Lo specchio delle brame

di Drown_
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Cosa darei per non esser me stesso.
Ho perso il conto, ormai, di tutte quelle volte che ho immaginato di esser qualcun altro, un adolescente qualsiasi.
Seduto sui gradini della scala che portava al piano superiore, osservavo da lontano le eccessive moine che zia Petunia riservava solo ed esclusivamente a mio cugino e, per quanto fossero nauseanti, avrei donato tutti i miei soldatini allineati sulla mensola del sottoscala pur di ricevere anche io uno di quegli abbracci.
Ho invidiato silenziosamente Daddley ad ogni suo compleanno, quando apriva con ingordigia montagne di regali che poi si divertiva a rompere con gli amici pochi giorni dopo.
Chissā cosa si prova a ricevere un regalo.
Chissā cosa si prova ad avere degli amici.
Chissā cosa si prova ad avere amore.
E mentre tutti gli altri, scrutando oltre quello specchio antico ed impolverato, possono riflettersi assieme ai loro pių materiali desideri, io mi vedo minuscolo nel mio maglioncino rosso lavorato a mano da dita gentili ed affettuose.
Le gracili spalle sostenute da due figure sorridenti pronte a sorreggermi in ogni mio attimo di debolezza: 
Lily e James.
Solo da pochi mesi conosco davvero la loro storia.
Per anni ho vissuto con la convinzione che mi avessero abbandonato a me stesso, senza un passato e senza un futuro, in seguito alla loro morte in un incidente d'auto; fino a che, un giorno, Hagrid fece irruzione a casa Darsley.
Fu cosė che scoprii di essere un mago.
Scoprii la notorietā che portava il mio nome, e ne rimasi travolto.
Non ero e non sarō mai pronto per reggere il peso di quella fiducia che gli altri nutrivano e nutrono tutt'ora in me, come fossi il loro salvatore, il prescelto.
"Ho sentito che Harry Potter č finalmente arrivato ad Hogwarts!" 
"E' un onore conoscerla, Signor Potter!"
"E' chiaro che possiamo aspettarci grandi cose da lei"
Enormi responsabilitā, quando a malapena so chi sono.
Istintivamente mi porto la mano alla fronte e, con i polpastrelli, percorro il solco a forma di saetta inciso sulla pelle.
Pizzica, maledizione!
Per molti, essa č il simbolo della liberazione, ma per me una condanna che ogni giorno mi ricorda i miei genitori morti per salvarmi la vita.
La realtā torna crudele ai miei occhi, sono solo.
Io e i miei 11 anni.




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