PROLOGO
«Allora,
com’è andata?»
La voce di Taichi non era
mai stata così ansiosa.
Nessun evento al mondo fino ad allora avrebbe potuto superare
l’importanza di
quel fatidico giorno, il giorno in cui avrebbero detto addio, il giorno
dell’assoluta libertà.
Sora guardò il
suo migliore amico con un sorrisino che
a stento riusciva a trattenere. Yamato, accanto a lui, la pregava con
lo
sguardo affinché parlasse. I suoi occhi cerulei erano dei
pozzi profondi, ed
erano quelli i momenti in cui lei ci sapeva leggere dentro.
«Lo volete
proprio sapere?» ci scherzò su, perché
quelli erano i tempi in cui insieme ci si divertiva anche con poco.
Aveva imprecato Tai, e
poi si era spettinato i capelli
nervosamente. Perché lui faceva sempre così
quando era teso.
«Avanti, Sora,
non tenerci sulle spine, per favore»
Rideva Sora, spensierata
e leggera come mai lo era
stata.
«E va bene,
preparatevi allora»
Era strano come quei due
ragazzi riuscissero a pendere
così attentamente dalle sue labbra, come lei per loro fosse
da sempre stata la
loro ancora di salvezza, la loro luce nei momenti più bui.
Gli occhi castani le
luccicavano quando parlò, ed
erano i tempi in cui tutto sembrava più bello, persino il
suono della sua voce.
«Evvai! Evvai,
cazzo, sì!» Non era mai importato a Tai
di apparire fine o delicato. Quando era felice non badava a nulla,
riusciva a
godersi perfino ogni singolo attimo di felicità.
Perché erano quelli i giorni
in cui saltellava per il corridoio della scuola quando prendeva un bel
voto, in
cui le sue piccole vittorie non erano poi così piccole.
«Mims! Sono
qua, Mims!» Agitava la mano verso di lei,
che si era messa a correre per raggiungerlo, e poco importava se gli
altri
l’avrebbero guardata male, perché
l’unica cosa che contava era stringersi e non
lasciarsi più.
«Settanta su
cento» Erano quelli i momenti per cui si
andava avanti, erano quelli i momenti per cui non si mollava e si
faceva meglio
di prima.
Lo aveva stretto, Mimi,
forte, perché mai nella vita
avrebbe permesso che lui andasse via, ed erano quelli i momenti in cui
credeva
davvero nell’amore, in cui davvero valeva la pena vivere.
«Ti
amo» Erano i tempi in cui ci si guardava negli
occhi e ci si sorrideva, in cui le labbra si univano e diventavano un
tutt’uno.
In cui la
felicità era appena dietro una porta.
Sora sorrise, sentendosi
cingere la vita da chi amava
con tutto il cuore, perché ai tempi si amava tanto e
sembrava non potesse
svanire mai.
Matt continuava a
stringerla, e lei poteva sentire la
testa girare per quanto desiderava tutto quello. Non c’era
niente che contava
se non tenersi stretti per paura di perdersi.
«Settantacinque»
Gliel’avrebbe ripetuto ogni santo
giorno pur di vedere nuovamente quel sorriso stupendo increspare il suo
viso.
Lui le scostò
i capelli dagli occhi, era questo ciò
che faceva sempre, perché mai e poi mai avrebbe potuto fare
a meno di
guardarla.
«E
tu?»
Sora si sentì
leggera come una piuma, perché erano
quelli i pesi di cui ci si liberava.
«Novantasette»
Era per quello che la voce tremava
dall’emozione, perché le piccole vittorie non
erano piccole, erano tutta la
loro vita.
Matt la baciò
di sorpresa, e poteva giurare che
avrebbe dato di tutto per momenti come quelli. Per momenti in cui
sentirsi era
la cosa più importante, in cui ridere era la
felicità, in cui diplomarsi era la
vita.
«Ti
amo»
I tempi in cui amarsi era
così facile.
«Ti amo
anch’io»
****
Smise di suonare quella
musica
piacevole, ma anche un po’ malinconica, che aveva inventato.
