Calendario dell'avvento
"God is cruel. Sometimes
he makes you live."
- Stephen King -
The
Reflecting God
1997.
Il disprezzo è la moneta con la quale paga i suoi vuoti.
L'arroganza è la risposta che riserva a chi cerca di farla
sentire sbagliata - fuori posto.
La normalità è sopravvalutata, ma il concetto
stesso le sfugge -
le scivola via dalle dita appena cerca di comprenderlo.
Sherry irrompe nel laboratorio trascinandosi dietro uno zaino rosa da
cui dondola la coda arcobaleno di un unicorno, tra le mani un sacchetto
pieno di caldarroste.
"Papà." lo chiama, e William si volta, l'ossessione mutare
in sorpresa.
"Dovevo venire a prenderti da scuola?" le dice, e Sherry scuote la
testa, masticando una castagna.
Birkin corruga le sopracciglia, confuso.
"Allora perché sei qui?"
Sherry si stringe nelle spalle, la indica.
"Volevo portare il regalo di Natale a zia Alex."
Alex si blocca a metà del gesto di chiudere una fiala piena
di sangue, le riserva un'occhiata pallida, neutra.
Sherry fruga nello zainetto, tirandone poi fuori un pacchetto incartato
storto e da cui pende un fiocco argentato.
William si umetta le labbra, incerto.
"Sherry, non credo che..."
Alex tende la mano verso di lei, muovendo le dita a sé.
"Ha undici anni, Will." ribatte, asciutta.
Birkin tace, osserva sua figlia toccare
Alex come se fosse
naturale - come se fino a un'ora prima non le avesse visto aprire il costato
di un uomo senza sottoporlo ad anestesia.
"Grazie, Sherry."
La bambina annuisce, sorridendole.
Nella mente di Alex è ancora tutto una finzione.
2018.
Attesa, trepidazione.
Zucchero e cannella; Polly che disegna con la glassa il tetto della
casa di pan di zenzero, Kathy che controlla la cottura del pasticcio di
carne.
"È per te."
Natalia Alex solleva lo sguardo
dall'eggnog che stava facendo ruotare
nel bicchiere, lo vede.
"E così tu
sei la piccola Nat."
Chris abbozza un sorriso quieto, diverso da quello che gli adornava il
volto una vita prima.
Natalia Alex fissa il pacchetto che le sta
porgendo, una scatolina blu
che sparisce nella sua mano così grande, ruvida.
"Non dovevi." mormora, rimanendo immobile.
Chris tende il braccio verso di lei e la stanza sembra scaldarsi -
animarsi con la sua sola presenza.
Non respiro.
"Stai crescendo, Nat."
Natalia Alex alza un sopracciglio,
scoccandogli un'occhiata obliqua.
Chris la studia da capo a piedi e c'è qualcosa nel suo
sguardo - una scintilla
sospettosa, il ricordo di un odore, un sapore.
"Ho sedici anni."
"Alla tua età non facevo altro che combinare disastri."
Natalia Alex beve un sorso di eggnog,
arrotolandosi la manica della
camicia lungo il braccio.
"Barry dice che sei una ragazza tranquilla, forse anche un po' troppo."
"Vuole arrestarmi, capitano Redfield?" lo schernisce lei, i ricordi un
peso che minaccia di schiacciarla da un momento all'altro.
Chris libera una risata bassa, di gola - che ha la consistenza della
terra in una giornata di sole.
Mi manca l'aria.
"Non lavoro più per il BSAA."
"Barry me l'ha detto."
Chris annuisce, appoggiando il pacchetto sul tavolino da
caffè.
"Conosci la Blue Umbrella?"
"No."
Devo andarmene.
Chris si umetta le labbra, infilandosi i pollici nelle tasche dei
jeans.
"Non eri neppure nata quando causò un disastro a Raccoon
City."
Natalia Alex tace, si concentra sul Jingle
Bells stonato di Moira, sul
profumo stucchevole
dei cupcake di Kathy.
Chris le appoggia una mano sulla spalla, facendola sussultare.
"Spero ti piaccia il mio regalo."
L'unica cosa che volevo
me l'hai portata via - strappata come se non
valesse niente.
