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L’uke
perfetto
UNO
… è biondo con gli
occhi azzurri: che uke carino!
Si chiama Yaoi
City e si trova negli Stati Uniti, più precisamente in una tranquilla zona del
Kentucky orientale. È una cittadina nata di recente, in seguito allo
smembramento di una città più grande che ha dato i natali anche a Yuriland e
Hentaiville. Chi sono gli abitanti? Corre voce che gli abitanti di Yaoi City si
chiamino seme e uke, ma non si riesce ancora a capire perché.
«… adesso espirate.
Piano, mi raccomando: cercate di mantenere in equilibrio ogni parte del vostro
corpo. Non appena sentite sciogliersi i muscoli, muovete delicatamente la gamba
per avvicinarla ancora alla testa. Se ci riuscite, osservate la posizione che
sto assumendo io. Si chiama Setu Bandha Sarvangasana ed è una figura tra
le più belle e complesse. Un giorno anche voi riuscirete a farla. Mentre voi
rimanete nella vostra posizione, vi racconterò un altro episodio della vita di
Siddharta Gautama, il Buddha.»
«Maestro, mi scappa
la pipì.»
«Io ho tanta sete.»
«Anch’io.»
Shaka sciolse la
posizione del ponte e fissò con occhi vuoti il soffitto.
«Posso mangiare la
merendina?»
«E io?»
Sollevò appena una
mano per assentire. Perché, perché aveva accettato di insegnare yoga a dei
bambini anziché ad anziani quel maledetto 2 dicembre, quando aveva firmato il
contratto di lavoro con la palestra
SignorShakaAbbiamoGiàInsegnantiDiYogaPerAdulti? Ah, sì. Non voleva essere il
colpevole di danni irreparabili ad anziani che rischiavano di collassare anche
solo alzando un braccio o battendo le palpebre.
«Facciamo cinque
minuti di pausa.» annunciò non alzandosi, mentre tutti i bambini gridavano
felici e correvano qua e là per la palestra.
No, non ce la faceva
più. Erano trascorsi esattamente 104 giorni, 7 ore, 16 minuti e 34-35-36 secondi
(come lo informava l’orologio sulla parete) da quando aveva apposto la sua firma
sul foglio. Una firma piccola, con quella grafia particolare che la rendeva
unica, composta solo dalle parole “Shaka Tuja”.
Era calmo, Shaka,
era calmo – o così dicevano tutti quando lo vedevano mangiare un’insalata.
D’accordo, era calmo perché spesso meditava e faceva acrobatiche posizioni di
yoga, ma in cuor suo sapeva di essere agguerrito e polemico.
L’oroscopo di quel
giorno per il segno della Vergine diceva: “È ora di prendere una pausa dal
lavoro, o avrete una crisi di nervi. Siete sempre così pignoli, ma ultimamente
distratti e confusi”.
Da buon virginiano,
Shaka non aveva creduto all’oroscopo, bensì gli aveva dato ragione. È una
differenza sottile, eh, che solo i segni di terra e d’aria possono comprendere –
gli altri credono ciecamente a tutta l’astrologia e passano metà del loro tempo
a convincere i colleghi che credere e dare ragione all’oroscopo sono sinonimi.
In ogni caso, la
crisi di nervi si stava avvicinando davvero. Shaka non ne poteva più di bambini
irrequieti che non capivano un’acca dei suoi discorsi e osavano chiamare Buddha
“Buddy”.
Distratto e confuso
erano aggettivi perfetti per il poveretto: in quella settimana aveva già
lasciato una caffettiera nella lavatrice, tentato di pagare una maglietta con la
tessera della palestra anziché la carta di credito, lavato con ammorbidente il
pavimento.
Si sollevò con
prudenza da terra e osservò amareggiato dei bambini che mangiavano merendine
accanto ai suoi libri di yoga e buddismo. Assomigliavano molto a quel buzzurro
di coinquilino che si ritrovava, sempre impegnato a mangiare qualcosa e
sbriciolarlo sui suoi oggetti e documenti, per poi tuffarsi nel letto e
addormentarsi ronfando in meno di tre secondi.
“No, è che tra due
giorni ho una scadenza e devo trovare l’ispirazione… no, puoi togliermi tutto ma
non la crostata! Shaka, dammi la crostata! Giuro che lascio in pace la statuetta
di Buddha!”.