Buttò su un foglio
alcune parole, poi, distratto dai raggi del sole che entravano dalla
finestra,
ripose la sua chitarra al sicuro e, alzandosi dal letto, chiuse il
foglio in un
cassetto. Si stiracchiò, leggermente stanco.
Afferrò il
pacco di sigarette che
erano rimaste dentro la tasca dei suoi jeans del giorno prima, se ne
accese
una. Spalancando la finestra, socchiuse gli occhi a quella leggera
brezza
mattutina. Il vento era qualcosa di meraviglioso, pensò,
tirando e rilasciando
boccate di fumo.
Lo faceva riflettere, lo
faceva
sentire leggero. Pensò che in fin dei conti era una cazzata
credere che uno
stupido vento potesse rallegrargli la giornata, perché da
quando Tai era stato
convocato alle giovanili di calcio a Kyoto si sentiva solo.
Aveva ancora i suoi
amici, che tra
un impegno e l’altro ogni tanto vedeva, e aveva anche Sora...
Aspirò il fumo
nervosamente, appena l’ immagine della ragazza che gli
sorrideva si fece strada
nella sua mente. Il fatto che lui e Sora riuscivano a vedersi poco e
niente lo
scoraggiava sempre di più...
Dopo il liceo la sua
più grande aspirazione era sempre
stata quella di prendere una facoltà psico-pedagogica
all’università, data la
sua grande pazienza e la sua voglia di ascoltare ed aiutare gli altri
– e con
Mimi come migliore amica ce ne voleva tanta - e grazie al suo brillante
voto
che custodiva orgogliosamente, era riuscita a passare il test
d’ ammissione.
Era stata una bella notizia quella dell’ ingresso
all’ università, aveva festeggiato
insieme ai suoi amici e...
Matt...
Il pensiero di lui la
rese improvvisamente triste. Da
qualche mese il rapporto con Matt era cambiato, non era più
lo stesso. I due
riuscivano a vedersi sì e no due volte la settimana, dato
l’ indirizzo di
conservatorio che il ragazzo aveva scelto, ed ogni dannata volta tutto
le sembrava
apparentemente forzato. La passione che una volta li univa sembrava
affievolirsi ogni giorno di più, e lei si sentiva
così distante da Matt, così
cambiata...
Sospirò
tristemente ripensando al
suo ragazzo che adesso si trovava a Kyoto, lontano chilometri da lei.
Lo
sentiva poco, si vedevano raramente. Se andava bene un weekend ogni due
settimane, e lui era quasi sempre stanco a causa dei duri allenamenti.
La ragazza
sospirò volgendo gli
occhi marroni alla finestra di quell’aula cupa. Tra una
settimana avrebbe
compiuto diciotto anni, chissà se sarebbe potuto venire alla
sua festa. Ci
teneva tanto a stare con lui in quel giorno così importante,
voleva che fosse
tutto perfetto. Raggiungere la maggiore età per lei
significava in un certo
senso spiccare il volo verso la libertà, e voleva
festeggiare quella fase della
sua vita con il ragazzo che amava...
«Hai un minuto
di tempo per raggiungere il campo!»
L’allenatore
della squadra in cui giocava urlò quella
frase con tono autoritario facendo quasi spaventare il ragazzo che
aveva appena
finito di cambiarsi e indossare la divisa. Fece una smorfia di
disappunto, il
mister era davvero insopportabile di prima mattina, e lui era uno
spirito
libero, odiava chi gli impartiva degli ordini.
Si limitò a
non rispondere, tanto non sarebbe servito
a niente, avrebbe comunque raggiunto il campo in perfetto orario per
gli
allenamenti... quei duri allenamenti che non gli permettevano quasi di
respirare! Sospirò, leggermente stanco...
...quell’
impiastro di Taichi gli mancava da morire, ma soprattutto sentiva la
mancanza
della sua fidanzata. Non una mancanza fisica, perché per il
sesso trovavano
quasi sempre un po’ di tempo. Le mancava stare con lei a
chiacchierare, ridere
come una volta, stare abbracciati a lungo senza dire niente. E forse
chi li
stava allontanando era proprio lui, che spendeva troppo tempo per
dedicarsi
alle sue cose e non a lei, trascurandola senza che se lo meritasse...
