Capitolo IV - Scelte
CAPITOLO V
Scelte
Il silenzio del suo appartamento era quasi assordante.
Tenzo avrebbe voluto davvero essere in grado di dormire, come si era
prefissato appena sdraiatosi sul letto, ma se aveva rimediato alle
ammaccature del suo corpo non poteva dire lo stesso per le ferite del
suo cuore.
Ancora una volta, si rigirò tra le lenzuola riempiendo con il loro
leggero fruscio la stanza troppo silenziosa. Sperava di cadere al più
presto vittima di Morfeo, perché gli scenari che la sua mente insisteva
a riproporgli erano una diabolica tortura: una volta c’era Sakura
stretta semplicemente tra le braccia di Kakashi, un’altra il jounin
intento a rubarle un bacio appassionato, un’altra ancora era la
kunoichi a baciare con foga il suo ex-maestro.
Soffocò un pesante e sofferto sospiro contro il cuscino, ripetendosi di essere un idiota totale.
La felicità di Sakura era la cosa più importante, un pensiero che
l’aveva aiutato mentre esortava Kakashi ad andare da lei, eppure il
pugno di angoscia nello stomaco e le fitte di gelosia nel petto si
ostinavano a non abbandonarlo, mettendo in luce i suoi desideri
egoistici.
Si mise di nuovo supino e si scoprì in parte per sentire sulla pelle il
freddo della notte, augurandosi che riuscisse a placare un po’ il suo
tormento; sollevò lo sguardo e fissò il soffitto, chiedendosi se dopo
quella notte sarebbero riusciti a comportarsi normalmente o se
sarebbero tornati alla stessa situazione di pochi mesi prima.
Maledì se stesso per aver permesso che i propri istinti prendessero il
sopravvento e ancora di più per essere stato troppo codardo da
affrontare la verità su Kakashi al momento opportuno; si sentiva
sull’orlo di un precipizio alla sola idea di aver compresso con le
proprie azioni la loro amicizia.
Pur di non sprofondare totalmente nel vuoto, chiuse gli occhi e si
forzò di concentrarsi esclusivamente sulle sensazioni concrete del
proprio corpo, sulla schiena permuta contro il materasso e sul petto
sfiorato dalle lenzuola e dall’aria notturna.
Desiderava solo l’arrivo di un sonno ristoratore.
Nell’aria ormai pungente della notte, Sakura camminava da sola tra le
case di Konoha, indossando il cardigan che dalle sue spalle era
scivolato a terra mentre abbassava la maschera di Kakashi.
Provava ancora un leggero imbarazzo per aver agito d’impulso e violato
il riserbo del suo ex-maestro, eppure non si sentiva per nulla in
colpa: non solo era riuscita a scoprire finalmente i lineamenti
perfetti del suo volto, ma soprattutto il bacio che ne era seguito si
era rivelato di fondamentale importanza, proprio come sperava.
Senza poterlo impedire, la kunoichi ripensò al recente avvenimento,
avvolta da una sensazione più piacevole di quanto fosse giusto e
consapevole della necessità di parlare con Tenzo.
Sakura sussultò di sorpresa per la
presa inaspettata delle sue mani che la trascinarono con irruenza
contro il suo corpo, poi fu investita da diverse sensazioni al ritmo di
ogni suo gesto.
Con una leggera pressione dietro la
nuca, Kakashi le sollevò il viso e si avventò sulle sue labbra,
premendo con la lingua contro di esse e invadendo la sua bocca senza
chiedere permesso.
Inizialmente una fiamma di calore le
riscaldò il petto, sotto il battito accelerato del suo cuore, poi brevi
brividi di piacere salirono lungo la sua schiena, quando l’uomo cercò
la sua lingua per esortala a un dolce combattimento.
Superata la titubanza iniziale,
Sakura accettò l’invito, assecondando i suoi movimenti prima più
appassionati poi più lenti, nel passaggio dalla foga ad una calma
esplorazione.
Ma legata a lui da quel bacio, con le
mani dell’uomo che cominciavano ad accarezzare il suo corpo, qualcosa
risuonava in modo stonato: il suo cuore non martellava frenetico, come
quando si era ritrovata stretta tra le braccia di Tenzo, nello spazio
sicuro di un appartamento; il calore nel suo petto non aveva la stessa
intensità di quando si erano scambiati il bacio a lungo represso nel
pub; e il piacere che tentava di avvolgerla non aveva la stessa tenacia
di quello che l’aveva invasa mentre il jounin la trascinava sul divano,
senza staccarsi dal suo corpo e dalle sue
labbra.
Avvertì lacrime liberatorie premere
contro le sue palpebre chiuse per poi iniziare a scendere in silenzio
sul suo viso; si staccò da Kakashi, interrompendo il bacio anche per la
necessità di riprendere fiato, e lo guardò negli occhi, mentre nel suo
petto scalpitava la risposta che forse in cuor suo aveva sperato di
ricevere fin dall’inizio.
“È diverso… Kakashi, è diverso,” disse con un filo di voce, animato però da un viva emozione.
