Fate loves the fearless

di littlegiulyy
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CAPITOLO 10 "Feelings wheel"

Fissò lo spazio scuro davanti a lei, priva di espressione, continuando a perdersi nei meandri dei suoi lugubri pensieri.
Erano in viaggio ormai da ore.
Tutto quel tempo passato privo di azione, e di qualsiasi altro stimolo di ogni genere,  continuava a sembrarle infinitamente lungo e noioso, senza passare mai. Più guardava il suo orologio terrestre, ancora saldo sul suo polso e stranamente intatto, più le lancette sembravano essere inchiodate nello stesso punto, senza avanzare mai sul quadrante.
Voleva distrarsi. Voleva dimenticarsi di Goten, voleva mettere da parte tutto quello che aveva lasciato sulla Terra da giorni. Il susseguirsi di avvenimenti assurdi degli ultimi giorni le avevano tenuto la mente impegnata… ma adesso sembrava tornare tutto a galla e se avesse continuato a corrodersi il fegato avrebbe finito per affogarci dentro.
Si lascio andare totalmente sul sedile, raccogliendo le ginocchia al petto ed avvolgendole con le braccia.
Avrebbe voluto crearsi uno scudo contro la miriade di pensieri che la tormentavano, ma non poteva.
Abbandonò la fronte sulle ginocchia, sospirando rassegnata.
“Non hai una bella cera ragazzina”
La voce di Bardack la destò improvvisamente, facendole alzare la testa di scatto ocn un sussulto.
Si voltò verso la porta d’ingresso della sala comandi e, quando lo vide avanzare verso di lei, riportò lo sguardo davanti a sé. Continuò a fissare lo spazio aperto fuori dal finestrino davanti ai suoi occhi, senza guardarlo.
Era stanca.
“Sei venuto a controllare che non metta mani sui comandi?” chiese gettando un’occhiata al sedile al suo fianco, dove il ragazzo aveva appena preso posto sistemandosi comodamente.
Bardack ridacchiò sommessamente, e Bra si rese conto di non averlo mai visto ridere prima di allora.
Lo guardò meglio, sembrava rilassato ed i suoi lineamenti sempre corrucciati erano per la prima volta distesi.
“Mi è passato per la testa lo ammetto…” ammise divertito “ma non sono venuto qui per questo” aggiunse guardandola per un istante di troppo.
“E perché sei qui allora? Tu e Yoshi dovreste allenarvi…”
“Yoshi è andato a dormire, dovremo essere riposati quando arriveremo, non sappiamo cosa ci aspetti”
“E quindi hai deciso di venire a disturbare me?” gli chiese la ragazza con un ghigno.
“Sono venuto ad assicurarmi che tu riesca a combattere” disse il ragazzo aprendo uno stipetto davanti a lui tirandone fuori una bottiglia di vetro chiara. Aprì la bottiglia di qualcosa che aveva tutta l’aria di essere molto alcolico e ne bevve un sorso.
Bra lo osservò sorpresa.
“E quello cos’è?” gli chiesecuriosa indicando la bottiglia.
Gli occhi scuri del Saiyan la guardarono per un istante, per poi tornare a concentrarsi sullo spazio nero che scorreva veloce davanti a loro. Solo qualche stella di passaggio illuminava sporadicamente l'ambiente. 
“Estratti di Alaykapas, una pianta che cresce solo sulle montagne del pianeta Klipsoysas”
"Suppongo nons ia nel sistema solare..." disse vaga la ragazza.
Bardack accenò un ghigno divertito.
"Esattamente"
"L'hai presa tu?" indagò sempre più curiosa.
"L'ultima volta che siamo stati lì"
"Ed è alcolica?"
Bardack ridacchiò sommessamente, bevendo un altro sorso.
"Molto"
“Non dovresti bere prima di una battaglia”
Bardack la guardò accigliato. 
“Noi Saiyan bruciamo in fretta l’alcol, dovresti saperlo” affermò divertito il ragazzo.
La ragazza rimase in silenzio.
Lei non aveva mai retto troppo bene l'acol in realtà, a differenza di Pan che sembrava poter bere ettolitri di alcolici senza alcuna ripercussione sul suo stato mentale.
“Allora… me lo dici che cos’hai?” chiese Bardack sorseggiando tranquillamente la bevanda. 
Bra si voltò verso di lui, guardandolo definitivamente.
“Da quando parliamo così tanto? E soprattutto… da quanto ti importa di quello che penso? Fino a qualche ora fa volevi consegnarmi al sovrano di Kapthos senza troppi problemi” disse secca mettendosi subito sulle difensive.
