Il Libro della Pace

di Zappa
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Capitolo primo

Il sogno di una dea


Tra le più recondite stelle della galassia, dove anche i grandi avventurieri in caccia di sogni hanno fermato il loro passo e le grandi navi spaziali, ricche di diamanti e cristalli arthurianii, hanno deviato il loro lento incedere, laggiù, in uno dei luoghi più oscuri e silenziosi dell'universo, fluttuava, placido, tra i confini di una galassia e il nascere di una stella, un grande e profondo buco nero.

Scaturito da una lacrima di stella morente e da una fievole speranza di sorgere di un piccolo sole, misterioso quanto la potenza degli dei che avevano dato origine alla vita e all'Etere, inglobava in sé ogni frammento di luce e di astro che si avvicinava alla sua traiettoria, trasportando tutto ciò che lo sfiorava in un mondo di anime scomparse, di ricordi passati, di tesori maledetti e di tempo perduto.

Attraverso le tracce sfocate delle stelle antiche, quando ancora la loro anima era di un brillante blu mare e i loro bagliori catturavano i cuori degli esploratori in cerca di una via tra le stelle, apparve, fra le costellazioni ancora dormienti dell'Emisfero del Nord, una figura fluente e armoniosa che si accomodò su un trono fatiscente. Emerso dalla polvere e dalle guerre di popoli nati per combattere e, nei secoli, distruttisi a vicenda, il suo regno accoglieva gli astri perduti, gli sconfitti delle battaglie, i ricordi lasciati andare e persi nel grande mare dell'Universo.

Era la stella nera, più ricca delle fortune di Creso, e la meta delle anime perse, che se avessero continuato a navigare fino ai confini degli oceani astrali, avrebbero incontrato l'oblio tra le braccia della morte, cadendo nel regno dimenticato del Caos.

Lazuli, la dea del Caos, adagiata sul suo scranno per concessione e per timore da parte degli altri Dei Creatori, ammirava il lento scorrere dei secoli e la caduta delle stelle in scomposti cumuli di nebbie: i simboli di mondi perduti, negli anfratti del tempo, precipitavano verso il suolo, infrangendosi dell'arena del deserto che si scomponeva e riapriva al suono del vento.

La dea fece tintinnare tra le lunghe mani spinose delle monete dorate che, un tempo, appartenevano ad un piccolo pianeta blu, che per via dello stesso oro erano inglobato in una guerra intestina, precipitando in un glorioso caos: allora, richiamata dal desiderio di distruzione che avevano avuto gli abitanti del piccolo pianeta, aveva allungato le sue mani e le sue mire di conquista per rubare lo spirito del pianeta e degli umani caduti, trascinando tutto nel suo mondo del caos.

Allontanò di fretta un'anima che era giunta a lambire le sue vesti per chiedere pietà, nella speranza che qualcuno di ancora vivo facesse risuonare il suo ricordo in una nenia di preghiera, e risvegliò le costellazioni ancora non erano sorte a risplendere.

« Sveglia, bellezze mie! Alzatevi e splendete! È un nuovo giorno e l'Universo dei mortali è in pace... »

Le si avvicinarono meste le costellazioni, piegandosi ai suoi piedi e carezzando le sue membra, per essere cullate dal tocco dolce della loro padrona. La grande costellazione del Serpente strisciò, sinuosa, incastonando le sue numerose stelle tra i fili sinuosi dei capelli della dea, che leggeri come l'aere fluttuavano tutt'intorno: lasciò che il grande Serpente si insinuasse tra le sue dita, in un cerchio infinito di morte e rinascita, finché non si appoggiò svogliatamente al suo trono. Portò lo sguardo verso i suoi diamanti nel cielo, fissando le galassie e i meravigliosi bengala sciolti in astri e comete.ii

Sospirò, sfumando i cerchi di fuoco che la Costellazione del Leone sbuffava verso il cielo, e carezzò la sua lunga criniera.iii

« Ma tu guardali... »

Soffermò il suo sguardo su un piccolo pianeta aranciato che, se non fosse stato per la sicurezza di una traiettoria orbitale un poco distante da una cometa, sarebbe imploso contro l'asteroide.

