Beyond the sphere of human
vision, we met and embraced
La frase resta
sospesa sulle labbra di Naruto, interrotta dalle dita pallide. Il riverbero
della propria luce sulla pelle dell’umano pulsa contro l’alone dorato. Spinge,
si fa spazio tra la luminosità accecante della stella e a Naruto pare quasi di
avvertire il tocco dell’altro. È freddo, gelido e così lontano dal calore
conosciuto fino ad allora.
Non pensare,
sembra dirgli. Ma Naruto non può non farlo. È una stella, lui. Puro pensiero e
materia infuocata distruttiva e caotica.
«Sasuke» la voce
che non è voce freme, si agita. Vorrebbe liberare un suono, vorrebbe urlare,
se ne fosse in grado, come quegli umani che spia da quando ha cominciato il suo
viaggio tra le galassie. Invece è condannato al silenzio, a quella
conversazione univoca con colui che ha interrotto la sua sfrenata corsa nello
Spazio. Con l’umano che ha invocato una stella.
Le dita sfiorano
i suoi contorni labili. Lo accarezzano e Naruto scopre in quell’incontrarsi
cos’è la solitudine. Perché, ora che conosce Sasuke, sa che al suo mondo senza
tempo, fatto di fughe e scorribande tra le nebulose, giocando a rimpiattino con
i pianeti, manca qualcosa.
«Se ti avvicini
troppo potresti morire» sussurra, più a sé che all’altro. E nel frattempo una
forza più potente della gravità lo spinge verso l’umano, lo attira come lo ha
attirato quell’urlo muto, quel desiderio espresso in silenzio che ha rimbombato
per tutto l’Universo e che lo ha condotto lì. In quel luogo, in quel momento.
Non voglio stare
solo.
Naruto non sa
che aspetto abbia Sasuke. Sente solo il suo sfiorarlo leggero, timoroso. Sente
una carezza impalpabile, odorante di curiosità, timore e un pizzico di
scetticismo. Conosce solo il suo nome, perché lo ha percepito chiaro e
forte. Un’identità forte, un attaccamento alla propria essenza… il bisogno di
definirsi, in qualche modo. E ha percepito, pure, come lo ha chiamato:
Naruto. Una spirale di fuoco, fiamme e volontà che gira, e gira, e gira… Gli è
piaciuto e ha cominciato a chiamare così sé stesso. Ma ora vuole di più. Ora
vuole vedere, toccare, sentire la persona che lo ha invocato con la forza della
disperazione.
E man mano che
quel desiderio cresce in lui, la luce si ritira in un angolo del suo essere. Il
fuoco si comprime in materia, le molecole si addensano e si capovolgono su sé
stesse. Naruto non lo avverte, ma sta mutando. Tende qualcosa, allunga tutto il
proprio essere verso quelle appendici chiare che sembrano invitarlo; le
stringe, e al contatto il suo corpo viene attraversato da una scarica.
Ora percepisce
in maniera diversa ciò che lo circonda. Odori, sapori, colori lo tempestano.
Vede chiaramente chi ha davanti e non si stupisce di avere di fronte un
bambino, che lo osserva, curioso e sospettoso, con i suoi occhi neri, simili al
vuoto dell’Universo.
Non è stupito di
essere anch’egli un bambino. E il nuovo volto si dispiega nel primo sorriso.
«Ciao, io sono
Naruto!» dice, con la sua nuova voce. Il suono gli solletica la gola.
«Sasuke»
risponde il bambino.
«Lo so chi sei»
Naruto sorride di nuovo «Mi hai chiamato tu».