...inviò
sperando in una risposta.
Purtroppo attese invano come una stupida, perché,
checché ne dicesse il suo
cuore, la sua mente razionale le diceva che Tai non avrebbe potuto
risponderle.
Era davvero così dura la vita in una squadra di calcio? Era
così difficile
mantenere una relazione a distanza, sebbene fosse importante per tutti
e due?
Sapeva solo che da quando
il suo Taichi
si era trasferito, le giornate apparivano più cupe e le
toglievano perfino la
voglia di sorridere...
...adesso si trovava in
quel residence a kilometri
lontani da Odaiba, dalla sua famiglia, dai suoi amici e da lei... Mimi,
che
purtroppo stava trascurando e che gli mancava terribilmente. Mentre si
accingeva
a raggiungere il campo, per caso rovistò nel suo borsone
afferrando il
cellulare soltanto per osservare una sua foto. Di solito lo faceva
prima di
ogni partita, gli incuteva forza, speranza.
Sorrise appena lesse un
messaggio suo e uno del suo
migliore amico.
Continuò a
sorridere tristemente, perché anche i
momenti con Matt gli mancavano più del previsto, e il tempo
che avevano a
disposizione per vedersi era davvero limitato.
«Allora Yagami,
entro quest’ anno sarai pronto?!»
sbottò l’allenatore nervoso, mentre il castano
alzava gli occhi al cielo.
Tai strinse un pugno, poi
posò il cellulare dentro il
suo borsone, senza poter rispondere.
A malincuore, mentre
correva per il campo, pensò che
per colpa di quel dannato calcio non riusciva nemmeno a godersi un
momento con
le persone che più amava nella sua vita...
...rispose all’
sms di Victor. Un
leggero senso di colpa la catturò, e non seppe nemmeno lei
il motivo.
Per tentare di scacciarlo afferrò il suo libro e si
trasferì in cucina dove si
preparò un caffè. Lo bevve tentando di non
pensarci, in fondo era solo un
messaggio e Victor era solamente un suo compagno di
università che vedeva qualche
volta.
Non
c’era bisogno di sentirsi
sporca, eppure qualcosa nella sua testa la convinceva del contrario...
****
Era bellissima fasciata
in quel
vestito rosa antico con i capelli castani che le ricadevano morbidi
sulle
spalle. Era riuscito a liberarsi e le avrebbe fatto una sorpresa,
perché lei
non si aspettava che riuscisse a venire al suo compleanno. Ebbe un
tuffo al
cuore quando la vide ridere e scherzare insieme a qualcuno che non era
lui, e
forse era un po’ colpa sua che non era presente e che aveva
anteposto il calcio
a lei, ma faceva male, tanto male sapere che piano piano andava avanti
con la
sua vita.
«Tai! Sei
qui!»
Era venuto per lei,
sì, ma vederla
insieme a quel suo amico americano aveva suscitato in lui qualcosa di
forte che
andava ben oltre ad una semplice gelosia. Forse era egoismo,
l’egoismo più puro
che non gli permetteva di concepire lei libera di costruire qualcosa
senza di
lui.
«Faccio
cinquecento chilometri per
venire da te e poi ti ritrovo insieme a questo tizio?!»
Gli occhi spaventati,
lucidi, tristi
di Mimi non li avrebbe dimenticati mai.
Se le avessero piantato
un coltello sul fianco avrebbe
sicuramente sentito meno dolore... Perché non poteva mai
immaginare nella sua
vita, mai, che Tai fosse diventato così.
Così
arrabbiato, così egoista, così ottuso da non
accorgersi come lei avesse solo lui nel cuore, e mai da lì
sarebbe potuto
uscire.
Lo guardava con stupore,
e un senso di inquietudine la
pervadeva senza dargli tempo di respirare. Le aveva urlato contro le
peggiori
accuse, le aveva rinfacciato tutti i sacrifici che aveva dovuto
compiere per
lei...
Ma se si ama e tanto non
bisognerebbe andare oltre
tutto questo?, si chiedeva disperata.
E le lacrime versate quel
giorno sarebbero state
lacrime che avrebbe ricordato sempre, delle lacrime amare che avrebbero
dato
vita ad una crepa così profonda da perdersi dentro...