L’uomo sentì le mani della kunoichi
stringergli la maglia in un gesto probabilmente irriflesso; ancora
distratto dalla vicinanza delle sue labbra, non riuscì a cogliere il
significato della sua affermazione, poi osservò meglio il suo viso e
colse un’espressione di felice sorpresa, apparentemente in contrasto
con le lacrime che le bagnavano le ciglia.
“Cosa?” chiese, invitandola a un chiarimento prima che venisse schiacciato dal peso oppressivo del dubbio.
Quando Sakura si allontanò ancora di
più da lui, anche se non annullando del tutto il contatto fisico tra di
loro, avrebbe dovuto intuirlo; eppure, una caparbia speranza che non
sapeva nemmeno di provare lo tenne in bilico fino all’ultimo istante.
“Io… lo amo,” dichiarò la giovane
donna in un lieve respiro e con lo sguardo basso, facendo scivolare le
mani via dalle sue spalle.
Kakashi avvertì un’improvvisa
sensazione di vuoto allo svanire del suo tocco, poi una morsa
silenziosa strinse il suo cuore con forza, allentandosi un po’ solo
quando nella sua mente l’espressione felice di Sakura si sovrappose a
quella di apatica rassegnazione di Tenzo, sotto cui si nascondeva
un’amara tristezza.
Non diversamente da molti giorni
prima in ospedale, chinò il capo e appoggiò la fronte sulla spalla
della kunoichi, celando il momento di disorientamento; con i pugni
chiusi sulle ginocchia e un breve sospiro, pensò che Tenzo fosse un
fottuto bastardo molto fortunato ma con poca fiducia in se
stesso.
“Non si fanno questi giochetti,
Sakura, soprattutto senza preavviso,” la rimproverò in modo troppo
flebile per risultare convincente.
Come aveva immaginato, erano arrivati
a un punto di svolta in modo tutt’altro che razionale, ma era stato lui
a farsi intrappolare facilmente nello stratagemma ideato dalla sua
ex-allieva per capire i suoi veri sentimenti.
“Eh, mi dispiace,” si scusò Sakura,
imbarazzata dal soffio caldo delle sue parole che rimarcavano l’azione
impulsiva che aveva compiuto.
Se non l’avesse anticipata, infatti,
l’avrebbe sicuramente baciato lei e, per quanto potesse essere
considerato un comportamento stupido, di sicuro si era rivelato
efficace.
“Ma alla fine mi hai baciata tu,” precisò, stropicciandosi gli occhi per asciugare le lacrime in un gesto infantile.
Recuperato un minimo di contegno, Kakashi sollevò lo sguardo su di lei.
“Certo, prima che mi venisse un infarto,” ribatté in tono leggero, ma poi tornò di nuovo serio.
“Comunque, anche se non mi
dispiacerebbe far penare ancora un po’ Tenzo, credo che dovresti andare
da lui,” la esortò, accettando la sconfitta come l’amico aveva fatto
poco prima, sebbene il suo cuore si contraesse a un ritmo più veloce
del solito in segno di protesta.
Sakura rimase qualche secondo in
silenzio, poi riprese il cardigan e si alzò trovando Kakashi che la
fissava con le labbra piegate in un sorriso abbozzato; si chiese quanto
fosse sincero, ma una volta sciolta la tensione l’urgenza di muoversi
era talmente intensa che accantonò quel pensiero velocemente, poco
prima di saltare giù dal tetto dell’ospedale nelle vie semilluminate
del villaggio.
Le parole di Kakashi risuonavano ancora nella sua testa e,
istintivamente, Sakura affrettò il passo verso la sua meta, fremendo
per il desiderio di incontrare Tenzo: desiderava gettargli le braccia
al collo e baciarlo fino a farsi mancare l’aria, immergersi in quelle
sensazioni intense e travolgenti che il proprio corpo le aveva
dimostrato di poter provare solo sotto il suo tocco.
Un improvviso calore si diffuse sul suo viso e ringraziò di essere da
sola per non dover nascondere il vistoso rossore sicuramente evidente
sulle sue guance; era la prima volta che si lasciava andare a pensieri
simili in modo consapevole e, con essi, sotto l’imbarazzo, sentiva il
battito d’ali leggero e veloce di molte farfalle nel suo
stomaco.
Mentre imboccava una stradina secondaria per evitarne una più
frequentata, si chiese quando esattamente fosse nato quel sentimento e
come si fosse camuffato fino ad allora, divertendosi a complicare
enormemente la sua vita negli ultimi mesi.
Ricordava ancora momenti della loro prima missione insieme, quando
aveva sostituito Kakashi costretto in un letto d’ospedale: ricordava i
suoi tentativi di rendere equilibrato il nuovo Team 7 dopo
l’inserimento di Sai, la rivelazione del suo modo bizzarro di imporre
“la legge del terrore”, ma soprattutto il suo atteggiamento pacato e
tranquillizzante quando piagnucolando si era lamentata di non riuscire
a proteggere Naruto.
Era stato in quell’occasione che l’aveva sorpresa con poche e semplici
parole; anche se interrotto dal risveglio di Naruto, Sakura aveva colto
in modo chiaro la sua allusione ai sentimenti che, secondo lui, provava
per il compagno di squadra, sofferente sotto le sue mani illuminate dal
chakra.