« Tiro un solo minuscolo filo » sfiorò leggermente la traiettoria dell'asteroide che, dapprima impattò contro l'atmosfera del pianeta e poi si scontrò con questo, congiungendosi ad esso in una pioggia di stelle, « e tutto il loro universo si scioglie nel caos, nel glorioso caos... ».

Rise.

La lunga chioma fluente si scompigliò e i suoi occhi s'incupirono di brama, quando, d’improvviso, scorse all'interno dell'immenso mare dell'Universo due imbarcazioni, una grande e regale, con lo stemma del pianeta Earth24, ed una piccola, che si muoveva nervosa e veloce tra le onde gravitazionali delle stelle, seguendo la scia della nave militare con a bordo lo stemma dei famigerati pirati Saiya.

« Ah! E cosa può esserci di più perfetto di questo? » sogghignò.

« Un nobile guerriero, un tesoro inestimabile che accomuna le Dodici Galassie, e un ladro dall'anima nera... Oh, ci sarà da divertirsi tanto! »

Gli occhi non smettevano di seguire le sue future prede, finché non afferrò un’idea.

« Cethus » chiamò a sé il grande mostro marino che, con i suoi tentacoli e il suo corpo poliforme, nuotò fluttuando accanto al viso di Lazuli.

La dea sorrise: « Tu sai cosa fare… inizino i giochi! » e afferrò l'animale tra le mani, lasciandolo, poi, svanire dentro la bolla di etere da cui guardava il Cosmo.

La grande piovra marina, con innumerevoli tentacoli e spire stritolanti scomparve, trascinando con sé parte delle nuvole che creavano la sua figura, e s'immerse nel mare dell'Universo, mimetizzando le sue stelle tra lo specchio degli astri a Meridione.iv


Nel profondo mare spaziale, nella notte limpida della Costellazione del Cethus, la grande nave militare aleggiava in sinfonia con le onde del mare, facendo avanzare la chiglia tra schegge di luci solari che vibravano al suo passaggio e spiegando le sue vele magnetiche come ali al vento, mentre, tranquilla e sicura, si dirigeva verso il pianeta che presto avrebbe ospitato e accolto i suoi numerosi tesori, tra cui il Libro della Pace.

Un tesoro così inestimabile che neanche i più grandi saggi della Galassia sapevano il quando della sua comparsa nella vita dell'Universo, ma sapevano altresì che era stato inciso dagli Dei, per poter garantire l'equilibrio nell'Universo e per poter combattere il Caos, origine delle guerre e dei mali del mondo. Mali che sorgevano ogni qual volta i popoli si dimenticavano del valore e dell'importanza degli altri popoli fratelli e quando tutto si tramutava in un caos che cancellava, che faceva dimenticare.

Il Libro della Pace garantiva la pace nelle Dodici Galassie e, finalmente, dopo una ricerca da Argonauti durata anni, giungeva, sulle ali della grande nave blu al suo posto al centro della Via Lattea, la piccola galassia di modeste dimensioni, ma che nel tempo era diventata il fulcro di numerose rotte commerciali e astrali, centro magnetico di non poche ricchezze da tutto il Cosmo.

Tra lo scivolare di stelle e di nubi galleggianti rasentanti gli alti alberi della nave, i marinai non si avvidero, però, che poco distante da loro, un'altra piccola imbarcazione, con i colori policromi e le vele coperte di specchi per nascondere le proprie sembianze tra le luci dello spazio, spingeva i suoi motori per raggiungerli: la nave, dall'aspetto rosso sangue per via dello rispecchiarsi delle stelle della costellazione che stavano attraversando, schizzava nervosa verso il suo obiettivo, carica di pirati pronti a depredare.

Lo spirito dei marinai a bordo volò in alto: i marinai entusiasti dall'assalto che sarebbe giunto di lì a poco urlavano il loro entusiasmo verso il cielo di stelle e verso la bandiera che si spiegava al vento, la bandiera nera dei pirati, che si rispecchiava negli occhi avventurosi e spavaldi del loro capitano.

La ciurma, riunita sul ponte, ascoltò con trepidazione le parole del capitano e armata fino ai denti si preparò all'assalto.

