il tempo fermato
Musica. L’unico rumore concesso in quella stanza buia era il
ripetersi di una vecchia canzone che veniva dall’esterno. Non fosse stato per
quella musica che si sentiva per la strada,il silenzio totale avrebbe regnato
per l’intero appartamento chiuso in cui non filtrava alcuna luce. Era passata
una settimana ormai da quando si era rinchiuso volontariamente in quel modo.
Gli argentei capelli poggiati sullo schienale del letto disfatto ormai da
giorni,l’esile mano che portava la sigaretta alla bocca,uno dei pochi gesti che
si concedeva di fare da quando era rimasto solo in quella casa. Passava le
giornate intere in quel modo,una sigaretta dopo l’altra,un tentativo di distrarsi
fallito dietro l’altro,fino a che non perdeva coscienza senza nemmeno
accorgersene per poi risvegliarsi per l’ennesima volta in lacrime. Si
sorprendeva ogni volta,non credeva di essere ancora capace di piangere,non
credeva che il corpo umano producesse così tante lacrime ma soprattutto non
aveva mai pensato che una sola persona potesse provare così tanta sofferenza e che la si
poteva provare ancora,e ancora e ancora come se non dovesse finire mai. Si
sorprendeva ogni volta che costatava che era ancora vivo. In quei giorni tante
volte il telefono aveva squillato,così tante che non si era nemmeno curato di
staccare il telefono,si era semplicemente estraniato così tanto dal mondo
esterno che nemmeno ci faceva più caso agli squilli continui e insistenti. Ma
quel giorno ci fu un rumore diverso,un frastuono che ruppe la consolante
cantica della vecchia melodia,la porta di casa venne scassinata. “Hayato?” riconobbe
subito quella voce,la voce di sua
sorella. Si lasciò sprofondare nel letto,come se potesse servire
a qualcosa.
“Hayato?” Bianchi continuava a chiamarlo percorrendo il
corridoio che dalla
porta portava alla camera da letto. Arrivò davanti alla porta
spalancata dalla
quale vide il fratello raggomitolato tra le coperte
“Hayato!oddio,come stai!?”
la donna si precipitò sul fratello,che le rispose mugugnando
appena qualche
verso infastidito. “Hayato,ma che stai facendo?!è una
settimana che ti
cerchiamo!” scostò i vari mozziconi di sigaretta dal
materasso, “ma stai
mangiando?sei pallido,stai bene?” si avvertiva il panico nella
sua voce,anche
lo sguardo che rivolgeva al fratello da oltre gli occhiali mostrava una
chiara
preoccupazione. “Bianchi…” finalmente lui
parlò,era da giorni che non lo faceva
per cui la voce risultò ancora più roca e dura
“…lasciami solo.” “solo!? Tu
stai male,guardati sei uno straccio! Dai alzati,fatti un bagno mentre
vado a
comprarti qualcosa da mangiare.” Non ebbe nemmeno la forza di
rispondere,figuriamoci reagire,quando lei lo tirò a forza fuori
dal letto. Si
sentiva inerme,non poteva far altro che alzarsi e dirigersi in bagno
per far
tacere e levarsi dai piedi al più presto la sorella. Mentre si
immergeva nella
calda vasca da bagno,sentendosi effettivamente un po’ meglio e
rilassandosi
grazie al torpore dell’acqua calda,udì Bianchi parlare al
telefono oltre la
porta. “sì,sono entrata e l’ho trovato a casa”
diceva “sembra non mangiare da
una settimana…già. Cercherò di farlo
riprendere….sì,glielo dirò. Ti faccio
sapere più tardi.” Conclusa la telefonata scese al
supermarket vicino per
comprare un pranzo già pronto,che fece mangiare a forza al
fratello. Era seduta
di fronte a lui al tavolo e lo guardava con aria preoccupata mentre lui
esitava
a mettere in bocca il primo boccone “non l’ho cucinato
io..” iniziò “non è
questo. Non ho fame.” Le rispose svogliatamente Gokudera.
“ma da quanto è che
non mangi?” “…non ricordo.” “sai che
giorno è oggi?” “non m’interessa.”
Quell’ultima risposta esprimeva quanto più Bianchi aveva
temuto per il fratello
in quei giorni,non gli interessava…. Non gli interessava
più vivere forse?
“Tsuna mi ha chiesto di dirti che ha bisogno di vederti. Vuoi
davvero venire
meno al tuo ruolo di braccio destro del decimo?” la donna
tentò di forzare il
punto debole del fratello,il suo esser ligio al lavoro e la sua
fedeltà al
boss. Restò shockata quando di accorse che neanche a quella
esortazione parve
smuoversi. Gokudera infatti restò un po’ a guardare il suo
piatto,poi parve
scuotersi “Sì…certo,la famiglia. Domani
andrò da Juudaime.” “Perfetto” Bianchi
parve sollevarsi un po’ “allora ti passo a prendere domani
mattina,ok? Adesso
mangia qualcosa dai” portò una mano sui ciuffi più
corti dei capelli per poi
arruffarglieli dolcemente. Il mattino dopo Hayato aspettava
pazientemente che
la sorella venisse a prenderlo. Ovviamente anche quella notte non aveva
dormito,ma aveva deciso di doversi attenere al suo lavoro e che avrebbe
continuato a proteggere la sua famiglia anche per Yamamoto. Sicuramente
lui
avrebbe agito in quel modo,non avrebbe mai permesso che anche i loro
altri
compagni venissero uccisi in quel modo dai nemici,così avrebbe
continuato a
proteggerli anche per lui.
