Kings
Don't close your eyes
The path we're seeking leads thousand miles away
Hold up the reins as we're not going to fall again
Kings without supermacy, suns without a reason to be
Over and over again
The fire will bend and strike at our command
Up where the winds cannot reach
Our kingdom will rise for the ones who believed!
(“Kings” – Frozen Crown)
Quella era stata una strana cena a casa dei
vichinghi.
Bjorn era tornato da York portando con sé una
nuova moglie, una certa Gunnhild, una shieldmaiden
rimasta vedova durante la battaglia che si era svolta settimane prima, e
anche delle buone notizie: Re Harald aveva preso piuttosto bene la sconfitta e
aveva accettato la proposta di unire il suo esercito a quello di Bjorn e
compagni per riconquistare Kattegat. Forse non c’era da fidarsi di lui al cento
per cento, visto che tutti sapevano che il suo vero obiettivo era diventare Re
di tutti i Norreni, ma nel frattempo sarebbe stato un valido alleato per
sconfiggere Ivar, poi… beh, l’avrebbero scoperto solo vivendo!
Nel pomeriggio, invece, era giunto
inaspettatamente Alfred, portando anche lui notizie… che qualcuno avrebbe
potuto ritenere buone, tutto sommato.
Aveva deciso di non infierire sulla madre Judith poiché aveva scoperto che era
gravemente malata, aveva una protuberanza sul seno che non sarebbe guarita. Ora
la donna non sarebbe più stata costretta a vivere prigioniera nelle sue stanze,
tuttavia il suo male si aggravava sempre più e la debolezza e le sofferenze le
impedivano di lasciare il letto.
E’ la giusta punizione per il suo crimine, aveva dichiarato Hvitserk, insolitamente severo.
Tuttavia aveva scorto un’ombra di malinconia sul volto di Aethelred e non aveva
insistito.
“Aethelred, so che ti chiedo molto” aveva
detto Alfred al fratello, “ma credo che dovresti vederla prima che lei muoia.
So che ti ha fatto del male, che ha cercato di ucciderti, ma nel suo folle
piano era convinta di stare facendo la cosa giusta. E adesso non potrà più
nuocerti.”
“Ma certo che no!” si intromise Hvitserk,
senza che nessuno lo avesse interpellato. “Aethelred non deve niente a quella
pazza e, comunque, non deve più mettere piede nella reggia. L’ultima volta che
ci è andato sarebbe morto se non fosse stato per noi!”
Alfred, però, aveva già letto nello sguardo
di Aethelred la risposta.
“Vengo con te, fratello. So già che, se non
lo facessi, me ne pentirei per il resto della mia vita” mormorò il Principe.
“Cosa? Tu non ce l’avresti neanche, una vita,
se fosse stato per lei. Non merita altro che di morire sola, come voleva che
accadesse a te!” protestò Hvitserk.
“E’ comunque mia madre, Hvitserk” replicò
pacato Aethelred. “Mi avevi detto che anche la tua non è stata una madre
perfetta per te e Ubbe e che per la sua negligenza avete rischiato la vita da
bambini.”
“Però lei non ha mai tentato consapevolmente di farci del male” chiarì
il giovane vichingo, sapendo però che non avrebbe mai convinto Aethelred. “Va
bene, allora vai pure a dirle addio, ma questa volta io verrò con te.”
“Mi fa piacere, Hvitserk, ma non ce n’è
bisogno” sorrise intenerito il Principe. “Non credo che la Regina possa cercare
di uccidermi adesso, è in fin di vita, e poi ci sarà Alfred con me. Sono certo
che, se lui non si fosse ammalato, lei non avrebbe mai avuto il coraggio di
mettere in atto il suo piano.”
“Lo so, non penso che tu corra rischi, non è
per quello” ribatté Hvitserk, stavolta più deciso e fissando il compagno negli
occhi con uno sguardo pieno di amore. “Voglio semplicemente starti vicino in un
momento difficile.”
Perché ti amo,
dicevano gli occhi di Hvitserk, e Aethelred arrossì, ancora poco abituato alle
consuetudini vichinghe di manifestare apertamente i propri sentimenti anche in
pubblico!
Tuttavia non era solo per quello che Hvitserk
aveva deciso di accompagnare Aethelred.