"Sicuramente."
"Me l'ha consigliata un tizio in azienda: ha detto che era il pensiero
adatto a una ragazzina della tua eleganza." aggiunge lui,
sovrappensiero.
Natalia Alex torna a posare lo sguardo
sulla piccola scatolina blu,
interdetta.
"E tu accetti consigli dagli sconosciuti?"
"Be', non è proprio un estraneo, ma un collega. Ha visto la
tua foto nel portafoglio di Barry e ti ha trovato aristocratica.
Sì, sono state queste le parole che ha usato."
Natalia Alex allunga le dita verso il
nastro perlato, strofinandolo tra
il pollice e l'indice.
Claire urla qualcosa dalla cucina - vieni a darmi una mano, culo
peso
che non sei altro! Questo tacchino non si cuocerà da solo.
-
Redfield le assesta un'ultima pacca sulla schiena, uscendo dalla
stanza.
Silenzio.
Natalia Alex afferra il pacchetto,
tenendolo scostato da sé
come se potesse esplodere.
L'aria torna a dilatarsi, si raffredda,
e lei può finalmente
tornare a respirare.
Un collega.
Scioglie il nastro e si apre sul palmo della sua mano la scatolina,
schiudendosi in un complesso origami di carta blu pavone.
Moira corre su per le scale -
ho dimenticato il cappello da Babbo
Natale per la foto! - Natalia
Alex solleva il coperchio, trattiene il
fiato.
Non è l'oro
bianco che ricorda né l'elaborato
intrico di rubini e platino che spesso le adornava il collo, i polsi.
Natalia Alex si porta il pugno chiuso alla
bocca, nasconde un sorriso
audace, eccitato;
dal piccolo cuscino in velluto nero l'occhio
d'argento del serpente la fissa, rassicurante.
1997.
"Un ammiratore segreto?"
Alex libera un piccolo
hum di gola, portandosi la tazza alle labbra.
"La progenie di Birkin."
"Ah." dice solo Wesker, tamburellando con le dita sul bordo del tavolo.
"Non morde." ribatte Alex, spingendogli la punta del piede nell'addome.
Wesker inclina il viso verso di lei, alzando un sopracciglio - ma tu
sì.
"Sarà una composizione di pasta e glitter."
"Non farla così
stupida; ha undici anni, ma è
figlia di William."
Wesker afferra il pacchetto verde pino, soppesandolo nel palmo della
mano.
"Immagino tu non abbia mai fatto composizioni natalizie."
"No."
"Nemmeno io." mormora Alex, bevendo un sorso di caffè -
nero, senza zucchero.
Wesker abbozza un sorriso, tira un'estremità del fiocco -
nodi su nodi che non ne vogliono sapere di sciogliersi.
"L'ha chiuso con molta tenacia."
afferma poi, rimettendolo al centro
del tavolo.
Alex si allunga verso di lui, i seni nudi premuti sotto la sua camicia
- piquet, blu - una risata stretta
tra i denti,
costretta in gola.
Wesker si volta, incontra il suo respiro - la sua voglia.
Fuori, la neve ha appena cominciato a cadere.
2018.
Un serpente d'argento 800 e occhi di diaspro rosso.
Un gingillo;
qualcosa che puoi trovare ovunque,
anche in un Walmart
sperduto e mediocre.
L'unica cosa che potesse
permettersi un uomo come Chris.
Il clack del
piatto che le viene appoggiato davanti la distrae dai suoi
pensieri, facendole sollevare lo sguardo.
Kathy le sorride, rassicurante.
Non c'è
nulla che odi di
più del tuo stupido
sorriso da cretina.
"Ti piace molto il regalo di Chris, uhm?"
Una volta ne avevo uno
in platino e rubini, vorrebbe risponderle.
Una volta ne ricevetti
uno da un uomo che voleva vedere il mondo
bruciare, le piacerebbe
gridare, liberando ciò che da mesi
gratta tra le costole, nella mente.
"Moltissimo."
Redfield solleva il bicchiere nella sua direzione, schioccando la
lingua contro il palato.
"E meno male; Claire mi ha detto quanto sei difficile da accontentare."