Tsk, l’aveva beccato
mentre mangiava una fetta di crostata e usava una statua di Buddha a mo’ di
batteria, canticchiando hard rock e adducendo il motivo di tutto alla scadenza
di un racconto breve. Aveva messo la torta nella cucina chiusa a chiave, portato
lo scrittore in cerca d’estro davanti al computer e scandito: “Ci. Servono. I.
Soldi. Per. L’. Affitto.”.
Più o meno allora si
erano baciati e la scrittura era divenuta impossibile. Shaka si era innamorato
di Aiolia Anthelios per una successione di eventi improbabili che aveva dovuto
affrontare circa un anno prima.
«Il maestro è un
po’ triste oggi.» disse un bambino, annuendo con fare solenne.
«Perché non gli
cantiamo qualcosa?» propose un altro.
E così, sulle note
di Twinkle, twinkle little star, Shaka tornò a terra per osservare il
soffitto senza coinvolgimento.
«Shaka, pulcino,
dove sei? Petalo di rosa bianca… scintilla di vita eterna… lo so che sei
tornato. Hai disseminato tutta la casa con i tuoi vestiti!»
Shaka s’immerse
nell’acqua della vasca fino al naso, gli occhi sempre indecifrabili e puntati
nel nulla. Aiolia poteva chiamarlo anche per l’eternità, ma non avrebbe avuto
risposta. Perlomeno, non in quel momento, in quel contesto, in quella critica
situazione.
«Shaka?» fece ancora
Aiolia, affacciandosi alla porta del bagno. «Ma certo, stai facendo un bagno…
prima fatti parlare così ti raggiungo!»
Si accucciò accanto
alla vasca e stampò un bacio tra i capelli dell’altro, che non si mosse.
«Oggi ho ricevuto i
soldi!» esclamò, prendendo dalla tasca un assegno. «Eh? Che ne pensi? Affitto e
bollette pagati per tre mesi!»
Non ottenne risposta
e ripose l’assegno. Shaka si limitò a fare le bolle con la bocca sotto l’acqua.
«Tu fai le bolle?
Solo io faccio le bolle.» si stupì Aiolia, passando una mano davanti al volto di
Shaka. Evidentemente il suo compagno non era in perfetta forma… «Comunque mi
serve un aiuto: fra pulcino, petalo di rosa bianca e scintilla di vita eterna
qual è il soprannome migliore per un marito premuroso?»
«Li… blubabrr… to.»
Aiolia alzò un
sopracciglio sentendo i gorgoglii sotto l’acqua. Non era un comportamento
consono a Shaka, sempre così contemplativo e rigoroso.
«Hai avuto un
incidente? Hai litigato con qualcuno?» chiese sollevandogli il mento dall’acqua.
«Licenziato.» ripeté
Shaka, incrociando finalmente lo sguardo di Aiolia. «Mi sono licenziato.»
Mh. Se c’erano cose
che Shaka amava fare ovunque, erano contorcersi in posizioni di yoga e
kamasutra e parlare di Buddha. Insegnare yoga ai bambini era stato piacevole per
i primi tempi, Aiolia ricordava che Shaka tornava a casa relativamente allegro e
bendisposto ad aiutarlo con i suoi romanzi. Ultimamente non aveva fatto altro
che ritirarsi stressato e sbadato, ma nulla lasciava presagire il licenziamento.
«Mi disp-»
«Io sto benissimo,
altrimenti non mi sarei licenziato.» soffiò Shaka, issandosi e poggiando la
schiena alla parete della vasca. «Provvederò subito a cercare un altro lavoro.
Scusa per prima, ero sovrappensiero: hai detto che hai ricevuto l’assegno?
Ottimo. Trovo migliore l’appellativo “pulcino” per quel personaggio… è di quel
racconto che mi hai fatto leggere ieri sera?»
«Ehm… sì, grazie.»
replicò Aiolia, scrutando gli occhi di Shaka. Qualcosa non quadrava.
«Entra nella vasca.»
ordinò Shaka.
«Mi nascondi
qualcosa.»
«Ho detto che devi
entrare nella vasca.»
«Cos’è successo?»
«Hotiratounportapennealmiocapoperchénonvolevadarmiunaumentononostanteiomispacchiindueperlavorare.»
disse tutto d’un fiato Shaka. «Entra nella vasca, adesso.»
