Capitolo
primo
Il
sogno di una dea
Tra
le più recondite stelle della galassia, dove anche i grandi
avventurieri in caccia di sogni hanno fermato il loro passo e le
grandi navi spaziali, ricche di diamanti e cristalli arthurianii,
hanno deviato il loro lento incedere, laggiù, in uno dei
luoghi più
oscuri e silenziosi dell'universo, fluttuava, placido, tra i confini
di una galassia e il nascere di una stella, un grande e profondo buco
nero.
Scaturito
da una lacrima di stella morente e da una fievole speranza di sorgere
di un piccolo sole, misterioso quanto la potenza degli dei che
avevano dato origine alla vita e all'Etere, inglobava in sé
ogni
frammento di luce e di astro che si avvicinava alla sua traiettoria,
trasportando tutto ciò che lo sfiorava in un mondo di anime
scomparse, di ricordi passati, di tesori maledetti e di tempo
perduto.
Attraverso
le tracce sfocate delle stelle antiche, quando ancora la loro anima
era di un brillante blu mare e i loro bagliori catturavano i cuori
degli esploratori in cerca di una via tra le stelle, apparve, fra le
costellazioni ancora dormienti dell'Emisfero del Nord, una figura
fluente e armoniosa che si accomodò su un trono fatiscente.
Emerso
dalla polvere e dalle guerre di popoli nati per combattere e, nei
secoli, distruttisi a vicenda, il suo regno accoglieva gli astri
perduti, gli sconfitti delle battaglie, i ricordi lasciati andare e
persi nel grande mare dell'Universo.
Era
la stella nera, più ricca delle fortune di Creso, e la meta
delle
anime perse, che se avessero continuato a navigare fino ai confini
degli oceani astrali, avrebbero incontrato l'oblio tra le braccia
della morte, cadendo nel regno dimenticato del Caos.
Lazuli,
la dea del Caos, adagiata sul suo scranno per concessione e per
timore da parte degli altri Dei Creatori, ammirava il lento scorrere
dei secoli e la caduta delle stelle in scomposti cumuli di nebbie: i
simboli di mondi perduti, negli anfratti del tempo, precipitavano
verso il suolo, infrangendosi dell'arena del deserto che si
scomponeva e riapriva al suono del vento.
La
dea fece tintinnare tra le lunghe mani spinose delle monete dorate
che, un tempo, appartenevano ad un piccolo pianeta blu, che per via
dello stesso oro erano inglobato in una guerra intestina,
precipitando in un glorioso caos: allora, richiamata dal desiderio di
distruzione che avevano avuto gli abitanti del piccolo pianeta, aveva
allungato le sue mani e le sue mire di conquista per rubare lo
spirito del pianeta e degli umani caduti, trascinando tutto nel suo
mondo del caos.
Allontanò
di fretta un'anima che era giunta a lambire le sue vesti per chiedere
pietà, nella speranza che qualcuno di ancora vivo facesse
risuonare
il suo ricordo in una nenia di preghiera, e risvegliò le
costellazioni ancora non erano sorte a risplendere.
«
Sveglia, bellezze mie! Alzatevi e splendete! È un nuovo
giorno e
l'Universo dei mortali è in pace... »
Le
si avvicinarono meste le costellazioni, piegandosi ai suoi piedi e
carezzando le sue membra, per essere cullate dal tocco dolce della
loro padrona. La grande costellazione del Serpente strisciò,
sinuosa, incastonando le sue numerose stelle tra i fili sinuosi dei
capelli della dea, che leggeri come l'aere fluttuavano tutt'intorno:
lasciò che il grande Serpente si insinuasse tra le sue dita,
in un
cerchio infinito di morte e rinascita, finché non si
appoggiò
svogliatamente al suo trono. Portò lo sguardo verso i suoi
diamanti
nel cielo, fissando le galassie e i meravigliosi bengala sciolti in
astri e comete.ii
Sospirò,
sfumando i cerchi di fuoco che la Costellazione del Leone sbuffava
verso il cielo, e carezzò la sua lunga criniera.iii
«
Ma tu guardali... »
Soffermò
il suo sguardo su un piccolo pianeta aranciato che, se non fosse
stato per la sicurezza di una traiettoria orbitale un poco distante
da una cometa, sarebbe imploso contro l'asteroide.