Mentre i tre giovani si recavano alla reggia
e attendevano di poter entrare nella stanza della Regina moribonda, il vichingo
pensò che Aethelred avrebbe avuto davvero bisogno di averlo vicino, non per
proteggerlo fisicamente bensì per ciò che Judith avrebbe potuto dirgli.
Hvitserk aveva ormai capito che la donna era folle, ma anche crudele e piena di
preconcetti nei confronti del primogenito ed era convinto che non si sarebbe
mostrata pentita, non ci sarebbero state scene commoventi di perdono e
riconciliazione… anzi!
E aveva perfettamente ragione.
Alfred e Aethelred si avvicinarono al
capezzale della Regina, mentre Hvitserk rimaneva indietro, sulla soglia della
stanza accanto ai servitori. Lui non era lì per dire addio a Judith, era lì
soltanto per Aethelred.
“Madre, sono venuto a farti visita” disse
Alfred. “So che stai molto male, ma forse la presenza dei tuoi figli potrà
aiutarti. Voglio che tu sappia che ti perdono per tutto il male che hai fatto a
Aethelred e per aver approfittato della mia malattia per i tuoi scopi. Hai
commesso molti errori nella tua vita, ma tutti noi ne commettiamo e tu credevi
di agire per il mio bene. Sei mia madre e ti perdono.”
La Regina Judith era irriconoscibile. In
pochissime settimane aveva perso molto peso e aveva il volto pallido e scavato,
gli occhi infossati nelle orbite e i capelli prematuramente ingrigiti sparsi
disordinatamente sul cuscino. Non aveva più niente della sovrana elegante e
fiera che tutti conoscevano.
Con molto sforzo allungò una mano per
prendere quella di Alfred.
“Alfred, figlio mio…” mormorò con le lacrime
agli occhi. “Ho fatto tutto quello che ho potuto per proteggerti, ma ormai…
ormai sei un uomo… dovrai difenderti da solo…”
Alfred e Aethelred fecero un passo verso di
lei, ma Judith parve accorgersi solo in quel momento della presenza del figlio
maggiore e ritirò la mano di scatto, come se si fosse ustionata.
“Lui… cosa ci fa lui qui? Alfred, figlio mio…
non hai ancora capito? Lui è un pericolo per te, devi… devi liberartene!”
esclamò, con voce roca. “Io non potrò più aiutarti, Alfred caro… dovrai farlo
tu… Aethelred non ti accetterà mai come Re e… e cospirerà ancora e ancora e
ancora per eliminarti, se non… Alfred, credimi…”
I due fratelli erano rimasti sconvolti dalle
parole della donna. Anche in quel momento, anche in punto di morte, Judith
continuava a sostenere di aver agito giustamente e dimostrava odio e disprezzo
per il figlio maggiore.
Solo Hvitserk non era stupito e scosse il capo,
con un sorriso amaro. Immaginava che sarebbe andata così ed era questo il
dolore che avrebbe voluto evitare a Aethelred…
“Madre, come puoi parlare così proprio
adesso? Nonostante il male che gli hai fatto, Aethelred è venuto lo stesso a
visitarti e…” protestò Alfred, ma la Regina lo interruppe.
“E’ venuto a vedermi morire…” ribadì con un
filo di voce. “Io sono l’unica a sapere… a sapere ciò che vuol fare… E’ felice
che io muoia, così poi potrà cospirare ancora… contro di te… e tu lo difendi…
non vuoi capire…”
L’accusa era terribile e colpì il cuore di
Aethelred come una lama ghiacciata. Sua madre lo detestava dunque così tanto da
maledirlo perfino in punto di morte? Anni e anni di freddezza, di solitudine,
di ingiustizie nei suoi confronti e adesso… questo. Il Principe avrebbe potuto
voltare le spalle a quella donna indegna di essere chiamata madre, ma scelse di non farlo. Judith
aveva preso delle decisioni terribili nella sua vita e adesso era chiamata a
pagarne il prezzo, ma lui non sarebbe sceso al suo livello. Anche senza la
corona, lui era un Re e figlio di Re.
“Mia signora” disse, con una dignità e una
fierezza che stupirono Alfred e riempirono di orgoglio Hvitserk, “non ti
chiamerò madre perché per me non sei
mai stata tale. Mi hai sempre odiato, così come odiavi mio padre, perché non
ero il frutto del tuo vero amore. Da te ho subito ingiustizie e cattiverie, mi
hai fatto sentire sbagliato, inadeguato e solo per tutta la mia vita e, alla
fine, mi hai anche accusato di qualcosa che io non farei mai.”