Natalia Alex ridacchia, sciocca
- infantile; proprio come la vogliono.
Claire le rivolge uno sguardo neutro, attento - al confronto di suo
fratello la piccola Redfield è acculturata.
"Trovo la scelta dell'animale un po'
singolare, ma tu sei una ragazzina
atipica." si intromette Barry, tagliando una fetta di torta salata.
"Un riccio oppure un delfino: una tartaruga, un coniglio. Insomma,
creature più innocue sarebbero state più adatte,
secondo me." aggiunge.
Senza denti e senza
spina dorsale, eh, Barry?
"I serpenti sono un simbolo di rinnovamento e rinascita; vita e morte,
malattia e guarigione." ribatte Claire, pulendosi un angolo della
bocca.
Natalia Alex la fissa, quieta.
Claire appoggia il tovagliolo alla sua destra, ripiegandolo in quattro
parti.
"Cambiano pelle, uccidono
la loro stessa prole, guariscono
con il loro
veleno. Non mutano mai davvero sotto,
anche quando perdono squame e
pezzi, ed è per questo che le popolazioni antiche li
ritenevano così preziosi. Magici, persino."
"Affascinante." replica Chris, rubandole dal piatto una patata dolce.
Claire lo colpisce con la forchetta sul dorso della mano, seria.
"Dovresti studiare di più, Christopher James Redfield. Se
l'avessi fatto sapresti che quello che le hai regalato è un
Uroboro."
Barry aggrotta le sopracciglia, Kathy si schiarisce la voce, versandosi
un po' di vino.
Chris socchiude gli occhi, incerto.
"Non credo che per lei
abbia alcun significato."
Claire sospira, appoggiandosi le dita sulla fronte.
"No, ma..."
"Non so cosa sia." mormora Natalia Alex, spremendo quelle
parole -
costringendole
a formarsi, a essere vere.
Barry la guarda, abbozzando un sorriso triste.
"Ed è meglio così, piccola mia."
Qualcosa si
agita al centro del petto e Alex deve afferrarlo prima che
scappi, e squarci quell'inutile
corpo, lo divori, trasmutandolo
in
quello che è.
Progenitore.
Natalia Alex china il capo, sui pantaloni
gocce rosse di sangue e
rabbia - là,
dove si è conficcata le unghie
così a fondo nel palmo da inciderlo e aprirlo.
Tra le dita l'anello brucia come le sue memorie.
1997.
È plasmata dal
dolore, Alex; è una piccola serpe
bianchissima e che ride
a ogni suo morso, ogni spinta.
È una rivale, Alex; un nemico che ha affrontato in
laboratorio come nel letto.
È un profilo spigoloso,
che a lui riserva le poche
morbidezze che possiede - un corpo caldo sul quale addormentarsi, di
cui fidarsi.
È affamata,
Alex; una donna che non possiede vergogna,
limiti.
Come lui.
E a volte è come riflettersi in uno specchio - cercarsi, e
trovarsi sulla sua pelle, tra le sue cosce.
Wesker intreccia le dita tra i suoi capelli, sottili fili d'oro - tira,
flettendole la schiena in una curva innaturale, crudele.
"È questo che
basta, Alex?" mormora contro la sua guancia.
"Niente più dubbi, niente più incertezze?
Fotterti è
tutto quello che basta?" continua, spietato -
eccitato.
Alex si tocca l'angolo del labbro con la punta della lingua, saggiando
sangue e saliva - snuda i denti in una risata asimmetrica, che gli
riverbera nel petto, tra le gambe.
"Se potessi vederti,
Al." replica, spigendosi all'indietro con le
natiche contro di lui -
strappandogli un respiro a metà.
Alex allunga un braccio dietro di sé, blandendogli il
fianco, scendendo verso il punto in cui affonda, e
toccando entrambi -
liberando un gemito indecente.
Wesker si abbassa su di lei, schiacciandola
- ascoltando i suoi ansiti,
scoprendosi incapace di allontarsi, di vincere.
"Se potessi vederti, Al." ripete lei, la voce un sospiro ruvido, al
limite.