«
Tiro un solo minuscolo filo » sfiorò leggermente
la traiettoria
dell'asteroide che, dapprima impattò contro l'atmosfera del
pianeta
e poi si scontrò con questo, congiungendosi ad esso in una
pioggia
di stelle, « e tutto il loro universo si scioglie nel caos,
nel
glorioso caos... ».
Rise.
La
lunga chioma fluente si scompigliò e i suoi occhi
s'incupirono di
brama, quando, d’improvviso, scorse all'interno dell'immenso
mare
dell'Universo due imbarcazioni, una grande e regale, con lo stemma
del pianeta Earth24, ed una piccola, che si muoveva nervosa e veloce
tra le onde gravitazionali delle stelle, seguendo la scia della nave
militare con a bordo lo stemma dei famigerati pirati Saiya.
«
Ah! E cosa può esserci di più perfetto di questo?
» sogghignò.
«
Un nobile guerriero, un tesoro inestimabile che accomuna le Dodici
Galassie, e un ladro dall'anima nera... Oh, ci sarà da
divertirsi
tanto! »
Gli
occhi non smettevano di seguire le sue future prede, finché
non
afferrò un’idea.
«
Cethus » chiamò a sé il grande mostro
marino che, con i suoi
tentacoli e il suo corpo poliforme, nuotò fluttuando accanto
al viso
di Lazuli.
La
dea sorrise: « Tu sai cosa fare… inizino i giochi!
» e afferrò
l'animale tra le mani, lasciandolo, poi, svanire dentro la bolla di
etere da cui guardava il Cosmo.
La
grande piovra marina, con innumerevoli tentacoli e spire stritolanti
scomparve, trascinando con sé parte delle nuvole che
creavano la sua
figura, e s'immerse nel mare dell'Universo, mimetizzando le sue
stelle tra lo specchio degli astri a Meridione.iv
Nel
profondo mare spaziale, nella notte limpida della Costellazione del
Cethus, la grande nave militare aleggiava in sinfonia con le onde del
mare, facendo avanzare la chiglia tra schegge di luci solari che
vibravano al suo passaggio e spiegando le sue vele magnetiche come
ali al vento, mentre, tranquilla e sicura, si dirigeva verso il
pianeta che presto avrebbe ospitato e accolto i suoi numerosi tesori,
tra cui il Libro della Pace.
Un
tesoro così inestimabile che neanche i più grandi
saggi della
Galassia sapevano il quando della sua comparsa nella vita
dell'Universo, ma sapevano altresì che era stato inciso
dagli Dei,
per poter garantire l'equilibrio nell'Universo e per poter combattere
il Caos, origine delle guerre e dei mali del mondo. Mali che
sorgevano ogni qual volta i popoli si dimenticavano del valore e
dell'importanza degli altri popoli fratelli e quando tutto si
tramutava in un caos che cancellava, che faceva dimenticare.
Il
Libro della Pace garantiva la pace nelle Dodici
Galassie e,
finalmente, dopo
una ricerca da Argonauti
durata anni, giungeva,
sulle ali della
grande nave blu al suo posto al centro della Via Lattea, la
piccola galassia di modeste dimensioni, ma che nel tempo era
diventata il fulcro di numerose rotte commerciali e astrali, centro
magnetico di non
poche ricchezze da tutto il Cosmo.
Tra
lo scivolare di stelle e di nubi galleggianti rasentanti gli alti
alberi della nave, i marinai non si avvidero, però, che poco
distante da loro, un'altra piccola imbarcazione, con i colori
policromi e le vele coperte di specchi per nascondere le proprie
sembianze tra le luci dello spazio, spingeva i suoi motori per
raggiungerli: la nave, dall'aspetto rosso sangue per via dello
rispecchiarsi delle stelle della costellazione che stavano
attraversando, schizzava nervosa verso il suo obiettivo, carica di
pirati pronti a depredare.
Lo
spirito dei marinai a bordo volò in alto: i marinai
entusiasti
dall'assalto che sarebbe giunto di lì a poco urlavano il
loro
entusiasmo verso il cielo di stelle e verso la bandiera che si
spiegava al vento, la bandiera nera dei pirati, che si rispecchiava
negli occhi avventurosi e spavaldi del loro capitano.
La
ciurma, riunita sul ponte, ascoltò con trepidazione le
parole del
capitano e armata fino ai denti si preparò all'assalto.
