Inetta
Inetta a vivere,
non son altro che questo;
e tutti mi
pestano i piedi,
mi pestano il
cuore,
mi sputano in
faccia il mio essere incapace,
e io resto
così.
Subisco.
Io, troppo
distratta,
troppo distrutta,
troppo timida per
gridare
ma troppo
rabbiosa per tacere.
A chi posso dire
che sento un peso
sullo stomaco,
un macigno fatto
di tutte quelle
responsabilità
troppo gravose,
parole non dette,
lividi mai
guariti,
rabbia,
umiliazione?
Mi opprime, mi
schiaccia,
mi fa crollare a
terra, laddove
la mia autostima
giace da troppi anni.
A chi posso
spiegare
che mi manca
l’aria quando cerco di lottare,
che mi salgono le
lacrime agli occhi,
che arrossisco al
posto di parlare,
che mi inceppo e
balbetto
quando la lingua
mi trema di rabbia?
Sono stufa di
sbattere contro tutti gli ostacoli
che trovo sul mio
cammino
senza mai
riuscire a superarli,
a schivarli; io,
schiava dell’insicurezza.
Sono stufa di
scorticarmi le unghie
a furia di
graffiare la vita
e ottenere solo
sangue tra le dita
e guance bagnate
d’umiliazione.
Non so reagire,
non so lottare,
non sono brava a
rispondere,
non so uscire da
questa gabbia
che è
la mia fragilità.
Non sono brava a
vivere, io:
ridicola,
stupida, inetta.
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Ho scritto
questi versi un paio di minuti fa per sfogarmi. Non
li ho nemmeno riletti.
Sono solo
molto arrabbiata con me stessa e amareggiata e, si
sa: quando sto male scrivo.
Spero di
avervi almeno trasmesso qualcosa, grazie per essere
giunti alla fine di questo delirio!
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