Aiolia sgranò gli
occhi e si ritrovò a fissare l’amante a bocca aperta. Un portapenne al capo?
Ecco, quelli erano istanti in cui Shaka s’infiammava e dava del filo da torcere
anche alla testa più calda che si trovasse in circolazione. Anche Aiolia era di
indole pacifica con improvvisi scatti di rabbia, ma la volta che s’era
arrabbiato di più aveva solamente gettato per terra un pezzo di pane.
«Al tuo capo.»
ripeté. «Non è molto educato, ma…»
«È il frutto di una
meditazione estenuante.» si giustificò Shaka, stringendo i capelli in una mano e
strizzandoli. Biondi e lunghi com’erano, si inzuppavano facilmente ed erano
difficili da asciugare. «Come diceva Buddha, se qualcuno…»
«No, Shaka. Hai
frainteso.» replicò Aiolia, sfilandosi la camicia. «Avrei voluto assistere ad
una scena del genere, perché odio il tuo capo da sempre.»
Shaka accavallò le
gambe diafane, che nell’azione affiorarono dall’acqua. «Il mio capo è tua cugina
Shaina.»
«Appunto, quella
serpe.» sbuffò, sbottonandosi i pantaloni. Ebbe qualche difficoltà con la zip,
ma fu aiutato subito da Shaka. «Da piccola mi tirava i capelli e mio fratello
non faceva nulla per aiutarmi.»
«Tra fratelli è
sempre così.» osservò giustamente l’altro, soffermandosi ad ammirare il corpo
palestrato del suo uomo. Aiolia si spogliò completamente, entrò nella vasca e si
fermò, in piedi, davanti a lui.
«Che ne dici, eh?
Anni e anni di rugby…» si vantò, facendo scorrere un dito lungo i pettorali.
«Salviamo le
tartarughe.» disse Shaka, e Aiolia scoppiò a ridere. Per qualche anno, Aiolia
aveva prestato servizio presso lo zoo della città e si occupava principalmente
di rettili, invitando i visitatori a rispettare e a salvaguardare le tartarughe
(non le stesse di cui parlava Shaka, comunque).
«A proposito di mio
fratello…» Aiolia si sedette nella vasca e cercò di attrarre a sé l’altro, con
scarsi risultati dato l’esiguo spazio. Dovette quindi accontentarsi di
accovacciarsi su di lui. «Te l’ho detto che si è trasferito in quella nuova
città, Yaoi City… beh, si è candidato a sindaco. Non trovi che abbia fatto passi
da gigante in politica? Fino a ieri vendeva patatine agli angoli delle strade
per farsi pubblicità.»
Aiolia ridacchiò, e
Shaka alzò un sopracciglio, commentando: «E tu lo aiutavi.»
«È vero…» mugugnò
Aiolia, appoggiando la testa al petto dell’altro. Gli morse un capezzolo, ed
ebbe in tal modo l’illuminazione. Alzò la testa, bloccò Shaka per le spalle e
con occhi estatici gli propose, infervorato: «Andiamo a vivere anche noi a Yaoi
City!»
Un piede gli si
stampò in volto.
«Cosa stai
farfugliando? Lasciare Chicago?» borbottò Shaka, gettando un’occhiata fuori
dalla finestra semiaperta. Spiccavano alti grattacieli, luci intermittenti di
insegne e l’aria era irrespir… cioè, non molto pura, e Shaka era un salutista di
prim’ordine…
«Un momento. Mi
cogli impreparato.» continuò, abbassando il piede.
«Ora che sei senza
lavoro, potremmo andare lì e comprare un appartamentino o una villetta…» suggerì
trasognato, portando le mani al bacino di Shaka, che sussultò. «Allora, ho
appena guadagnato 3.500 $. A te quanto spetta ancora?»
Shaka cercò di
sottrarsi alla lussuriosa presa dell’altro, mormorando: «Credo 1.200 o 1.300…»
«Facciamo i conti.
In banca ne ho altri 15.000, tu 12.000 e se invio quel libro che ho finito ma
non mi piace potrei farne altri 5.000… mio fratello potrà trovarci una casa poco
costosa, i miei genitori e i tuoi daranno in totale qualcosa come 3.000
dollari…»
«Siamo intorno ai 35
mila dollari.» fece Shaka.