«
È
quello che tutti
aspettavamo » iniziò con audacia il comandante,
alzando lo sguardo
verso il mare e illuminando i suoi occhi di buio nelle luci
irradianti delle stelle. Il suo mantello nero e il suo cappello
decorato con fili di sangue rosso sussultarono
all’avvicinarsi
della brezza spaziale e la sua figura si lasciò cospargere
dalla
fine bellezza dell’oceano e dai fantasmi informi di gas che
componevano le nebulose.
«
L'oggetto più prezioso dell'Universo è diretto
sul piccolo pianeta
di Earth24... »
Si
voltò verso la ciurma e ghignò famelico,
« peccato che non
ci arriverà mai! »
La
ciurma accolse con un boato le sue parole, pronta a sguainare le
spade e le pistole di energia plasmatica per conquistare il bottino.
Il capitano si voltò ancora verso le stelle e i suoi occhi
scuri
come l'Universo sorrisero al mare.
«
Dopo oggi, ci ritiriamo alle Stelle Fiji! Il bottino è
vostro, ma il
Libro della Pace è mio! »
Gli
uomini sussultarono e urlarono di gioia ancora una volta, alzando in
alto le spade e preparando i fucili laser. Un omone pelato e
dall'aspetto massiccio e minaccioso, obbedì prontamente al
capitano,
quando questi gli gridò, « Nappa! » e,
rispondendo con un « Sì,
capitano! », diede un colpo ben assestato al timone,
azionando gli
arpioni taglienti e magnetici, come le Spade dei Monaci del Ludron,
che furono pronti ad infiggersi senza pietà contro la murata
della
nave militare.
Il
vascello militare, non più protetto dagli scudi magnetici
che
filtravano le onde di energia solare e magnetica, fu così
arpionato
e trascinato accanto al piccolo bastimento dei pirati che, azionati i
cannoni dal ponte, fecero breccia tra le pareti tecnologiche e
raggiunsero la nave.
I
pirati si scagliarono sul ponte della nave e, guidati dal loro
capitano, non esitarono a dare battaglia: il comandante si
buttò a
capofitto su tre guardie, trafiggendole con la sua spada di luce e
gettandole a terra, mentre un altro della sua ciurma, con i capelli
lunghi e fluenti, acconciati in un'alta coda, si lanciò con
la corda
contro altri militari, affrettandosi con cazzotti ben assestati a
partecipare alla mischia.
Turles,
un tipo agile e nato per camminare sulle grandi altezze,
trascinò
due uomini sulla sommità dell'albero maestro, lasciandoli
penzolare
nel vuoto, appesi a testa in giù al pennone dell'albero,
mentre un
alto energumeno della ciurma, dall'aspetto solitamente mansueto e
docile e di solito con la testa tra le nuvole, si scatenava
brutalmente contro dieci uomini, stracciando le loro armature come se
fossero un flebile metallo lunare e buttandoli dal ponte,
perché si
perdessero nelle profondità dell'oceano spaziale.
Mentre
attorno infuriava la rissa, il capitano, improvvisamente circondato
da un grumo di soldati, afferrò saldamente le sue spade
laser, le
conficcò nel legno lucido e residente che creava il ponte,
un legno
flessibile per resistere ai grandi sbalzi di corrente cosmica ma
anche resistente come la dura corazza di un Drogon, e flettendosi
sulle braccia calciò dritto in faccia ogni soldato, con il
risultato
che tutti caddero stramazzati al suolo.
Si
voltò poi verso il suo primo ufficiale Nappa e sorrise, nel
frattanto che tutt'intorno la sua ciurma aveva fatto per lo
più
piazza pulita dei militari che, ora, erano doloranti al suolo,
illuminati dalla forte di luce rossastra del grande Cethus.
«
Allora? » esclamò compiaciuto, lustrandosi la
camicia della divisa
dalla polvere della battaglia, « Hai visto quest'ultima
mossa? Sono
un grande, non è vero? »
Il
vice lo guardò dubbioso, mollando una cazzottata al soldato
che
teneva incastrato sotto il braccio.
«
Per me hai esagerato... »
L'altro
se ne risentì, piccato. « Ah, ho esagerato? Ma
come - » non fece
in tempo a finire la frase che, sbucò dal nulla un soldato
che con
una spada di titanio caricò contro Nappa, pronto per
attaccarlo.
Nappa si voltò di scatto, bloccò la spada
afferrandola con i denti
e, stringendo saldamente le mascelle, rovesciò la testa
verso il
parapetto della nave, facendo precipitare fuori dalla chiatta il
soldato che irrimediabilmente mollò la presa dalla spada e
cadde
nello spazio.