Non molto tempo dopo, realizzando di sentire davvero per il nuovo eroe
di Konoha qualcosa in più dell’amicizia, si era ritrovata a chiedersi
come Tenzo fosse riuscito a intuirlo, pur conoscendola appena.
Forse spinta proprio dalla curiosità per la sua apparente capacità di
comprenderla, gli si era avvicinata piano piano, fermandosi a
chiacchierare con lui del più e del meno ogni volta che ne aveva
l’occasione.
A pochi isolati dalla casa di Tenzo, Sakura si fermò appoggiandosi a un
muretto, colpita a tradimento da un ricordo inaspettato in quella
serata già abbastanza agitata.
L’aveva ormai da anni metabolizzato e messo da parte, eppure forse si
nascondeva proprio lì il tassello mancante che aveva a lungo ignorato.
Poco dopo la fine della guerra, quando avevo quasi raccolto il coraggio
per confessare i suoi sentimenti all’amico d’infanzia, era stata
costretta ad arrendersi di fronte all’amara scoperta che Sasuke era
stato e sarebbe sempre stato per Naruto la persona più importate:
durante una serata tra amici, sotto l’occhiataccia silenziosa
dell’Uchiha, l’esuberante ninja biondo aveva rivelato che si
frequentavano da qualche tempo.
In pochi secondi, Sakura si era sentita abbandonata e messa da parte
per l’ennesima volta e, al suono del suo cuore infranto, aveva lasciato
con una scusa il locale per ritrovarsi una mezz’ora dopo a piangere nel
salotto di Tenzo, davanti a una tazza di tè e confortata dalle sue
parole e dalla sua presenza.
Le era sembrato naturale andare da lui che era stato in grado, anche
prima di lei, di comprendere i suoi veri sentimenti per Naruto, così
come le era sembrata naturale l’amicizia che era cresciuta sempre più
negli anni successivi.
Ma evidentemente, come dimostravano gli eventi degli ultimi mesi, aveva
sbagliato ancora una volta a valutare la situazione, confusa dalla
contemporanea vicinanza di Kakashi.
Forse intuendo la sua sofferenza, dopo il diffondersi della notizia
sulla relazione tra Naruto e Sasuke, il jounin aveva escogitato tutti i
modi possibili per distrarla, dall’allenamento improvvisato al ramen
offerto in modo apparentemente casuale.
Era stato in quel periodo che la sua premura e la sua gentilezza
avevano creato nel suo cuore un violento e inaspettato tumulto che si
era placato solo nelle ultime settimane, per poi cessare
definitivamente pochi minuti prima.
Con l’impressione che tutti i tasselli del rompicapo fossero finalmente
nel posto giusto, Sakura si staccò dal muretto e percorse sempre a
passo svelto gli ultimi metri che la separavano da casa dell’uomo.
Era stata davvero una sciocca a trascurare alcuni segnali recenti o a
non attribuirgli il corretto peso: la piacevole sorpresa di sentire
Tenzo rivelarle il suo vero nome, che non aveva mai avuto il coraggio
di chiedergli nonostante la forte curiosità; il fastidio irrazionale
per la tranquillità con cui sembrava accettare i suoi sentimenti per
Kakashi; la leggera inquietudine provata per la mancanza di spontaneità
tra di loro dopo la sua confessione.
Quando arrivò davanti alla porta del suo appartamento, la kunoichi
ripensò per un istante a come aveva lasciato il jounin, con lo
sguardo perso nel vuoto e incapace di guardarla negli occhi; una
piccola stretta all’altezza dello sterno le comunicò che la rabbia
iniziale era svanita, anche se alcune domande inevitabili ronzavano
ancora nella sua testa.
Suonò il campanello, consapevole di aver tardato anche troppo.
Tenzo si accorse di essersi assopito solo quando il campanello suonò, prima in modo indistinto, poi in modo più chiaro.
Con un mugugno di protesta nei confronti dell’ignoto visitatore, si
tirò su a sedere e si passò una mano sul viso assonnato, domandandosi
chi diavolo potesse essere a quell’ora.
Era sul punto di ributtarsi sotto le lenzuola quando il suono
prolungato e insistente del campanello rischiò di assordargli un
orecchio: chiunque fosse, aveva senza dubbio molta urgenza.
Rifiutandosi di azzardare qualsiasi congettura, si alzò dal letto, si
infilò una maglia sopra il pantalone e raggiunse l’ingresso di casa.
Quando aprì la porta e si trovò davanti l’espressione preoccupata di
Sakura, per poco il suo cuore non si arrestò di colpo, come se il tempo
si fosse bloccato all’improvviso.
“Allora stavi solo dormendo!” esclamò la kunoichi con una evidente nota
di sollievo nella voce, osservando i suoi capelli castani un po’
spettinati e i suoi occhi ancora velati dal sonno.
Non aveva elaborato un pensiero preciso sul motivo di un ritardo alla
fin fine prevedibile, eppure sentiva in gola i residui dell’ansia che
l’aveva spinta a suonare più volte, per scacciare dalla mente
l’immagine recente della silenziosa sofferenza dell’uomo.