« È quello che tutti aspettavamo » iniziò con audacia il comandante, alzando lo sguardo verso il mare e illuminando i suoi occhi di buio nelle luci irradianti delle stelle. Il suo mantello nero e il suo cappello decorato con fili di sangue rosso sussultarono all’avvicinarsi della brezza spaziale e la sua figura si lasciò cospargere dalla fine bellezza dell’oceano e dai fantasmi informi di gas che componevano le nebulose.

« L'oggetto più prezioso dell'Universo è diretto sul piccolo pianeta di Earth24... »

Si voltò verso la ciurma e ghignò famelico, « peccato che non ci arriverà mai! »

La ciurma accolse con un boato le sue parole, pronta a sguainare le spade e le pistole di energia plasmatica per conquistare il bottino. Il capitano si voltò ancora verso le stelle e i suoi occhi scuri come l'Universo sorrisero al mare.

« Dopo oggi, ci ritiriamo alle Stelle Fiji! Il bottino è vostro, ma il Libro della Pace è mio! »

Gli uomini sussultarono e urlarono di gioia ancora una volta, alzando in alto le spade e preparando i fucili laser. Un omone pelato e dall'aspetto massiccio e minaccioso, obbedì prontamente al capitano, quando questi gli gridò, « Nappa! » e, rispondendo con un « Sì, capitano! », diede un colpo ben assestato al timone, azionando gli arpioni taglienti e magnetici, come le Spade dei Monaci del Ludron, che furono pronti ad infiggersi senza pietà contro la murata della nave militare.

Il vascello militare, non più protetto dagli scudi magnetici che filtravano le onde di energia solare e magnetica, fu così arpionato e trascinato accanto al piccolo bastimento dei pirati che, azionati i cannoni dal ponte, fecero breccia tra le pareti tecnologiche e raggiunsero la nave.

I pirati si scagliarono sul ponte della nave e, guidati dal loro capitano, non esitarono a dare battaglia: il comandante si buttò a capofitto su tre guardie, trafiggendole con la sua spada di luce e gettandole a terra, mentre un altro della sua ciurma, con i capelli lunghi e fluenti, acconciati in un'alta coda, si lanciò con la corda contro altri militari, affrettandosi con cazzotti ben assestati a partecipare alla mischia.

Turles, un tipo agile e nato per camminare sulle grandi altezze, trascinò due uomini sulla sommità dell'albero maestro, lasciandoli penzolare nel vuoto, appesi a testa in giù al pennone dell'albero, mentre un alto energumeno della ciurma, dall'aspetto solitamente mansueto e docile e di solito con la testa tra le nuvole, si scatenava brutalmente contro dieci uomini, stracciando le loro armature come se fossero un flebile metallo lunare e buttandoli dal ponte, perché si perdessero nelle profondità dell'oceano spaziale.

Mentre attorno infuriava la rissa, il capitano, improvvisamente circondato da un grumo di soldati, afferrò saldamente le sue spade laser, le conficcò nel legno lucido e residente che creava il ponte, un legno flessibile per resistere ai grandi sbalzi di corrente cosmica ma anche resistente come la dura corazza di un Drogon, e flettendosi sulle braccia calciò dritto in faccia ogni soldato, con il risultato che tutti caddero stramazzati al suolo.

Si voltò poi verso il suo primo ufficiale Nappa e sorrise, nel frattanto che tutt'intorno la sua ciurma aveva fatto per lo più piazza pulita dei militari che, ora, erano doloranti al suolo, illuminati dalla forte di luce rossastra del grande Cethus.

« Allora? » esclamò compiaciuto, lustrandosi la camicia della divisa dalla polvere della battaglia, « Hai visto quest'ultima mossa? Sono un grande, non è vero? »

Il vice lo guardò dubbioso, mollando una cazzottata al soldato che teneva incastrato sotto il braccio.

« Per me hai esagerato... »

L'altro se ne risentì, piccato. « Ah, ho esagerato? Ma come - » non fece in tempo a finire la frase che, sbucò dal nulla un soldato che con una spada di titanio caricò contro Nappa, pronto per attaccarlo. Nappa si voltò di scatto, bloccò la spada afferrandola con i denti e, stringendo saldamente le mascelle, rovesciò la testa verso il parapetto della nave, facendo precipitare fuori dalla chiatta il soldato che irrimediabilmente mollò la presa dalla spada e cadde nello spazio.

