Fandom:
Devil May Cry
Titolo: Sola andata per l'Inferno
Lunghezza storia: One Shot (2182 parole)
Personaggi: Dante, Vergil
Rating: Verde
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of Life
Ambientazione: DMC5 (finale)
Note: Missing Moments
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Sola andata per l'Inferno
«Quindi tutto
quello che dobbiamo fare è buttare
giù quest'affare[1]?»
«Esatto. Sono
perfettamente in grado di cavarmela da
solo.»
«Avrai bisogno
di aiuto... E di qualcuno che ti tenga
d'occhio.»
Vergil ti lancia un'occhiata di sottecchi, senza replicare. Per un po'
nessuno di voi parla mentre avanzate fianco a fianco nella distesa
della pianura infernale, il silenzio riempito solo dall'incedere dei
vostri passi sul terreno e dal fruscio dei cappotti contro i vestiti.
Di tanto in tanto, tra l'erba e gli sterpi color alabastro, si leva un
sibilo leggero: le estremità del sageo di Yamato frustano
l'aria pigramente, perfetto preludio della quiete prima della tempesta.
Hai l'impressione che quell'armistizio tra voi stia durando troppo, ma
non osi interromperlo. Ti chiedi cosa stia pensando tuo fratello, ma
è ostico decifrare la sua espressione. È sempre
stato un enigma, per te; lo è più che mai adesso
che il suo sguardo rimane inchiodato all'orizzonte ed evita
accuratamente il tuo.
A un tratto il passo di Vergil si arresta, costringendo anche te a
fermarti; uno sterminato intrico di rovi si para dinnanzi a voi,
così imponente che non ti riesce di scorgere nulla al di
là di esso. Siete al cospetto della Selva, oscuro confine
tra mondi destinati a non incontrarsi mai.
«È la tua ultima occasione per tornare indietro,
Dante.»
Vergil ti si rivolge con un'espressione inedita negli occhi, un
ammonimento velato da un sentore di malinconia. Solleva il capo e
guarda in direzione del Qliphot. Lassù, dove i rami stanno
sgretolandosi come polvere d'ossa, dove vi siete combattuti l'ultima
volta, dove Nero vi ha costretti ad una tregua ritenuta ormai
impossibile da entrambi, il passaggio per il mondo degli uomini sta
definitivamente svanendo. Il mondo dove hai vissuto per quarantacinque
lunghi anni emana i suoi ultimi bagliori, come la luce del sole sul
frammento di uno specchio rotto.
Fai spallucce e, senza dedicare a quello spettacolo nemmeno uno
sguardo, muovi un altro passo verso la Selva. «Ormai ho
deciso.»
«Dopo averci riflettuto quanto?» Ti chiede Vergil
con una nota di ironia nella voce «Cinque secondi?»
Ti lasci sfuggire una risata e scuoti il capo. «Non mi vorrai
fare una paternale proprio tu, vero?»
«Sai che per me è diverso.»
«Non poi così tanto. Sono stato anch'io
all'Inferno, sai? Andato e tornato tre volte, per
l'esattezza!»
«Questa non è una vacanza.» Stavolta
Vergil non si limita a sfiorarti con lo sguardo: ti fissa, serio e
intransigente, senza più alcuna ironia nella voce e nel
volto – un volto un po' troppo simile, ora, a quello di tuo
padre quando ti costringeva a riflettere.
«Quello è il tuo mondo, Dante. Rischi di non farvi
mai più ritorno, se resti qui.»
È allora che finalmente guardi il cielo dietro di te e
scruti il portale che si chiude inesorabile, crepa di luce ardente
nell'oscurità, lasciandoti dalla parte dell'ombra, dalla
parte dei dannati, la parte di te che hai sempre faticato ad accettare.
Forse non riuscirete mai a riaprire quel passaggio: è questo
che Vergil ti sta dicendo. Forse resterete confinati all'Inferno non
per un mese o un anno, ma per l'eternità.
È allora che cominci ad avvertire tutto il peso e la portata
della tua scelta. È solo allora che pensi davvero a
ciò che stai lasciando al di là del portale, in
quella che fino a pochi minuti fa è stata la tua vita, la
tua casa, il tuo posto nel mondo.
Di colpo pensi a ogni cosa bella che ti lega alla Terra e alle
abitudini che, lo sai, ti mancheranno prima di quanto immagini.