Ascoltandola parlare, Tenzo ebbe l’impressione che gli ingranaggi di un
orologio si riattivassero tornando a scandire i secondi.
“Cos’altro potevo…” iniziò, ma fu interrotto dalle braccia di Sakura strette in modo inaspettato intorno al suo collo.
Sentì il proprio battito cardiaco accelerare immediatamente, al profumo
familiare della kunoichi, alla morbidezza dei suoi capelli contro la
guancia, alla sensazione del suo seno premuto sul torace.
D’istinto, le appoggiò con delicatezza le mani sulla schiena, senza
osare avvicinarla di più a sé, ma godendosi ogni istante di quel
contatto insperato.
“Sakura, perché sei qui?” domandò, infondendo in poche parole incredulità e timore di illudersi.
Percependo la cautela nella sua voce e nei suoi gesti, la giovane donna
si scostò un po’ da lui senza interrompere il loro abbraccio e lo
guardò rivolgendogli un breve sorriso.
“Secondo te perché?” gli chiese di rimando.
Ignorando i segnali di trepidazione del proprio cuore, il jounin
sostenne il suo sguardo intenso con un’espressione tesa: avrebbe voluto
farsi catturare dallo smeraldo dei suoi occhi, ma la probabilità di
ricadere vittima dello stesso abbaglio di alcune settimane prima lo
frenava.
“Non lo so,” disse incerto.
Sakura soppresse un pizzico di disappunto, poi in risposta si alzò
veloce sulle punte, appoggiandosi con le mani alle sue spalle, avvicinò
in fretta le proprie labbra alle sue e lo baciò.
Colto di sorpresa Tenzo rimase fermo, accettando però piacevolmente il comportamento inaspettato della kunoichi.
Il suo primo pensiero razionale fu quello di rientrare in casa: senza
interrompere il bacio, fece scivolare le mani intorno alla sua vita e
la sollevò da terra, il tempo necessario per indietreggiare di qualche
passo e ritrovarsi nella penombra del suo appartamento.
Si girò per chiudere la porta con un piede, poi si staccò da lei e la fissò serio.
“Sei davvero sicura di questo?”
Il suo tono era ancora una volta circospetto e la giovane donna provò
un forte fastidio; era come se non riuscisse a comunicargli le
sensazioni che, standogli accanto, si agitavano dentro di lei e
ritornassero inevitabilmente al punto di partenza.
“Perché me lo stai chiedendo ancora?” ribatté seccata, stringendo i pugni contro il suo petto e scrutandolo accigliata.
“Ti è così difficile credere che io possa… amarti davvero?” gli
domandò, esitando un istante a causa di un improvviso e inspiegabile
imbarazzo.
L’aveva dopotutto già detto ad alta voce a una terza persona, eppure
rivelarlo al diretto interessato le fece salire un violento rossore
sulle guance, costringendola a distogliere lo sguardo.
Tenzo sentì l’aria mancargli: avrebbe voluto davvero che ogni ombra di
dubbio si potesse dissipare all’istante, ma un altro errore avrebbe
danneggiato in modo irreparabile il loro rapporto e non voleva correre
il rischio.
“Non riesci nemmeno a dirlo guardandomi negli occhi…” constatò con un
tono più amaro di quanto fosse sua intenzione, sciogliendo il loro
abbraccio.
“Eh, ma non è assolutamente vero!” esclamò sconcertata, puntando di
nuovo su di lui le sue iridi verdi agitate da un evidente turbamento.
“È solo che…”
“È solo che se non fosse così… e ci sbagliassimo ancora, non
riusciremmo più a parlare normalmente,” la interruppe, portando a galla
paure e incertezze.
A Sakura parve di aver ricevuto uno schiaffo in pieno viso che sortì
come unico effetto quello di trasformare il nervosismo in rabbia.
“Ora ti preoccupi del nostro rapporto?!” gli rinfacciò alzando la voce,
i pugni ora stretti lungo i fianchi. “Non saremmo arrivati a questo
punto se mi avessi detto la verità su Kakashi fin da subito!” lo accusò
tagliente, con l’irritazione che lampeggiava nei suoi occhi in
tempesta.
Tenzo incassò il suo rimprovero in silenzio, incapace di trovare una sola parola di risposta.
“Perché non me l’hai detto? Per proteggermi o per egoismo? Per cosa
esattamente?” continuò la kunoichi in modo concitato, approfittando
della sua esitazione.
“Se avevi detto che volevi dimenticarlo, sarebbe cambiato davvero così
tanto?” replicò il jounin, sforzandosi di cercare un punto debole nel
muro alto della sua difesa, una feritoia che confermasse la sua
precedente dichiarazione.
Se amava lui e non Kakashi, anche sapere dei sentimenti dell’uomo per lei non avrebbe dovuto alterare quello che provava.
“Certo che sarebbe cambiato, l’avrei capito prima piuttosto di…”
Guidata dalla rabbia, Sakura gli rispose d’impulso, ma si bloccò non appena nella sua testa si formulò il seguito della frase.
“Piuttosto di?” la incalzò l’uomo, alzando un sopracciglio con aria interrogativa.