E si vede, Wesker; si riflette nei suoi occhi, la bocca socchiusa,
umida di lei - il suo sapore sotto la lingua, ovunque.
Si riconosce,
Wesker; comprende
ciò che vede Alex ogni volta
che lo guarda - lo accoglie.
Le sfiora il mento con la punta delle dita e Alex mormora sulla sua
pelle - lo
invoca.
Spingersi in lei è come affogare e morire
vivere.
2018.
"Non capisco perché tu gliel'abbia comprato."
Chris si stringe nelle spalle, bevendo un sorso di tè.
"Me l'ha consigliato un collega."
"Al BSAA?"
"No; alla Blue Umbrella."
Claire solleva il mento, tamburella con l'indice nella piega del
gomito.
"Chi?"
Chris alza gli occhi al cielo, esasperato.
"Oddio, Claire, uno dei soldati con il quale lavoro. Non ricordo bene
il nome, credo si faccia chiamare 3A7 o simili."
"Non è un nome."
"Sì, be', molti lì usano un codice o il loro
numero di matricola."
"E tu l'hai ascoltato così, senza nemmeno pensarci."
"Perché fai tante storie?" ribatte lui, aggiungendo altro
zucchero al tè.
"Non c'eri in Africa; non c'eri quando ho trovato Jill. Non c'eri
quando..."
Chris sospira, chiudendo gli occhi.
"Scusami."
Claire preme le labbra in una linea sottile, incrociando le braccia al
petto.
"No. No, hai ragione. Io non c'ero, ma due anni dopo sono finita in un
buco sperduto nel nord del mar Baltico con sua sorella."
"Non sappiamo se lo fossero davvero o no."
Claire sbuffa, lo colpisce con il tacco dello stivaletto nella
caviglia.
"Particolari. Lo considerava tale e noi ci adegueremo perché
non sappiamo ancora cosa avesse progettato oltre il T-Phobos."
Chris beve un sorso di tè - verde, leggermente aromatizzato
al gelsomino - incerto se prendere un'altra fetta della torta di Kathy
o no.
"Non ci ho visto nulla di male, Claire: l'anno scorso le ho regalato
una sciarpa e l'ho trovata addosso ad Apple, il bulldog del vicino."
Claire tace, ricorda ancora l'episodio - ilare, sotto un certo punto di
vista.
"Quello primo un maglione, misteriosamente
caduto nel camino di Barry.
Ancora più indietro un set di matite per occhi - su tuo
consiglio, beninteso - che ha passato a Polly senza battere ciglio."
"Natalia è una ragazzina difficile."
"È una piccola stronza."
Claire gli molla un pugno sulla spalla, facendogli rovesciare parte del
tè sul tavolo.
"Coglione:
aveva solo nove anni quando Alex Wesker la rapì e
aveva perso entrambi i genitori a Terragrigia."
Chris tampona un po' del liquido con dei fazzoletti, decide che quella
fetta di torta la mangerà, e anche di gusto.
"Sta crescendo, Chris."
"E questo l'autorizza a essere una piccola stronza?"
"No, ma neanche tu eri un mostro di simpatia."
"Almeno ero grato
di quello che avevo."
Claire sposta lo sguardo su Natalia, seduta in salotto a leggere un
libro mentre Polly e Moira giocano alla Playstation.
"Lo è anche lei."
Chris si alza, aprendo il frigo e sorridendo soddisfatto quando trova
la pavlova di Kathy ancora quasi
tutta intera.
"Solo che non riesce a dirlo."
"Parole tue o dello psichiatra?"
Claire rimane in silenzio, la osserva cambiare pagina - toccarsi
continuamente l'anulare sinistro, ruotando l'anello di Chris.
Al polso, il bracciale di controllo brilla ancora di un malsano
arancione.
1997.
"Nevica." sussurra, fissando fuori dalla finestra.
Wesker apre un occhio, assonnato - saziato.
Alex solleva un braccio, indicando davanti a sé.
"Vuoi che esca a farti un pupazzo di neve?" ribatte lui, trattenendo
uno sbadiglio.
"Lo faresti?" lo sorprende lei, mostrandogli di nuovo un lato
infantile, stonato
se paragonato a come l'avesse fottuto
un'ora prima.
