Capitolo
22
-Aleeex!!! Alex dove
diavolo sei?!
Correva incespicando per la fretta sui propri passi. Era già
stato ovunque, in tutti i posti che conosceva ma non l’aveva
trovato. Aveva provato persino a richiamarlo con la forza mentale, ma
non aveva funzionato.
Il panico saliva mentre il turbinare della battaglia,
l’ultima grande battaglia, era ormai sulle loro teste.
Avrebbero già dovuto essere sul ponte, nella loro
postazione.
Ma senza Alex non poteva andare, sarebbe stato inutile.
Non sapeva dove si trovava e questo lo faceva impazzire.
Mille pensieri gli annebbiavano la ragione. Poteva essere svenuto o
essersi sentito male da qualche parte, mentre era solo, oppure era
ferito, o aveva paura o… non capiva più niente.
Si fermò; qualcosa gli attraversò la mente.
-Alex?!
Era strano, era un segnale come quelli che usava lui, uno di quelli per
chiamarlo, ma era diverso. Avvertiva qualcosa di strano, di pesante,
come se fosse respinto.
Che stesse succedendo qualcosa al biondo?
- Sei tu?!
Gridava da solo nel corridoio ormai vuoto.
Un boato e poi uno schiocco assordante. D’improvviso una
forte corrente d’aria lo investì e lo
scaraventò contro la parete. Qualcosa doveva essere esploso
poco distante.
Si rimise in piedi stringendo i denti per la botta. Doveva trovarlo.
Quello che aveva avvertito poco prima era sparito.
Riprese a correre, ma era come brancolare nel buio. Poi la debole pista
tornò.
Prese a seguire il segnale, sempre più velocemente, sempre
più goffamente.
Intanto i boati dei bombardamenti incalzavano sempre più
stordenti, sempre più vicini.
Uscì sul ponte. Una sferzata di aria lo colpì in
viso. Avvertì l’odore forte della cenere e del
fumo.
Si voltò.
L’hangar era stato distrutto. Pezzi di lamiere rosse
incandescenti, una nube nera che si alzava inquietante nel cielo.
La cenere pioveva dall’alto come pure i piccoli frammenti
dell’esplosione.
Rimase a bocca aperta, ma distolse rapidamente lo sguardo.
Una figurina esile e bianca, stretta nella tuta aderente e sagomata era
in piedi poco lontano da lui e gli dava le spalle. I suoi capelli oro
brillavano della luce rossastra del fuoco che ancora danzava lontano,
fra i resti dell’hangar, quasi fossero accesi
anch’essi.
- Alex!
Lo chiamò a gran voce, ma non mosse un passo. Era come
inchiodato a terra.
Non fece in tempo a sentirsi sollevato. Il giovane si era voltato,
sussultando a quel richiamo. Aveva il viso triste, addolorato.
-Will…mi
dispiace.
Allora si mosse. Gli si avvicinò e lo strinse forte alle
braccia, scuotendolo.
- Ma sei impazzito? Che
ci fai qui!? Dobbiamo andare sul ponte, dobbiamo andare con gli
altr…
-Non posso venire! Non
posso allacciare il legame fra me e te!
Il moro lo lasciò disorientato. Poi lo guardò
fisso negli occhi, cercando in quello sguardo qualche risposta che
sapeva di dover trovare in fretta.
- Hai paura?…
Gli prese il viso con le mani.
- Hai paura di quello
che succederà…?
Il ragazzo alzò lo sguardo su di lui, gli occhi gli
brillarono accesi di una strana luce.
- No! Io…Will
non posso!
L’uomo lo squadrò senza sapere più cosa
fare, cosa dire.
- Credo che…
credo che abbiano intercettato il mio segnale…
William avvertì il corpo dell’altro tremare.
- Cosa..io non capisco.
Cosa vuoi dire?
- Gli alieni…
se io allaccio il collegamento ci trovano e ci
ammazzano…oppure…peggio…
Il moro assimilò quelle parole come un pugno allo stomaco.
- …potrebbero
rivoltare il nostro potere contro i nostri e usarci come
armi…
L’altro scosse la testa, come per capire meglio.
- Ma ne sei sicuro?
Insomma…come fai a saperlo?