“Da quando siamo diventati alleati” le rispose tranquillamente il ragazzo.
Si guardarono a vicenda.
“Da quando abbiamo scoperto dove si trova Kale sei diverso…” disse improvvisamente la turchina “eri più cupo, teso… eri uno stronzo, mentre adesso sembri quasi normale”
“Io sono sempre stronzo terrestre...” ridacchiò sempre più divertito, poi divenne serio di colpo.
La ragazza comprese che la frase non era terminata e attese in silenzio guardandolo.
Per quanto cercasse di capirlo, quel ragazzo restava un’incognita per lei.
Se per un attimo si illudeva di averci capito qualcosa, l’attimo dopo qualcosa le dimostrava il contrario, abbattendo le sue convinzioni.
Lo guardò in silenzio, estremamente curiosa di ciò che le avrebbe detto.
“L’idea di poter riavere Kale con noi…” lasciò in sospeso la frase, ma Bra intuì alla perfezione quello che voleva dire.
Era felice perché avrebbe rivisto la sua compagna, era dannatamente felice e glielo si leggeva in faccia.
Non aveva mai visto prima di allora il Saiyan così simile ad un ragazzo normale; era un alieno dopotutto, un alieno superdotato e con poteri sovrumani, con un'educazione totalmente diversa rispetto a quella che avevano ricevuto lei ed i suoi amici sulla Terra da quando erano nati. Ma, adesso, il suo aguzzino le sembrava così… umano.
Un uomo che l’avrebbe cercata in tutto lo spazio, smuovendo mari e monti pur di riaverla con sè.
Questo era quello che avrebbe voluto, proprio come Bardack aveva fatto per Kale. E invece Goten alla prima occasione era tornato da quell’oca giuliva senza alcuna remora, il giorno dopo averla baciata.
Sospirò chiudendo gli occhi e sbattendo piano la testa sul sedile dietro di lei.
Goten Son sarebbe stata la sua rovina. Lo aveva capito quando, a soli tre anni, le aveva aggiustato la sua bicicletta rotta da Trunks e lei l’aveva inconsapevolmente proclamato suo salvatore nella sua sciocca testa immatura.
“Chi c’è che ti aspetta… sulla Terra?” le chiese improvvisamente il ragazzo, attirando la sua attenzione.
Bra riaprì gli occhi e lo fissò per qualche istante, indecisa sulla risposta.
I suoi genitori, suo fratello, Pan, i suoi amici… loro la stavano aspettando sulla Terra.
Ma la domanda del Saiyan non si riferiva a loro, era ovvio.
Sospirò rassegnata e con uno scatto in avanti gli prese la bottiglia dalle mani prima che potesse dirle qualcosa. 
Sapeva che se avesse voluto avrebbe potuto impedirglielo facilmente, dopotutto era molto più veloce di lei, ma non accadde. Il ragazzo la lasciò fare, seguendo attentamente i suoi movimenti.
Se la portò alla bocca, bevendone un lungo sorso.
L’alcolico le bruciò la gola non appena iniziò ad ingoiare in apnea, poi si staccò dalla bottiglia riporgendola al ragazzo e buttando giù tutto il contenuto che aveva immagazzinato nella bocca.
Bardack la osservò accigliato, riprendendo tra le sue mani la bottiglia.
“Vacci piano ragazzina… questa non è per tutti” l’ammonì osservando il quantitativo bevuto dalla ragazza.
"Non è male" commentò Bra con voce roca, cercando ancora di riprendersi dal fortissimo gusto alcolico che le aveva lasciato in bocca quella bevanda aliena. 
“Ci vai giù pesante… ne deduco che tu voglia dimenticare chi ti aspetta sulla Terra” aggiunse il Saiyan con un ghigno.
Bra lo maledì mentalmente, ma non diede libero sfogo ai suoi pensieri.
Si asciugò con il dorso della mano una gocciolina ribella sfuggita dalle sue labbra e sospirò per l’ennesima volta nell’arco degli ultimi dieci minuti.
“Non c’è nessuno che mi aspetta sulla Terra… e smettila di chiamarmi ragazzina” disse indispettita.
Avvolse il suo corpo infreddolito tra le braccia, cercando di scaldarsi almeno un po’.
Da quando si era tolta il vestito per combattere meglio, era rimasta solo con una sottoveste a coprirla e l’aria condizionata sparata a manetta lì dentro non migliorava di certo la situazione.
Il Saiyan la guardò divertito, bevendo un altro sorso dalla bottiglia.
“E allora chi è che ti causa tutti questi pensieri?” le chiese strafottente fissandola con un ghigno.
