Il linguaggio segreto del rimpianto
Narcissa non
combatteva più l’abitudine di sorseggiare il contenuto del bicchiere di
cristallo riempito da un elfo domestico dopo cena. Whisky Incendiario per
l’oblio del sonno. Le scivolava in gola come simulacro ardente della passione
che lui usava disegnarle ruvidamente addosso.
Sulle labbra serbava il sapore della
lacrima solitaria che aveva baciato sul suo viso, dicendogli addio. Una volta e
per sempre, mille volte e mai.
Le sue parole avevano colpito per
uccidere, ma era stata l’ira a pronunciarle.
«Chi
mai preferirebbe Severus Piton
al ricco e potente Lucius Malfoy?»
Il
suo addome era ancora piatto, ma ne sentiva già tutto il peso. La sua priorità
era il bene della vita che cresceva in lei, come poteva lui non capire e pretendere
che lasciasse il padre del suo bambino?
Il rammarico per ogni singola sillaba di
fiele la teneva sveglia di notte, mentre si aggirava inquieta per il maniero,
trovando infine il luogo del suo conforto.
Nei suoi ricordi lui capiva solo il
linguaggio dei suoi baci, e lei quello dei suoi, perciò non era stato in grado
di indovinare quanto lei aveva taciuto. Non si erano dati una definizione con
vocaboli romantici, bensì mormorii ineffabili sulla pelle, in un’alcova di gemiti
celati e fruscii di lenzuola inuditi.
Avrebbe voluto non dover annientare ogni accenno
di tenerezza che era esistito tra loro, ma non aveva visto la possibilità di un’altra
scelta. Avrebbe voluto non doverlo ferire, per non portarne lei stessa le
cicatrici.
A costo di ammantare il proprio futuro di
tenebra impalpabile, Narcissa aveva desiderato il
firmamento più brillante ad accogliere la piccola stella che cullava sul
grembo, dolcemente, perché si
addormentasse.
«Mamma, mi racconti una storia?» Un lieve
sbadiglio, la voce strascicata. Suo figlio, l’unico legame che valeva la pena
considerare indissolubile.
Rimuginare su quanto aveva perduto le
rammentava solo con più vigore ciò che aveva ottenuto.
«Molto tempo fa, in un lontano paese,
c’era un re stolto…»
Nessuno avrebbe mai conosciuto l’esatto
fardello delle sue rinunce.
Il sentimento che era prosperato al riparo
da occhi estranei, nell’intimità di braccia che si protendevano verso
l’illecito, talvolta pareva inafferrabile anche a lei, di giorno, quando occupava
il suo posto nel mondo, per insinuarsi in lei nelle ombre tratteggiate dalla
luna.
Se allora non ne fosse stata accecata,
avrebbe compreso prima che un amore vissuto soltanto in una torbida segretezza non
può sopportare il chiarore del sole.
Per contrasto, il suo bambino splendeva
più di ogni cosa, l’oro prezioso dei suoi capelli fini e la luce nei suoi
sorrisi sdentati. Aveva un modo peculiare di abbozzare il suo affetto filiale
in abbracci irruenti e frasi incerte e sua madre lo venerava con inesplicabile
trasporto.
Le sue palpebre si erano abbassate.
«Buonanotte, Draco.»
Il sussurro struggente di un innamorato.
Non
sarai mai il mio più grande rimpianto.
Addio,
Severus.