incantesimo che non era neanche nel
programma di Hogwarts, ma che era estremamente utile per la sua
situazione, visto che i Mangiamorte dalla loro parte avevano i
Dissennatori.
Rimise con violenza la bacchetta in tasca e si diresse verso la villa.
Entrato in cucina, trovò Draco e Astoria insieme a
un’altra persona. Era una donna ormai sulla trentina, con i
capelli scuri e una viso bello, ma che sembrava imbronciato come quello
di un carlino. Il colorito era pallido, di un pallido malaticcio, e
aveva due grosse occhiaie, come se non dormisse da secoli. Il clima era
teso. Draco e Astoria sembravano piuttosto infastiditi dalla sua
presenza, ma cercavano di nasconderlo.
- Zia Pansy! – la saluto Bartemius, felice di vederla.
Pansy Parkinson era la sorella minore di sua madre e una delle migliori
amiche di Hogwarts di Draco. Negli anni, però, il rapporto
con il suo padrino era molto cambiato e ora non andavano più
tanto d’accordo. Pansy era sempre rimasta fedele alle sue
idee sul sangue, anche se ultimamente ne faceva menzione sempre meno. A
differenza dei nonni di Bartemius, però, non aveva ripudiato
il nipote, pur sapendo qual era la sua posizione. Sembrava molto stanca
e guardava triste Bartemius che mangiava la sua colazione.
- Ciao, tesoro – disse con un sorriso stiracchiato
– come stai?
- Si sopravvive, tu?
- Si sopravvive.
- Come mai sei venuta qui?
Le visite di zia Pansy erano rarissime, e di solito veniva, prendeva
Bartemius e se ne andava.
- Pensavo che sarebbe stato carino accompagnarti a prendere
l’espresso – disse lei esitante – ma se
non vuoi, tranquillo, me ne vado…
- Ma certo che voglio, zia! Perché non dovrei?
Pansy guardò Draco, con le lacrime agli occhi.
- Posso?
Draco sembrò sorpreso, poi parlò con un tono
freddo e strascicato che Bartemius non gli aveva mai sentito
– Se lui vuole, puoi.
Non aveva mai visto sua zia rivolgersi così a Draco. Di
solito trattava il suo tutore con lo stesso disprezzo con cui lui
trattava lei. Questa volta sembrava proprio strana.
- Ma io
vengo con voi – disse – non ti lascio da sola con
lui quando i tuoi amici stanno facendo di tutto per prenderlo.
- Nessuno che tocchi mio
nipote è mio amico – rispose Pansy in
tono sconvolto.
- Bah – commentò Astoria, senza neanche cercare di
nascondere il disprezzo che provava per la donna.
Draco raccolse la roba di Bartemius e si diresse verso il camino.
- Prima tu, Pansy – disse, facendo un passo indietro e
indicando con il braccio il camino.
- Dove?
- Il Paiolo Magico.
Zia Pansy si avvicinò al camino riluttante, come se si
aspettasse che appena lei se ne fosse andata lui e Draco andassero da
un’altra parte, poi gettò un po’ di
polvere volante nel camino e pronunciò chiaramente il nome
della destinazione. Sparì tra le fiamme verdi.
Draco tirò dietro il baule e fece lo stesso.
Astoria si avvicinò a Bartemius, fece un grosso sorriso e lo
baciò sulla fronte.
- Buon anno, Barty. Cerca di stare fuori dai guai.
Il ragazzo le sorrise di rimando – Certo, per quanto
possibile.
Baciò Astoria e chiamò Merlino.
Merlino era un cucciolo di gatto nero che Draco e Astoria gli avevano
comprato quell’estate. Era ancora piccolissimo e Bartemius lo
tenne tranquillamente con un mano sola. Il gattino in un primo momento
fu confuso, ma poi si accoccolò e iniziò a fare
le fusa.
- Il Paiolo Magico – disse dopo aver buttato la polvere.
La solita sensazione di essere risucchiato in un scarico si
appropriò di lui, mentre tutti i rumori venivano attutiti da
un enorme rombo. Pochi secondi dopo si trovò al Paiolo
Magico.
Pansy e Draco lo aspettavano, a distanza di un paio di metri
l’uno dall’altra.
Appena lo videro, Draco iniziò a uscire dal locale. Fece un
cenno con la testa alla proprietaria, che rispose nello stesso modo.
