5. Muddy Ink
Lasciarsi alle spalle ogni via sicura fu come addentrarsi in una palude.
Aqua ammirò un’ultima volta l’erba, i germogli stretti nell’ombra di una foresta maledetta.
Attorno, l’onnipresente nebbia gremiva le montagne; mare in tempesta, le cui onde giacevano
cristallizzate nei rilievi. Solo percorrendo la strada a ritroso, il panorama si sarebbe aperto
sul mare scuro e la fortezza di DunBroch avrebbe svettato ancora una volta in cima al promontorio; smeraldo gettato nella cenere.
In dieci giorni Merida non si era mai voltata. Giunti a quel punto però, in sella al possente
destriero, ne avvertì il bisogno, come se il gesto potesse riportarla indietro, al freddo saluto
rivolto al padre e ai fratelli, circondati da poche guardie e la rugiada del mattino. Poi, con gesto rapido, i suoi occhi tornarono a fissarla.
« Aqua… fai strada. »
Era di poche parole la Principessa, e Kugo, nelle perenni sembianze di Lupo, si limitava a
dare indicazioni, rendendo più solida la storia circa “ La Prescelta da Brigid”. Un viaggio
silenzioso, rotto da passi felpati e lo scalpitio di Angus. Procedevano cauti; ai sentieri si erano intervallate ampie radure; in esse avevano riposato; Merida cacciando piccola selvaggina e far durare le scorte di Re Fergus; lei allestendo il fuoco e l’accampamento. Kugo l’aiutava; le guidava sicuro verso Est, dove l’Oscurità si stava addensando per irrompere infine attraverso il Seiðr. Finora non avevano incontrato grandi difficoltà; eppure
ricordava le volte in cui, insieme a lui, si era inoltrata tra la fitta e decadente boscaglia. Giorno dopo giorno l’Oscurità somigliava sempre più a un serpente; stritolava l’aria, infettandola, avvelenandola; sotto alberi avvizziti e un cielo spento, i pochi animali sopravvissuti si erano insediati presso le radure; quaglie, lepri, fagiani. Lambiva l’aria l’Oscurità… al che li rivide; cadaveri, coloro che avventati si erano addentrati nelle ombre; guerrieri di Re Fergus, degli altri Clan, morti senza onore, lontano da tutti.
« Resisterà... rimanendo accanto a noi. » (0)
« Merida… d’ora in poi non allontanarti da me... per nessun motivo. » « Sì… lo farò. » Le ultime tracce del sentiero scomparvero, come fiori preziosi inghiottiti dai rovi. Superato un groviglio di radici e aghi secchi, la foschia si diradò. Apparve, dunque, la cima più bassa del rilievo, dove i prati avevano lasciato posto a un passaggio brullo, sporco, reso ancora più straniante da un cielo via via scuro, dove le nubi s’addensavano minacciose.
Oltre le cime… a Est…
Al pensiero, la minaccia divenne più nitida; presenza intangibile a soffocare il Mondo. Al pensiero, essa si palesò, vorace. A ogni passo di Kugo, l’aria divenne più densa, velenosa; era come nuotare in un oceano di insetti putrescenti. « Ehi! Tutto bene?! » Nella voce di Merida si ritrovò così; la schiena ricurva, a premersi le labbra tentando di rigettare la nausea, la mano sinistra stretta alla spalla del Lupo. Si destò incrociando lo sguardo ceruleo della ragazza. Si destò, accecata da un solo pensiero; duro, lucido di fronte a una realtà palesata in tutta la propria rudezza.
Senza di noi morirebbe. L’accortezza l’avrebbe spinta a evitare la foresta, ma qui... senza di noi… l’Oscurità... devo resistere… il primo passo è...
