Forgiveness

di Deb
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Fanfiction 07: Possibility di gabryweasley
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Fanfiction 09: Sadness di gabryweasley
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Fanfiction 17: Hi di gabryweasley






Forgiveness




Ci hanno messo poco a perdonarmi. Non si sarebbero mai persi la piccola, non avrebbero mai perso la possibilità di prenderla in braccio, coccolarla e baciarla.
Mi hanno rimproverato tutti.
Di nuovo.
Questa volta con una sorta di te l’avevo detto nella voce. Sembravano dirmi: «Ora che hai capito di aver perso tutto quel tempo, non avresti fatto prima a starle vicino dal principio?»
Sì, e no.
Non penso che sarebbe cambiato qualcosa. Anche se avessi saputo che sarebbe finito tutto bene, non credo che avrei messo da parte la paura. È troppo radicata in me, ormai. Ora lo so.
Pensavo di aver superato tutti i traumi grazie a Sana, che lei mi avesse guarito, come mai io ero riuscito a guarire Komori, invece in profondità erano rimasti come un eco lontano, pronti a tornare tutti in superficie per far soffrire lei, proprio la donna che mi aveva teso la mano, strappandomi dal buio del pozzo nel quale ero caduto.
La guardo sorridere e parlare con Natsumi. Porta le mani a mo di preghiera e fa un piccolo inchino, si sta scusando anche lei. Mia sorella, braccia incrociate al petto, volta lo sguardo dall’altra parte. Risponde qualcosa, ma non riesco a sentire cosa. Sicuramente stanno facendo la pace, come da bambini quando le ragazze volevano boicottare Sana perché si era dimenticata il compleanno di qualcuno. Le erano bastate delle scuse e tutto era passato. Per me non funziona così, invece. Nessuno mi scusa. Mi portano rancore. Dentro. Sospiro.
«Sana si è scusata tanto con noi, Akito». Dice mio padre, seduto sul divano. Abbiamo portato la bimba qua, per fargli conoscere il nonno e la zia. C’è persino il ragazzo di Natsumi, anche se passa più tempo al telefono per lavoro che altro. Mio padre la culla tra le braccia e ogni tanto sorride, la porta al viso, e le depone un bacio da qualche parte nella faccia.
«Non ci ho pensato». Rispondo, stringendo i pugni. Non ho la stessa dote di mia moglie, io. Non so parlare, né esprimere emozioni. Ho la malattia della bambola con tutti, tranne che con lei.
«Per te non esistiamo, quindi?»
Sbatto il pugno sul divano. «Non ho chiamato nessuno, io. Non ci ho proprio pensato, a chiamare qualcuno. Io...» Faccio una pausa, cercando le parole. Sospiro. Qui se non parlo non si va da nessuna parte.
«Tu…?»
«Io… è già tanto che sia entrato io». Butto fuori come un alito di vento, sperando che le mie parole non lo raggiungono. Ora mi vergogno un po’ del fatto che stavo per andarmene, lasciandola completamente da sola.
Mio padre sgrana gli occhi e rimane fermo, immobile. Schiude la bocca, sorpreso. Farai cadere la bambina se non stai attento. Mi sporgo verso di lui per togliergliela dalle braccia, mi alzo, senza attendere alcuna risposta - lo conosco, sicuramente deve elaborare il tutto - e la porto dalla mamma. Sana la prende con un sorriso e la depone subito nel petto della zia Natsumi.
«Avete deciso il nome?» Le chiede. O forse lo chiede a tutti e due.
«Non ancora. Ci stiamo ancora pensando».
«Spero per voi che non diventerà la bambina senza nome».
«Abbiamo quattordici giorni di tempo, ci inventeremo qualcosa!» Sventola una mano davanti al viso. Io non ne sarei poi così sicuro.
Torno da mio padre che non si è accorto di nulla, non si è accorto nemmeno di non avere più la bimba tra le braccia. È rimasto nell’identica posizione di prima.
Gli muovo davanti agli occhi una mano, schiocco le dita. Immobile. Si riscuote improvvisamente. Si volta, cerca qualcosa e con tutta la sua forza schianta qualcosa sulla mia testa.
