FOLLIA
FOLLIA
Mi chiamo Mattia Zanaldi, Liceo classico, seconda D, eterno
ultimo. Nessuno si è mai accorto di me, mi saltano quando fanno
l'appello, tanto sono in fondo, i miei non si preoccupano se
ritardo, i compagni non mi invitano alle feste. Meglio così. Non
capiranno il mio segreto. Solo io lo conosco. Solo io.
Martina aveva tre anni. Treccine, lentiggini. Me lo ha
rivelato lei. Sei pazzo. Poi è caduta. Dalle scale,
anzi dalla balaustra. Tre piani di testa. Non si sa come abbia
fatto a sporgesi. Terribile tragedia. Genitori e maestre in
lacrime. Io piangevo, avevo visto tutto, non è un bello
spettacolo per un bambino di quattro anni il cervello della
propria compagna sul pavimento. E' facile piangere.
Versione di greco. Cinque e mezzo. Non mi sono distinto.
Professore con gli occhiali, non mi guarda. Eppure sono bello.
Moro, occhi azzurri, atletico. Non si accorgono che non mi hanno
mai visto sorridere? Non gli importa.
Poi è arrivata lei. Supplente di filosofia. Quarant'anni,
mora. Si presenta sorridente, vestita di lino giallo, le manca il
cappello di paglia poi è perfetta. Dalla scollatura si intravede
la spallina del reggiseno. Eccitante. Fa l'appello, poi mi
interroga. Proprio me. Mi ha scelto. Ed io ho scelto lei. E'
legata a me, carne e sangue. Mi guarda. Mi ascolta addirittura.
Straparlo di Cartesio. (Ironia: meccanicamente). Ho occhi solo
per le sue gambe. Sette. Puoi fare di meglio, mi dice, hai
affinità con la filosofia. Io non ho affinità. Solo follia. Ma
lei non lo dovrà sapere mai.
Ci porta in gita quell\rquote anno. Trentino. Quattro giorni.
Chiacchieriamo in treno. Di eresia. I roghi mi hanno sempre
eccitato, ma lo ometto. Chiacchieriamo per strada. Chiacchieriamo
sulle piste. Chiacchieriamo in albergo tutta la notte. Non
chiacchieriamo solo. Sono affari miei. Mi considera brillante,
geniale addirittura. Genio e follia, inseparabili come luce e
ombra. Si sta innamorando. Lo confessa come una quindicenne.
Sono due mesi tranquilli. A scuola è tutto normale. A casa
sua non c'è nessuno. Uccido il mio gatto. Lo addormento col
Valium di mia madre e gli passo sopra con la macchina. La mia
sorellina piange. Non l'ho proprio visto.
Lei riempie i miei sogni. Mi taglio affettando le carote. Vado
in bagno e scrivo il suo nome con il sangue sullo specchio. Il
mio sangue e il suo nome bellissimo. Mar-ghe-ri-ta. Lo scandisco.
Pulisco lo specchio. La chiamo. Alle otto da lei. Mi deve parlare
di una cosa importante. MiamaMiamaMiama. Una litania che mi
permette di vivere. Mamma ceno fuori. Va bene caro.
Non ne può più. I vicini chiacchierano di noi. Cosa direbbe
se volessi ucciderli per lei? L'ho già fatto. Mio zio molestava
mia cugina. Andavo a fargli l'insulina la sera. Aria nella
siringa. Embolia. Suo padre era morto così. Niente indagini.
Avevo solo tredici anni. Insospettabile.
Fuggiremo. La supplenza finisce domani. Domani sera andiamo in
Svizzera. Luci basse. Letto matrimoniale. Il finale giusto per
una serata idilliaca.
Quindici giorni a Saint-Moritz. Alpi attorno. Albergo. Noi due
soli. Ho comprato un monolocale in periferia con i soldi che ho
rubato a mio padre. Andrà bene se stiamo stretti. Stretti per
sempre. Come un cappio.
Festeggiamo. Ristorante costoso. Cameriere in livrea. Lei gli
sorride. E' solo educata, mi dico. Gli sorride. GLI HA SORRISO.
Il caffè mi va di traverso. Tosse. Lucine davanti agli occhi.
Tutto bene caro? Sopravviverò. Forse.
Litigio, il primo. Vorrei picchiarla. Finiamo a letto. Scopro
che le piace se sono violento. Sempre meglio.
Mal di testa, tre giorni dopo. Lei parla al telefono. Mal di
testa. Lei ride. Dolore. Lei dice ciao Gianni. MAL DI TESTA. Chi
è Gianni? Un nome orribile. Un amico, risponde. Troia. DOLORE.
Sera. Ancora mal di testa. Chi èGianni? Un amico, amore. Lo
ucciderò. Questa volta lo dico. LEI E' MIA. No, tesoro, non
scherzo. Sei pazzo. Non doveva dirlo. Come Martina. Ha paura.
Prendo il coltello. Lacrime. Sue e mie. Ti amavo.
Eppure mi sembrava un bravo ragazzo, un po' chiuso, ma
terribilmente seducente. Ricordo che mi colpì subito. Mi
innamorai in un mese. Ero divorziata, non ne volevo più sapere
di uomini, ma lui aveva il fascino del ragazzino inesperto nel
corpo di un adulto. Era troppo bello per essere vero, lo capii
quando impugnò il coltello. Prima credevo che scherzasse,
altrimenti gli avrei detto la verità. Gianni era un ginecologo.
Ero incinta di lui. Volevo solo fargli una sorpresa, Dio, lo
giuro. Non volevo mentirgli. Era così dolce. Dopo la prima
pugnalata svenni. Mi ripresi e lui era dentro di me. Il viso
stralunato, e io capii la verità delle mie stesse parole. Pazzo.
Continuò a picchiarmi e a sfregiarmi col coltello. Svenni ancora.
Ricordo l'ambulanza. Ero stesa sul marciapiede davanti casa
coperta di sangue. Sentii le sirene e pensai che l'incubo era
finito. Ma avevo perso molto sangue. Lo disse il medico. Sentivo
il lettino cigolare, gli scossoni, la voce di un medico che mi
chiamava. Ogni respiro era sofferenza. Poi qualcosa si fermò
dentro di me. Espirai. Chiusi gli occhi. Non inspirai mai più,
mentre per qualche istante ancora sentii il lungo bip della
macchina che leggeva il mio cuore. Sipario.
Eccola la corda, il cappio. Lacrime. Ti amavo, per questo ho
dovuto ucciderti. Arrivo. Salto, la corda è tesa. Chiudo gli
occhi. Mar-ghe-ri-ta. Sipario.
" E' appena giunta in redazione una notizia dalla
Svizzera: due nostri connazionali sono i protagonisti di una
tragica vicenda di omicidio-suicidio a sfondo passionale. La
polizia svizzera non ha ancora fatto alcuna dichiarazione in
merito ai dettagli di questa triste storia. Vi daremo ulteriori
notizie nella prossima edizione del nostro telegiornale. Ed ora,
passiamo allo sport..."
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