All the endings we deserve

di Alley
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Quello in cui Dean si muove non è semplice buio. Nel buio hai percezione di quello che è nascosto alla vista, hai un sentore vago ma persistente dello spazio che ti circonda, hai riferimenti presenti pur nella loro assenza. Quello in cui Dean si muove non è semplice buio: è niente.

Castiel non può passare l’eternità in un posto del genere. Dean non lo permetterà.

“Gli umani non hanno diritto d'accesso.”

La voce che gli parla potrebbe provenire da un punto qualsiasi o star risuonando direttamente tra le pareti della sua testa: Dean non è in grado di stabilirlo.

“Eppure eccomi qui.” È come se il Vuoto ringhiasse. La potenza di quella reazione riverbera tutt’intorno come una scossa di terremoto, generando un’onda d’urto da cui Dean viene quasi abbattuto. “Sono venuto per Castiel.”

“Non avevo dubbi.” Lo scherno del Vuoto è come un getto di acido che gli ustiona la pelle. “Ricordo la prima volta che è stato qui. Rimpiangeva così tanto il fatto di non poterti avere.”

Dean serra la mascella e si sforza di mantenere il controllo. Non deve cadere nella trappola delle provocazioni: può ancora rimediare. Può dire a Castiel che si sbagliava. Può riportarlo con sé a casa e passare il resto della vita a dimostrarglielo.

“Abbiamo fatto un accordo, io e lui: dovresti saperlo.”

“Non ha senso mantenere i termini di un patto, se non sono più vantaggiosi. So come entrare: non ti lascerò dormire. Non ti darò pace. Sarò il tuo incubo peggiore.”

Il Vuoto sarà costretto a dar credito alla minaccia dopo l’ennesima incursione con cui Dean violerà il suo territorio. È disposto a farne dieci, cento, mille, tutte quelle che servono e anche di più. Non si arrenderà fino a quando non avrà ritrovato Castiel, esattamente com’è stato in Purgatorio. Esattamente come Castiel non ha mai fatto con lui.

“Se non ci credi, mettimi alla prova.”

Il silenzio esitante in cui l’istigazione ricade fa accendere dentro il petto di Dean una fiammella debole ma tenace. Vorrebbe poterla spegnere, perché la speranza è un nettare che fa presto a tramutarsi in veleno quando viene disattesa, ma non è qualcosa su cui abbia un reale potere.

“Se ci tieni tanto, va’ a prendertelo.”

Davanti a quella sollecitazione beffarda, Dean fa l’unica cosa che gli resta da fare: comincia ad avanzare. Non sa cosa aspettarsi: potrebbe essere una trappola; potrebbe essere l’inizio di un vagabondare che non lo porterà a Castiel né a nessun altra meta. Non può saperlo. Può soltanto avere fede.

In fondo, è proprio Castiel che gli ha insegnato a farlo.

Dean inanella passi fino a quando le piante dei piedi non iniziano a bruciargli e le gambe a dolergli, fino a quando non perde coscienza del suo stesso corpo. Ma non può fermarsi. Semplicemente, non può.

Tutt’a un tratto, emergono i contorni di una figura familiare. Dean non sa come facciano a risultare visibili, eppure il suo sguardo riesce a tracciarli con la stessa sicurezza con cui si segue una strada che si conosce a menadito.

Dean procede fino a quando la sagoma non si fa a portata di mano. A quel punto, gli poggia una mano sulla spalla, replicando il gesto con cui Castiel ha lasciato su di lui un’impronta penetrata molto più in profondità rispetto a dove è posta la porzione di pelle che la ospitava.

Quando Castiel si volta la sua espressione si apre, come uno squarcio d’azzurro liberato dell’ingombro delle nuvole.

Dean gli sorride di un sorriso pieno e sollevato. “Ciao, Cas.”





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