Entrare nella base fu una tortura,perché dovette affrontare
quello che più temeva:gli sguardi pietosi degli altri. Era chiaro che nessuno
sapeva cosa dirgli,si limitavano a guardarlo rattristati o imbarazzati,il più
naturale fu Ryohei che da bravo idiota lo guardò sorridendogli e dandogli il
bentornato. Si bloccò di colpo quando
passarono davanti alla porta dell’ufficio che era appartenuto al guardiano
della pioggia. “E’ chiuso,dentro è tutto come prima. Tsuna ha deciso di
lasciare a te la scelta di cosa farne..”lo informò Bianchi, “ha fatto bene.”rispose distrattamente mentre
posava una mano su quella porta avvertendo tutto il vuoto al di là di essa.
Andò ad incontrare il boss,scusandosi per la sua assenza ed assicurandolo che
avrebbe adempiuto ai suoi doveri nonostante il suo superiore non sembrasse
altro che preoccupato per lui “va tutto bene,Gokudera-kun” gli disse posandogli
una mano sulla spalla come per tranquillizzarlo “prenditi tutto il tempo che
vuoi… siamo tutti affranti per quello che è successo,la vita qui non è più la
stessa per nessuno ma… lo so che per te è diverso.” Gokudera abbassò il suo
vuoto sguardo perché non riusciva a reggere il contatto con quello ricolmo di
tristezza e pietà di Tsuna. Lo sentì sospirare,poi lo guardò mentre gli offriva
qualcosa che aveva tirato fuori dalla tasca “queste le affido a te,penso che
spetti a te il compito di decidere cosa fare del suo studio. L’unica cosa fuori
posto è la valigia che aveva con sé nel momento in cui….lo abbiamo trovato…” si
avvertiva distintamente il nervosismo nella voce del decimo “ ..si trova sulla
scrivania… ah,ha chiamato il
notaio,sembra che avesse fatto testamento..” “non m’interessano queste cose,di
qualsiasi cosa si tratta la passo a te e ai Vongola” prese le chiavi dalle mani del boss “scusami
Juudaime,adesso devo andare.” “Buon lavoro Gokudera-kun e.. per favore,non
farci spaventare più in quel modo” “non me ne andrò,promesso.”
Si avviò deciso verso il suo ufficio,ma si fermò
istintivamente davanti a quello di cui stringeva ancora le chiavi in mano.
Perché cavolo erano così vicini!? Prima che potesse rendersi veramente conto
delle sue azioni si ritrovò davanti alla porta spalancata verso l’interno.
Lanciò un’occhiata generale ricolma di nostalgia,era davvero tutto come l’ultima
volta che era entrato lì. Entrò lentamente,soffermandosi su un dettaglio passo
dopo passo:l’ovale tappeto azzurro,fotografie vecchie e nuove appese ai muri
tra mensole che contenevano libri,documenti e trofei vari,foto della
famiglia,di amici,foto di Takeshi col padre,foto di lui e Takeshi. Arrivato
alla scrivania rivolse lo sguardo alla spada,fidata compagna che era stata
separata anch’essa dal suo possessore,che stava stesa sulla valigetta scura.
Delicatamente poggiò l’oggetto amato dal suo compagno sulla scrivania e il suo
sguardo venne attratto da una foto raffigurante loro due nella loro
casa,scattata tra polvere e scatoloni quando ci erano appena andati a vivere.