La giovane donna abbassò lo sguardo, mordendosi la lingua: stava per
lasciarsi sfuggire un particolare che avrebbe preferito omettere.
“Sakura, piuttosto di?” ripeté Tenzo, provando una insolita curiosità suscitata dalla sua ritrosia.
Seccata dalla sua insistenza, la kunoichi lo fissò con un’aria di sfida e con tutta la sicurezza che riuscì a racimolare.
Piuttosto di perdermi in inutili ragionamenti, piuttosto di rovinare il
nostro rapporto con l’incertezza, piuttosto di dubitare di te…
Avrebbe potuto rispondere in quelli e in tanti altri modi, eppure
scelse la continuazione reale nella speranza che potesse scuoterlo e
liberarli da una situazione di stallo.
“Piuttosto di dover baciare Kakashi per capire che con lui non provo le
stesse cose!” gli spiattellò tutto d’un fiato, quella volta senza
perdere il contatto con i suoi occhi
nocciola.
Il cervello di Tenzo registrò subito la prima parte della frase, o
meglio lo fece il suo stomaco, perché avvertì qualcosa contorcersi nel
suo addome, in modo più doloroso rispetto a quando la sua immaginazione
si era divertita a creare ipotetiche situazioni intime tra Kakashi e
Sakura.
Se non avesse avuto un buon controllo sulle proprie emozioni, probabilmente non avrebbe ascoltato il resto.
“Tu cosa?”
“Ho baciato Kakashi,” gli rispose prontamente la kunoichi.
Percependo la malizia nella sua voce, l’uomo le scoccò un’occhiataccia,
poi emise un sospiro di stanchezza, sentendo tuttavia una imprevista
calma calare lentamente su di lui.
“No, la seconda parte della frase,” precisò per accertarsi di avere inteso correttamente.
Sakura lo fisso seria.
Tenzo sembrava aver abbandonato finalmente l’atteggiamento guardingo e
col suo cambiamento avvertì buona parte dell’irritazione che l’aveva
assalita scivolare via.
“Non ho provato le stesse sensazioni, e non so perché, semplicemente è così!” affermò decisa.
“Allora ripetilo senza guardare altrove,” la esortò il jounin dopo lunghi istanti di silenzio.
La giovane donna impiegò qualche secondo per comprendere a cosa si
riferisse, ma poi decise di accettare la sua provocazione e ridusse di
nuovo la distanza tra di loro.
L’uomo attese immobile, curioso di sapere cosa avrebbe fatto, con un
lieve compiacimento per il suo spirito d’iniziativa. Voleva una
conferma delle sue parole, anche se i timori e i dubbi del suo inquieto
dormiveglia apparivano ormai un tormento lontano.
Al tocco caldo e delicato delle sue dita sulla guancia rimanere fermo
fu un po’ più difficile, ma resisté godendosi la visione del suo volto
sempre più vicino e poi il bacio leggero che seguì.
Quando si allontanò da lui per guardarlo, i suoi occhi erano di un
verde luminoso e le sue labbra schiuse erano ancora colorate dal rosa
più scuro del rossetto.
“Io… ti amo… anche se non so come è successo,” dichiarò Sakura arrossendo.
A quel punto, Tenzo lasciò che il suo cuore si liberasse una volta per
tutte della pesante zavorra che l’aveva trattenuto: mise una mano
dietro la sua nuca, avvicinò di nuovo il suo viso al proprio e si chinò
a baciarla, con calma ma in modo appassionato.
Dopo momenti che gli parvero piacevolmente interminabili, interruppe il
contatto delle loro labbra per riprendere fiato e parlarle.
“In ogni caso, io so come potrebbe proseguire,” disse con un sorriso.
Fece poi scivolare la mano dal collo della kunoichi fino al centro
della sua schiena, arretrò di un passo e senza preavviso l’alzò da
terra; con sua grande sorpresa, Sakura si ritrovò contro il suo torace,
un braccio dietro le ginocchia e l’altro all’altezza delle scapole.
“Sei impazzito?” mormorò, appoggiando istintivamente una mano sulla sua spalla, mentre un ricordo affiorava nella sua mente.
Molti anni prima, Tenzo l’aveva sorretta tra le braccia in quello stesso modo.
Ferita da Naruto trasformato in Kyuubi, non era riuscita a tenersi a un
albero ed era scivolata, ma il jounin l’aveva fortunatamente afferrata
al volo e salvata da una rovinosa caduta. Allora, però, era stata poco
consapevole della sua vicinanza fisica, poiché il dolore al braccio era
molto più intenso.
Ricordava ancora in modo chiaro quando aveva affermato che avrebbero
fatto una breve sosta così da permetterle di riprendersi,
contraddicendo l’ipotesi precedente di lasciare indietro Naruto per non
rischiare di rallentare la missione.
“Potrebbe essere, ma credo che il letto sia più comodo per ciò che ho in mente,” le rispose in tono pratico.
Persa tra i ricordi, non capì cosa c’entrasse un letto comodo, ma
appena l’uomo iniziò a camminare verso la sua camera realizzò cosa
intendesse esattamente.
Confusa e stupita, non riuscì a dire nulla finché non sentì il materasso sotto la sua schiena.