« Respira. » La voce di Kugo. « Respira. Tempra la Mente. » Certezza a sedimentarsi in lei. « Proteggi il Cuore. » Lo disse guardando avanti, mentre con un piccolo salto raggiungeva il terreno rialzato. Dietro, Angus esitò. Con un colpo di talloni Merida lo spronò, riportandosi in poche falciate accanto al Lupo. « Stai bene? » « Sì… sto bene… » Uno, due; schiena dritta, testa alta. Tre, quattro… un respiro profondo… fu come ingoiare un
pugno di mosche, letteralmente. Dopo poco giunsero alla sommità della cresta; in basso, una
stretta vallata e il fiume duramente risalito a incidere il terreno, simile a una frastagliata linea d’inchiostro. « Ah… il destino sa essere ironico », mormorò la Principessa quasi tra se. « Il destino? » « La foresta è cambiata… solo adesso capisco dove ci troviamo. Con mia madre viaggiavo
spesso in lungo e in largo… ai confini del regno, fino a villaggi remoti. Queste montagne furono le ultime prima di… », trattenendo un sospiro indicò il versante opposto, « laggiù c’è
una torre di guardia. Dubito troveremo sopravvissuti, ma potrebbe essere un buon riparo? »
In un altra circostanza, se quel Mondo fosse stato minacciato dagli Heartless, Aqua si sarebbe soffermata sul peso di tale confessione, avrebbe indagato sul dolore di una donna
poco più grande di lei, sulla rabbia che tanto ne attanagliava il Cuore. Ma lì, di fronte a una
domanda tanto semplice quanto cruciale, si rese conto di non poterla confortare; pur trovando le giuste parole, avrebbe rischiato di ferirne il Cuore. No… dovevano guidarla in
zone sicure, d’ora in avanti simili a oasi nel deserto; dovevano proteggerla, placarne l’odio
estinguendo l’Oscurità. Attese, lo sguardo rivolto verso il massiccio edificio; anche da quella
distanza ne percepì la rovina, la morte aleggiare spettrale in sale fredde e vuote. Nel silenzio, le parole di Kugo arrivarono puntuali e precise. « Dalla torre ci dirigeremo a nord-ovest, a circa tre chilometri si trova un laghetto, lì riposeremo per la notte. »
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Ancora una volta, il vento s’infranse contro le montagne, solcò strette gole, disperdendosi infine nel cielo. Giunse violento da Est, agitando il fiume in un’onda scura. Per Aqua
risuonava come portatore d’Oscurità; per la Principessa, l’ulteriore prova del male che colpiva il Regno. Solo lui poteva fiutarne la disperazione, la rabbia... la vera natura. Verità che l’aveva accompagnato dall’inizio di quell’ultimo viaggio, o forse da molto prima. Una folata li investì a ridosso della torre, scuotendogli la pelliccia assieme alla grigia criniera del cavallo. Angus sbuffò nervoso; veloce Merida lo calmò con parole dolci. La costruzione svettava in un cielo cupo; solo un inverno, eppure sulla roccia parevano gravare cent’anni tanto era rovinata; una parte era crollata; in mezzo alle macerie, lance, spade arrugginite; infine, tra le pieghe del buio, giunsero versi, versi abominevoli. Anime, imprigionate per una fine giudicata indegna; nessuna battaglia, nessuna pira a onorarne i corpi. Fame, risentimento, odio a corrompere le menti, a mutarli in wraith. Non-morti, contaminati da un potere estraneo al Mondo. Prontamente, Aqua evocò Rainfell, Merida tese l’arco, una freccia incoccata. A emergere dal
buio, quattro guerrieri, uomini, cadaveri; metà carne, metà evanescenza, dove il marcio aveva
staccato un braccio, una mascella, un piede. A completare il quadro, cumuli di pustole, uniche manifestazioni di un male diverso.
Di una follia…
Vide il dardo centrarne uno alla spalla, un Fire investirne un secondo rovesciandolo a terra;
sentì Angus impennarsi disarcionando Merida; il grido di lei nel tentativo di richiamarlo.
Uno, due… ventidue metri, tanto durò la fuga dell’animale prima di ruzzolare al suolo, i polmoni collassati su se stessi. Tre… la Principessa dimenticò ogni monito, precipitandosi
verso il destriero, il Cuore a un passo dal terrore. Quattro… un brivido scosse Aqua, freno
al terrore crescente. Cinque… agì il Lupo, calcolando tempi e priorità. Ordinò ad Aqua di
raggiungerla. Sei… i wraith si trovavano a metà strada; lui era lì, esattamente dove doveva
essere; a cercar risposte, a difendere colei che aveva giurato di proteggere. Sette… balzò e Gram apparve sopra la schiena vibrando fiamme. Un fendente risuonò, poi gli artigli graffiarono il pavimento, frenandosi a pochi metri dal buio. Si voltò, osservando il fuoco bruciare le pustole lasciando lievi bruciature. Gli spettri emisero un mugolio straziante, infine tornarono alla propria tomba, indeboliti, ma liberi dall’Oscurità… la sua Oscurità.