Il biondo lo squadrò affranto, afferrando con le mani i suoi
polsi.
- Credo… loro
mi hanno fatto venire sul ponte…mi hanno come…
richiamato. Era un segnale forte ma pesante da sopportare, come un
interferenza.
William si bloccò. Anche lui aveva avvertito quel segnale,
ma all’inizio gli pareva quello di Alex. Che gli alieni lo
avessero usato per richiamare anche lui…
Gli strinse il viso.
-Ora vedi di stare
buono. Aspettiamo un attimo.
- Non possiamo! Non
c’è tempo…e io non so come dobbiamo
fare!
- Ehi…ehi. Va
tutto bene. Ascolta, ci sono io adesso.
Lo strinse fra le braccia e l’altro gli si
aggrappò come se fosse aria per i suoi polmoni.
Il fragore della battaglia si era riavvicinato e la terra tremava a
volte sotto i loro piedi.
William cercava di fare ordine nella sua testa.
Se quello che diceva Alex era vero allora connettersi era
più che un rischio, ma del resto se non si fossero connessi,
le possibilità di vittoria erano nulle. Era come spegnere la
centralina di un impianto elettrico.
Gli altri Ev non erano neanche paragonabili ai poteri delle onde
psichiche che il biondo possedeva.
Ma se Alexander non avesse utilizzato la sua forza per
l’impulso, allora…
Quel pensiero egoista si impadronì di lui. Non sarebbe
morto, sarebbero stati insieme per sempre, avrebbero vissuto nella
stessa casa, nello stesso letto.
Si distanziò dal ragazzo per guardarlo negli occhi, con lo
sguardo pervaso da un bagliore inconsueto.
Ma quegli occhi, gli occhi chiari del giovane, così tristi e
in attesa, lo dissuasero.
No…se l’impulso non venisse attuato, allora quella
battaglia avrebbe decretato la fine della specie umana. Non ci sarebbe
stato un futuro dove vivere. Non ci sarebbe stata nessuna casa, nessun
cielo da guardare insieme.
In ambi i casi sarebbe finita.
- Che facciamo
Will…?
Era la prima volta che Alex si affidava totalmente a lui. Era la prima
volta che non sapeva veramente cosa fare.
La sua voce insicura e fioca gli reclamava l’attenzione.
Lo squadrò ancora e poi gli afferrò la mano.
- Torniamo in
laboratorio. Lì sapranno dirci qualcosa.
Continuava a fissarlo da minuti ormai, senza dir nulla.
William era nervoso, come del resto gli altri scienziati, ognuno
assorto nei propri pensieri.
- E’ un guaio.
A quanto pare ci hanno battuto sul tempo.
Chissà da quanto ci controllano.
Alex deglutì preoccupato a quella sentenza.
Il dottore si mosse dalla posizione immobile che aveva assunto e si
poggiò ad una sedia con aria stanca.
- Non credevo fosse
possibile per loro intercettare e interferire con le vostre onde
cerebrali.
Poi ritornò silenzioso e pensoso, con le rughe profonde che
gli solcavano la fronte. Anche il generale era lì. Era
accorso non appena la notizia lo ebbe raggiunto.
Guardava il figlio con austera severità, mentre non aveva
degnato William neanche di uno sguardo, come se non
esistesse. Sembrava una statua di pietra. Un grosso, vecchio,
rugoso sasso.
- Possibile che non ci
sia una soluzione? Non possiamo starcene qui con le mani i mano!
Migliaia di uomini sono lì fuori a morire!!!
Il moro era sbottato senza ritegno, scuotendo tutti nella camerata. I
boati dei bombardamenti si facevano sentire anche da li sotto.
- Io non ho intenzione
di starmene qui con le mani in mano!
A quel punto Alex si alzò, catturando gli sguardi dei
presenti. La voce dell’altro gli aveva dato forza.
- Credo di avere la
soluzione.
Il padre lo squadrò incuriosito e timoroso al tempo stesso,
mentre il compagno gli lanciò un’occhiata di
ammonimento.
Pendevano dalle sue labbra.
- In queste ultime ore,
in questi giorni, credo di aver fatto una scoperta.
Quando io e William ci
eravamo perduti l’uno nell’essere
dell’altro ho avvertito una sensazione strana, diversa.