“Tenzo…” sussurrò.
Nonostante le travolgenti sensazioni delle settimane precedenti, non
erano mai andati oltre, fermandosi a qualche bacio e a qualche carezza
un po’ più ardita, ma non avrebbe saputo dire se intenzionalmente o
meno.
A quanto sembrava, però, qualsiasi remora avesse avuto Tenzo,
irrazionale o razionale che fosse, ormai era
svanita.
“Vuoi che mi fermi?” domandò pacato.
Il calore dell’uomo sopra di lei era come al solito rassicurante e
pensò che non avrebbe potuto dirgli no nemmeno se avesse voluto.
“No, è solo che…” iniziò con il volto in fiamme, ma un bacio le chiuse la bocca con delicatezza.
Alcuni secondi dopo, gli occhi marroni del jounin la scrutavano divertiti.
“Lo so ed è solo un motivo in più per procedere con calma,” mormorò a
pochi centimetri dalle sue labbra, “dopotutto abbiamo una notte
intera.”
Sakura non rispose, ma strinse le dita sulle sue spalle prima di
passargli una mano tra i capelli e far scorrere l’altra sulla sua
schiena.
La solidità del corpo di Tenzo sotto il suo tocco era una dolce
certezza e quel pensiero fu sufficiente a cancellare sia il disappunto
per la sicurezza con cui sapeva che quella sarebbe stata la sua prima
volta, sia soprattutto la tristezza, l’amarezza e l’angoscia delle ore
precedenti.
La giovane donna accolse il suo nuovo bacio con il cuore che batteva
veloce, sperando che la stessa felicità di quei momenti potesse far
parte della loro vita il più a lungo possibile.
Sakura maledisse la sua decisione di crescere i capelli, perché ogni
gesto di Ino per realizzare l’acconciatura, da lei vivamente suggerita,
le sembrava una tortura premeditata.
“Ahia, puoi tirare di meno?” borbottò all’ennesimo sofferto colpo di spazzola.
“Eh, credo di non aver mai sentito una sposa tanto lamentosa!” esclamò
gioviale l’amica, ignorando la nuova protesta per sistemare al posto
giusto una delle ultime ciocche rosa. “Si vede che hanno avuto
parrucchiere migliori…”
“Non solo la testimone ti fa anche da parrucchiera e ti lamenti, fronte
spaziosa?” replicò Ino, rivolgendole un’occhiata attraverso lo
specchio.
“In ogni caso, ho quasi terminato, piuttosto osserva il risultato e
pensa alla faccia del tuo futuro marito,” le suggerì con un sorriso
divertito.
Alla parola “marito” Sakura sentì un’emozione intensa vibrarle nel
petto, tingendo di rosso le sue guance: anche se era passato un anno
dalla proposta di matrimonio di Tenzo e mancavano poche ore alla
cerimonia, ancora non riusciva a credere che sarebbe diventata davvero
sua moglie.
Ricordava alla perfezione la notte in cui aveva desiderato con tutta se
stessa che potessero vivere felici insieme, almeno per il tempo che il
loro mondo precario avrebbe voluto concedergli; e ora, a distanza di
pochi anni da quel giorno, il suo desiderio avrebbe avuto un giuramento
solenne.
“Allora?” insisté Ino, distogliendola dai suoi pensieri.
La kunoichi sobbalzò appena, ammettendo di essersi distratta, poi
eseguì il consiglio dell’amica e scrutò il proprio riflesso: i capelli
erano raccolti in alto in uno chignon, da cui sfuggivano alcune lunghe
ciocche arricciate che le incorniciavano morbidamente il viso, su cui
il trucco metteva in risalto gli occhi verdi e le labbra sottili.
“Mi raccomando, la strategia corretta è quella di farlo svenire
soltanto dopo il sì,” le sussurrò l’amica nell’orecchio, contribuendo
ad accentuare il suo rossore.
“Ino, sei malefica,” la rimproverò Sakura con ben poca convinzione.
Pochi secondi dopo, la stanza fu riempita dal suono delle loro risate
ai danni dello sposo, che ad alcuni isolati di distanza camminava
nervosamente nella propria camera in attesa del sarto e del proprio
kimono.
"Tenzo, se percorri di nuovo gli stessi metri, si creerà un fosso," lo
avvertì Kakashi in tono pratico, appoggiato alla finestra con le
braccia conserte, mentre gettava qualche sguardo verso la strada.
Finalmente l'amico si fermò e lo guardò, con un'espressione a metà tra lo spazientito e l'agitazione.
"Ma doveva essere qui mezz'ora fa," protestò.
"Avrà avuto un contrattempo, ma se ti fa sentire più tranquillo, come
Hokage, posso organizzare una missione veloce per trovarlo," propose
l'altro ironico, anche se la sua voce era calma e seria.
Tenzo gli scoccò un'occhiataccia, poi sospirando si sedette sul letto.
“Eh, sei un idiota, ma grazie,” disse, cercando di rilassarsi.
"Beh, prego, ma ti stai preoccupando troppo, vedrai che arriva a momenti," lo rassicurò Kakashi.