La turchina lo guardò per un istante, poi volse lo sguardo davanti a sé per sfuggire a quella domanda.
Ovviamente fu tutto inutile.
“Si vede lontano un miglio che pensi a qualcuno… lui chi è?” insistette il ragazzo.
“Il tuo dannatissimo cugino che deve andare a farsi fottere” esplose la turchina ad alta voce, liberandosi finalmente di un peso che aveva tenuto dentro di sé per settimane. 
Improvvisamente, si sentì decisamente più leggera.
Non aveva parlato con nessuno di quello che era successo con Goten, neanche con Pan. Il primo a cui diceva una cosa del genere ad alta voce era il ragazzo seduto affianco a lei.
In poche parole ad uno poco più che sconosciuto.
Bardack la guardò allibito e decisamente sorpreso.
“Che cosa? Mio… mio cugino?” chiese confuso.
Bra sospirò sistemandosi sul sedile.
“Goten Son, il figlio minore di Goku… o quello che voi chiamate Kakaroth insomma” disse frettolosa.
“Cioè aspetta vai piano, tu stai con mio… cugino?” chiese il ragazzo quasi incredulo. Un guizzo strano nel suo sguardo attirò l’attenzione di Bra, ma venne subito mascherato dal solito sguardo cupo.
“Non stiamo insieme” precisò subito la ragazza.
“Quindi fate solo sesso”
Bra sbatté qualche volta le palpebre imbarazzata, presa decisamente in contro piede dalla schiettezza del ragazzo. 
“E’ capitato solo qualche volta...” ammise la ragazza “ma adesso non voglio parlarne, ne adesso ne mai” aggiunse alzandosi in piedi e stiracchiandosi, palesemente per sfuggire a quel discorso scomodo.
A forza di stare ore seduta storta, un dolore fastidioso le aveva invaso tutta la zona lombare.
“Quindi tu vorresti che non fosse una cosa sporadica…”
Bra si voltò verso il ragazzo e sospirò, appoggiandosi al poggiolo del sedile per mettersi comoda.
Bardack non aveva intenzione di chiudere quì il discorso, questo era chiaro. 
“Perché dovrebbe esserlo?” chiese la ragazza a voce alta guardandosi intorno “insomma… sta con una da anni … perché non potrebbe fare coppia fissa con me” aggiunse incrociando le braccia al petto improvvisamente imbarazzata.
Si rese conto di aver tirato fuori tutti i suoi pensieri che cercava di seppellire da mesi inutilmente, così facilmente che si stupì lei stessa.
“Tipico” commentò il Saiyan portandosi la bottiglia alle labbra.
Bra lo guardò scettica.
“Cosa?!”
“Voi donne siete così… volete sempre tutto serio, che ci sia impegno, che l’uomo viva per voi…” ridacchiò ironico “siamo Saiyan, la prima cosa nella nostra testa è la guerra, nient’altro” aggiunse tornando serio e improvvisamente pensieroso.
“Tu stai vagando per lo spazio alla ricerca di una donna, non mi sembra che il tuo primo pensiero sia la guerra” gli fece notare la ragazza accigliata incrociando le braccia al petto.
Bardack si voltò verso di lei per guardarla meglio e bevve un altro sorso dalla bottiglia, restando in silenzio.
Colpito e affondato.
Bra sorrise soddisfatta di aver centrato il punto e, dopo essersi riseduta, tornò a guardare lo spazio che si estendeva davanti ai suoi occhi dietro al vetro mordicchiandosi il labbro inferiore meditabonda.
La sua cotta per Goten Son ormai bruciava da troppo tempo, avrebbe fatto meglio a lasciar perdere tutto, lo sapeva bene, eppure era così difficile lasciarlo andare…
“Sei una Principessa” disse improvvisamente il Saiyan affianco a lei, spezzando il silenzio innaturale dello spazio e facendole riportare il suo sguardo cristallino su di lui.
“Cosa c’entra?” farfugliò confusa.
“Tu sei una principessa, noi apparteniamo alla terza classe”
Bra lo guardò accigliata, senza comprendere a pieno il suo discorso.
“Non so di cosa tu stia parlando”
“Ci sono delle gerarchie che vanno rispettate”
“So di queste gerarchie ma… per la miseria, il pianeta Vegeta è stato distrutto ormai quasi trent’anni fa, non credo proprio che Goten non si voglia impegnare con me per differenza di classe” disse enfatizzando le ultime parole con ironia.
Il ragazzo bevve un altro sorso dalla bottiglia, tornando a guardare lo spazio.
