Genere:
introspettivo, generale
Contesto:
Avengers: Endgame
Prompt:
9. Tema libero
Partecipa
alla Mistery Box Challenge indetta da La Torre di Carta
-
- -
Perdona
ciò che non sei mai stato
C
A P. U
N O »
Andiamo
a casa
[
afferra
la mia mano, la
guerra è finita e io –
lo prometto – non ti
lascerò mai più ]
«Steve...?»
Un
sussurro, una domanda, forse anche una richiesta d'aiuto. Nemmeno
Bucky sa come definire quel nome soffiato fuori quasi d'impulso.
Quando ha avvertito un anomalo formicolio alle dita, ha detto la
prima cosa che gli è passata per la testa.
Sotto
la pelle, Bucky avverte tanti spilli che lo divorano incessantemente
e ad una velocità che di normale non ha niente; si irradiano
nelle
braccia, poi nelle gambe e infine nel resto del corpo. Quando alza la
mano sinistra per controllare di essere ancora tutto intero, scopre
che non c'è niente da guardare – letteralmente
niente.
L'arto si è dissolto nel nulla, come fumo nell'aria, come
foglie in
balia del vento.
Vorrebbe
davvero dirglielo, a Steve, quello che sta provando ma, ormai, di lui
non è rimasto altro che un uomo a metà. Cade al
suolo senza nemmeno
raggiungere terra, sbriciolandosi davanti ai suoi occhi.
Quando
Bucky torna in possesso del suo corpo, ad accoglierlo non vi
è altro
che una tiepida luce. Immerso in quello che sembra un tramonto
eterno, Bucky ha tutto il tempo di fare mente locale e se anche solo
per un attimo ha creduto di essere morto, al vedere Sam a pochi metri
da lui, sdraiato al suolo, nell'esatta posizione in cui si era
dissolto qualche istante prima nel Wakanda, si ricrede.
Perché
nessuna delle persone a lui care potrebbe mai trovarsi con lui una
volta che il suo cuore avrà cessato di battere. Bucky lo sa,
all'inferno ci andrà da solo.
Inspira
pesantemente e tronca sul nascere altri pensieri inutili. Negli
ultimi mesi passati nel Wakanda, ha imparato e mettere un freno a
tutto lo schifo che ha nel cervello, ma è ancora lontano
dall'essere
perfetto. Si concentra quindi sulla voce di Sam, ora di nuovo in
piedi e con un'espressione turbata sul viso.
«Cosa
diamine è successo?», sbotta, raggiungendo Bucky
in due falcate.
«Dove sono gli altri? Non è che
siamo...» morti?
La
frase rimane in sospeso e Bucky non ha davvero bisogno che l'altro la
completi per capire. Negli occhi di Sam legge paura e rifiuto.
Conosce bene quella sensazione: anche solo l'idea di essere passati a
miglior vita è difficile da processare, se non impossibile.
Così
Bucky decide di intervenire, prima che la situazione degeneri.
«No»,
risponde con una sicurezza che non è da lui. «Non
credo».
«Perché,
tu hai esperienze in merito?», dice canzonatorio con
l'accenno di un
sorriso sulle labbra, anche se subito dopo si pente di essere stato
così indelicato, ricordando quante volte Bucky abbia
sfiorato – se
non toccato, addirittura – il freddo bacio della morte. Per
questo
motivo lascia perdere e decide di non infierire oltre, incamminandosi
verso quelli che sembrano Wanda, T'Challa e Shuri.
In
quello spazio che sembra infinito, dove non vi è risposta
alle sue
domande, dove nessuno dei presenti sa dare un nome a quel luogo,
Bucky avverte una strana pace interiore – proprio
lì, all'altezza
dell'anima. E se non fosse stato per Sam che con un cenno del
capo gli intima di spostare lo sguardo sullo stregone dal mantello
scarlatto, Bucky non si sarebbe minimamente accorto del suo strano
comportamento. Infossa d'istinto le sopracciglia, sentendolo
borbottare qualcosa tra sé e sé, mentre Sam,
invece, lo guarda
senza capire, invidiando i sensi più sviluppati del
super-soldato.
«Manca
poco...» sussurra lo stregone e Bucky si chiede a cosa si
stia
riferendo.