Il capitano ammirò il povero soldato farsi polvere spaziale, trascinato verso una nebulosa.

« E io avrei esagerato? »

Nappa ridacchiò, gettando a terra la spada che ancora stringeva tra i denti, quando la loro attenzione fu attirata dal castello della nave spaziale, dove al posto di comando - dove si trova il timone che guida la rotta, - si agitava una rissa tra parte della ciurma e uno dei militari rimasti in piedi, che a giudicare dalla sua abilità combattiva e dalla intelaiatura della sua divisa, doveva essere il comandante della nave, il quale, combattendo con strenua resistenza, dava non poco filo da torcere ai pirati.

Il capitano si fece d'improvviso cupo.

« G-goku? »

Il secondo gli si avvicinò, squadrando con occhi distanti la scena e soffermandosi sul volto corrucciato del suo capitano.

« Oh, la faccenda si fa interessante... quanto è passato? »

« Una vita, più o meno... » rispose sovrappensiero l'altro pirata.


L’ultimo soldato rimasto in piedi, battendosi con forza, aveva già iniziato ad atterrare alcuni degli uomini del capitano Vegeta, afferrando con forza gli avversari e sbattendoli a terra, così come, con altrettanta forza, era rimasto bloccato da due energumeni che, senza remore, lo avevano acchiappato per braccia e gambe e lo avevano schiacciato a terra per fargli rimangiare tutti i pugni ricevuti, finché una voce non li interruppe.

« Combatti ancora come una vecchietta? »

« Vegeta! » esclamò preso alla sprovvista Goku, che riuscitosi finalmente a liberare, era stato nuovamente atterrato dai suoi avversari.

Il capitano rise di gusto quando si ritrovò faccia a faccia con uno sbigottito Goku che si librò da terra con agilità, ma venne subito bloccato dai pirati appena si azzardò di un passo verso il capitano.

« Vegeta! Che ci fai tu qui? »

Chiese, trafelato, aspettandosi di tutto, tranne che venire attaccato dal capitano.

« Sto lavorando! » rise Vegeta, sorridendo sornione alla malcelata ingenuità dell’amico e scatenando l’ilarità del gruppo degli altri pirati che ancora afferrava saldamente il soldato per braccia e spalle. Goku si liberò in fretta della loro presa d’acciaio, lanciando un’occhiata torva al più alto tra i due energumeni che, con gli occhi verdi di furia, lo squadrava pronto a morderlo come un cane rabbioso.

« Cosa ti è successo? Dove sei stato? »

L’altro lo ascoltò con orecchie da mercante, ignorando il suo sguardo stralunato e, afferrata una delle sue due spade laser, la infisse nel tastierino codice che bloccava la spessa porta di metallo che dava accesso alla stiva, facendo saltare i circuiti interni e scattare la serratura. La porta si aprì in un quadro di toppe e incastri metallici che, disconnessi dal meccanismo numerico del codice, si aprirono in un mosaico scomposto, scindendosi elegantemente e silenziosamente, rivelando così l’entrata.

Gli uomini fissarono l’uscio con il fiato sospeso e il capitano rispose finalmente alla domanda.

« Sai, farei volentieri due chiacchiere, ma ho delle cose da fare, posti dove andare, roba da rubare…»

Il capitano tralasciò con un gesto eloquente della mano il resto della conversazione e scese i gradini che conducevano nella stiva della grande nave militare.

I suoi passi scesero lenti sui gradini che conducevano nella pancia della nave. Tutt’intorno scattarono, lentamente, i sistemi d’illuminazione del sistema che si diramarono per i corridoi metallici come una moltitudine di filamenti elettrici di verde energia.

Sentì dietro di sé i passi concitati del comandante finché, dopo una serie di corridoi, i suoi occhi non incrociarono, tra il buio della stiva e i sottili rami d’energia d’alimentazione, il passaggio per una stanza più ampia, illuminata timidamente da delle fiaccole di luce color blu elettrico.

Fu allora che lo vide, il Libro della Pace. Si lasciò sfuggire un sospiro di piacere nell’ammirare il piccolo piedistallo con sopra il suo tesoro.