William ha una dote che ha sviluppato come autodifesa e quindi come mia
difesa. Un dono che io non possiedo.
Nelle coppie di Ev, e
ora ne sono certo, il più predisposto sviluppa un potere
alternativo, dedito non solo all’auto-conservazione, ma anche
alla preservazione del gemello.
William ha delle premonizioni, delle visioni su ciò che mi
avverrà. Le ho viste, ho visto alcune cose…
A quelle parole il moro si avventò su di lui.
- No! Cosa hai visto?
Dimmi che hai visto?
Perché non mi
hai detto niente?!
Gli aveva afferrato le spalle e lo scrollava. Non voleva assolutamente
che vedesse quelle cose orribili. Non poteva.
- Will…
Lo fissò ancora per qualche istante. Poi la presa
allentò appena. Intorno si era creato un lieve imbarazzo,
mentre il Generale si era avvicinato ai due infastidito. Con un rapido
gesto della mano allontanò l’uomo dal figlio.
- Raffredda i bollori.
Un simile atteggiamento nei confronti di un tuo sup…
- Generale…vi
prego.
Il biondo guardava il superiore con occhi severi e distanti.
- Alex, che stai
cercando di dire?
Will lo guardava implorante e confuso.
- Credo…tu
abbia forza superiore alla mia.
Il moro continuava a fissarlo, come tutti.
- Non abbiamo ancora
perso questa battaglia.
In tutto questo tempo,
da quando sono stato accolto nella famiglia del Generale, non ho fatto
altro che essere studiato , sottoponendomi a esperimenti che sapevo
avrebbero spossato il mio corpo e abbreviato la mia esistenza.
Fece un respiro, rialzando lo sguardo sul suo pubblico.
- Se io faccio da ponte,
se sostengo il collegamento, Will potrà rapidamente attuare
l’impulso.
Credo che
sarò in grado di respingere l’intrusione per un
breve ma fondamentale periodo.
- NO!
E’ troppo peso
da sopportare! Tu non…!
- WILL! Sappiamo tutti
che non sopravvivrò comunque!
Il silenzio schioccò all’improvviso, come uno
squarcio.
Nessuno disse nulla.
Erano tutti d’accordo al sacrificio del suo Amore.
Lo erano sempre stati.
Il vento danzava in mulinelli selvaggi nel paesaggio desolato che si
estendeva di fronte a loro.
Gli echi della battaglia li sfioravano appena mentre si tenevano per
mano nel fioco legame.
Tutto stava per finire.
Il giorno dell’Apocalisse…la nascita di un nuovo
mondo…
La mano di Alex era fredda nella sua.
Le parole erano morte tra loro. Non servivano più.
Erano una cosa sola.
Avvertirono una scossetta leggera. Le coppie iniziavano a connettersi.
Nessuno sarebbe venuto a fermare quella pazzia.
Nessun angelo sarebbe sceso a salvare il giovane Isacco
sull’altare.
La fine…come poteva essere finito il loro infinito Amore?
Era una contraddizione.
Forse tutti si sbagliavano. Avevano interpretato male le righe di
quella commedia scritta in una lingua che presumevano di conoscere.
Nessuno era stato in grado di interpretare il giusto.
William sapeva che Alex l’aveva letto. L’aveva
letta quella soluzione ma non l’avrebbe mai dichiarato,
perche la menzogna, l’errore superficiale, era il bene per
lui.
Era l’errore che avrebbe salvato William, il suo amore.
La morte di uno per la sopravvivenza di un mondo.
Ma il mondo di Alexander non era la Terra. Il mondo di Alexander era
William.
Il moro leggeva impassibile quelle righe di cuore, le leggeva e le
lasciava lentamente combaciare con le proprie.
E l’angelo
scese a fermare Abramo.
La traduzione giusta era un’altra, ora la leggeva anche lui.
Alex sarebbe sopravvissuto. La forza di William sarebbe stata
sufficiente per entrambi. Non importava se l’altro non
voleva: lui l’avrebbe fatto. Sapeva ora come fare, sapeva ora
la soluzione giusta.
Il giovane era in trance. Ormai le coppie Ev superstiti erano connesse
tutte. Era il momento.