Non sembravano molto in confidenza. La proprietaria vide anche Pansy,
ma la ignorò sdegnosamente. Sua zia se ne accorse e si
avvicinò a Bartemius.
- Molto carino quel micetto – disse – come si
chiama?
- Merlino! Lo vuoi tenere?
Pansy annuì con un sorriso. Bartemius le passò
Merlino, che guardò spaventato la sua nuova portatrice. Dopo
qualche attimo, però, iniziò a fare le fusa.
- Oh, finalmente qualcuno che mi apprezza –
esclamò, quasi commossa. Draco grugnì.
- Sei proprio un signorino, Barty. E devo dire che hai proprio gusto
nel vestirti.
Bartemius indossava già i pantaloni dell’uniforme
scolastica, mentre sopra teneva un maglione a collo alto e una giacca
elegante che raggiungeva il ginocchio. Si era messo d’impegno
quella mattina, con l’intenzione di non sfigurare. Ma, anche
se consciamente non lo ammetteva, l’unica persona a cui aveva
pensato mentre decideva come vestirsi era Anne.
- Devi impressionare una signorina? – gli chiese Pansy, come
leggendogli nel pensiero.
Draco ghignò - E se fosse una Nata Babbana?
- Draco! – esclamò Bartemius. Quel commento era
totalmente gratuito e serviva solo per litigare con sua zia.
- Beh – rispose lei, che sembrava fosse appena stata
bacchettata – se tu sei felice, tesoro… v-va bene.
Bartemius la guardò stupita e anche a Draco
sfuggì un grugnito di disappunto. Quello era troppo perfino
per zia Pansy.
Arrivarono in metropolitana. C’erano migliaia di mezzi con
cui potevano arrivare al binario 9 e ¾, ma Draco aveva
scelto metropolvere e metropolitana. Anche questo sembrava proprio uno
sgarro a Pansy. Inoltre, notò Bartemius, a qualche metro da
loro seguivano discretamente due Auror della sua sicurezza. Draco
doveva averli avvisati prima di partire.
Il tragitto in metropolitana fu molto silenzioso. Draco guardava
fissò di fronte a sé o sparava qualche battuta
con Bartemius, mentre Pansy si guardava intorno piuttosto confusa e poi
faceva sorrisi al nipote.
Arrivati a King’s Cross, Draco recuperò un
carrello per i bagagli e ci caricò sopra il baule di
Bartemius. Entrarono dentro la stazione e si mossero verso il binario 9
e ¾ quando Bartemius si sentì chiamare da una
voce.
- Hey! Bartemius!
Il ragazzo riconobbe subito i capelli biondi e i luminosi occhi verdi
di Anne.
Lei corse verso di lui e lo abbracciò.
- Sembra sia passata una vita dall’ultima volta che ti ho
visto!
Sicuramente tutto il tempo che sembrava passato ad Anne non era neanche
lontanamente vicino a quello che era sembrato a Bartemius. La strinse
nell’abbraccio e affondò la testa nei suoi
capelli.
Una donna molto simile a lei si avvicinò e con un sorriso
strinse la mano prima a Pansy e poi a Draco. Era vestite con un
tailleur color azzurro, un vestito che non la identificava subito come
una babbana. Molte streghe si vestivano così in quegli anni.
La figlia invece aveva già l’uniforme addosso, con
l’esclusione del mantello. La zia non avrebbe capito che non
erano una famiglia magica.
- Sono Jane, la madre di Anne.
Lei le sorrise e disse – Pansy, la zia di Bartemius.
- Draco, il padrino.
- E’ un piacere vedervi, mi mette sempre un po’
d’ansia attraversare quella barriera.
Pansy sorrise – Sì, anche a me ha sempre messo
ansia. Pensavo di essermelo lasciato dietro con la scuola, ma siamo di
nuovo qui, no?
La madre di Anne annuì – Oh sì, anche
se non sono mai venuta in questo scuola!
- Educazione a casa?
- No! Non sono una strega, solo mia figlia lo è in famiglia.
Draco nascose uno sguardo divertito. Pansy sbiancò. Anne
fece un cenno verso Pansy a Bartemius.
- Purosangue – disse lui sottovoce. Anne alzò gli
occhi al cielo.
La madre di Anne si guardò intorno e notò che
c’era un’aria strana. Cercò di
rimediare, facendo solo peggio.