Forse era stata una
stupida a
pensare che lui avrebbe potuto in qualche modo dimenticarsi di lei e
della loro
storia, ma le circostanze della vita l’avevano portata a
crederlo.
Lei adesso era
all’università,
mentre Matt faceva avanti e indietro per studiare al conservatorio a
cui aveva
sempre aspirato.
Gli avrebbe mai
potuto chiedere che mettesse tutte quelle cose da parte e che tornasse
a darle
le attenzioni d’un tempo?
Sora non era
mai stata egoista, ma adesso aveva delle nuove consapevolezze. Amava
ancora
quel ragazzo biondo che aveva conosciuto anni e anni fa, ma la sua
testa la
metteva in guardia. Non sapeva se quella crepa aperta sarebbe riuscita
mai a
risanarsi. Non sapeva se con il passare degli anni sarebbe stata
così forte da
seguire quella scia.
Lui la
stringeva a sé, lei faceva lo stesso, perché
niente e nessuno avrebbe potuto
comparare la protezione che lui le dava.
Anche se
avrebbe dovuto combattere con tutte le sue forze per rimanere attaccata
a lui,
per mantenere a
galla quell’amore fragile che li univa.
Un pensiero
insistente si faceva largo nella sua mente, e avrebbe dovuto essere
forte per
non dargli retta.
Le aveva dedicato una
canzone scritta apposta per lei,
perché non era mai stato bravo con le parole, anzi quando
non riusciva ad
esprimersi prendeva una matita e scriveva. Lei si era commossa e in
quel
momento aveva capito quanto bisogno aveva di quella ragazza nella sua
vita.
Se per una volta fosse
riuscito a mettere l’orgoglio
da parte allora avrebbero potuto continuare ad amarsi senza ostacoli,
perché
era tutto ciò di cui avevano bisogno...
Forse i muri che li
dividevano erano deboli e insieme
potevano superare ogni cosa...
Forse ciò che
avrebbero dovuto fare era tenersi per
mano...
Forse ciò che
serviva era stringersi un po’ di più...
****
La distanza era un
ostacolo
insormontabile che li aveva divisi negli anni e che ancora continuava a
farlo.
«Io non posso
farci niente se siamo
così lontani»
Non poteva farci niente,
Tai, se
aveva scelto di fare quella vita.
«E io non
riesco più ad andare
avanti così»
Mimi piangeva, era quello
ciò che le
rimaneva di tutti quegli anni insieme.
«Hai deciso,
quindi?»
«Se tu volessi,
potresti fermarmi»
Perché la
speranza era sempre
l’ultima a morire. Ma in questo caso, ciò che
rimaneva ai due ragazzi era i
pezzi di un amore appena distrutto.
«Non posso
farci niente, io»
Ed era vero,
perché lui non poteva
mettere di nuovo insieme qualcosa che con il tempo si era rotto,
perché aveva
dato il massimo, ma il massimo non era bastato...
L’osservava
uscire da quella porta in silenzio, con le
mani in tasca, come faceva sempre lui.
Rimase pietrificata a
piangere e tremare... Perché
tutto ciò era segno che niente poteva più essere
messo in ordine e che quelle
cicatrici di battaglia avrebbero bruciato sulla sua pelle per sempre...
Si sbagliava.
Perché in
realtà non era capace di
vincere il suo orgoglio, era come una corazza che lo voleva difendere a
tutti i
costi, non sapendo che in realtà lo stava distruggendo
completamente.
Posò la
sigaretta sul posacenere e
prese il telefono.
Nessuna chiamata da parte
sua,
nemmeno l’ombra di un minuscolo messaggio. Forse era a questo
che erano
destinati, starsi lontano con la consapevolezza che avevano bisogno di
stare
insieme...
Magari, se fosse stato
davvero per
una volta capace di dar retta ai suoi sentimenti e non a tutto
ciò che gli
girava intorno, forse qualcosa sarebbe potuta cambiare...
Ma non era questo che
cercava.
Perché il suo rifugio era la musica, era in quel mondo che
si richiudeva quando
ne aveva bisogno.