"Sì, però…"
"Però cosa? Hai paura che se tardi la sposa scappi prima del sì?" gli chiese il nuovo Hokage con un sorriso.
Il suo intento era quello di sdrammatizzare, dopotutto era consapevole
che un ripensamento di Sakura era impossibile, ma l'ansia che comparve
improvvisamente sul viso dell'amico lo spiazzò.
"Tenzo, levati strane idee dalla testa,” disse pacato dopo qualche
istante di silenzio, spostandosi dal davanzale della finestra per
guardarlo meglio negli occhi.
“Sakura è una persona molto determinata, se avesse avuto qualche dubbio non saremmo qui a discuterne,” affermò.
Tenzo sostenne per un po’ il suo sguardo, poi si voltò per osservare
una foto sul comodino: dalla cornice in legno, Sakura gli sorrideva
serena, stretta al braccio di un se stesso di pochi anni prima.
L’avevano scattata dopo che avevano iniziato a frequentarsi
apertamente, un giorno in cui la kunoichi gli aveva fatto notare che
non avevano nessuna foto insieme.
Anche se lontano nel tempo, il suo sorriso gli scaldava sempre il cuore e in quel momento ne aveva un grande bisogno.
Condivideva appieno l’affermazione di Kakashi e in effetti non dubitava
minimamente di Sakura; tuttavia, a poche ore dal matrimonio, nonostante
il desiderio di legare la sua vita a quella della giovane donna in modo
indissolubile, si era ritrovato lo stesso assalito dal timore di non
essere abbastanza, che col tempo avrebbe potuto magari stancarsi di lui.
“E se si stancasse di me?” disse esprimendo ad alta voce i suoi pensieri.
“Sarà meglio che non accada, perché vorrà dire che l’avrai fatta
soffrire in qualche modo e, in quel caso, potrei diventare uno dei tuoi
peggiori incubi,” lo ammonì l’uomo davanti a lui, con gli occhi scuri
che lo fissavano seri.
Il suo tono era apparentemente tranquillo, ma Tenzo lo conosceva
abbastanza bene da percepire la verità insita in quelle parole che,
paradossalmente, riuscirono a dissolvere buona parte della tensione che
provava.
“Eh, forse avrei dovuto scegliere un testimone meno problematico,” dichiarò passandosi una mano tra i capelli.
Kakashi scrollò le spalle indifferente, poi guardò fuori dalla finestra e si girò di nuovo verso di lui.
“Sicuramente ne hai scelto uno che ha sempre ragione, perché quello
deve essere il sarto,” replicò, indicando con un cenno un punto
indeterminato della strada.
Tenzo si alzò subito dal letto e andò ad affacciarsi per confermare
l’ipotesi dell’amico, scorgendo un uomo di mezza età che camminava
veloce con un vestito tra le mani.
“È lui finalmente, chissà che diavolo di scusa si inventerà,” borbottò, sentendosi però sollevato nel vederlo.
Era sul punto di dirigersi verso l’ingresso quando lo squillo di un
cellulare segnalò l’arrivo di un messaggio; il jounin al suo fianco
prese il telefono da una tasca, lesse rapidamente il testo e rispose in
modo altrettanto veloce, suscitando la sua curiosità.
“Che dice la tua misteriosa fidanzata?” lo canzonò scandendo con enfasi le ultime parole.
Si era accorto da un po’ di tempo che stava frequentando qualcuno, ma non era ancora stato in grado di tirargli fuori il nome.
“Non è la mia fidanzata,” replicò Kakashi senza batter ciglio mentre
posava il telefonino. “E in ogni caso, non avevi altre preoccupazioni
fino ad un attimo fa, futuro marito?”
“Beh, potresti anche aiutare a distrarmi, no?” suggerì lo sposo inarcando leggermente le sopracciglia.
“Se insisti ho qualcosa di più efficace in mente, ma suppongo tu voglia
arrivare integro alla cerimonia,” rispose l’Hokage semiserio.
“Uhm, sei un testimone quasi inutile,” commentò Tenzo con un sorriso,
felice di poter conversare tranquillamente con lui in quel particolare
momento della propria vita, con il passato ormai dimenticato alle loro
spalle.
Poco dopo, il suono del campanello di casa gli annunciò l’arrivo del
sarto e un piacevole senso di anticipazione si fece strada nel suo
petto.
Un venticello leggero agitava le fronde degli alberi che ornavano il
giardino del ristorante, circondando il piccolo santuario dove si
sarebbe svolta la cerimonia.
Essendo riuscita a condurre Sakura a destinazione con i capelli e
l’irouchikake in perfette condizioni, Ino osservava compiaciuta l’amica
accanto allo sposo, elegante e indubbiamente attraente nel suo hakama
scuro.
Era molto contenta che avesse finalmente trovato qualcuno con cui
essere davvero felice, dopo i sentimenti tormentati e inconcludenti per
Sasuke e Naruto, e che stesse per compiere il passo importante del
matrimonio.
Immersa nelle sue riflessioni, si accorse della presenza silenziosa al
suo fianco solo quando l’uomo tossì come segnale di avviso.
“Direi che hai fatto un buon lavoro con trucco e parrucco,” affermò, riprendendo le parole del suo messaggio.