- Non è proprio l’unica in famiglia –
iniziò, e Pansy sembrò ricominciare a respirare
– anche il cugino di mio marito è un mago. Non so
se lo conoscete, mi ha detto Anne che è molto famoso. Si
chiama Harry, Harry Potter.
Pansy sembrò avere un mancamento. Draco ghignò
come mai aveva fatto al nome di Potter.
Fortunatamente arrivarono davanti alla barriera che permetteva
l’ingresso al binario. Draco rispiegò di nuovo ad
Anne e sua madre cosa fare, lasciando a Pansy il carrello dei bagagli.
La madre di Anne teneva il carrello con sopra Vernon, la sua nuova
civetta grigia. Anne e Bartemius giocavano con Merlino, che sembrava
adorare Anne.
- Finalmente un animale simpatico – disse l’amica
– credevo che fossero tutti come Plenilunio.
Plenilunio era il corvo di Ted Lupin e non aveva un carattere facile.
Questo, insieme al fatto che riusciva a rendere le persone invisibili e
a instillare loro i suoi ricordi, lo rendevano un po’
spaventoso.
- Bartemius, andiamo? – chiese Draco.
Il ragazzo annuì.
Si avvicinarono con nonchalance alla barriera e, controllando che
nessun babbano li stesse guardando, la superarono.
Una locomotiva a vapore era ferma lungo il binario. Gli studenti
stavano già salendo sul treno. Il treno sarebbe partito a
breve. Visto l’irrigidimento dei controlli il treno sarebbe
partito alle dieci e non alle undici come l’anno prima.
Bartemius si guardò intorno per cercare gli altri suoi
amici, ma non li vide. In mezzo a un capannello di persone vide la
nonna di Ted, nonché la chioma spettinata di Harry Potter.
Zia Pansy fece un verso schifato e nemmeno Draco sembrava troppo felice
di vederlo.
- Sempre a darsi delle arie. Certe cose non cambiano mai –
sibilò Pansy, beccandosi un’occhiataccia da parte
di Anne e sua madre.
Sfortunatamente per loro, la folla si diradò e Harry si
diresse verso l’uscita con la nonna e il nonno di Ted.
Bartemius, Anne e le loro famiglie erano proprio lì di
fianco.
- Anne! Bartemius! Che piacere vedervi! Pronti per il nuovo anno?
– esclamò, vedendoli.
Pansy guardò stralunata Harry e Bartemius. Tutto si sarebbe
aspettato, tranne che Harry Potter salutasse con tanto calore suo
nipote.
- Certo, Harry! – disse Anne.
- Speriamo, signor Potter – rispose invece Bartemius.
Dopo qualche battuta con i due ragazzi, Harry baciò su
entrambe le guance la madre di Anne, per poi rivolgersi con un cenno
della testa a Draco e Pansy.
- Malfoy. Parkinson.
- Potter – disse freddamente Draco. Non gli aveva ancora
perdonato l’arresto dell’anno prima.
- Forse è meglio se vi sbrigate –
cambiò argomento il suo padrino, guardando lui e Anne
– non è il caso che perdiate il treno.
La madre di Anne annuì e si avvicinò per salutare
la figlia. Anche Draco e Pansy si avvicinarono.
- Mi raccomando, se ci sono pericoli scrivimi subito – disse
a Bartemius – e avvisa i professori.
Pansy scompigliò i capelli del nipote e lo baciò
sulla fronte – Scrivi anche a me, tesoro. Fai un buon anno.
Draco e Pansy lo guardarono preoccupati, mentre si allontanava per
salire sul treno. Non voleva farli preoccupare, ma aveva ormai capito
che era impossibile. Poteva tirare dritto più di tutti gli
altri, ma il fatto che dei Mangiamorte erano sulle sue tracce non
avrebbe potuto fare altro che creargli problemi.
Salito sul treno, il suo bagaglio si incastrò sulla porta di
ingresso. Solo con l’aiuto di Anne riuscì a
tirarlo su.
- Strana la tua famiglia – disse la ragazza – non
avevi detto che non credevano più in quella storia del
sangue?
Bartemius sobbalzò. Non voleva che lei pensasse male di lui
per colpa della sua famiglia. Sapeva che era un pensiero sbagliato, ma
non riusciva a non pensarlo.