Nulla riesce a raggiungerti, nemmeno io… a pochi passi da te? Negli ultimi istanti... mi odierai?
« Kugo! » Lo chiamò Aqua, l’agitazione a fenderne il Cuore. Era lì, inginocchiata a reggere il capo di Merida. Vitree erano le iridi, lacrime solcavano il viso
mentre il nome di Angus s’agitava in un mormorio strozzato. Il cavallo giaceva morente, le zampe spezzate, sangue a fuoriuscire copioso dalla bocca.
Ormai la tua rabbia, la tua follia travolgono ogni cosa, indistintamente. Questa è in fondo... la natura di un caduto.
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La morte. La vita in bilico, stretta fra le lame di un rasoio, filo in procinto di spezzarsi. Ma la paura non
l’aveva sfiorata, neppure per un’istante. Perché la morte in fondo aveva sempre lo stesso odore; puzzava di marcio e dolore. Perché una volta assaporata, restava incastrata in qualche
angolo del Cuore. L’aveva assaggiata Aqua; celata appena la Luce era apparsa, tra le ceneri
di un villaggio distrutto, nei visi di Maestro Eraqus e Terra; ed essa aveva giaciuto immobile,
poiché fino a quel momento non si era più palesata, una fine così dura, cruda, impregnata di sangue e ruggine. Immagini, frammenti… ancora inaspettata; così la Mente era rimasta salda, il Cuore non aveva ceduto alla disperazione. Avvolta da una strana quieta, poteva solo osservare Merida.
Dormiva la Principessa, distesa nel giaciglio; il corpo stremato, purificato dal male che, seppur per poco, l’aveva attagliato portandola a un passo dalla fine. Ha retto grazie al Cuore forte e alla nostra vicinanza, aveva spiegato Kugo. Il Lupo era tornato uomo per salvarla; per un attimo rivide le dita poggiarsi sicure sopra la schiena di Merida, il fumo nero nascere e dissolversi tra esse. Era rimasto uomo; intendo poco più in là, a preparare la cena con quanto recuperato dalle borse da sella.
Indossava vesti più consone al Mondo; pantaloni, tunica in lino stretta da una cintola, stivali di cuoio, cappa di lana attorno alle spalle. Tessuti e colori nettamente più spenti rispetto all’abito di seta; ma Kugo pareva prediligere la sobrietà in ogni sua forma. Aqua l’osservò, l’aria pervasa da un leggero aroma ; uno stufato di coniglio bolliva nella piccola pentola, sotto il falò scoppiettava vivace. Oltre, un limpido specchio d’acqua scura
inghiottiva il bagliore delle fiamme quasi volesse imprigionare l’unica luce; un manto d’erba
lussureggiante s’estendeva per una ventina di metri. Oasi di vita in mezzo al nulla. « Vieni… è pronto. » Quante volte l’aveva sentito pronunciare quelle parole? Quante volte ne aveva scorto la schiena? A breve sarebbero passati due mesi dall’inizio del viaggio... Prese la ciotola. Lo stufato era caldo, ci soffiò sedendosi accanto a lui. Notò il coltello, la borraccia, l’acciarino, la pietra focaia, l’arco e le frecce di Merida; soffermandosi infine sulle restanti ciotole in legno. « Assaggiane un pochino », propose. « Uhm? Prendine ancora se hai fame, ti ricordo » « Lo so… qui però non siamo sulla Fenris, a conservare le scorte per me. Sarebbe un peccato non sapere com’è venuto, no? » Risuonò dolce la voce, risuonò d’inaspettata leggerezza, lì, dove ogni differenza sembrò annullarsi; ora, dopo parole, ricordi racchiusi nel recente passato. « Ah.. proprio questo dovevi… » Lo disse con una vena d’ironia, il riflesso del fuoco spiccava nelle iridi blu. Pochi attimi e una
mestolata fumava in una seconda coppa. Un piccolo gesto, spiraglio nella perenne tempesta. « Ho detto qualcosa di sbagliato? », chiese gustando la prima cucchiaiata; il coniglio era delizioso, insaporito da un denso brodo, cipolla, carote e carne essiccata spezzettata. « No… è solo che… » Vi fu un silenzio, diverso da ogni altro; rinnovato nell’essere lì, semplicemente lì a cenare, insieme per la prima volta; un silenzio in grado di vivere, perdurare... « Oggi hai superato una prova difficile, Aqua. »
… avvicinarci.
