Prefazione:
per Samantha contano solo i soldi e il prestigio.
La
sua carriera di avvocato è al culmine quando un uomo, che
lei, sotto
lauto compenso, aveva tenuto lontano dalla galera, compie una strage
nella discoteca della sua cittadina. Scoppia lo scandalo e,
inevitabilmente, la trascina con sé.
La
vita della donna imbocca una pericolosa discesa. Saprà
ravvedersi o
scivolerà fin dentro l’inferno?
Pendolo
arrugginito
Nel
letto sfatto, Samantha Qalby si rigirava tra le lenzuola madida di
sudore. Gli occhi si muovevano frenetici, quasi a rincorrersi nel
volto pallido. Mentre digrignava i denti, masticava purulente parole
di paura.
China
su di lei, l’emissaria della Morte la vegliava, le dita
scheletriche aperte a raggiera sopra il suo corpo.
«Guarda,»
sussurrò, pregustando il suo terrore.
L’interno
della casa era avvolto nell’oscurità. La fioca
luce dei lampioni
annaspava, imbrigliata nelle tende smosse dalla frescura della notte.
Per
alcuni istanti, la sagoma di un uomo macchiò il pallore
delle
finestre; si muoveva a scatti, come un pendolo arrugginito.
Il
silenzio greve, caliginoso come cenere lavica, si
accartocciò in
mille schegge che implosero assieme alla polvere da sparo.
Poi
ci furono solo urla e dolore.
La
Morte aveva di che sfamarsi in quella notte gravida di luna.
«Ti
prego, ti scongiuro. Non voglio più vedere, non voglio
più
sentire,» supplicò la donna, accartocciata
nell’angolo più buio
di quella casa che odorava di ruggine.
«Non
puoi esimerti, è una tua creatura. La tua
avidità l’ha
generato.»
«No!
No! Non c’entro nulla, non è colpa mia.»
L’emissaria della
Morte si eclissò e la sua risata sprezzante fece tremare
l’anima
della donna.
Samantha
scattò seduta sul letto, lo strascico del sogno imbrigliato
nelle
ciglia umide. Con un lembo del lenzuolo tamponò il sudore
dalla
pelle diafana. Da mesi era perseguitata dagli incubi: uno diverso
dall’altro e tutti premonitori. Era così provata,
per le frequenti
notti insonni, che aveva perso il lavoro, tanto distratta e stanca da
addormentarsi in aula.
Eppure,
qualcosa era cambiato. Quell’ultimo incubo le era sembrato
così
reale, così vivido. Aveva avvertito la pelle sfrigolare nel
punto in
cui il primo proiettile esploso aveva colpito la carne della ragazza
del sogno. Ed ebbe paura.
Si
grattò il mento. Se avesse avvisato per tempo la ragazza?
Forse
avrebbe spezzato la catena e la sua vita sarebbe tornata quella di
una volta.
Non
aveva tempo da perdere, così recuperò in fretta i
faldoni dei
vecchi processi e cercò l’indirizzo.
Le
villette a schiera a nord di Memphis sonnecchiavano addossate le une
alle altre e le poche finestre illuminate ammiccavano alla luna.
Il
viale che affiancava le case era silenzioso. Lampioni in ottone
disegnavano ombre ai piedi dei tigli in fiore, la brezza della sera
spandeva il loro profumo caldo e intenso. Era così
concentrato, che
il sapore dolciastro dei petali gialli scivolava lungo la gola.
L’uscio
del numero civico 14 si spalancò; ne uscì una
figura esile, i
capelli lunghi che ondeggiavano a ogni passo. Scese i pochi gradini
tenendosi avvinghiata alla ringhiera, un sacco nero a impedire i
movimenti. Arrivata in fondo, buttò il fardello dentro un
grande
bidone nero, si stiracchiò come un gatto e sfilò
da una tasca dei
pantaloni l’occorrente per fumare. Assorta, sbuffò
il fumo che
ascese e si perse nel fitto fogliame.
«Mi
scusi.» Samantha sbucò da dietro i tronchi.
Indossava un maglione
infeltrito, una gonna plissettata e basse scarpe dall’aria
vissuta
ma comoda. «Non mi conosce ma ho delle informazioni vitali da
darle,» si affrettò spiegare, gli occhi incollati
a quelli castani
di lei.
Presa
in contropiede, la ragazza si allontanò.