Con la solita voce tranquilla, poi, rispose – Solo mia zia.
Draco ormai si è lasciato dietro tutta quella storia.
Sarà perché la sua famiglia era molto vicina a
Voldemort. Lucius Malfoy è stato per molto tempo uno dei
suoi più fidati luogotenenti. Draco ha visto i veri orrori
di quella guerra. La famiglia di mia zia, invece, non è mai
stato così tanto compromessa con Voldemort, ma hanno la
stessa visione. Sicuramente quando era al potere non erano dispiaciuti.
Anzi, hanno obbligato mia madre a sposare mio padre, un altro dei
luogotenenti di Voldemort. Tutto questo per mantenere un buon lignaggio
all’erede di una delle Sacre Ventotto.
Lui e Anne stavano procedendo lungo il treno, cercando lo
scompartimento con i loro amici.
- Cosa sono le Sacre Ventotto?
- Le ventotto famiglie dal sangue puro. In realtà
è tutta un’invenzione, quasi sicuramenti tutte
queste, per mantenersi, hanno sposato Babbani o Nati Babbani.
- E i tuoi si sono sposati per mantenere questa purezza?
- Sì. I Dolohov sono un’antica famiglia purosangue
che viene dall’Europa orientale.
Non volle continuare oltre. Non gli piaceva parlare di sua madre,
chiusa al San Mungo perché era uscita pazza da quella
relazione.
Proprio in quel momento, fortunatamente, trovarono lo scompartimento
con gli altri suoi amici. Ted e Baston stavano discutendo animatamente
di Quidditch, ognuno affermando che la sua squadra era la migliore.
Baston era un tifoso del Puddlemere United, la squadra dove giocavano
suo padre e quello di Eva, mentre Ted, come Bartemius, era un tifoso
dei Tornados. Il dibattito era davvero acceso, tanto che si sentiva per
tutto lo stretto corridoio.
- Ma se avete iniziato a vincere quindici anni fa! – stava
urlando Baston.
- Io quindici anni fa non ero neanche nato! –
replicò Ted.
Bartemius si aspettava di trovare una rissa tra i due, invece la scena
che si trovò davanti fu ancora più traumatica.
Ted, di solito calmo, era in piedi accalorato, Baston invece stava
seduto a fare l’uncinetto.
Anne scoppiò a ridere, mentre Bartemius li guardava
allucinato. Si era dimenticato quel passatempo di Baston, che aveva
imparato da una ragazza qualche mese prima e che lo divertiva molto.
In un angolo stava Eva e a Bartemius quella situazione parve ancora
più strana. Eva era, come Baston, una tifosa sfegatata del
Puddlemere e una per cui il Quidditch era una parte molto importante
della sua vita. Di solito, in queste discussioni, era la prima a
tuffarsi a capofitto, insultando a destra e a manca chi non era
d’accordo con lei. Ora se ne stava disinteressata in un
angolo, guardando il vuoto.
Lei e Bartemius si erano visti all’inizio delle vacanze e poi
avevano mantenuto una corrispondenza molto fitta. Eva non stava bene,
Bartemius lo aveva capito, e non era un malessere che poteva essere
curato con qualche settimana di riposo. Aveva bisogno di guaritori
specializzati in traumi, terapie e pozioni anti-depressive. Bartemius
conosceva bene quelle cure, Draco ne aveva fatto uso per molti anni.
Lui era piccolo, ma ricordava. Ricordava Draco che si chiudeva in
camera e piangeva disperato, gli attacchi di panico, gli sbalzi
d’umore. Non era mai stato violento, ma spesso passava dalla
tranquillità a una tristezza insostenibile nel giro di
qualche ora. Solo quando era arrivata Astoria la situazione era
migliorata. Lei, che era una Guaritrice, era riuscita a convincere
Draco a entrare in terapia e lui ne era uscito. Certo, le pozioni a
volte lo sedavano a tal punto che sembrava uno spettro, ma le sedute
psicologiche, in concerto con le pozioni, avevano dato i risultati
sperati.
Mentre rifletteva su tutto ciò, Ted si girò e
vide Bartemius.
- Hey! – disse contento – da quanto tempo!
Il sorriso di Ted fu enorme e Bartemius sorrise a sua volta. Poi Ted
sorrise ad Anne, e Bartemius provò come un pugno allo
stomaco.