"No."
"Egoista." borbotta lei, rannicchiandosi sotto le coperte.
Wesker l'attira a sé, intrecciando le proprie gambe alle sue
- percependola calda, ancora umida, morbida.
Alex respira,
e lui con lei - un suono soffice che lo accompagna nel
sonno molto facilmente.
"Domani apro il tuo regalo."
"Non te ne ho fatto uno."
"Due?"
Wesker non riesce a trattenere un sorriso contro la sua spalla,
sfregando poi i denti contro la pelle in un tacito avvertimento.
"Sarà più bello quello della progenie di Birkin,
lo so già."
Wesker morde,
Alex ride,
piegandosi in se stessa e appoggiandosi
completamente contro il suo corpo.
Raccoon City riposa, quieta.
2018.
Alex appoggia la scatolina blu sulla scrivania, l'anello adagiato
davanti, sul cuscinetto in velluto.
Si siede, fissando entrambi: studiandoli.
Uroboro: nomen omen.
Intreccia le mani in grembo, sospira - chiude gli occhi,
concentrandosi.
"Sto morendo, Albert."
Spegne i pensieri, ascolta il suo stesso essere diventare liquido,
scivolare verso il basso attraverso un buco molto stretto e denso -
piccola Alice nel Paese degli Orrori.
Natalia è uno scheletro senza più forza - il
residuo di una bambina morta, dimenticata.
Ci sono macerie nella sua mente; impronte nella cenere, sbuffi di fumo
e occhi senza volto - ombre e fantasmi.
Conta, Alex; enumera le proprie sconfitte, le proprie vittorie.
I propri ricordi.
La stanza diventa niente,
la sua mente si espande - vibra, respira,
si
allunga verso l'esterno, ovunque ci sia lui.
"E cosa pensi di farci
con questo virus?"
Il mondo è
piccolo, un insieme connesso di rimpianti e voci.
Alex le ignora tutte - troppo deboli, troppo umane - afferra
l'anello
di riflesso, stringendolo tra le dita.
"Salverò il
mondo. E poi te. Vedilo come un regalo."
Tump. Un
muro, una crepa; un odore, una sensazione. Un ricordo, una
realtà.
Alex apre gli occhi - rossi, dalla pupilla sottile, da rettile - il
viso trasfigurato, attorno a lei zone oscure che si muovono e
sussurrano.
"Sei vivo."
Spalanca la bocca in un sorriso delirante, nella gola una risata
lacerante, che le spacca il cuore, la memoria.
"E se non dovessi
tornare?"
"Allora aspettami."
Dal piano di sotto la pendola di Barry rintocca il primo minuto del
giorno di Natale.
1997.
Oro bianco e ossidiana; una tripla fascia maglia serpente e
pavé di rubini.
Alex lo solleva verso la luce, chiudendo un occhio e guardandoci
attraverso - sorridendo in silenzio.
Lo indossa, cercando di infilarlo al medio - non è la sua
misura - imbroncia appena le labbra, provando poi l'anulare.
Perfetto.
"Sei un animaletto curioso."
Alex inclina il viso verso sinistra, la mano ancora tesa davanti a
sé.
"Non mi piace aspettare."
Wesker mormora qualcosa contro il cuscino, stiracchiandosi appena.
"Dov'è l'altro?"
"Cosa ti fa pensare ce ne sia un altro?"
Alex si scrolla nelle spalle, un piede già fuori dal letto e
l'altro ripiegato sotto le natiche.
"Non fai mai le cose a metà e a questo anello manca la sua
collana."
"Potrebbero essere orecchini."
Alex sgrana gli occhi, così giovane in quegli
istanti,
limpida.
"Lo sono?"
Wesker socchiude una palpebra, curvando un angolo delle labbra
all'insù.
"E toglierti tutto il piacere della ricerca? Non potrei mai."
Alex aggrotta le sopracciglia, stizzita.
"Lo troverò."
"Non ho dubbi."
"Ribalterò questa casa da cima a fondo."
Wesker le afferra il polso, ridacchiando.
Alex si divincola, piccola serpe molesta e testarda.
La neve continua a cadere, lieve.