« Oh, sì... »

L’altro l’aveva raggiunto e lo stava osservando con sguardo preoccupato. « Vegeta, dobbiamo parlare... » si affrettò a bloccarlo, poggiandogli una mano guantata sulla spalla, perché non si avvicinasse al tesoro, ma l’altro lo scostò e continuò, con occhi incantati ad inoltrarsi nella sala.

« Ne hanno parlato, ne hanno scritto a migliaia in tutto l'Universo. Non l'avevo mai visto... »

Al centro della stanza, su un piedistallo che ruotava lentamente su più gradini, stava poggiato il Libro della Pace che apriva le sue pagine verso il soffitto rinforzato della nave e proiettava tutt’intorno le luci informi e accecanti del suo testo. Il piedistallo che lo sorreggeva, alimentato da energia quantica e continua, ruotava talvolta in precise coordinate spazio-temporali, verso Ovest o verso Est, coordinate scaturite dallo scorrere continuo delle mappe spaziali sul libro, in un flusso incessante che segnava lo scorrere del tempo e dello spazio nell’universo, dando o togliendo equilibrio ai pianeti e alle stelle.

Le sue complicate effemeridi, disegnate sui quadranti di cielo, erano state incise e tracciate dagli Dei del Cosmo per poter garantire l'equilibrio nell'Universo e combattere il Caos, origine dei mali e, dopo una lunga ricerca tale tesoro celeste, stava finalmente per giungere nelle mani degli abitanti di Earth24.

Goku osservò il capitano immergersi completamente nei colori celesti del Libro e gli si avvicinò circospetto, diffidente per l’aria bramosa e sinistra che leggeva nei suoi occhi scuri.

« Il mio compito è portarlo al sicuro su Earth24, dove verrà conservato e tenuto al sicuro... »

Gli occhi di Vegeta si tinsero dei sogni e degli anfratti più bui cui il Libro indicava la rotta. Goku vi lesse molta bramosia, ma anche della sincera curiosità, come quando erano bambini.

Si guardarono poi negli occhi: gli occhi castani del comandante di Earth24 non si abbassarono davanti agli occhi del pirata, forse, più temuto del Quadrante Meridionale dell’Universo.

« Davvero? » lo sbeffeggiò Vegeta, con ancora il azzurro del libro intessuto tra le iridi nere.

« Mi dispiace che tu non ce la possa fare... »

« Non dirai sul serio! » sbottò Goku, « Sparisci per dieci anni, ricompari e mi derubi? »

Vegeta alzò gli occhi al cielo, sbuffando e stuzzicando con le dita le pagine aperte del Libro, facendo così storcere il naso all’altro capitano, infastidito dalla trascuratezza che poneva nelle sue azioni.

« Vorrei non si trattasse di te, credimi, ma... »

« Ma si tratta di me! » chiosò caustico Goku, facendo sospirare ancora Vegeta che si perse per un attimo tra i ricordi scuotendo tristemente la testa, fasciata dal suo cappello rossastro.

« Kakaroth... » sussurrò per un instante, cogliendo dalla memoria il vecchio soprannome che un tempo gli aveva affibbiato « avevamo un saluto in codice, parole cifrate, un nascondiglio segreto... era uno spasso, veramente. Ma eravamo... ragazzini? »

« Eravamo amici! » esclamò Goku, corrucciando lo sguardo e fissando l’amico di un tempo.

« Tu questo non lo ruberai! Non a me! E comunque, che cosa te ne faresti? Il Libro della Pace protegge tutti noi delle Dodici galassie... »

« Esatto... immagina quanto i "tutti noi" pagherebbero per riaverlo » rispose sornione Vegeta.

Goku, allora, si frappose tra lui e il Libro, leggendogli ancora negli occhi la fin troppo conosciuta bramosia di ricchezze e di potere tipica di ogni corsaro di mare. Una bramosia che lo destabilizzò temporaneamente: ormai non scorgeva più il compagno di giochi di quando erano cresciuti assieme su Earth24.