Unico pensiero a scaturire da una frase tanto sincera. Così parlò, desiderosa d’esternare la strana quiete; così parlò il Cuore. « Sai ripensandoci... fin dal nostro arrivo mi preoccupai per Merida, non per la rovina, non per l’Oscurità. Una parte di me sapeva… c’era un ricordo, sepolto ma impossibile da cancellare. La morte… ricordando la morte… sono qui. Grazie Kugo. Per tutto. » Il silenzio tornò e in esso poté solo osservarlo, mentre volgeva lo sguardo a Est… posandosi infine su di lei. « Uhm… ho fatto la scelta giusta. » Lo ritrovò in piedi, a sussurrare parole il cui significato le sfuggì, veloce come un guizzo nel buio. « Segui questa strada. Di fronte alla morte… sii forte, sempre. Ora… faccio un giro di perlustrazione. Ravviva il fuoco tra un po’ e se la Principessa si sveglia, cerca di farla mangiare. » Quattro passi e l’uomo tornò Lupo, scomparendo con un balzo nell’Oscurità. Eppure qualcosa rimase, Aqua l’avvertì, indefinita a guidarla. La luna, ridotta a un tenue lume, spiccava oltre le nubi; l’erba rifletteva bagliori argentei disegnando onde, onde di un
mare immaginario. Paesaggio simile a tanti altri e al tempo stesso così differente. Per un’istante ogni ombra, ogni dubbio si dissipò…
« Oggi hai superato una prova difficile, Aqua. » « Segui questa strada. Di fronte alla morte… sii forte, sempre. »
Fu felicità, semplicemente Felicità. Semplicemente Leggerezza. « Spero sia lo stesso per te… fosse solo un istante. »
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Lasciarsi alle spalle il marcio, la decadenza insiti nella realtà. Così rimase il freddo e in esso un vuoto silenzio. Il mondo si era ridotto, passo dopo passo, fino all’essenza dell’acqua, densa, nera, sporca;
si era ridotto il mondo, all’essenza di una follia. L’inchiostro lo avvolgeva; placido, torbido
sfiorava la pelle, trascinava sussurri confusi. Un preludio all’inevitabile presente. Si mosse
Kugo; gomiti a sfiorare le ginocchia, gli occhi chiusi a cancellare le ultime tracce di luce.
Il freddo si fece strada nella carne. Ricordi riemersero, tra le nebbie dell’immortalità.
Sangue, carne, metallo… Si destò, quegli odori a invaderlo, di nuovo, di nuovo. Si destò, il respiro mozzato. Oltre i vetri della Fenris, l’Oscurità s’estendeva infinita nel cielo, era il cielo. Serpeggiava tra cime scure, il profilo più netto in corrispondenza della colonna di luce vermiglia, altissima a fendere in due il nero. Laggiù, la Porta era stata chiusa...