2018.
C'è una tempesta nel suo petto; ci sono ricordi che urlano,
si accartocciano in loro stessi e si mordono l'un l'altro, scontrandosi
come bestie rabbiose.
C'è una voragine nella sua mente; un buco nero che assorbe
ogni altro pensiero che non sia quello della caccia - del distruggere e
annientare e cercare.
Ci sono idee che scappano,
concetti che si sciolgono
- un controllo
annientato da una possibilità, da un incerto futuro.
Alex si appoggia con entrambe le mani al bordo della scrivania, stringe
- lascia che si spacchi
in schegge e frammenti di legno e plastica.
China il capo, inspira - inala grosse e pesanti boccate
d'aria, le
costole doloranti, il cuore un rullio furioso, troppo veloce.
Non è
possibile.
Stringe i denti, dietro
premere un rantolo sfiatato, un grido o un
riso, non saprebbe dirlo nemmeno lei.
La parola vivo rimbalza
ovunque; nella stanza, tra i pensieri, persino
sulla lingua.
La pelle le si arriccia sui muscoli, prima brucia di freddo,
subito
dopo esplode,
e il mondo diventa una fornace ardente e insopportabile.
Non è
possibile.
"Sto avendo un crollo nervoso." esala, lasciandosi andare sul
pavimento.
"Sto diventando pazza." mastica, ridacchiando.
"Sono sempre stata
matta." guaisce, artigliandosi la faccia.
No.
Alex chiude gli occhi e tutta la follia
viene risucchiata in un
puntolino bianchissimo e denso - l'alfa e l'omega.
"Me l'ha consigliato un
mio collega."
La camera sparisce, il tappeto sotto di lei si dissolve - attorno a lei
uno spazio nero e privo di luce.
"Tu sei morto."
Sì e no.
"Ho visto i filmati del BSAA. I missili. Il vulcano."
Lo so.
"Ho affondato
le mani nella lava ardente per recuperare anche solo un
bradello di te." sibila Alex, furiosa - nervosa.
Sei sempre stata un
animaletto curioso, Alex.
Alex riapre gli occhi, davanti a lei tende rosa e orsacchiotti tutti
uguali.
"E tu un grandissimo stronzo melodrammatico."
Lunghe le guance le lacrime hanno lo stesso peso della
verità.
1997.
"Hai davvero
ribaltato il mio appartamento."
Alex dondola un piede dallo sgabello in cucina, sulle ginocchia la
scatola blu della parure in oro bianco e rubini - sul pavimento un
ammasso confuso di cuscini, riviste e stoviglie.
"Non mento quasi mai,
Al."
"Dovrei preoccuparmi di quel quasi?"
Alex gli rivolge un'occhiata in tralice, abbozzando un sorriso.
"Dovresti."
Wesker si siede dall'altra parte del bancone, appoggiando il mento sul
pugno chiuso.
"Non hai ancora aperto il regalo di Sherry."
"Non mi chiedi se mi piace il tuo?"
"Non è necessario."
"Arrogante stronzo."
Wesker solleva il viso, divertito.
"Il bue che dà del cornuto all'asino."
Alex raddrizza la schiena, colpendolo nella coscia con un calcio.
"Sei infantile."
"E tu saccente."
Wesker le blocca la caviglia a mezz'aria, snudando i denti in un
sorriso inquietante -
selvatico.
"Direi che ci meritiamo l'un l'altro."
Alex inspira con forza, tra i seni nudi la testa del serpente brucia, e
schiude le sue fauci in diamante e ossidiana.
Wesker si protende in avanti, sfiorando la collana in punta di dita -
arrotolandosela attorno al polso e tirando.
Alex si inarca verso di lui, arricciando le labbra; viene schiacciata
contro il suo petto - sulla pelle sangue secco e bave biancastre.
"Se la rompi..."
Wesker le cerca la bocca - morde, respira.
Alex gli circonda i fianchi con le cosce, flettendosi in una grandiosa
curva che reca ancora i suoi segni - che ne infligge
sempre dei nuovi.
Le campane di Raccoon City scandiscono l'inizio di quell'ultimo Natale.
2018.