«Mutuo o affitto?
Questo è il problema.» rimuginò Aiolia. Allontanò le mani da Shaka e si distese
sulla schiena, in un vago atteggiamento di eroe pensante. Poi, ebbe l’Idea e
muovendosi fece schizzare l’acqua per terra.
Shaka lo osservò
perplesso.
«Milo e Camus.»
bisbigliò Aiolia, quasi volesse tenere nascosti quei nomi. «Volevano andarsene
da Chicago, no? Camus è ricco sfondato e insieme potremmo comprare una duplex!
Wah! Oh Dio, devo chiamarli, devo chiamarli!»
Si alzò dalla vasca
e bagnò tutto il pavimento, mentre Shaka gli ricordava che erano tutte illazioni
e premesse senza fondamenti. Era troppo tardi: scivolando due o tre volte, il
nudo e contento Aiolia uscì dal bagno e raggiunse il telefono.
«Adesso sorpassiamo
imprudentemente Camus.» ridacchiò Aiolia, premendo l’acceleratore. «Tieniti
forte.»
Cosa mai spingeva
Aiolia e Shaka sulla strada statale diretta a Yaoi City, dietro la macchina di
Camus e Milo, fra i campi di tabacco del Kentucky?
Ma un trasferimento,
ovvio. Incentivato da altri tre importanti fattori: primo, una vincita alla
lotteria di Aiolia di 20.000 dollari; secondo, l’elezione di Aiolos a sindaco;
terzo, Milo e Camus avevano già comprato una piccola villetta a Yaoi City.
Anche loro avevano
finalmente una casuccia propria! Aiolos, felicissimo e gentilissimo come mai in
vita sua, aveva trovato e pagato per metà una deliziosa villa a due piani per il
fratello e il fidanzato. E aveva anche una sorpresa, ma non l’aveva ancora
rivelata ai due…
«Non farlo. Camus
odia correre.» mormorò Shaka, appoggiato ad occhi chiusi allo sportello.
«Camus odia che gli
altri corrano quando si trova anche lui in macchina. Questa volta è lui a
guidare.» gli fece notare Aiolia, e sterzando all’improvviso superò – da destra
– l’auto dei due amici. Ebbe anche modo di fare marameo al mezzo
addormentato Milo, che subito si destò e incitò Camus a raggiungerlo.
Aiolia accelerò.
«Fra un po’ c’è
l’uscita per Yaoi City.» ricordò seccato Shaka, reggendosi al sedile.
La macchina di Camus
saettò nuovamente davanti alla loro.
«State correndo su
una strada pubblica.» continuò, puntellando i piedi sul tappetino per prepararsi
alla corsa. «Prenderete una multa.»
«Medita un modo per
arrivare prima, su…» disse Aiolia, e compì una pericolosa infrazione sorpassando
di destra l’auto di Camus e accelerando per occupare la corsia di sorpasso.
Shaka vide un bauletto scivolare dal portabagagli sui sedili posteriori.
Menomale che avevano caricato pochissimo l’auto e insistito sul camion del
trasloco…
«Rallenta.» ordinò
Shaka, avvistando l’uscita per Yaoi City.
«Un attimo.» e
arrivarono ai 120 km/h.
Shaka sentì la bile
agitarsi. Non aveva mai tollerato le alte velocità. «Rallenta, Aiolia.»
«Aspetta…» e 130
km/h.
«Aiolia, Aiolia!»
gridò Shaka, e non era per la paura. Avevano appena superato l’uscita per la
città, mentre Camus con una frenata di fortuna riusciva ad imboccarla. Milo
esultò dal finestrino.
«Ops.» mormorò
Aiolia decelerando.
Fu fulminato dagli
occhi penetranti dell’ex maestro di yoga, che non esitò a dargli una sberla sul
collo.
Uscirono allo
svincolo successivo e tornarono indietro da un’altra strada, procedendo in una
strada sterrata fra le piante di tabacco. Due o tre volte degli arbusti
entrarono nell’abitacolo dal finestrino aperto di Shaka, stampandosi sul volto.
Aiolia cercò di non guardarlo per non farlo arrabbiare – e per non ridere delle
lotte di Shaka il salutista contro il nocivo tabacco.
