Let me eat you

di Sarah_lilith
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Pick a star on the dark horizon
and follow the light
You'll come back when it's over
No need to say goodbye


(The call - Regina Spektor)

 

 

Lan Zhan si era svegliato con una brutta sensazione alla bocca dello stomaco, quella mattina.

Ci aveva messo qualche secondo a capire. Poi un pensiero angosciante lo aveva strappato definitivamente dal dormiveglia.

Guardando il soffitto bianco di camera sua, si era infatti ricordato quale commissione si era offerto di fare quel giorno. La luce del sole non aveva ancora colpito le tende della sua stanza che il ragazzo si era già lavato e vestito, pronto per i suoi doveri.

Si era concesso una colazione abbondante, anche se il nodo che gli stringeva le interiora non gli permetteva un gran appetito. Il nervosismo non gli era familiare, ma il compito di quel giorno era una buona scusa per evitare di mangiare solo del riso bianco e il the amaro del fratello.

Non ho imparato a farlo come la mamma, ma è meglio di ieri, no? gli domandava ogni mattina, scostandosi i capelli ancora scompigliati dal sonno e la sciarpa bianca già al collo, pronto per uscire e raggiungere l’ufficio.

Lan Zhan si limitava sempre ad annuire, nascondendo le smorfie disgustate dietro la tazzina. Lo beveva nonostante facesse schifo perché sapeva l’impegno che il consanguineo ci metteva nel prepararlo, ma rare volte aveva assaggiato qualcosa di così orribile.

Quel giorno aveva salutato suo fratello con un cenno educato ed era uscito di casa con gli appunti da consegnare infilati nella candida borsa a tracolla scolastica che gli penzolava dalla spalla.

Non gli ci volle molto per arrivare a destinazione, ma trovare le giuste parole da rivolgere alla ragazza che gli aprì la porta fu motivo di imbarazzo per lui. Dopo qualche secondo di pesante silenzio, aveva optato per un saluto formale.

Prego, entra pure. Scusa se la casa è così in disordine… accomodati pure dove preferisci, lo aveva accolto la giovane con un sorriso stanco, i capelli scuri che le incorniciavano il viso pallido. Subito aveva preso a sistemare alcuni libri sparsi sulla cassettiera, riponendoli in uno scaffale appeso al muro del corridoio.

Non gli era parso che la casa fosse davvero poco pulita o disordinata, ma Lan Zhan aveva pensato si trattasse più di una frase di cortesia che altro.

Il ragazzo non aveva esitato, desideroso di concludere la faccenda il prima possibile, e le aveva spiegato brevemente quello che era venuto a consegnare. Lei aveva annuito e lo aveva condotto lungo la scalinata che portava alle camere, bussando piano alla prima di esse e rivolgendosi a qualcuno all’interno.

A-Xian, un tuo compagno ti ha portato gli appunti delle lezioni… esci a ringraziarlo? aveva mormorato con un sorriso forzato che doveva servire più come modulatore per la voce che come vera e propria dimostrazione di gioia.

É molto più facile, aveva letto Lan WangJi in un libro, esprimere il tono giusto con l’emozione corrispondente ad abbellirci la faccia.

Senza udire alcuna risposta, la giovane aveva corrugato le sopracciglia. Si era lasciata sfuggire un sospiro stanco, aprendo la porta e fermandosi sulla soglia prima di sbirciarci dentro, il piede a cavallo tra la stanza e il corridoio.

Poi aveva cominciato a gridare.

 

 

Lan Zhan si era svegliato con una brutta sensazione alla bocca dello stomaco, quella mattina, così come tutte le altre. L’alba non era più l’immagine pacifica che poteva ammirare appena sveglio, per lui.

Durante la notte si era chiesto se l’avrebbe mai dimenticato, quel ragazzo disteso sulle candide coperte del suo letto, la pelle chiara come il riflesso della luna sull’acqua e le mani sporche di sangue rosso.