“ Ma i sigilli non dureranno... presto o tardi… ”
Il pensiero si spezzò. Lei… lei era lì. Se avesse la forza di alzarsi e raggiungere la camera, avrebbe
scorto lenzuola tinte di rosso; si sarebbero soffermato ad ammirarne ogni dettaglio; il corpo, il sorriso,
la Luce. Riposava nel loro letto Kukaku, il respiro rilassato; cosicché felicità e sollievo scaturirono nel Cuore in egual misura. Tra il silenzio rotto da un eco meccanico, la sala comando giaceva nella penombra; solo pochi segnali
luminosi osavano palesarsi qua e là. Li ritrovò esattamente come li aveva lasciati; sui sedili inferiori,
stretti in un abbraccio, Askin e Yoruichi, Ichigo e Orihime. Sangue a mischiarsi nelle battaglie; nel riposo, lungo, ristoratore. Eppure... un peso attanagliava il ragazzo, persino ora, dove il calore dell’amata avrebbe dovuto dissiparlo. « Dov’è, Kugo? Il nostro Mondo… perché non torna? » (1) « Ehi…non pensarci… siamo qui… insieme... » « Insieme? », Ichigo aveva sempre una buona parola e si prodigava per tutti; ma in quei momenti si
chiedeva se stesse mentendo, se la bontà non fosse altro che una maschera ben costruita, « sì… Hime
è qui… ma… avrei tanto voluto che… tutto questo finisse. Abbiamo dimenticato… allora perché? Perché la malinconia continua a tormentarmi? » Non trovò altre parole Kugo, specie con un grumo di sangue a risalire la gola. Il pavimento s’imbrattò, poi... un tocco sfiorò la guancia. Apparve Kukaku, simile a una stupenda visione. Si sdraiò su di lui, tra abiti impregnati di sangue e ferite ancora aperte. Tepore, carezze… per un’istante deriderò essere lì, a far l’amore abbracciati nel loro letto. « Ehi… ti sei ripresa in fretta... » « Avevi qualche dubbio, stupidotto? » « No… nessuno. Nessuno. » Kukaku sorrise, le iridi a risplendere di un verde-acqua. Sorrise e dolcemente gli cinse il collo.
Perché non sei arrivato?
« Vieni con me. » Le parole erano uscite di getto, dando forma a un pensiero, una speranza. Ma Ichigo non si volse; lassù, sulla cima di una torre, continuò a scrutare l’infinito cielo azzurro. « Partire e cercare le chiavi? Seguire la profezia? No... Hime ha deciso di restare, non posso lasciarla.
Anche voi dovreste… altrimenti... chi veglierà su mia cugina e Yoruichi? » Vi era astio nella voce; lo stesso a palesarsi con sempre maggior frequenza. Allora la vide; quella gabbia dorata costruita nell’ipocrisia, abbellita con buoni sentimenti. « Abbiamo sposato donne forti », ma subito l’ironia si dissolse lasciando posto a una severa sicurezza, « non c’è timore nel mio Cuore, né in quello di Askin. Pure Orihime vorrebbe… no... scusa, non ho alcun diritto d’insistere. Soltanto… promettimi una cosa. » « Uhm... sarebbe? » « Il ricordo di vostro figlio, di tua madre… bastano a definire l’Ichigo che sento di conoscere. Guarda al presente. Non spingerti oltre. » (2) Aveva allungato la mano ancora una volta, eppure lui non la vide, non tentò nemmeno di afferrala, cieco nel desiderio, nell’ossessione di proteggere.
Ti ho atteso...
Uccidere…
L’Hlif cadde… loro… Hime...
Abbiamo fallito…
Quei mostri…
Perché non sei qui? Noi, insieme, dovevamo… è troppo tardi..
Ti prego...
Ti prego uccidimi…
Riemerse, il corpo sporco, come le piume di un gabbiano nel petrolio. Attorno, il silenzio si era fatto più intenso; profonda la consapevolezza dell’imminente futuro. Nella torbido fiume aveva percepito tutto: malinconia, odio, salvezza, sconfitta,
follia… e un solo desiderio. Camminò, l’aria a lambirne la pelle nuda, le vesti strette in mano.
Camminò, rivolgendo sovente lo sguardo lì, dove persino la notte sembrava più fitta. Consapevolezza… verità.
« C’era da aspettarselo, anzi mi sorprende abbia resistito così a lungo dopo aver... ricordato. »
«.. salvalo…. Hime… Hime non… » (3)
In fondo era così, era sempre stato così.
Solo quando Gram trafiggerà il tuo Cuore... solo allora...
Il pensiero giunse lento, simile a una bolla fangosa. Ritrovò l’erba soffice, il laghetto con le
acque cristalline; destandosi come da un sogno. Le ultime braci crepitavano deboli nella notte; rivide la Principessa e lei, sdraiata su un fianco, la schiena rivolta verso i resti del falò.