L'albero ha il puntale storto, troppe decorazioni e cianfrusaglie che
Barry chiama ricordi di
famiglia.
Si illumina di rosso e verde, ogni tanto d'oro - sotto, pacchi ormai
vuoti e nastri tagliati.
Alex lo fissa a lungo, tra le mani l'anello - un talismano, una
memoria.
La casa dorme ancora, dal piano di sopra il quieto russare di Kathy,
quello più nasale di Barry.
Posa lo sguardo sulla mensola del camino, sfoglia con gli occhi foto
che non le appartengono - Claire e Chris con i Burton in vacanza; Moira
il giorno del suo diploma, Polly appena nata tra le braccia di Barry.
Ridacchia, portandosi una mano alla bocca per coprire un suono sempre
più forte, assordante.
Adesso sai cosa devi
fare.
Rumore di passi giù per le scale, uno sbadiglio assonnato.
"Oh, Nat."
Natalia Alex rimane immobile, fissa frammenti di una vita fasulla - il
braccio di Claire attorno alle spalle, il sorriso di Chris il suo primo
giorno di liceo.
"Non pensavo fossi già sveglia."
Natalia Alex si volta, sorride - snuda i denti.
"Mi mancava già la pavlova di ieri; chissà se
Chris ne ha lasciata una fetta."
Moira indica con il pollice verso la cucina, sposta il peso da un piede
all'altro.
"Be', direi di andare a controllare finché papà
non si alza a rompere le palle, che ne dici?"
Natalia Alex annuisce, si infila l'anello all'anulare sinistro - la
segue.
Attorno a lei tutto è già polvere e cenere.
We are sick, fucked up
and complicated.
We are chaos, we can't be
cured.
We are sick, fucked up
and complicated.
We are chaos, we can't be
cured.
We are chaos.
"Un posto gradevole."
"Lo sarà di più quando avrò fatto
costruire un nuovo laboratorio. E una villa. O una torre."
Wesker si appoggia con entrambe le mani sulla testa dell'aspide, alza
un sopracciglio.
"L'Umbrella aveva diversi stabilimenti in questa zona."
"Lo so."
"Ah, già: Overseer."
Alex gli riserva un'occhiata condiscendente, solo blandamente irritata.
"Non sei divertente."
"Strano: pensavo fosse proprio il mio senso dell'umorismo a piacerti."
"Il vulcano ti ha bruciato il cervello, non c'è altra
spiegazione."
Wesker schiocca la lingua contro il palato, stizzito.
Alex abbozza un sorriso, accostandosi il pesante cappuccio bordato di
volpe grigia alle guance arrossate.
"Il clima non è dei migliori."
"Preferivi il caldo dell'Africa?"
Wesker sospira, affiancandola.
"Me lo rinfaccerai fino alla prossima vita?"
"E oltre." puntualizza Alex, tirando su con il naso.
Wesker sposta il bastone nella mano sinistra, sollevandosi il bavero
del cappotto attorno al collo.
Posa lo sguardo sul villaggio sotto di loro, osservando un gruppo di
bambini girare di casa in casa impugnando rametti addobbati con fiori
artificiali e frutta - Sorcova, l'aveva chiamata Alex; così
la gente del posto si augura un buon Natale e un anno ancora migliore.
Alex solleva il viso verso il suo, fissandolo.
"Era un diario."
Wesker tace, continua a guardare la valle - gli occhi un rosso quieto,
sfamato.
"Il regalo di Sherry. Un diario fatto a mano. Sobrio, grazioso. Neanche
un lustrino."
"Per i tuoi segreti?" mormora, assorto.
Alex intreccia le proprie dita alle sue, sfiorando con il polpastrelli
una piccola cicatrice tra il pollice e l'indice - il rinculo del
carrello della pistola durante una delle prime azioni sul campo della
S.T.A.R.S.
"Per quelli di entrambi."
Wesker si volta, studiandola in silenzio; Alex gli mostra un viso
diverso, ogni giorno sempre più simile a quello che aveva
conosciuto, amato.
La morte ha strappato loro ogni altra maschera.
"We should meet in
another life,
we should meet in air, me
and you."
- Sylvia Plath -
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