Il
capitano ammirò il povero soldato farsi polvere spaziale,
trascinato
verso una nebulosa.
«
E io avrei esagerato? »
Nappa
ridacchiò, gettando a terra la spada che ancora stringeva
tra i
denti, quando la loro attenzione fu attirata dal castello della nave
spaziale, dove al posto di comando - dove si trova il timone che
guida la rotta, - si agitava una rissa tra parte della ciurma e uno
dei militari rimasti in piedi, che a giudicare dalla sua
abilità
combattiva e dalla intelaiatura della sua divisa, doveva essere il
comandante della nave, il quale, combattendo con strenua resistenza,
dava non poco filo da torcere ai pirati.
Il
capitano si fece d'improvviso cupo.
«
G-goku? »
Il
secondo gli si avvicinò, squadrando con occhi distanti la
scena e
soffermandosi sul volto corrucciato del suo capitano.
«
Oh, la faccenda si fa interessante... quanto è passato?
»
«
Una vita, più o meno... » rispose sovrappensiero
l'altro pirata.
L’ultimo
soldato rimasto in piedi, battendosi con forza, aveva già
iniziato
ad atterrare alcuni degli uomini del capitano Vegeta, afferrando con
forza gli avversari e sbattendoli a terra, così come, con
altrettanta forza, era rimasto bloccato da due energumeni che, senza
remore, lo avevano acchiappato per braccia e gambe e lo avevano
schiacciato a terra per fargli rimangiare tutti i pugni ricevuti,
finché una voce non li interruppe.
«
Combatti ancora come una vecchietta? »
«
Vegeta! » esclamò preso alla sprovvista Goku, che
riuscitosi
finalmente a liberare, era stato nuovamente atterrato dai suoi
avversari.
Il
capitano rise di gusto quando si ritrovò faccia a faccia con
uno
sbigottito Goku che si librò da terra con
agilità, ma venne subito
bloccato dai pirati appena si azzardò di un passo verso il
capitano.
«
Vegeta! Che ci fai tu qui? »
Chiese,
trafelato, aspettandosi di tutto, tranne che venire attaccato dal
capitano.
«
Sto lavorando! » rise Vegeta, sorridendo sornione alla
malcelata
ingenuità dell’amico e scatenando
l’ilarità del gruppo degli
altri pirati che ancora afferrava saldamente il soldato per braccia e
spalle. Goku si liberò in fretta della loro presa
d’acciaio,
lanciando un’occhiata torva al più alto tra i due
energumeni che,
con gli occhi verdi di furia, lo
squadrava
pronto a
morderlo come un cane
rabbioso.
«
Cosa ti è successo? Dove sei stato? »
L’altro
lo ascoltò con orecchie da mercante, ignorando il suo
sguardo
stralunato e, afferrata una delle sue due spade laser, la infisse nel
tastierino codice che bloccava la spessa porta di metallo che dava
accesso alla stiva, facendo saltare i circuiti interni e scattare la
serratura. La porta si aprì in un quadro di toppe e incastri
metallici che, disconnessi dal meccanismo numerico del codice, si
aprirono in un mosaico scomposto, scindendosi elegantemente e
silenziosamente, rivelando così l’entrata.
Gli
uomini fissarono l’uscio con il fiato sospeso e il capitano
rispose
finalmente alla domanda.
«
Sai, farei volentieri due chiacchiere, ma ho delle cose da fare,
posti dove andare, roba da rubare…»
Il
capitano tralasciò con un gesto eloquente della mano il
resto della
conversazione e scese i gradini che conducevano nella stiva della
grande nave militare.
I
suoi passi scesero lenti sui gradini che conducevano nella pancia
della nave. Tutt’intorno scattarono, lentamente, i sistemi
d’illuminazione del sistema che si diramarono per i corridoi
metallici come una moltitudine di filamenti elettrici di verde
energia.
Sentì
dietro di sé i passi concitati del
comandante
finché, dopo
una serie di corridoi,
i suoi occhi non
incrociarono,
tra il buio della stiva e i sottili rami d’energia d’alimentazione,
il passaggio per una stanza più ampia, illuminata
timidamente da
delle fiaccole di luce
color
blu elettrico.
Fu
allora che lo vide, il Libro della Pace. Si lasciò sfuggire
un
sospiro di piacere nell’ammirare il piccolo piedistallo con
sopra
il suo tesoro.