«Ecco la villa!»
esclamò Aiolia, percorrendo Manga Street a bassa velocità. Indicò la casa
che aveva già visto su alcune foto e saltellò sul sedile. «Ma è bellissima!
Quella accanto è di Milo e Camus, quella in fondo alla via… sì, quella gialla!
Quella gialla è di mio fratello!»
Sfrecciò nel
vialetto e parcheggiò, cercando in tasca le chiavi che gli erano state
consegnate. Fra biglietti, involucri di cibo e oggettini vari esse non
comparirono, dato che Shaka aveva già provveduto a salvarle portandole nella
propria tasca. Scese dall’auto.
«Shaka! Shaka,
Aiolia! Finalmente siete arrivati!» vociò contento qualcuno dalla strada.
Aiolia scese
anch’egli dall’auto e guardò l’interlocutore, elegantemente vestito e
comodamente seduto in una decapottabile di lusso in compagnia di un uomo.
«Aiolos!!! Vieni,
fatti abbracciare!»
Aiolos raggiunse il
fratello e si abbracciarono energicamente, salutandosi come se non si
incontrassero da decine di anni. Dopo toccò al rigoroso Shaka, stretto dal
sindaco di Yaoi City con un’enfasi quasi esagerata.
«Ora che vi siete
trasferiti ci divertiremo un sacco!» trillò felicemente Aiolos, raggiunto
dall’uomo che prima era in auto. «Lia, ti devo portare a pattinare sul ghiaccio,
da piccolo me lo chiedevi sempre! E la piscina con le onde… un attimo: vi
presento una persona.»
L’uomo che stava con
lui sorrise.
«Questo è il mio
segretario, Saga Valiant.» spiegò, mentre i tre si stringevano le mani. «E…»
Saga ammiccò, e
Aiolos ne rise imbarazzato. Aiolia attese.
«Ed è anche il mio
fidanzato.» cinguettò Aiolos, baciando la guancia di Saga.
Aiolia rimase
immobile, prima di assimilare la notizia. Trattenne un respiro, sgranò gli occhi
e strinse i pugni. Da bravo romanziere, inserì il fidanzato del fratello in una
storia inventata sul momento per avere un consiglio su come trattarlo. Essendo
Aiolia molto, molto, MOLTO geloso del suo amatissimo fratello, riuscì
solo a immaginare Saga impegnato a combattere un enorme serpente con la testa di
Shaina.
«Capisco.» sibilò
tra i denti. Shaka volse altrove lo sguardo: quando faceva così, Aiolia era da
prendere a schiaffi.
«Stavamo andando ad
una festa in centro, si celebrano i primi 6 mesi di Yaoi City e in quanto
sindaco non posso mancare. Se siete stanchi perché non vi riposate un po’ e poi
venite?» propose Aiolos. «C’è tempo fino a stasera.»
«Potrete conoscere i
vostri concittadini.» aggiunse Saga, con una voce gradevole che ad Aiolia parve
un gracidare di rane.
«Volentieri.» soffiò
ancora il geloso fratello, a cui il segretario aveva appena dichiarato guerra.
La festa in centro
era dietro casa, visto che la città non era propriamente grandissima. Era stato
allestito un palco sul quale si trovavano membri della giunta comunale, Saga e
Aiolos che avevano appena tenuto un discorso, mentre nel resto della piazza si
trovavano alcune bancarelle di dolciumi e cibi vari. Aiolia camminava con fare
maestoso (aveva deciso a casa di tenerlo) per spaventare Saga, osservando
minacciosamente tre quarti dei presenti, e stringendo per le spalle un
infastidito Shaka che desiderava sistemare la casa insieme alla ditta del
trasloco appena giunta.
«Aiolia sconfiggerà
il male.» bofonchiò lo stesso Aiolia. «Inserirò Saga nel mio romanzo nelle vesti
di un povero psicolabile soggetto a crisi di identità ucciso da me.»
Shaka lo ignorò e
proseguì la camminata tra i concittadini, che osservavano la coppia sorridendo.
Nonostante la gentilezza, c’era qualcosa che non andava in quella festa e nei
suoi partecipanti… anche Aiolia, terminando di parlare a vanvera, se ne accorse.
«Mmm…» fece
socchiudendo gli occhi. «Come mai non c’è neanche una donna?»