Con gli occhi lucidi aprì la valigetta,non fu sorpreso dal contenuto,conosceva
bene le abitudini del compagno. Box,cellulare,documenti vari e un’agenda. Aprì
quest’ultima dove era segnata col cordoncino segnalibro:l’ultimo giorno di vita
del suo possessore. Lesse velocemente le poche parole scritte in colonna sotto
la data “incontro diplomatico,consegna
fascicoli,comprare il latte.” Comprare il latte.. era l’ultima cosa che gli
aveva detto quando lo aveva sentito quel giorno. Ricordò chiaramente la breve
telefonata che aveva fatto a Yamamoto quanto questi era già in auto diretto a
svolgere il suo compito da guardiano dei Vongola “Takeshi,quando torni potresti
comprare tu il latte?io sono già alla base.” “d’accordo” gli aveva risposto lui
con la sua solita voce divertita e gentile “ci penso quando torno,poi vado
direttamente a casa. Mi raggiungi?pranziamo insieme?” “sì,ci vediamo a casa”gli
aveva risposto distrattamente, probabilmente aveva già qualcosa da leggere tra
le mani perché fu lui stesso a concludere velocemente la chiamata “allora ti
aspetto a pranzo,ricorda il latte. ciao.” Questo era stato tutto,l’ultima
conversazione con la persona più importante della sua vita.. si sentì fremere
di rabbia e strinse con forza un pugno fino a farsi male,mentre con l’altra
mano sfogliava ancora l’agenda. Andando avanti coi giorni trovò vari appunti “anniversario,chiedere a Tsuna il giorno
libero anche per Hayato,ricordare ad Hayato che è il nostro anniversario,idee
per festeggiare:pic-nic,giornata a mare,comprare ingredienti per il pranzo…”e
così via. Quell’idiota,come aveva potuto pensare che lui potesse dimenticare
quella data!? Erano passati 10 anni…10 anni da quando si erano conosciuti e le
loro vite erano cambiate radicalmente. Tornò indietro con le pagine,stavolta
sfogliando quelle dei giorni precedenti a quello da cui era partito,trovò altre
note scritte con la solita calligrafia veloce “comprare regalo per Hayato,nascondere regalo in ufficio” spalancò
gli occhi,gli aveva già fatto un regalo! Gokudera non si era mai lasciato
prendere troppo da festeggiamenti del genere per cui non pensava che per lui
fosse così importante “stupido..” sussurrò. Riprese le chiavi dell’ufficio cui
erano legate anche piccole chiavi che aprivano i cassetti della scrivania. Aprì
l’ultimo,aveva visto qualche volta Takeshi mettere qualcosa di importante lì
dentro,e la sua attenzione fu subito attratta da un cofanetto quadrato con
sopra poggiata una lettera con scritto a grandi lettere “PER HAYATO”. La prese con mani tremanti,gli occhi,fino ad allora
sempre semichiusi dalle palpebre pesanti e le occhiaie sotto gli occhi,erano spalancati
ed attenti nonostante le prime lacrime silenziose già scendessero da essi.
Ancora lacrime,gli parve impossibile:poteva versarne ancora? Era ancora
sensibile al dolore?com’era possibile dopo aver passato quell’inferno!?
Titubante aprì la lettera,poggiò la schiena sulla cassettiera della scrivania e
cominciò a leggere: “Mio Hayato,so che
odi questo genere di cose e probabilmente in questo momento vorrai uccidermi,ma
questo giorno è troppo speciale per non essere festeggiato nel migliore dei modi.
Proprio oggi infatti sono passati ben dieci anni da quando sei entrato nella
mia vita,stravolgendola completamente. Dieci lunghi anni,ma che ho vissuto come
un unico interminabile momento al tuo fianco,dieci anni in cui tutto è cambiato
eccetto che il mio unico amore per te. Da quando ti ho conosciuto vivo in un
eterno istante di assoluta felicità,perché da quando fai parte della mia vita
il mio tempo si è fermato e vivo in un momento unico in cui ci siamo solo io e
te. Il mio tempo è nelle tue mani,ecco cosa rappresenta il regalo che ho voluto
farti,un simbolo. Tu blocchi il mio tempo e mi fai vivere l’eterna gioia di
starti accanto,solo tu se vuoi puoi far scorrere il mio tempo portandomi avanti
con te,per sempre. Perché io starò sempre con te,anche se tu ti stancassi di
me. In fondo sono un idiota,no? Ma sono e sarò pur sempre il tuo idiota.
Ti amo Hayato.
Tuo per
sempre,Takeshi.”
Lacrime. Lacrime,lacrime e ancora lacrime,troppe lacrime. Gokudera
strinse a sé la lettera appena letta e proruppe in un pianto isterico. “PER
SEMPRE!” riuscì a urlare tra i singhiozzi mentre batteva un pugno contro il
legno al suo fianco “per sempre! Niente è per sempre,idiota!” si accasciò per
terra su un lato,cercando di regolarizzare il respiro. “idiota…” la sua voce si
affievolì mentre ripeteva quella parola,fino a spegnersi,poi si ricordò del
cofanetto quadrato. Un simbolo,aveva detto. Aprì la scatola e vi trovò un
orologio argentato con un elegante quadrante verde imperlato. Ebbe un ricordo
di Takeshi che gli diceva che il verde e l’argento gli stavano bene,uno dei
tanti ricordi visto che glielo diceva spesso. Le lancette erano bloccate sul
10. Indossò l’orologio,aveva già deciso che lo avrebbe portato così fino alla
morte. Si rimise seduto,respirando profondamente per cercare di riprendersi.
Alla fine non ce la fece a combattere del tutto il suo corpo e delle pesanti
lacrime gli solcavano il viso quando poggiò la testa al mobile rivolgendola
verso l’alto. “E l’ultima cosa che sono riuscita a dirti io e stata chiederti
di comprare il latte..” Sospirò “Ti amo.” disse,chiuse gli occhi e ancora
pianse.
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