«Dannato! Ma che cazz...» Mi porto le mani sulla nuca, per massaggiarla. Come diavolo gli è saltato per la testa? Dannato padre degenere!
«Non capivo perché Misako mi avesse dato questo ventaglio. Ora ho tutto più chiaro». Fa una pausa per riprendere fiato. In mano sua il ventaglio fa male, davvero, davvero male. Accidenti.
Dannata suocera e dannata figlia col piko, anche se quella dannata figlia col piko me la sono sposata e ha dato alla luce nostra figlia.
«È venuta qui e mi ha donato il ventaglio, mi ha detto di tenerlo sempre vicino, con me. Quando le ho chiesto a cosa potesse servirmi, mi ha detto che la risposta mi sarebbe arrivata da sola e quando sarei stato pronto lo avrei capito. Ho capito, Misako, ora». Incrocia le braccia al petto dopo aver finito il suo monologo e la stanza si riempie della risata di Sana. La segue subito Natsumi, con la bimba ancora tra le braccia, e poi mio padre.
Mi abbracciano, tutti e due. Sana e mio padre mi stringono in un abbraccio, ed io non faccio niente per sfuggirne.
«Abbraccio sandwitch!» Esclama Sana, prima di allontanarsi da me. «Vado a dare la pappa alla piccolina, poi andiamo, ok?» Mi fa l’occhiolino e mi lascia di nuovo solo con mio padre.
«Ti perdono, figlio mio». Dice lui, tornando a sedersi sul divano. «Per non averci chiamato, intendo». Vedo come in questi anni sia invecchiato. Le rughe gli solcano il viso, il contorno occhi. È diventato nonno. Io nemmeno ricordo i miei, di nonni. Ricordo alcuni zii, dai quali lui ci lasciava quando partiva per i suoi viaggi, ma non i nonni.
«Mi dispiace». Passerò la vita a scusarmi con tutti? «Non ho proprio pensato».
Mi stringe una mano. «Te l’ho già detto. La colpa è mia, quindi tu stai sereno». Mi sorride, da padre. «Ti prometto che sarò un nonno migliore di quanto sia mai stato padre nei tuoi confronti. Spero che questo possa bastare per farmi perdonare tutti i miei madornali errori che ho fatto con te». Sospira alla fine, asciugandosi una lacrima che, veloce, è scesa da un suo occhio.
Abbasso lo sguardo, osservando le mie mani. «Non… non devo scusarti». Dico, e la penso davvero così, ora. Non è stato un buon padre, quando ero piccolo, è vero. Ma adesso non cambierei ciò che ho vissuto, anche se mi ha spinto a chiedere qualcosa di inammissibile a mia moglie. «Se… le cose non fossero andate come invece sono andate, non avrei mai conosciuto Sana. L’avrei solo vista in tv, forse. Non ci avrei parlato nemmeno. Se non avessi fatto quello che ho fatto, lei non avrebbe avuto l’istinto di sfidarmi, poi di starmi vicino. Non saremmo qui, ora, se tu fossi stato un padre esemplare». Ansimo. Ho parlato troppo. «E dopo… e dopo… sei stato un buon padre. Dopo il suo arrivo». Dopo l’arrivo di Sana.
Perché lei è il sole ed il sole porta la vita. E cura, cura le ferite inflitte dalla notte, profonde. Lei lo cancella, il buio, a suon di martellate, di risate, di verità urlate. Lei ci ha salvato. Tutti e tre. E ancora una volta mi ha salvato, il giorno del parto, e dopo. E mi salverà tutti i giorni, illuminando il mio sentiero buio.
E credo che la bambina abbia preso da lei. Cura, non ferisce come fa invece il padre, come faccio io. Non divora, ma regala. Ha già regalato tanto in così poco tempo.





Buon anno a tutti! ♥
Eccoci con la nuova fic di Please! Sari è nata - nelle shot bellissime, stupende e del cuore di Gabry - ed ora facciamo i conti con la realtà, con i comportamenti di Akito e sul senso di colpa che, comunque, prova Fuyuki del nostro cuore!
Io penso che lui si senta davvero in colpa e qui approfondiamo il rapporto della famiglia Hayama che avevamo già intravisto in Shame. ♥
Mi è piaciuta molto scriverla e spero sia piaciuta anche a voi ♥
Love iuh so much!♥
E grazie mille a tutte le persone che recensiscono e ci supportano in questo viaggio. Siete fantistici ♥
Baci
Deb


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