Anne abbracciò Ted, e Bartemius sentì come se
dentro la sua pancia ci fosse un serpente molto velenoso che era stato
appena aggredito. Ma subito gli passò quando Anne si
staccò e si sedette davanti a lui, piuttosto che davanti a
Ted.
- Oh ecco l’altro! – borbottò Baston
– Ora che il fan club dei Tornados è riunito,
volete ammettere che siete una squadra senza storia?
- Baston dai, abbiamo noi il record di cinque campionati di fila. E non
è neanche vero che vinciamo da quindici anni. Puoi pure
rivendicarti che siete la squadra più vecchia, ma noi, che
ci siamo da meno, abbiamo fattoquesto record – disse
Bartemius.
- Oh, mi ero quasi dimenticato perché non mi mancavi
– ribatté Baston con una smorfia.
Il rapporto tra Baston e Bartemius era fatto così, fatto di
frecciatine e frasi acide. Forse perché Bartemius stava
sempre molto vicino a Eva o forse perché Bartemius faceva
parte della squadra di Quidditch di Serpeverde.
Bartemius stava per rispondergli a tono quando sentì la
porta dello scompartimento aprirsi. Il ragazzo si girò e si
trovò davanti una studentessa molto alta. Sia Bartemius che
Ted erano alti per la loro età, ma lei di fianco a loro
svettava.
- Scusate, ma non avevamo particolare voglia di stare con quelli del
primo anno. C’era una bimbetta fastidiosa che dava risposte
acide a me! A me, la regina delle risposte acide!
Baston alzò lo sguardo dal suo lavoro a maglia, mortificato.
- Mi sa che è mia sorella, Minerva. Mi dispiace.
Minerva Campbell era forse la ragazza più
carismatica del loro anno. Alta, capelli corvini e occhi scuri, aveva
sempre uno sguardo che sembrava imbronciato. Cacciatrice per i
Grifondoro, era una ragazza molto bella, ma a Bartemius aveva sempre
ricordato qualcuno, anche se non sapeva chi. Più volte si
era scervellato con i suoi amici di capire a chi somigliasse,
finché Ted non aveva affrontato l’argomento in
famiglia e glielo aveva riferito. Avevano scoperto che il bisnonno di
Minerva era il fratello della professoressa McGranitt, la preside di
Hogwarts.
In effetti, i modi ricordavano tanto quelli della preside, con la quale
molto spesso era stata vista a ridere e scherzare. Per non parlare
della schifosa parzialità con cui la preside assisteva alle
partite di Quidditch di Grifondoro. Draco diceva che, ai suoi tempi, la
McGranitt non era così spudorata. Ma ora invece ora si
sgolava molto di più di Neville Paciock, che era il
direttore della Casa.
Minerva si lasciò cadere sul sedile di fianco ad Anne.
- Quella insopportabile è la tua sorellina? Speriamo che
finisca a Tassorosso.
- Ma non credo proprio – borbottò Eva, aprendo la
bocca dalla prima volta che erano arrivati.
- Ah allora spero finisca da voi.
- Il limite tra noi e voi è molto sottile.
Minerva sembrò voler fare una delle sue battute acide, ma
capì che con Eva non era il caso.
Il viaggio procedette tranquillamente. Minerva era una persona
piacevole con cui parlare e dopo un po’ la raggiunse anche
Henry Terry, suo compagno di Grifondoro.
Anche Eva, sembrò sciogliersi un po’, ma Bartemius
sapeva che la questione non si sarebbe risolta a breve.
Quando iniziò a calare il buio, i ragazzi si cambiarono.
Stava iniziando il loro secondo anno a Hogwarts.
*
Harry si guardò intorno in cerca di indizi. Lui e Jim
avevano già perquisito tutto il villaggio di Hogsmeade nelle
giornate precedenti, ma non avevano ancora trovato nulla. Avevano
quindi deciso di uscire dal centro abitato.
Jim sembrava piuttosto combattuto sul permettere o meno a Harry di fare
quelle indagini, ma alla fine la sua curiosità (e, Harry
immaginava, la voglia di fare qualcosa di più divertente di
fargli la guardia) aveva vinto e lo seguiva sempre, ogni tanto
lamentandosi un po’.
Harry conosceva abbastanza bene quel territorio, visto che dopo la
battaglia di Hogwarts avevano battuto tutta la zona per cercare di
vedere se qualche Mangiamorte si fosse rifugiato nei dintorni. Dopo un
paio d’ore di ricerca, però, non avevano ancora
trovato niente.