Dormiva Aqua, leggeri brividi a scuoterla dove l’abito lasciava scoperte mani e polsi. Sospirò e prese la giacca, ora con le sembianze di tunica; l’agitò e tessendo il Seiðr, la tramutò
in un mantello. Così la coprì e silenzioso si diresse verso nuove acque; fredde, ma salvifiche.
« Il loro sacrificio, la caduta dell’Hlif… agli occhi di molti furono scintille; da lì bastò poco... per divorare un bosco ormai secco. »
Sfregò mentre i Confini riemersero ancora una volta, assieme ad Askin, alle ultime parole prima della partenza. Sfregò, là dove presto ci sarebbero state tinte cremisi. Sfregò, le unghie a conficcarsi nella carne, finché l’inchiostro si dissolse. Nulla rimase se non
acque scure a lambire i muscoli, le cicatrici lungo la schiena, lascito di ferite troppo gravi dove la pelle si era rigenerata malamente. Cicatrici, presto sporche di sangue.
« Se chi ha smarrito la via sarà un pericolo... » « Lo uccideremo. » « E ai Caduti che invocheranno le nostre armi… » « ...Daremo pace. » « Proteggere i Prescelti… la Luce, fino alla fine. »
Risalì la riva, il lieve pendio. Risalì, le gocce a mischiarsi al tessuto dei pantaloni, a scivolare
lungo la schiena, le braccia; i capelli umidi a lambire il collo. Seduto, scrutò a lungo il buio.
Askin... Shura, Mephisto, Lucifer... come potete vederla?
In quel pensiero, lo sguardo finì lì. Avvolta nel mantello, lei riposava; sereno era il respiro,
il viso, le labbra risaltate da chiocce blu leggermente scompigliate. Aqua Shinju somigliava proprio a una piccola perla, circondata da un mare d’inchiostro.
« Grazie Kugo. Per tutto. »
Può esistere di nuovo? Nell’Immortalità… nel Sangue… una Luce?
(0) Frase Kugo Capitolo precedente.
(1) I Fyrir sono nati a seguito della fusione con un frammento del Cuore del Mondo. Questo gli permette di fare... l’80% delle robine viste finora derivanti dal Seiðr.
(2) Informazioni riguardo il manga Bleach.
Verso la fine si scopre che Kukaku è imparentata con Ichigo. Le coppie Kukaku x Kugo e Yoruichi x Askin sono sviluppate nella mia Long Ikiru Riyu. Orihime e Ichigo sono canon e alla fine del manga hanno un figlio. La madre di Ichigo riveste un ruolo importante nella crescita del personaggio.
Ricordo che gli eventi qui narrati non hanno alcun rifermento con le vicende di Bleach, né
con la mia Long, se non per quanto citato sopra. In Till The End of Time, per tutti i pg Crossover, si fa semplicemente riferimento a Tizio era legato a lei, Tizia all’altro ecc ecc.
Informazioni in più mi sono sempre premurata di farle dire ai personaggi; ad esempio Edward, Winry e i pg di Fma… ricordano il vago retaggio alchemico e lo scambio equivalente del loro Mondo eccetera, eccetera.
Nel Capitolo 3 di EOR, Kugo ricorda il momento in cui, assieme a Kukaku, dimenticò il nome
dei rispettivi figli. Dettaglio presente anche nel Capitolo 1, scena con Askin e Edward.
(3) Frase Askin Capitolo 8 AAA. Frase di Shura Capitolo 3.
Angolo Autrice;
Mi rendo conto che i personaggi parlano tanto... tanto. Qui forse un po’ meno, ma se devo...sviluppare CERTI rapporti, occorre vi sia un susseguirsi dialoghi importanti, eventi importanti, cose, robe. Altrimenti tutto questo CrossCrack si reggerebbe su basi spesse come un foglio di carta! E io voglio evitare i fogli di carta.
Ah qui si sono finalmente scoperte cose! Spero sia stato un bel colpo di scena, sapere da cosa derivi la rovina del Regno di Merida. Il tuffo nel passato di Kugo spero abbia aperto nuove strade sul come fossero e come sia ora i nostri Fyrir, sulle strade diverse che ognuno di loro sta percorrendo.
Un saluto e alla prossima,
Un grazie a tutti coloro che mi hanno letto la storia fin qui, a coloro che hanno recensito e inserito questa complessitudine nelle categorie. . Grazie di <3 |