Lan WangJi aveva sempre voluto fare il medico, questo lo aveva capito fin da bambino. Curare la gente ad ogni costo, sperando di poterla salvare e di poter superare i lutti dei pazienti, nel suo ingenuo cuore di ragazzo.

Non si era mai immaginato, però, che il primo cadavere che avrebbe dovuto vedere sarebbe appartenuto a qualcuno di così bravo a sorridere, anche da morto.

 

 

C’erano tre nuove tombe piene di fiori freschi, nel cimitero di Yunmeng.

Il figlio del custode, Wen Ning, vedeva ogni giorno una giovane donna inginocchiarsi davanti alle lapidi e sistemare i gigli bianchi che le decoravano, scostando i petali per poter leggere le incisioni sulla pietra liscia e fredda.

Le prime due preghiere che recitava la ragazza erano sempre indirizzate ai due sepolcri più vicini l’uno all’altro. Poi accarezzava con un sospiro triste la sommità della lapide più modesta e isolata, mormorando qualcosa che forse nemmeno il vento riusciva a capire.

Oltre alla donna, c’erano sempre un sacco di compagni di scuola e parenti che passavano di lì per porgere i loro omaggi ai defunti, inginocchiandosi quel che bastava e restando per pochi minuti. Giusto il tempo di un saluto.

Wen Ning osservava quella processione con un groppo in gola che non riusciva a deglutire. 

Per quanto ci fosse abituato, la tristezza sui volti della gente che visitava il cimitero che lui aveva il compito di pulire lo rendeva sempre angosciato. Provava un’enorme pena per tutti quelli che vedeva piangere e singhiozzare sulle tombe.

A volte, però, gli capitava ancora di stupirsi.

Era appena sorto il sole, quella mattina, quando aveva scorto un ragazzo mai visto chinato sulla lapide più piccola. La felpa viola scuro che indossava era insolita per un uomo, ma di gente strana ne passava di lì, e quello non era di certo così interessante.

Dato che era girato di schiena, Wen Ning non aveva potuto vedere altro che le sue spalle che sussultavano ritmicamente.

Meglio lasciarlo piangere in pace, aveva pensato, ingenuo.

Quando però era tornato indietro, pochi minuti dopo, il giovane era sparito e la lapide era stata rovinata. Il figlio del custode si maledisse per non aver guardato in faccia il vandalo ed era accorso a fare un resoconto del danno.

Il nome del defunto, Wei Ying, era stato parzialmente cancellato, grattato via con dei profondi solchi incisi nella pietra. Ora, al suo posto, si leggeva un altro nome.

Jiang Ying

 

 

 

 

ANGOLINO D’AUTRICE
…scusate :)
Non odiatemi, ma questo era il finale che avevo in mente dal primo momento che ho aperto la pagina bianca di Pages e ho iniziato a scrivere la storia. Nemmeno con le migliori suppliche avreste potuto farmi cambiare idea.
E poi lo sapete che amo i finali tristi e ad effetto.
In questo capitolo non ci sono "scene violente", per così dire… ho deciso di toglierle. Avevo scritto una brevissima parte dal punto di vista di Wei WuXian ma rileggendola ho rischiato di vomitare per la tensione e ho preferito ometterla per il vostro bene e per il mio.
Le frasi finali vi sono piaciute? Io le ho amate dal profondo del cuore. Oh, Jiang Cheng…
Ringrazio tutti quelli che hanno avuto pazienza e hanno letto nonostante i mesi che ho impiegato a finire questa breve storia. Siete un bellissimo pubblico e non vi merito, soprattutto per quanto sono stata stronza qui ;3
Ovviamente mando un abbraccio ad Athe e a Deb, le mie muse. Vi amo ragazze.
Stringo forte anche la mia beta, che questa storia se l’era risparmiata e ora se l’è dovuta leggere tutta d’un botto. Probabilmente mi vuole uccidere.

Un bacio a tutti, Sarah_lilith





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