Ino avvertì un brivido piacevole lungo la schiena nell’ascoltare la sua
voce profonda, ma si sforzò di controllarsi e si girò verso di lui
indirizzandogli un sorriso.
“Anche il sarto smarrito mi pare si sia fatto perdonare, oppure è stato
necessario minacciarlo per ottenere quel risultato?” chiese curiosa.
Kakashi pensò che in realtà aveva dovuto minacciare lo sposo, tuttavia
tenne per sé quella risposta e preferì immergersi il celeste inteso dei
suoi occhi.
“Nessuna minaccia, ha fatto tutto da solo,” replicò.
Ino continuava a guardarlo sorridente e il jounin ringraziò il
sacerdote che comunicava ai presenti l’inizio della cerimonia, perché
già sentiva le solite domande sui propri sentimenti emergere
rumorosamente nella propria testa.
“Suppongo che adesso il sacerdote abbia bisogno dei testimoni,” disse piegando le labbra in un sorriso nascosto.
La kunoichi al suo fianco annuì e insieme raggiunsero gli sposi, in
quel momento troppo concentrati l’uno sull’altro per dare particolare
importanza al loro arrivo.
Tenzo guardò ancora una volta Sakura nel suo magnifico kimono rosso,
decorato anche con alcuni fiori di ciliegio che erano un perfetto
richiamo al suo nome e al colore dei suoi capelli; il suo cuore palpitò
nell’ammirare la bellezza della donna che sarebbe diventata a breve sua
moglie e il jounin si trattenne a stento dall’accarezzarle i lineamenti
delicati del viso, messi in risalto dai capelli raccolti in alto.
D’istinto, allungò una mano per stringere quella di Sakura che ricambiò
subito la sua stretta, rivolgendogli un sorriso che gli tolse il
respiro.
Iniziarono a seguire l’officiante verso il tempio e dopo pochi passi
Tenzo parlò, il vago timore di poche ore prima debole ma ancora
aleggiante dentro di
lui.
“Sei davvero sicura?” chiese in tono sommesso.
La kunoichi lo guardò di sottecchi, non capendo perché glielo chiedesse
proprio in quel momento, ma non smise di sorridergli, sicura di una
propria scelta come non lo era mai stata fino ad allora. Forse era una
sposa anomala, ma non aveva provato nessuno dei fatidici dubbi prima
del matrimonio di cui aveva tanto sentito parlare.
“La risposta è sempre la stessa di quella notte,” replicò calma,
alludendo al giorno in cui avevano definitivamente chiarito i
rispettivi sentimenti.
Continuò a camminare, ma la domanda successiva dell’uomo rischiò
davvero di farla bloccare nel mezzo del tragitto con un’espressione
scioccata.
"Sicura che non ti stancherai di me?" chiese ancora Tenzo.
Quella volta Sakura girò il viso completamente verso di lui e indagò i
suoi occhi nocciola: erano seri, sfumati dall'incertezza, ma riscaldati
dalla speranza e dall'amore.
"Come potrebbe mai succedere…" si limitò a dire incapace di proseguire, sopraffatta dall'emozione.
Con lui si era sentita per la prima volta amata davvero, per la prima
volta capita e accettata per quella che era, con i suoi difetti e i
suoi pregi, senza essere lasciata indietro perché troppo fastidiosa o
non abbastanza importante.
Cercò qualcosa da dire che potesse riassumere il suo pensiero, ma non ci riuscì.
Erano ormai arrivati alla sala dove si sarebbe svolto il rito, quando
Tenzo sciolse l'intreccio delle loro dita e fece scivolare dolcemente
una mano dietro la sua schiena.
Potendo finalmente guardarlo meglio, Sakura notò la sua espressione
rilassata e le sue iridi ora più calme e sicure. Forse era riuscita a
comunicargli ciò che provava e si sentì in qualche modo più serena.
Osservò di nuovo ammirata come il kimono calzasse a pennello sul suo
fisico asciutto e come sul colore scuro dell'abito risaltassero
ugualmente i capelli castani, un po' scompigliati dal vento.
"Spero sia così, perché credo che non ti lascerei andare tanto
facilmente," le disse con un sorriso disarmante, scostandole una ciocca
dagli occhi.
Sakura arrossì, sentendo anche nelle orecchie il battito frenetico del proprio cuore.
In vari modi, era sempre stato accanto a lei, fin da quando si erano
conosciuti, e le sue parole le riempirono il petto col desiderio che
potesse essere così per tutti gli anni avvenire.
"Non vorrei che fosse diversamente," mormorò sorridendogli, poco prima che il sacerdote desse inizio alla cerimonia.
Note dell'autrice
Con
questo capitolo siamo arrivati alla fine di una storia che è nata per
puro caso e non immaginavo che si sarebbe sviluppata così tanto.
Non so quanta suspense sia riuscita a creare sulla scelta di Sakura, ma
neanche io all'inizio pensavo si finisse con un matrimonio.
In ogni caso mi sono divertita molto a complicare la vita ai tre protagonisti, per loro sfortuna.
Grazie a chi ha seguito la storia fino a qui^^
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