Milo camminava alle
sue spalle, e non appena sentì la domanda rispose sospirando di felicità: «Il
paradiso, amico!»
«Anch’io me ne sono
accorto.» disse Camus, sospettoso. «Che sia una tradizione locale vietare alle
donne di festeggiare in pubblico? Il Kentucky è culturalmente indietro rispetto
all’Illinois.»
Aiolia alzò un
sopracciglio. «Certo che ne spari, di caz-»
«Lia, sei venuto!»
Aiolos, sceso dal palco, notò il gruppo e corse dal fratello, mentre tutti i
presenti lo salutavano raggianti. «Oh, Milo, Camus! Da quanto tempo! È
bellissimo riavervi tutti insieme.»
Dopo abbracci e
strette di mano, Aiolos continuò a parlare. «Allora, avete visto? Che ne
pensate?»
Mostrò muovendo il
braccio tutta la piazza in festa.
«Bel paese.»
commentò Milo. «Siamo venuti qui e…»
«No, no.» fece
Aiolos. «Che ne pensate? La prima città totalmente gay degli Stati Uniti
d’America!»
Aiolia sorseggiava
della limonata e alle parole del fratello reagì con un bagno sui presenti.
Aiolos fu investito in pieno dal liquido, Camus si bagnò i capelli rossi.
«Eh?» fu l’unico
verso emesso da Milo, che si reggeva a Shaka per lo stupore.
Aiolos si pulì con
un fazzoletto il viso. «Sì, avete sentito bene. Yaoi City è una città gay.»
I quattro nuovi
abitanti guardarono ancora i presenti.
C’era un ragazzo con
i capelli biondi e un neo sulla guancia seduto in atteggiamenti intimi su una
panchina con un albino; poi, un ragazzo alto e robusto che camminava sotto
braccio con un orientale più minuto; qualche ragazzo spaiato che lanciava
occhiate qua e là…
All’improvviso
arrivarono alle orecchie di Shaka le limpide parole: «Uno è biondo con gli occhi
azzurri: che uke carino!»
Anche Milo era
biondo con gli occhi azzurri, ma Shaka sapeva che quelle parole erano dirette a
lui perché due ragazzi gli stavano osservando… ehm, osservando il fondoschiena.
«Che cos’è un uke?»
chiese ad occhi sbarrati.
Aiolos annuì
comprensivo. «Giusto, devo spiegarvelo. Uke passivo, seme attivo. Capito? Uke
passivo, seme attivo.»
Come spiegazione era
molto essenziale. Shaka tuttavia capì che la frase di prima era quasi certamente diretta a lui.
«Los, che cavolata è
questa?» sbottò un innervosito Aiolia.
«Aiolia, modera i
termini.» lo rimproverò il fratello, che però doveva tornare sul palco. Così si
allontanò e fece un cenno di saluto: «Capirete, non preoccupatevi. A presto!»
Camus fece
dietrofront. «Torniamo a casa, Milo.»
«Seme e uke?» ripeté
Milo. «Perché dobbiamo sventolare ai quattro venti le nostre preferenze?»
Ma già si
allontanavano. Shaka stava per seguirli, ma Aiolia si bloccò esterrefatto
indicando due uomini ad una bancarella di tè inglese. Gli tremava la mano.
«Sha… ka…» balbettò.
Shaka osservò nella
direzione indicata. In effetti si stupì anche lui, vedendo Saga che baciava
sulle labbra il noto opinionista e critico letterario inglese Lord Rhadamantys
de Wyvern reggendo due tazzine di tè.
«Sta tradendo mio
fratello senza alcun ritegno con il critico che scrisse del mio romanzo “Ottima
atmosfera ed eccellente caratterizzazione dei personaggi”!» ringhiò. «Lo uccido!
Sta disonorando mio fratello e pure Lord Rhadamantys!»
Aiolia si diresse a
passo svelto verso i due e, incrociando torvamente le braccia, si bloccò davanti
a loro.
«Cosa sta facendo,
signor Saga?!»
Shaka arrivò. Saga
non indossava più gli stessi abiti eleganti di quando l’avevano incontrato
davanti casa… vestiva dei jeans strappati, una camicia stinta e teneva i capelli
legati da una fascia. Non aveva neppure lontanamente le sembianze di un
segretario… sembrava persino l’opposto dell’impeccabile Lord Rhadamantys.