Avverte
le iridi scure di Sam su di sé, che fremono per avere
maggiori
informazioni e quando non le sente arrivare –
perché, infondo,
nemmeno Bucky ci ha capito nulla di quelle due parole biascicate a
nessuno in particolare – allora lo scorgere dischiudere la
bocca,
prima di fermasi a metà e richiuderla di scatto.
Ancora
una volta, non c'è bisogno che l'amico dica nulla,
perché ancora
una volta sono arrivati alla stessa conclusione. Sta
succedendo,
di nuovo. Il formicolio li tormenta da dentro, ovunque, anche nelle
ossa, proprio come cinque minuti fa, e loro tornano ad essere
nient'altro che polvere.
*
Stephen
Strange, più conosciuto come Doctor Strange.
Bucky
lo ha scoperto appena prima della battaglia e appena dopo esser
tornato a calpestare il suolo terrestre. E – anche se non
c'era
stato il tempo materiale per altre spiegazioni – quando gli
è
stato detto che loro avevano (e hanno
perché la guerra
imperversa ancora sotto i suoi occhi) bisogno d'aiuto, Bucky non se
l'è fatto ripetere due volte.
Ci
sarà tempo dopo per parlare, continua a ripetersi,
mentre si
dimena senza tregua fra un ammasso e l'altro di corpi dalle fattezze
animalesche.
C'è
chi giace inerme nel fango sporco di sangue e Bucky rimembra vecchi
volti d'una guerra lontana. È stanco di combattere. Lui che
non l'ha
mai voluto, ma che in passato è sempre stato costretto a
farlo. Lui
che desiderava – e forse anche adesso, non lo sa di preciso
– una
vita tranquilla. Lui che voleva essere tutto tranne che una macchina
da guerra.
Si
guarda intorno, al suo fianco ci sono alleati di cui non sa il nome.
Feriti di entrambe le fazioni, ma nessuna traccia di Sam, Steve,
T'Challa o volti conosciuti. In mezzo alla marmaglia, li ha persi di
vista. Inspira ed espira, non perché sia affaticato o altro,
piuttosto perché deve trovare un modo per non pensare al
peggio.
I
nemici non gli concedono un secondo di tregua: l'unico modo per
proseguire è ucciderli. E più ne abbatte,
più sembrano aumentare.
La speranza si spegne come un fuoco senza ossigeno e il mondo di
Bucky comincia a macchiarsi di buio. L'oscurità lo avvolge e
arrendersi diventa un'opzione facile, a portata di mano, ma non
sarebbe la scelta giusta.
Poi,
un debole bagliore, inciso su uno scudo a metà, distrutto
come chi
ne porta il peso da anni.
Steve,
constata, osservando Captain America schiacciato da una carcassa di
un gigante.
Corre
da lui, per aiutarlo a spostare quel peso morto dal suo corpo e al
vederlo così mal ridotto, Bucky non può fare a
meno di ricordare i
vecchi tempi a Brooklyn, mentre un incredulo Steve lo guarda pensando
di star vivendo un'illusione.
«Sai»,
osserva Bucky «a volte penso che ti piaccia essere preso a
pugni».
Steve
non replica, non dice niente, non riesce ad articolare nessuna frase
di senso compiuto, si limita a sorridere e ad afferrare la mano tesa
dell'altro. Finalmente è a casa.
{
1052 p. }
—
N
O T E di
A Y
U
Ma
io non dovrei pensare ad aggiornare la long e l'altra raccolta che ho
in corso, invece di iniziarne una nuova? Assolutamente sì,
ma
siccome mi piace complicarmi la vita, ho pensato: perché non
partecipare alla challenge indetta da La Torre di Carta con quella
raccolta di os su Bucky e compagnia bella?
Quindi,
eccomi qua, ancora una volta a scrivere su di lui.
Sulla
storia non ho molto da dire, credo (spero!) che si spieghi da sola.
In Endgame non c'è stata una vera e propria riunione tra
Bucky e
Steve, mentre io, invece, la pretendevo... insomma, Steve non vedeva
Bucky da cinque
anni, un minimo di entusiasmo avrebbe dovuto averlo. Ahn! E Poi, ho
immaginato tutti coloro che non sono sopravvissuti allo schiocco
dentro la gemma dell'anima. Ho mantenuto anche la questione dei
cinque minuti, anche se ritengo sia un errore nel film, ma questo
è
un altro discorso.
Spero
quindi che la storia vi sia piaciuta e – come sempre
– vi
ringrazio per essere giunti fin qua a leggere. ❀
ayu
|