«
Oh, sì... »
L’altro
l’aveva raggiunto e lo stava osservando con sguardo
preoccupato. «
Vegeta, dobbiamo parlare... » si affrettò a
bloccarlo, poggiandogli
una mano guantata sulla spalla, perché non si avvicinasse al
tesoro,
ma l’altro lo scostò e continuò, con
occhi incantati ad
inoltrarsi nella sala.
«
Ne hanno parlato, ne hanno scritto a migliaia in tutto l'Universo.
Non l'avevo mai visto... »
Al
centro della stanza, su un piedistallo che ruotava lentamente su
più
gradini, stava poggiato il Libro della Pace che apriva le sue pagine
verso il soffitto rinforzato della nave e proiettava
tutt’intorno
le luci informi e accecanti del suo testo. Il piedistallo che lo
sorreggeva, alimentato da energia quantica e continua, ruotava
talvolta in precise coordinate spazio-temporali, verso Ovest o verso
Est, coordinate scaturite dallo scorrere continuo delle mappe
spaziali sul libro, in un flusso incessante che segnava lo scorrere
del tempo e dello spazio nell’universo, dando o togliendo
equilibrio ai pianeti e alle stelle.
Le
sue complicate effemeridi, disegnate sui quadranti di cielo, erano
state incise e tracciate dagli Dei del Cosmo per poter garantire
l'equilibrio nell'Universo e combattere il Caos, origine dei mali e,
dopo una lunga ricerca tale tesoro celeste, stava finalmente per
giungere nelle mani degli abitanti di Earth24.
Goku
osservò il capitano immergersi completamente nei colori
celesti del
Libro e gli si avvicinò circospetto, diffidente per
l’aria bramosa
e sinistra che leggeva nei suoi occhi scuri.
«
Il mio compito è portarlo al sicuro su Earth24, dove
verrà
conservato e tenuto al sicuro... »
Gli
occhi di Vegeta si tinsero dei sogni e degli anfratti più
bui cui il
Libro indicava la rotta. Goku vi lesse molta bramosia, ma anche della
sincera curiosità, come quando erano bambini.
Si
guardarono poi negli occhi: gli occhi castani del comandante di
Earth24 non si abbassarono davanti agli occhi del pirata, forse,
più
temuto del Quadrante Meridionale dell’Universo.
«
Davvero? » lo sbeffeggiò Vegeta, con ancora il
azzurro del libro
intessuto tra le iridi nere.
«
Mi dispiace che tu non ce la possa fare... »
«
Non dirai sul serio! » sbottò Goku, «
Sparisci per dieci anni,
ricompari e mi derubi? »
Vegeta
alzò gli occhi al cielo, sbuffando e stuzzicando con le dita
le
pagine aperte del Libro, facendo così storcere il naso
all’altro
capitano, infastidito dalla trascuratezza che poneva nelle sue
azioni.
«
Vorrei non si trattasse di te, credimi, ma... »
«
Ma si tratta di me! » chiosò caustico Goku,
facendo sospirare
ancora Vegeta che si perse per un attimo tra i ricordi scuotendo
tristemente la testa, fasciata dal suo cappello rossastro.
«
Kakaroth... » sussurrò per un instante, cogliendo
dalla memoria il
vecchio soprannome che un tempo gli aveva affibbiato «
avevamo un
saluto in codice, parole cifrate, un nascondiglio segreto... era uno
spasso, veramente. Ma eravamo... ragazzini? »
«
Eravamo amici! » esclamò Goku, corrucciando lo
sguardo e fissando
l’amico di un tempo.
«
Tu questo non lo ruberai! Non a me! E comunque, che cosa te ne
faresti? Il Libro della Pace protegge tutti noi delle Dodici
galassie... »
«
Esatto... immagina quanto i "tutti noi" pagherebbero per
riaverlo » rispose sornione Vegeta.
Goku,
allora, si frappose tra lui e il Libro, leggendogli ancora negli
occhi la fin troppo conosciuta bramosia di ricchezze e di potere
tipica di ogni corsaro di mare. Una bramosia che lo
destabilizzò
temporaneamente: ormai non scorgeva più il compagno di
giochi di
quando erano cresciuti assieme su Earth24.