«Aiolia.» lo chiamò
Shaka. Aveva capito che quell’uomo non era Saga.
«Mio fratello è
dietro di lei, su quel palco, e lei bacia un altro uomo?» continuò imperterrito
Aiolia.
Lord Rhadamantys
guardò perplesso il compagno, poi alzando le sopraccig- il monociglio che
possedeva bevve del tè .
«Lord Rhadamantys,
io sono Aiolia Anthelios e lei ha recensito anche un mio romanzo, ma non posso
permetterle di prendersi gioco di mio fratello.»
«Aiolia.» insistette
Shaka fulminandolo con un’occhiata.
«Ancora complimenti
per Mi sento un leone, è un fantastico thriller psicologico di stampo dualista.» sorrise Lord Rhadamantys. «Ma per avere ulteriori
commenti non c’è bisogno di minacciare me e il mio compagno.»
Saga si ravvivò la
fascia e bevve il suo tè.
«Sono qui pe-»
iniziò Aiolia, ma Shaka lo interruppe: «Scusateci. Abbiamo scambiato lei per
Saga.»
Il misterioso uomo
dal volto di Saga assunse un’espressione molto insolente e annuì gravemente.
«Questa è una cosa
terribile.» mormorò. «Scambiarmi per il mio gemello è sempre molto triste. Io mi
chiamo Kanon.»
Aiolia si ammutolì e
se non fosse stato abbronzato il suo volto sarebbe divenuto rosso per
l’imbarazzo. Shaka, che aveva ragione, alzò le spalle.
«Signor Anthelios,
non si preoccupi.» fece Lord Rhadamantys. «Son cose che accadono. Mi sembra di
aver capito che lei è il fratello del fidanzato del fratello del mio fidanzato?»
Kanon scoppiò a
ridere, e l’avrebbe fatto anche Aiolia se non fosse stato in imbarazzo.
«Cos’è, Beautiful?»
rise Kanon, che lo seguiva sin da quand’era bambino.
«Kanon, lascia
perdere quella soap-opera.» disse il critico. «Ne parli sempre.»
«Rhada, sei così
inglese!» lo accusò il compagno, che tornò a ridere e a bere del tè.
Shaka porse la mano.
«Piacere di conoscervi. Sono Shaka Tuja, il compagno di Aiolia.»
«Allora…» rifletté
Kanon, stringendogli la mano. «Il fidanzato del fratello del fidanzato di mio
fratello!»
Shaka non gradì la
battuta, Rhada gli strinse la mano e bisbigliò: «Lo perdoni, qualunque cosa io
dica diventa inesorabilmente motivo di derisione.»
Aiolia sospirò.
«Questo posto fa
schifo.» sbottò, all’improvviso, Kanon. «Non esiste una definizione per noi
poveri versatili! Seme, uke, Ridge, gatto Silvestro… noi, Rhada, siamo fuori dal
mondo.»
Il Lord inglese
sgranò gli occhi, imbarazzato tanto quanto Aiolia. Mormorò qualche parola di
scusa e si allontanò da Aiolia e Shaka trascinando via Kanon, che evidentemente
non assimilava bene il tè.
«Primo giorno.»
annunciò Aiolia. «Anzi, prime tre ore.»
«Aiolia, la prossima
volta che ti chiamo dimmi: “Cosa c’è, pulcino, petalo di rosa bianca, scintilla
di vita eterna?”.»
«Sì, credo che lo
farò.»
Gem racconta…
Sapete le fic di prova, quelle con cui devi abituarti al carattere di personaggi
che non hai mai gestito?
Bene. Siccome a breve – spero – arriveranno due Aiolia/Shaka a cui tengo molto,
devo trattare con i guanti i loro caratteri, perché non voglio andare OOC – se
capita qui, pazienza, NELLE ALTRE DUE
NO.
“L’uke perfetto” è liberamente ispirata al film “La donna perfetta” con Nicole
Kidman. Oh, Shaka, don’t make it bad… (?)…
Spero che la fic sia di vostro gradimento, chi ha visto il film forse avrà già
qualche idea… stia zitto, però! XD ora devo fare i compiti, per Athena. Il
computer è cattivo, oggi avrei dovuto studiare! A presto,
Gem!
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