«La
prego, Jennifer, mi deve ascoltare!» le intimò
Samantha,
afferrandola per il braccio.
«Non
so come fa a sapere il mio nome ma mi lasci andare o
comincerò a
urlare così forte che mi sentiranno fino a...»
Infastidita, e anche
un po’ intimorita, cercò di liberarsi della presa
ferrea della
sconosciuta.
«Mi
deve dare retta,» l’interruppe seccata.
«Stanotte, lui...»
«Jennifer!
C’è qualcuno lì con te? Ci stai
mettendo troppo tempo.» La
finestra del piano terra del civico 14 si illuminò e la
sagoma di un
uomo tarchiato occupò quasi tutto lo spazio.
«No.
No, papà, arrivo!» Jennifer sussultò e
buttò il mozzicone di
sigaretta sull’asfalto. «Spero non mi abbia visto
fumare,»
borbottò terrorizzata.
«Faccia
come crede.» Samantha allentò la stretta.
Jennifer
si divincolò, affrettandosi poi verso casa, gli occhi bassi
per non
infastidire il padre. Prima di oltrepassare l’uscio,
sbirciò verso
la strada: quella signora emaciata se ne stava ancora lì, a
guardarla accusatoria.
Più
tardi, dall’altra parte della città, Samantha
rincasò nel suo
elegante attico, spalle curve e morale a terra.
«Stupida
ragazzina!» mugugnò tra sé. Era una
mocciosa sciocca come tutti i
giovani d’oggi. Avrebbe dovuto ascoltarla, ma avrebbe
imparato a
sue spese.
Guardò
disperata il suo appartamento vuoto in cerca di risposte. Cosa
avrebbe dovuto fare? Un altro incubo e avrebbe potuto perdere del
tutto la ragione.
Abbandonò
le chiavi sulla mensola all’ingresso, si tolse le vecchie
scarpe e
le nascose sul fondo dell’armadio dei cappotti. Percorse il
salone
adiacente fino a raggiungere la propria camera. Solo allora si
accorse che l’aria puzzava di stantio. Mentre sfilava dalla
testa
il logoro maglione, oltrepassò l’uscio e...
Nel
letto sfatto, Samantha Qalby giaceva immobile, le lenzuola candide
intrise del suo sangue; gli occhi spalancati e vitrei spiccavano sul
volto cinereo. L’emissaria della Morte vegliava assorta, tra
le
dita scheletriche rigirava la pistola con cui la donna si era tolta
la vita.
«Bentornata,»
l’accolse.
«Non
capisco. È uno scherzo? Siamo sul set di un film?»
biascicò
Samantha.
«Niente
di tutto ciò. Prima di esalare il tuo
ultimo respiro ti
ho proposto un patto: in cambio
di una vita salvata,
avresti avuto un premio. Ricordi?»
«Chiunque
tu sia, questa farsa è durata abbastanza. Fuori da casa mia
e
portati dietro il tuo stupido siparietto,» inveì,
gesticolando
forsennata verso il letto.
L’emissaria
sorrise ferina e schioccò le dita. L’involucro che
conteneva la
donna si dissolse nell’aria e l’anima di Samantha
si ritrovò
nuda, inchiodata al pendolo che scandiva il Tempo.
«Non
hai proprio ritegno. Pensi di
essere più furba della
Morte? Per un’ultima volta, ho
voluto darti
credito, ma non hai fatto ammenda dei tuoi errori.
In vita sei
stata un avvocato corrotto,
che ha
contribuito a
lasciare in libertà
dei criminali: papponi, pedofili, uomini violenti. Nella
morte, ti
condanno a subire in eterno i frutti
delle tue colpe. Di volta, in volta, la tua anima abiterà il
corpo
acerbo di un adolescente che sarà perseguitato, maltrattato,
violato. Così è deciso.»
La
Vita è il ticchettio che scandisce l’ora.
La
Morte è il silenzio tra una oscillazione e l’altra
del pendolo.
Il
Tempo è la velocità con cui la ruggine polverizza
l’orologio. (G
RAFFA uwetta)
Note
dell’autrice: si pensa che a un passo
dalla morte si riveda
l’intera esistenza. E se così non fosse? E se ci
venisse chiesto
di rimediare a un torto fatto?
Buona
lettura e i commenti sono graditi.
Leggenda
Genere:
drammatico – soprannaturale.
Rating:
giallo.
Note/Avvertimenti:
nessuno.
Coppia:
nessuno.
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