Pensi a loro, agli amici che dall'altra parte hai avuto e che
dall'altra parte stai lasciando; uomini e demoni abbastanza strani da
legarsi a un tipo come te, abbastanza pazzi da seguirti fino a qui, al
confine con l'Underworld, per proteggere la vostra Terra.
Pensi a Lady e alle interminabili partite a biliardo nel tuo ufficio,
alle tante bevute fatte insieme il sabato sera dopo un doppio due di
picche al Bull's Eye Bar, alle giocate a poker la domenica per
ammazzare la noia. Pensi alle volte in cui le hai chiesto un prestito
per pagare le bollette – che hai usato per saldare il conto
con la pizzeria, o non ti avrebbero più consegnato la cena a
domicilio – e agli interessi spropositati che lei ti chiedeva
indietro, puntandoti addosso la Kalina Ann con un sorriso sbarazzino
sulle labbra.
Pensi a Trish, che adesso avrà raggiunto le radici del
Qliphoth con Lady e gli altri. Ricordi la prima volta che è
entrata nel tuo ufficio, così bella, così
potente, così surreale nella sua straordinaria somiglianza
con Eva. Pensi alle lacrime che le hai visto versare quell'unica volta
a Mallet Island e alla promessa che ti sei fatto di non darle motivo di
piangere mai più. Ti chiedi come reagirà, quando
saprà che non tornerai più indietro; ti domandi
se verserà una lacrima per te sapendo che sei esiliato
all'Inferno... ma basta un attimo perché il pensiero ti
susciti una risata: Trish ti conosce. Ha sempre compreso più
di chiunque altro la tua natura demoniaca e sei fiducioso che
sì, continuerai a mantenere la promessa che ti sei fatto.
Pensi poi a Patty, quel terremoto di bambina che hai visto crescere e
che è diventata una donna mentre eri affaccendato con la tua
vita. Patty che a tredici anni ti sgridava già per il
disordine e la sporcizia nel tuo ufficio come avrebbe fatto una giovane
madre. Patty che frignava sempre per il jukebox o il televisore rotto,
per il vestito all'ultima moda che non poteva permettersi di acquistare
alla boutique più rinomata della città. Patty che
non perdeva mai l'occasione di rinfacciarti quanto fossi pigro,
svogliato e insensibile davanti alle esigenze di una ragazzina
– quando le conveniva ammettere che lo era davvero, una
ragazzina. Patty che sei stato sollevato di non vedere più a
gironzolare per la tua agenzia, perennemente a rischio di trasformarsi
nella casa delle bambole con lei nei dintorni. Ma quando la mente ti
riporta a quel periodo di tanti anni fa, provi una stretta al petto
difficile da spiegare, e in tutto ciò la tua sola, magra
consolazione è che non dovrai fare i conti con lei quando si
presenterà in ufficio su tutte le furie per rimproverarti
di non aver partecipato al suo diciottesimo compleanno.
Pensi persino a Morrison, tuo fido agente e procacciatore di affari. Un
tipo in gamba, riservato e discreto, come se ne trovano pochi ormai nel
mondo umano. A lui hai lasciato sbrigare i contatti con la clientela e
tutta la burocrazia legata al tuo lavoro, perciò, rifletti,
è probabile che ora l'agenzia sia sotto la sua custodia. Ti
va bene così. Sai che sarà in buone mani; anzi,
per la verità, sai che Morrison sarà in grado di
gestirla meglio di quanto tu non sia riuscito a fare negli ultimi
vent'anni, potendo contare sul lavoro impeccabile e puntuale di Lady e
Trish.
Pensi anche a Nero. Soprattutto
pensi a Nero.
Nero, che per te significa così tanto senza che lui neanche
lo immagini. Nero, a cui devi mille scuse e mille grazie, ma che non ha
ricevuto niente più che una pacca sulle spalle,
perché tu, certe cose, sei
sempre stato un disastro a esprimerle a parole.