Il biondo aprì allora il collegamento.
William avvertiva i cambiamenti rapidi del corpo dell’altro
come se fosse il proprio.
La temperatura scendeva drasticamente, il cuore accelerava, il respiro
annaspava. Lo sforzo era doppio, doveva respingere
l’intrusione.
Allora il moro sapeva cosa fare. Sentiva una forza sconosciuta
invaderlo, la forza sopita dentro di lui tutti quegli anni, quella
superiore a Alex. L’Amore forse…
Era anche lui in trance, ma stavolta sarebbe stato differente.
Quella forza era diversa, era nuova. Era l’arma perfetta per
salvare il suo mondo. Ed aveva scoperto la soluzione.
Il suo corpo rispondeva agli stimoli nonostante la catatonia.
Alzò un braccio, poi l’altro; aprì gli
occhi e si voltò verso Alex.
Il legame c’era ancora lo sapeva., ma riusciva a
muoversi anche con la carne.
Il corpo del biondo ebbe un fremito. Sentiva che qualcosa non andava,
ma non poteva interrompere la connessione o sarebbe stato troppo tardi.
Perché William non agiva…?
L’uomo sollevò le mani sul capo del suo splendido
amore, ormai pallido da parere trasparente.
La sua voce nella sua testa: Che
sta succedendo Will? Perché non mandi l’impulso
ora?
Un breve istante.
Afferrò l’anello amplificatore sui suoi capelli
d’oro e lo sfilò.
Il rumore ovattato del metallo che sbatteva sul suolo freddo.
Si avvicinò al suo Amore e gli sfiorò le labbra
con un candido bacio, stringendolo a se.
Il segnale di Alex si indebolì drasticamente. Il suo corpo
sussultò scosso da una convulsione forte.
Il giovane vedeva William etereo nella sua mente, vivido e lucente come
mai.
Gli sorrideva.
Ora c’era anche il suo corpo. Si vedeva di fronte
all’altro nel nulla più totale. Nel bianco del
vuoto.
-Will…che
succede ora?
Era confuso.
- Sono il tuo essere,
come quella volta.
Qui loro non possono
entrare. Il tuo segnale ora è il mio.
Sei nella mia testa.
Alex tacque. Era come se l’altro lo stesse avvolgendo con le
suo calde braccia.
-
Alex…nessuno lo sa. Tu l’hai letto ed io in te.
Non avere paura. La mia
vita è la tua. Lo è sempre stata.
Il tuo sacrificio non
è necessario. Io posso salvare il Mondo. Posso salvare te e
me.
E’
l’Amore l’arma perfetta.
Il biondo lo guardava con gli occhi vividi fissi nei suoi.
Capiva. Sentiva che la paura svaniva.
- Noi siamo
l’Amore Will.
Io sono te e tu sei me;
siamo un’unica cosa. Ecco perché siamo
più forti.
Pensavo che avresti
rischiato e invece sento di essere al sicuro. Perché?
Il moro sorrise di nuovo. Erano più vicini ora. Lo
sfiorava, si toccavano, si stringevano. Riusciva a sentirlo come se non
fossero stretti solo nella mente ma anche nel corpo. Si
abbandonò fra le sue braccia.
- Io lancerò
l’impulso e ti sorreggerò, sorreggerò
il tuo segnale, perché ora sono te.
L’Amore ha
raddoppiato la mia forza, che in tutti questi anni non è
stata sfruttata come la tua e ha potuto svilupparsi.
E’ semplice ma
nessuno poteva capirlo. Nessuno può comprendere dove
è arrivato il nostro Amore. Perché noi siamo
sempre stati un’unica cosa.
Alex avvertiva il proprio corpo ora. Lo sentiva, stretto al suo Mondo.
Il bianco si incominciò a stringere attorno a loro, segno
che l’impulso stava per essere lanciato, e brillava, li
accecava. Ma Alex era al sicuro nell’abbraccio del suo amore.
E chiuse gli occhi anche nella mente mentre scomparivano nel nulla
brillante.
Epilogo.
-Generale!
La recluta si avvicinò trafelata al superiore.
Il Generale Rose prese l’anello metallico che aveva fra le
mani.
Squadrò quell’oggetto ormai inutile per qualche
secondo ancora. Ne sfiorò la piccola incisione.