Judith avrebbe voluto ribattere, ma le forze
le venivano meno. Tuttavia riusciva a sentire e a comprendere benissimo ogni
parola del figlio.
“Hai cercato di avvelenarmi, hai commesso un
crimine per il quale non esiste nemmeno un nome, forse proprio perché è
talmente contro natura da non poter essere definito. Ci sono sempre stati parricidi e matricidi, delitti
altrettanto orrendi, ma uccidere il proprio figlio consapevolmente è un atto
che non ha nemmeno un nome tanto è indicibile *” riprese Aethelred. “Tuttavia non potrei sentirmi in pace con la
mia coscienza se non ti dicessi questo: io ti perdono per tutto quello che mi
hai fatto e per quello che volevi farmi, ti perdono per il tuo odio e per le
cose orribili che dici e pensi di me. Ti perdono perché, altrimenti, non potrei
più vivere in pace con me stesso.”
“Sono solo menzogne… tu sei un cospiratore…
non devi stare vicino al mio Alfred, non devi stare in questa reggia…” ripeté ancora
Judith, traendo forza dalla collera e dall’odio.
“Infatti non resterò in questa reggia e non
voglio niente da Alfred, nemmeno ciò che mi spetterebbe per diritto di nascita.
Questa non è la mia casa, non è la mia famiglia e tu non sei mia madre. Nonostante
ciò, ti perdono per il male che mi hai fatto e cercherò di dimenticare tutto.
Addio, mia signora” concluse Aethelred. Lanciò un ultimo sguardo alla donna che
tanto lo odiava, poi si voltò e raggiunse Hvitserk che lo attendeva sulla
soglia. Solo lui poté vedere i suoi occhi pieni di lacrime e il suo volto
devastato dal dolore.
Era stato respinto, accusato, mortificato
ancora una volta.
Perfino sul letto di morte la madre non gli
aveva risparmiato astio e crudeltà.
E così quella sera, a cena, c’era un silenzio
innaturale. Aethelred non era riuscito a mangiare quasi niente, Lagertha
guardava perplessa Bjorn e Gunnhild, chiedendosi fino a che punto potessero
realmente fidarsi delle promesse di Re Harald. Hvitserk guardava preoccupato il
suo Principe mesto e malinconico. E poi c’era Ubbe...
Gli eserciti degli invasori danesi erano
sbarcati e si stavano preparando a invadere il Wessex, ma Ubbe aveva deciso di
andare a parlamentare con loro offrendo un accordo: anche loro avrebbero potuto
stabilirsi nelle terre dell’Anglia Orientale se avessero scelto di rinunciare
alle razzie e alle stragi.
“Io e Torvi domattina andremo a parlare con i
comandanti danesi per convincerli e speriamo di riuscire” disse il vichingo. “In
caso contrario dovremo combattere. Per fortuna Bjorn è tornato appena in tempo
e, forse, anche l’esercito di Re Harald ci appoggerà. Tuttavia spero che i
Danesi accetteranno l’accordo, così saremo liberi di unire tutti i nostri
uomini e di partire il prima possibile per Kattegat.”
Insomma, la giornata non era stata scevra da
delusioni e preoccupazioni, però aveva regalato anche nuove speranze. Se Ubbe e
Torvi fossero riusciti nel loro intento, ben presto avrebbero potuto preparare la
partenza per Kattegat e, con gli eserciti riuniti dei vichinghi e dei Sassoni,
appoggiati da Re Harald e i suoi e, chissà, magari anche da un contingente
danese, Ivar sarebbe stato sconfitto!
Quella sera, dunque, mentre erano a letto,
Hvitserk rifletteva sulle prospettive ed era molto ottimista e positivo. Gli
dispiaceva, tuttavia, che Aethelred fosse stato nuovamente ferito dalla madre,
tanto da non godersi nemmeno la cena. Quella donna non meritava di avvelenargli
i pensieri dopo aver tentato di avvelenarlo sul serio!
“Aethelred, non essere triste, ti prego” gli
disse, stringendolo a sé e accarezzandogli il viso con tenerezza. “Judith non
merita niente e tu hai già fatto fin troppo andando a visitarla e concedendole
il tuo perdono.”
Aethelred era pensieroso, ma l’ombra di
dolore che gli aveva rabbuiato il volto adesso era scomparsa.