Ti sembra impossibile che sia cresciuto così in fretta dal
giorno in cui l'hai incontrato a Fortuna, quando era solo un ragazzino
scontroso, pieno di arie e di preconcetti sbagliati, seppure con un
ottimo potenziale. Negli ultimi anni, però, ha superato ogni
tua aspettativa. Ha acquisito una maturità che non
pronosticavi e che non sei ancora del tutto disposto a riconoscere
– perché, onestamente, ti fa sentire un completo
idiota. Credevi di essere stato tu a stravolgergli la vita, e invece
eccoti qui, ad accorgerti che è stato l'esatto opposto. Nero
ha scoperto di avere una famiglia solo oggi e oggi stesso ha trovato il
modo di proteggerla, di tenerla unita: tutto quello che tu hai
inseguito per una vita intera e che non sei mai riuscito a conquistare.
Lasciare la Terra ti dispiace soprattutto per il ragazzo. Per le
responsabilità di cui gli stai facendo carico, troppo simili
a quelle che tuo padre una volta ha lasciato a te, senza nemmeno
chiedertelo.
Pensi a Nero anche con un moto d'orgoglio, però,
perché lo sai perfettamente capace di sopportare il peso di
quelle responsabilità; sai che con lui la Terra
sarà al sicuro, e che terrà alto il nome
dell'attività di famiglia.
La Devil May Cry,
già.
È a lei che devi tutto ed è a lei che rivolgi il
tuo ultimo pensiero, mentre il portale si chiude come una cicatrice
infuocata nella notte.
La Devil May Cry è stata la tua casa, il tuo lavoro, la
culla di tutte le tue relazioni interpersonali degne di nota; il tuo
rifugio dall'ordinaria follia che hai affrontato negli angoli
più negletti e remoti del mondo. Pensi alle sue vecchie ma
accoglienti mura, al jukebox e al suono prodigioso degli amplificatori
che hai comprato coi tuoi primi risparmi. Pensi all'orgasmico sapore
della pizza e al profumo che riempiva tutto l'ufficio all'ora di cena,
alle note alcoliche e dolciastre del Jack Daniel's, al gusto e
all'aspetto delizioso dello strawberry sundae preparato da Fredi.
Pensi a questo e a molti altri particolari che hai sempre dato per
scontati, come una parte integrante della tua vita, e realizzi che,
almeno stavolta, Vergil ha ragione. Sei nato per metà
demone, ma non è all'Inferno che appartieni.
Tu ami la Terra, è nel mondo degli uomini che sei nato e
cresciuto, ed è lì che ti auspicavi di morire, un
giorno lontano.
«Non ti capisco.» Vergil interrompe il flusso dei
tuoi pensieri, quasi leggendoti nella mente. «Hai sempre
preferito vivere sulla Terra.»
«Vero.» È un sorriso che sa di nostalgia
quello che ora ti si
disegna sulle labbra, mentre guardi il punto in cui il portale per il
mondo umano è svanito.
La strada di casa è perduta, non si torna più
indietro.
«Ci sono un sacco di cose belle, sulla Terra. Roba da
mangiare. Posti da visitare. Persone da incontrare...»
Di nuovo, quella malinconia negli occhi di Vergil, inasprita da una
nota di disappunto. «Perché allora non sei
tornato?»
«Perché a volte le cose belle devono finire
perché le cose migliori abbiano inizio.»
«Cosa ti fa credere che qui possa iniziare qualcosa di
migliore?» Vergil si guarda intorno, a volerti sottolineare
la desolazione dello scenario che vi circonda. «Sei
all'Inferno!»
«Siamo
all'Inferno.» Sorridi di nuovo, rivolgendoti a lui. Non
più un'ombra di tristezza nel tuo sorriso. «E il
fatto che il mio fratellino mi stia parlando da dieci minuti senza
cercare di uccidermi, beh, è già un inizio
promettente.»
Vergil rimane interdetto. Forse non trova le parole, forse è
a corto di insulti eleganti, difficile dirlo. Rimane a fissarti per un
istante che sembra interminabile, durante il quale persino il vento
nella Selva tace, come in attesa di una sua reazione.
Poi lo fa. Sorride a sua volta. Sorride insieme a te, e tutto il resto
perde
d'importanza.
D'un tratto, ti senti esattamente dove dovresti essere. Sei a casa, e
non ti importa
che casa tua adesso sia l'Inferno, non ti importa delle abitudini che
perderai o delle comodità di cui dovrai fare a meno nel
regno di Lucifero.