« Te lo ripeto un'ultima volta, io e te una volta eravamo amici. Se questo ha significato qualcosa per te in passato, Vegeta, dimostralo adesso... »

L'altro lo fissò negli occhi e poi distolse lo sguardo, ridacchiando, e facendo scorrere gli occhi scuri sulla cabina di pilotaggio su cui erano proiettate numerose rotte spaziali tra le stelle più inesplorate, rotte che, probabilmente, avevano preceduto il ritrovamento del Libro.

« Hai ragione: è stato molto tempo fa... » sussurrò il capitano dei pirati e si avvicinò al Libro posto sul piedistallo, quando Goku intercettò ancora il suo passo, lo prese per il polso e con una mossa veloce lo cacciò all'indietro, rubandogli una spada laser dalla custodia riposta in una cintola lungo il mantello nero.

Il pirata si rialzò velocemente in piedi, afferrando e attivando l'altra spada dalla fodera, facendo brillare i suoi occhi di Universo attraverso la cupa luce verde della sala. Rise.

« Andiamo Kakaroth, non mi diventare eroe... »

L'altro sogghignò, ma non abbassò la guardia.

Si buttò all’istante contro il pirata: una serie di colpi feroci e precisi segnarono la loro danza di spade, spade che scoccarono con impatto e con forza, lasciando nell’aria il suono secco e vibrante di una spada laser.

Goku balzò in aria, sfiorando con la spada il lungo mantello nero del pirata, mentre questo si preparava a rispondere all’affondo dell’amico destreggiando, con abilità, la spada di luce. I loro colpi si incrociarono con perfetta sintonia, come in una danza di leoni, finché non si trovarono entrambi con le spade sfavillanti davanti agli occhi e l’energia dei loro affondi che ronzava tutt'intorno, in attesa di essere nuovamente rilasciata. Goku sorrise a Vegeta e questo rispecchiò in lui la stessa forza e la stessa passione per il combattimento che li aveva accomunati da bambini. Equilibrarono ancora le forze e si contrapposero l’un l’altro con le spade ancora in mano, nessuno dei due disposto a cedere.

« Se vuoi avere il Libro, devi vedertela con me! » sibilò Goku all’avversario, quando, d’improvviso, l’intera nave fu scossa come se stesse attraversando una tempesta magnetica e, con un grosso colpo, i due furono scagliati violentemente contro la parete metallica della cabina. Si guardarono negli occhi, sbalorditi, e furono subito attratti dalle urla di aiuto che salivano dal ponte.

Tornando di corsa sul ponte, furono tramortiti da un’altra potente scossa che fece vacillare l’intera nave, minacciando di far saltare i meccanismi di protezione dal vento spaziale e il sistema di gravità incorporato finché, giunti all’esterno della nave, si trovarono davanti uno spettacolo a cui pochi mortali avevano assistito prima.



Continua…







Note dell’autrice


Ciao a tutti!

Dopo secoli di macchia sono tornata con qualcosa di serio, ossia una piccola – non molto lunga? - long che racconta della trasposizione in racconto di uno dei miei cartoni preferiti, Sinbad la Leggenda dei Sette Mari.

I personaggi potrebbero risultare OOC, pertanto già mi scuso con chi è più integralista o chi tiene di più all’originalità del personaggio.

È una storiellina molto semplice e senza pretese di grande qualità, ma che spero vi possa accompagnare per qualche settimana.

Visto che so quanto si soffre per le long non aggiornate in tempi vivibili, ho deciso di scriverla tutta e poi di pubblicarla, così non avrò nessun morto sulla coscienza.

Sperando di avere incentivato qualcuno alla lettura, vi auguro una buona settimana e al prossimo aggiornamento!

Buon viaggio a tutti!


Zappa



iRiferimento al film "Il Pianeta del Tesoro" della Disney;

iiNell'antichità greca, il serpente era simbolo della medicina e secondo il mito, Asclepio grazie al serpente avrebbe trovato una pianta in grado di resuscitare i morti. Da qui, il serpente simboleggia la rinascita, basti pensare alla muta della sua pelle ogni anno;

iiiIl leone è un segno di fuoco;

ivLa costellazione di Cetus, in italiano della Balena, si estende nell'emisfero australe e si trova a sud dell'Ariete e dei Pesci; come si capisce dal termine, la sua rappresentazione sarebbe quella di una balena, ma io ho rispettato il cartone, scegliendo una piovra;





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