- Ma siamo proprio sicuri di trovare qualcosa qui?
- Sicuri no di certo. Ma è molto più probabile
trovare qualcosa qui che al villaggio.
- Perché?
- Là potevamo trovare segni dei rapimenti, ma non certo
qualcosa di più. Dubito che avvenga qualcosa a Hogsmeade,
spero perlomeno di trovare qualcosa qua. Spero solo che non si siano
smaterializzati, quello sì che sarebbe un problema.
Harry vide con la coda dell’occhio la chioma riccia di Jim
annuire convinta.
Era un ragazzo perspicace, per questo gli aveva fatto praticamente
saltare l’addestramento. A volte, l’addestramento
era un po’ superfluo. Mentre pensava questo,
immaginò Hermione se avesse sentito una cosa del genere. Lei
non sarebbe stata minimamente d’accordo. Harry,
però, scacciò il pensiero colpevolmente. Aveva
ormai imparato una cosa: Hermione aveva una marcia in più e
raramente sbagliava. Al suo terzo anno era stata convinta che la
Firebolt gli fosse stata mandata da Sirius, al quinto aveva sospettato
che i ricordi di Harry fossero una trappola di Voldemort, al sesto
aveva visto l’omicidio di Silente da parte di Piton come
molto strano, mentre tutti gli altri urlavano al tradimento. Eppure
Harry a volte era ancora molto poco convinto
dall’atteggiamento di Hermione, troppo certosino, troppo poco
di azione.
- Hey! Lì c’è qualcosa! –
disse Jim.
Harry si girò e guardò dove il ragazzo stava
indicando. Effettivamente, in mezzo ad alberi molti fitti, si vedeva
quella che sembrava una catapecchia in legno, che a Harry
ricordò un po’ il capanno dove il signor Weasley
teneva i suoi manufatti babbani. Estrasse la bacchetta e fece segno a
Jim di fare silenziò, poi lanciò un Muffliato non
verbale, per fare in modo che nessuno li sentisse.
Si mise davanti, la bacchetta tesa davanti a sé e
passò il mantello dell’invisibilità a
Jim. Non voleva che corresse alcun rischio. Il ragazzo lo
indossò. Harry iniziò ad avvicinarsi cercando di
stare coperto dietro gli alberi, in modo che se ci fosse stato qualcuno
dentro la catapecchia non lo vedesse. Arrivato davanti, fece un veloce
gesto con la bacchetta e la porta si aprì. Dentro non
c’era nessuno.
- Hominum revelio
– mormorò. Nulla. Fece segno a Jim di controllare
in giro.
Harry, invece, iniziò a perquisire la stanza. Il capanno
doveva essere un magazzino per la legna di qualche falegname, usato
l’ultima volta quando Harry andava ancora a scuola. Ora era
vuoto, il legno in cui era fatto stava iniziando a marcire e per terra
c’era molta polvere.
Osservando meglio, però, notò che in molte zone
la polvere non c’era, come se qualcuno muovendosi
lì dentro l’avesse spostata. Al centro della
stanza si trovavano molti cerchi concentrici e tutta una serie di
candele. In quel posto era avvenuto un rituale.
Angolo dell'autore
Eccomi qua
di nuovo! Con la fine della quarantena, l'impossibilità di
procrastinare ancora di più gli esami e l'ennesima volta che
sono ricaduto in quella droga che è The Sims 4 ci ho messo
un po' ad aggiornare. C'è anche da dire che questo capitolo
è lungo 15 pagine di Word, di gran lunga il capitolo
più lungo che abbia mai scritto. Fatemi sapere se
è troppo lungo e cosa ne pensate. Visto che ho notato, e mi
è stato anche giustamente fatto notare, che quando uso la
vecchia generazione i dialoghi cadono fin troppo nei ricordi, ho
pensato di iniziare a introdurre qualche flashback. Fatemi sapere cosa
ne pensate, sia sulla storia, i personaggi, ma anche sullo stile e il
modo di scrivere! La cosa bella delle recensioni è che sono
anche uno spazio di crescita!
D'ora in poi sarò un po' più lento ad aggiornare
causa esami. Speriamo di sentirci presto!
Alla prossima,
Davide
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