Ti mancherà la vita sulla Terra, ti mancheranno i tuoi
amici, ma lui ti è mancato di più. Lo hai
realizzato con chiarezza disarmante in quel momento, quando hai
scoperto che era ancora vivo, quando i vostri occhi si sono incontrati
di nuovo, dopo quasi trent'anni di assenza. Vergil ti è
mancato così tanto che hai vissuto ogni dannato giorno della
tua esistenza cercando di tenere la mente occupata per non pensare;
ingannavi il tempo per ingannare il dolore dei tuoi ricordi, per
soffocare il pianto dettato dai rimorsi, per non sentire quanto faceva
male la tua anima lacerata in due.
All'improvviso la terra trema, costringendoti a tornare al presente.
Le ultime radici del Qliphoth spaccano il terreno e sbucano fuori
simili a grottesche code di
scorpione. Vi accerchiano, pronte a succhiarvi fino all'ultima stilla
di sangue, e i demoni della Selva non tardano ad arrivare, richiamati
dal rumore come vicini di casa impiccioni.
«Inutili bestie... Devono essere impazienti di
morire.» Vergil sguaina Yamato, già pronto
all'attacco.
«Non chiedevo di meglio» Lo segui a ruota,
impugnando la tua Devil Sword e sentendo l'eccitazione di una nuova
caccia montarti nelle vene. «Diamogli ciò che
vogliono!»
Uno sguardo veloce, un cenno di intesa, e tuo fratello ti sorride di
nuovo come non faceva più da quando eravate bambini e
giocavate nel giardino di fronte casa, a Red Grave. Nei suoi occhi e
nei suoi gesti in battaglia ritrovi la complicità di un
tempo, una sintonia perfetta e primordiale, scritta tanto nei vostri
geni quanto nei vostri cuori.
Ti basta questo per sapere che non ti pentirai mai di aver rinunciato
alla vita sulla Terra.
Perché per ogni fine, c'è un nuovo inizio. E
quello al fianco di Vergil è un inizio che non ti perderesti
per tutta l'umanità del mondo.
Don't come to question
All that you've known.
Remember, you are not alone.
I will be here,
standing beside you.
Non mettere in discussione
tutto ciò che conosci.
Ricorda, non sei da solo.
Io sarò qui,
in piedi accanto a te.
(Legacy - Devil May Cry 5)
[1]
Dante
si riferisce al Qliphoth, l'Albero della Morte. Affinché sia
completamente distrutto, devono essere rimosse le sue radici
dall'Inferno.
L'avevo
detto che prima o poi avrei regalato una gioia a questi due
testoni, no?
Naturalmente sono riuscita a fare passare mesi dalla mia ultima
pubblicazione, nonostante la storia risalga a febbraio o
giù di lì, ma meglio tardi che mai.
Questa
One Shot è un Missing Moment che si colloca
esattamente nel finale di DMC5, cioè dopo che Dante e Vergil
lasciano la Terra per distruggere le radici del Qliphoth
nell'Underworld. Molti fan hanno visto nelle battute finali dei
protagonisti – soprattutto nel saluto che Dante rivolge a
Nero – la conclusione dell'arco narrativo dei figli di
Sparda. Ma se così non fosse? Se invece di un addio fosse
solo l'inizio di una nuova avventura per Dante e Vergil, finalmente
più alleati che rivali nella lotta contro i demoni?
Potrei stare qui per ore a sproloquiare su questa tesi, ma non voglio
annoiarvi. Mi limito a dire che comunque vada il futuro della saga, il
finale di DMC5 rappresenta indubbiamente un nuovo inizio per i due fratelli.
Ho scelto di raccontare la vicenda dal punto di vista di Dante
perché ci tenevo a evidenziare il peso del suo addio alla
Terra. Nel gioco, mi ha colpita la semplicità con cui il primo devil
hunter della Devil May Cry
ha voltato le spalle al suo mondo, al suo lavoro, ai suoi amici, senza
la minima esitazione. Ovviamente lui è un impulsivo cronico,
ma qui la faccenda è piuttosto seria: Dante ha rinunciato
letteralmente a tutta la sua vita per seguire Vergil all'Inferno.
Ho provato a esplorare i suoi pensieri e spiegare le motivazioni dietro a un gesto così importante.
Spero
che la storia vi sia piaciuta! Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate,
e non abbiate timore di scrivermi anche solo se avete voglia di
chiacchierare un po' su DMC ;)
Grazie
per essere arrivati fin qui!
Vegethia
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