«
Te lo ripeto un'ultima volta, io e te una volta eravamo amici. Se
questo ha significato qualcosa per te in passato, Vegeta, dimostralo
adesso... »
L'altro
lo fissò negli occhi e poi distolse lo sguardo,
ridacchiando, e
facendo scorrere gli occhi scuri sulla cabina di pilotaggio su cui
erano proiettate numerose rotte spaziali tra le stelle più
inesplorate, rotte che, probabilmente, avevano preceduto il
ritrovamento del Libro.
«
Hai ragione: è stato molto tempo fa... »
sussurrò il capitano dei
pirati e si avvicinò al Libro posto sul piedistallo, quando
Goku
intercettò ancora il suo passo, lo prese per il polso e con
una
mossa veloce lo cacciò all'indietro, rubandogli una spada
laser
dalla custodia riposta in una cintola lungo il mantello nero.
Il
pirata si rialzò velocemente in piedi, afferrando e
attivando
l'altra spada dalla fodera, facendo brillare i suoi occhi di Universo
attraverso la cupa luce verde della sala. Rise.
«
Andiamo Kakaroth, non mi diventare eroe... »
L'altro
sogghignò, ma non abbassò la guardia.
Si
buttò all’istante contro il pirata: una serie di
colpi feroci e
precisi segnarono la loro danza di spade, spade che scoccarono con
impatto e con forza, lasciando nell’aria il suono secco e
vibrante
di una spada laser.
Goku
balzò in aria, sfiorando con la spada il lungo mantello nero
del
pirata, mentre questo si preparava a rispondere all’affondo
dell’amico destreggiando, con abilità, la spada di
luce. I loro
colpi si incrociarono con perfetta sintonia, come in una danza di
leoni, finché non si trovarono entrambi con le spade
sfavillanti
davanti agli occhi e l’energia dei loro affondi che ronzava
tutt'intorno, in attesa di essere nuovamente rilasciata. Goku sorrise
a Vegeta e questo rispecchiò in lui la stessa forza e la
stessa
passione per il combattimento che li aveva accomunati da bambini.
Equilibrarono ancora le forze e si contrapposero l’un
l’altro con
le spade ancora in mano, nessuno dei due disposto a cedere.
«
Se vuoi avere il Libro, devi vedertela con me! »
sibilò Goku
all’avversario, quando, d’improvviso,
l’intera nave fu scossa
come se stesse attraversando una tempesta magnetica e, con un grosso
colpo, i due furono scagliati violentemente contro la parete
metallica della cabina. Si guardarono negli occhi, sbalorditi, e
furono subito attratti dalle urla di aiuto che salivano dal ponte.
Tornando
di corsa sul ponte, furono tramortiti da un’altra potente
scossa
che fece vacillare l’intera nave, minacciando di far saltare
i
meccanismi di protezione dal vento spaziale e il sistema di
gravità
incorporato finché, giunti all’esterno della nave,
si trovarono
davanti uno spettacolo a cui pochi mortali avevano assistito prima.
Continua…
Note
dell’autrice
Ciao
a tutti!
Dopo
secoli di macchia sono tornata con qualcosa di serio, ossia una
piccola – non molto lunga? - long che racconta della
trasposizione
in racconto di uno dei miei cartoni preferiti, Sinbad la Leggenda dei
Sette Mari.
I
personaggi potrebbero risultare OOC, pertanto già mi scuso
con chi è
più integralista o chi tiene di più
all’originalità del
personaggio.
È
una storiellina molto semplice e senza pretese di grande
qualità, ma
che spero vi possa accompagnare per qualche settimana.
Visto
che so quanto si soffre per le long non aggiornate in tempi vivibili,
ho deciso di scriverla tutta e poi di pubblicarla, così non
avrò
nessun morto sulla coscienza.
Sperando
di avere incentivato qualcuno alla lettura, vi auguro una buona
settimana e al prossimo aggiornamento!
Buon
viaggio a tutti!
Zappa
iRiferimento
al film "Il Pianeta del Tesoro" della Disney;
iiNell'antichità
greca, il serpente era simbolo della medicina e secondo il mito,
Asclepio grazie al serpente avrebbe trovato una pianta in grado di
resuscitare i morti. Da qui, il serpente simboleggia la rinascita,
basti pensare alla muta della sua pelle ogni anno;
iiiIl leone è un segno di fuoco;
ivLa
costellazione di Cetus, in italiano della Balena, si estende
nell'emisfero australe e si trova a sud dell'Ariete e dei Pesci; come
si capisce dal termine, la sua rappresentazione sarebbe quella di una
balena, ma io ho rispettato il cartone, scegliendo una piovra;
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