‘W. H.’
- Non è lo
stesso che abbiamo ritrovato sulla loro postazione, signore?
Lo affidò al suo sottoposto.
- E’
l’amplificatore di Hartnett. Puoi portarlo indietro.
Con un gesto della mano ordinò al resto di congedarsi.
Rimase solo, in piedi davanti al portone scardinato di ciò
che rimaneva della sala veicoli, con le braccia dietro la schiena.
Il sole era sorto in un’alba limpida e fresca.
L’alba della rinascita.
Guardava l’orizzonte, con lo sguardo perso e lontano.
Non c’era rabbia negli occhi come nel cuore. C’era
pace e malinconia.
Le carcasse dei velivoli dell’esercito si confondevano con
quelle dei nemici in un unico sterminato suolo ferroso.
Ne vincitori ne vinti. Ma la guerra era finita.
L’impulso aveva disattivato le macchine neoterrestri e il
fuoco dell’esercito era stato fermato.
Ora ciò che era rimasto era la distruzione.
Un mondo da ricostruire.
Un’alleanza da risaldare.
Alzò appena lo sguardo sopra le nuvole candide.
Quei due erano lontani ormai.
Sentiva l’aria fresca che gli sferzava addosso ed il rombo
della moto.
Gli alberi scorrevano veloci e la terra spariva dietro di se. Le
montagne cambiavano rapidamente.
Il sole sorgeva lento dietro la vallata e gli illuminava di tanto in
tanto il viso, facendo capolino.
Da quante ore era su quella moto? Non se lo ricordava.
Avrebbe continuato a camminare fino a quando non sarebbe finito il
carburante, poi qualcosa avrebbe pensato.
Di tempo ne aveva un’intera vita.
-
Svegliati…ehi, è l’alba.
Aveva dovuto parlare forte o la sua voce si sarebbe persa fra il vento
e il rumore del motore.
Le braccia si strinsero più forti alla sua vita. Il tepore e
il peso del suo corpo sulla propria schiena si affievolirono.
Alex si mosse dietro di lui.
- E’
già giorno…?
Aveva la voce impastata e gli occhi ancora socchiusi, con la guancia
contro di lui. Si sfrego il viso contro la propria spalla,
sulla giacca che William gli aveva fatto mettere prima di caricarlo
sulla moto.
Non voleva prendesse freddo, aveva detto.
Alzò lo sguardo e si sporse per vedere il profilo
dell’altro.
-Come è bello
il sole…come sei bello Amore.
Si riappoggiò di nuovo alla schiena di William dopo avergli
schioccato un leggero bacio sulla guancia.
L’uomo sorrise, concentrato sulla strada, mentre i raggi gli
colpivano il viso.
Il biondo guardava l’orizzonte da dietro le sue spalle, col
mento poggiato a lui, stretto alla sua vita.
Presto avrebbero raggiunto i primi paesini, ma il loro viaggio era
appena cominciato.
Sorrise stringendo gli occhi e la presa sull’altro.
Andavano verso il sole, lontano da tutto e tutti, verso un piccolo
mondo da ricostruire insieme.
*Fine*
P.S.
Scusate se ho fatto
aspettare così tanto tutti. Sembra strano ma è
finita.
Beh,
cioè, Will e Alex vivranno ancora, dovranno ricostruire
dalle macerie, sicuramente soffriranno un po, ma vivranno felici e
insieme. Credo che sia stata la scelta migliore. C'era troppo affetto
per loro...non riuscivo a scrivere un fnale drammatico. Si meritano un
po di felicità =)
Ci ho messo
parecchio per scrivere l'ultimo capitolo, ma fra gli impegni e l'idea
che non veniva è stato il tempo necessario credo. Spero
piaccia a tutti.
Vorrei ringraziere ancora tutti quelli che hanno commentato e che hanno
anche solo letto la mia storia.
Vi ringrazio di cuore!
Spero di vedervi presto nella mia nuova fic, già in
cantiere, che sarà un po più assurda e ironica
credo =)
Magari
il lieto fine è un idea un po scontata, ma del resto almeno
nelle fanfic, nei film, nei libri e nei sogni può ancora
essere tutto come una bella fiaba.
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