Titolo: Un Vecchio Rimedio
Autore: SignorinaEffe87
Prompt: 77. Puntura (Keywords Challenge;
Non Solo Sherlock - Gruppo Eventi Multifandom)
Fandom: Videogiochi (Crossover) > Ghost of Tsushima x Sekiro: Shadows Die Twice
Tipologia: AU (Yakuza vs Police), One-shot, Slice of Life
Pairing: Bodyguard!Ryuzo/Inspector!Jin Sakai
TW/Avvertimenti: BL/Slash/Shonen-ai (se non è la tua tazza di té, non leggere, grazie.)
“Cos’è quello?”
Niente forme gentili, niente onorifici, Ryuzo parlava sempre così, che
si rivolgesse allo spacciatore che cercava di intrufolarsi nell’host
club in cui faceva il buttafuori o all’amico d’infanzia che lo pagava
per non farsi ammazzare in strada dalla Khotun-gumi. Perciò, Jin non
prestò particolare attenzione a quanto sembrasse aggressivo. Invece, si
soffermò sulla propria immagine riflessa nello specchietto retrovisore
della moto e notò quello a cui Ryuzo si riferiva: una macchiolina
rossastra, tra il mento e il bavero del giubbotto, proprio dove batteva
l’allacciatura del casco.
“Questa?” gli chiese, sfiorandola con il pollice; sotto il dito, la
pelle prudeva e, invece di sparire, la macchiolina si allargò sulla
pelle pallida, fin sotto la barba. “È una puntura di zanzara” spiegò,
prima di grattarsi di nuovo, questa volta con le unghie, a fondo, senza
trovare sollievo, “La tenuta degli Ashina ne era piena, ieri sera”.
Lui e lo zio Shimura avevano trascorso la serata a darsi pacche sulla
testa e sulla schiena nel tentativo di non essere divorati da quelle
bestiacce fastidiose, mentre il vecchio Ashina li fissava e ridacchiava
da sopra il bordo della sua ciotola di sakè.
“Hanno davvero il sangue marcio come dicono, se neppure le zanzare li
pungono” aveva commentato a voce bassa lo zio Shimura, non appena si
erano trovati alla giusta distanza dalle orecchie indiscrete delle
guardie Tengu.
Ryuzo sbuffò come una vecchia teiera e incrociò le braccia sul petto: “Adesso si chiamano così, eh, Jimbo?
Zanzare…”
Il tono con cui Ryuzo sputò fuori dai denti l’ultima parola non gli
piacque, ma era troppo occupato a cercare di calmare il prurito sul
collo per pensare a una qualche battuta con cui ribattere: “Sì, si
chiamano così quei piccoli, schifosi insetti che pungono e ti fanno
prudere dappertutto, c’è qualche problema che mi sfugge?”
Si accorse di avere il suo sguardo puntato addosso, lucente e
minaccioso come la canna della sua pistola: “Chi è stato? La tua
amichetta borseggiatrice? La vecchia della Narcotici? Quel cecchino
bastardo?”
“No, no, e assolutamente no”: scosse la testa tre volte, con un sorriso
sempre più nervoso. Ryuzo era sempre stato eccessivamente protettivo
nei suoi confronti- alle elementari, aveva quasi rotto il naso
all’insegnante di ginnastica per avergli tirato una pallonata mentre
era distratto-, ma da quando lo aveva assoldato per guardargli le
spalle dai sicari della Khotun-gumi, era diventato addirittura
ossessivo nello svolgere quell’incarico. Grattò di nuovo la puntura,
ormai l’alone rossastro si era allargato fino al pomo d’Adamo e prudeva
sempre di più sulla pelle sudata: “Cosa ti fa pensare che io muoia
dalla voglia di farmi fare un succhiotto da uno dei miei colleghi, ma
soprattutto che mi inventi una bugia così stupida per nasconderlo? Sei
forse geloso, Ryuzo? Eppure passo più tempo con te che con loro, da
quando sto cercando di non farmi sparare in un vicolo mal frequentato
di Kabukicho…”
Lo sentì soffiare, come un gatto accarezzato contropelo: “Al contrario
di te, Jimbo, io non mi fido di nessuno. Essere sospettoso è il mio
dovere, credevo mi pagassi per questo.”
“Tu non sei sospettoso, Ryuzo, tu sei assillante” lo corresse, forse in
modo troppo brusco, ma non riuscì a trattenersi: quel prurito era
sempre più insopportabile, gli rendeva impossibile persino ragionare,
come ruggine incastrata nel cervello. “Devo fare qualcosa per questa
puntura.”
Il resto della frase gli si bloccò in gola insieme al respiro, nel
momento in cui Ryuzo lo attirò a sé e gli sfiorò la pelle graffiata del
collo con le labbra tiepide, ruvide di quella sua barba ispida e
disordinata. La voce, i pensieri, il frinire delle cicale nell’aria
umida, i rumori del traffico del centro di Tokyo, tutto si contrasse e
scomparve nel prurito, che la lingua e i denti di Ryuzo risvegliavano e
placavano a ogni carezza umida con cui si avventava sul suo collo. Si
afflosciò sul sellino della moto come un sacchetto vuoto, quando Ryuzo
si ritrasse con un brontolio da animale sazio: “Scommetto che ora va
meglio, quella puntura di zanzara.”
Evitò accuratamente di incrociare la propria immagine riflessa nello
specchietto retrovisore della moto- non gli avrebbe dato la
soddisfazione di arrossire ancora di più-, quindi si tirò su il bavero
del giubbotto e balbettò, fingendosi molto interessato alla punta dei
propri stivali: “In realtà, avevo pensato a una pomata all’arnica.”