Niente adesso contava se
non andare
avanti per la sua strada.
Posò il
cellulare e ancora una volta
si rifiutò di chiamare.
Adesso quello di cui
aveva bisogno
era chiudere gli occhi e ascoltare il suono della sua vita...
«Take, sei
proprio una sbadata!»
Era grazie a lui se
riusciva a mettere in ordine i
casini dell’università, e forse anche quelli della
sua vita.
Le aveva restituito il
quaderno che distrattamente
aveva dimenticato sul banco. Gli sorrise con un po’ di
imbarazzo, e si chiese
da quanto tempo era che non provava tutte quelle sensazioni in una
volta, da
quanto tempo era che non rideva di gusto ad una battuta, che non si
perdeva
negli occhi di qualcuno.
Quel ragazzo era entrato
nella sua vita come un
fulmine a ciel sereno, e quello di cui aveva bisogno era rimarginare le
cicatrici che l’inerzia aveva causato...
Le sfiorò una
mano, e lei non potette fare a meno di
mordersi un labbro, perché ciò che provava era
capace di farla sognare ad occhi
aperti, ma nello stesso tempo risvegliarla dopo un lungo sonno.
«Ti va di fare
un giro?»
Perché
sì, forse era questo di cui aveva bisogno.
Dimenticarsi che tutto ciò che aveva amato e desiderato
negli anni si trovava
dietro di lei ad aspettare che qualcosa cambiasse, ma nel frattempo
niente
cambiava, e allora lo stava pian piano facendo lei...
Mentre passeggiava, il
suo pensiero volò verso di lui,
e si chiedeva se quella battaglia che stavano combattendo, avrebbe un
giorno
lasciato i segni di una dolorosa cicatrice su chi tra i due pensava di
vincere...
Ciao a tutti.
Torno dopo molto, moltissimo tempo con questa nuova
fresca storia sui personaggi di
Digimon Adventure, terminata e tormentata.
Non credo che possiate ricordarvi di me, ma ho scritto un paio di
storie a riguardo molti anni fa, poi rivedute e corrette, che, in un
certo senso, delineano una sorta di continuum degli eventi dei due
principali pairing che tratterò: Sorato e Michi.
So che non sono le coppie più gettonate su questa sezione,
ma mi auguro che, nonostate tutto, questa lettura trasmetta
curiosità a qualcuno di voi in cerca di una long a
prescindere dalle preferenze.
Questo prologo è un po' particolare e visualizza sprazzi di
ricordi legati al passato dei protagonisti in cui hanno età
differenti, - partendo dagli eventi menzionati nella mia ultima storia
- e servono oltremodo a dare un'idea su quello che avverrà
dopo. Questi momenti sono decisivi per la vita di Taichi, Yamato, Sora
e Mimi, potremmo considerarli il perno dei loro problemi due anni
dopo. Ho scelto di mixarli, rendendoli un flusso ininterrotto
dove potrebbe essere difficile rilevare a chi appartengono, ma sono
certa che saprete collegare bene i pezzi del puzzle.
Se vi va di dare una lettura veloce alle storie passate - considerate
che il mio stile di scrittura era molto diverso, meno introspettivo ed
incline a squarci comici teatrali - ne sarei davvero felice, non vi
prenderanno molto tempo, sono scorrevoli e per certi versi perfino
divertenti ( se consideriamo l'estremizzazione del personaggio di Joe,
caratterizzazione che verrà portata avanti anche in questa
storia ).
Potrete trovarle in elenco ordinato cliccando sulla serie "Stay together in the end"
Sappiate che il tono gioviale, frizzantino e adolescenziale
lascerà spazio ad un altro serio, maturo, per certi versi dai toni ombrosi, ma vi assicuro che non
mancherà di farvi sorridere se appassionante.
Spero apprezziate questa storia, la delineazione dei personaggi, il
contesto creato attorno- non fedele all'ultimo film Kizuna- l'idea del
mio ( e anche quello di una mia cara amica ) digiuniverso che accantona
le vicende di avventura ma si sofferma sugli intrecci amorosi e di
amicizia proiettati nel mondo reale in un'età adulta ma non
ancora del tutto decisiva.
Rose07
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