“Non sono triste, in realtà” rispose. “Stavo
riflettendo e mi rendevo conto che, a questo punto, mi sento totalmente a posto
con la mia coscienza. Ho fatto tutto quello che potevo fare anche se non è
servito… o meglio, è servito a me, perché il perdono che le ho concesso è stato
per sentirmi meglio. Se avessi continuato a coltivare rancore e dolore per ciò
che era accaduto, non mi sarei mai liberato di lei. Invece, perdonandola, ho
reciso un legame che è sempre stato velenoso,
che mi intossicava già da molto tempo prima che lei cercasse di farlo
concretamente.”
L’amara ironia delle sue stesse parole fece
sorridere Aethelred e Hvitserk fu molto sollevato nel vederlo così placato e
tranquillo. Doveva ammettere che, in quel caso, il Principe aveva avuto ragione
a volersi recare a corte e dire addio alla madre: così facendo aveva tagliato
definitivamente i ponti con il suo passato e adesso era pronto ad iniziare una
nuova vita.
“Però… ecco… non ci sarei mai riuscito senza
di te…” mormorò, abbassando ancora di più la voce. Per lui non era per niente
facile parlare di ciò che provava. “Tu e i tuoi fratelli mi avete fatto sentire
in famiglia per la prima volta in tutta la mia vita, qui ho ricevuto affetto,
amicizia, cose che non avevo mai conosciuto, o forse solo da mio padre finché
era in vita e quando era alla reggia e non a combattere chissà dove. Adesso
sento di avere una casa perché sono in mezzo a persone che mi apprezzano e che
mi vogliono bene. E poi…”
Imbarazzato e confuso, Aethelred arrossì
violentemente.
“E poi sono riuscito a rispondere a tono alle
accuse della Regina perché… perché sapevo che tu eri lì con me, nella stanza,
che eri venuto per starmi vicino. Anche se non potevo vederti, sapevo che c’eri
e questo… questo mi ha reso più forte” ammise, sussurrandolo appena.
Hvitserk lo abbracciò con maggior calore e lo
baciò languidamente e con infinita dolcezza.
“Sono venuto con te appunto per quello”
rivelò, interrompendo per un attimo il bacio. “Immaginavo che quella donna sarebbe
stata dura con te e volevo starti vicino, volevo che tu sapessi che c’ero e che
ci sarò sempre.”
“E io non ho bisogno di altro, se ci sei tu
con me…” confessò Aethelred, sempre più turbato e impacciato ma proprio per
questo tanto più vero e autentico. Poi non poté dire altro perché l’entusiasmo allo
stesso tempo appassionato e tenero di Hvitserk lo travolse e gli tolse ogni
forza ed energia; le gambe gli tremavano e il sangue gli si incendiava nelle
vene a ogni tocco, a ogni bacio del giovane vichingo. Hvitserk affondò le mani
nei capelli scarmigliati di Aethelred e lo baciò sulle guance, sulle palpebre,
agli angoli della bocca, finché non catturò le sue labbra morbide e continuò a
baciarlo profondamente per un tempo infinito, sentendo che avrebbe potuto
divorare la sua bocca senza mai stancarsi del suo sapore. Si spinse poi nelle sue
carni più intime fino a sentirlo fremere ancora, ancora e ancora, lasciando che
il giovane Principe assecondasse ogni suo movimento. Gemettero e ansimarono al
ritmo delle onde di piacere che li pervadevano, finché non raggiunsero insieme
l’apice e rimasero stretti l’uno all’altro, una totale fusione di corpi e di
anime.
Hvitserk
era sereno adesso: Aethelred era lì con lui e poteva sentire il suo sapore, il
tepore del suo corpo, la sua pelle vellutata. Era lì con lui e non lo avrebbe
lasciato mai più. Se tutto fosse andato come doveva, forse sarebbero potuti
partire per Kattegat entro pochissimi giorni e allora il suo Principe sarebbe
stato libero, sarebbe stato suo per sempre, avrebbero potuto vivere una vita
meravigliosa insieme, senza separarsi mai.
Il
futuro tornava finalmente a sorridere ai due giovani amanti.
FINE
*In realtà il termine figlicidio esiste, ma sono dovuta andarlo a cercare nel dizionario
proprio perché non è di uso così comune, segno del fatto che l’uccisione di un
figlio adulto da parte di un genitore è davvero un caso raro. Più frequenti,
purtroppo, gli infanticidi…