“Non ti potrebbe toccare neanche con un dito” disse a bassa voce, quasi senza poter essere udito; ma Bra sentì benissimo ciò che aveva detto.
La ragazza lo fissò per qualche istante, cercando di comprendere la stranezza del suo tono in quell’affermazione, ma non riuscì a coglierci niente di sensato.
“Se pensi che io badi a queste cose ti sbagli di grosso” disse convinta “sono cresciuta come una terrestre, non mi interessano i miei titoli alieni” disse alzando gli occhi al soffitto per un attimo.
“Sta tutto nel modo in cui ti poni” commentò il ragazzo affondando nella poltrona e mettendosi comodo.
Bra lo guardò meglio; non aveva mai parlato così liberamente con nessuno, forse neanche con  Pan.
Forse il punto di vista di una persona che era certa non le avrebbe detto solo ciò che voleva sentirsi dire era proprio ciò di cui aveva bisogno in quel momento.
“Cosa intendi?”
“Sei altezzosa, arrogante, polemica e dannatamente saccente… sei quasi fastidiosa a volte” disse tranquillo bevendo un sorso dalla bottiglia, senza distogliere lo sguardo dallo spazio davanti a loro.
Bra lo fissò sorpresa, senza aspettarsi minimamente delle parole simili e soprattutto così prive di filtri.
Certo, sapeva di non essere la persona più umile sulla faccia della terra, questo doveva ammetterlo; probabilmente aveva anche ereditato buona parte dell’altezzosità di suo padre e l’arte della polemica da sua madre,  ma non era di certo arrogante, polemica e saccente.Tanto meno fastidiosa…o almeno così sperava.
Analizzò l’espressione beata sul visto di Bardack, come se si fosse tolto un sassolino molto fastidioso dalla scarpa.
La sala comandi era buia ed il profilo del ragazzo era illuminato solo dalla luce fioca di qualche stella di passaggio, ma la sua espressione soddisfatta era palpabile anche con una luce irrisoria e quasi assente.
“Come scusa?” chiese incredula, ma il ragazzo non rispose e si limitò a piegare le labbra in un ghigno, sempre tenendo lo sguardo ben lontano dalla sua figura.
“Se fossi altezzosa, arrogante, polemica e saccente non sarei qui a darvi una mano” rispose stizzita.
“Non ci stai dando una mano, hai solo acconsentito a fare qualcosa che tanto avremmo fatto in ogni caso, anche se non avessi voluto... non potevi fare in altro modo” disse il ragazzo, alludendo al fatto che avesse acconsentito a cercare prima Kale e poi riportarla sulla Terra.
“Mi sono battuta con voi!” gli fece notare la ragazza.
“Perché non avevi altra scelta” ribatté il ragazzo senza guardarla.
La sua attenzione, sembrava essere calamitata dallo spazio davanti a loro.
“Ho trovato io le coordinate di Kale”
“Non sono le azioni che facciamo costretti che dicono chi siamo… sono le azioni che compiamo quando siamo davanti ad una scelta. Ci sono scelte giuste e scelte sbagliate. Tu non scegli mai, tu ti lasci trasportare dove ti costringono gli altri ad andare, in balia degli eventi, lasci che siano le persone intorno a scegliere per te… non hai controllo sulla tua vita, ne tantomeno sulle tue azioni perché ti fa comodo non scegliere”
“Si può sapere cos’hai contro di me?” sbottò la ragazza alzandosi in piedi e piazzandosi davanti al sedile del ragazzo affinché la guardasse negli occhi, poi continuò il suo sfogo.
“Qualsiasi cosa io faccia non va bene… non ho scelto io di essere qui, ne tantomeno di costringerti a stare in mia presenza… se sono così fastidiosa perché sei qui?” gli chiese sbottando dalla rabbia.
Bardack finalmente la guardò, in silenzio.
I suoi occhi scuri analizzarono inevitabilmente le sue forme pronunciate, ben poco nascoste dalla sottoveste attillata che indossava. Risalì con lo sguardo il corpo perfetto della terrestre davanti a lui, poi finalmente raggiunse i suoi occhi cristallini. Il suo profumo vanigliato, in qualche strano modo, stuzzicava il suo olfatto come nessun odore percepito prima di allora.
“Non lo so” ammise.
Bra rimase in silenzio per qualche istante, cercando di tirare le fila di quell’assurda situazione.
Fece un bel respiro profondo, poi parlò.
“Se dobbiamo collaborare, non possiamo odiarci”
“Io non ti odio” rispose il ragazzo “credo solo che tu sia una viziata che non apprezza le fortune che ha avuto, ma che altri avrebbero desiderato più di ogni altra cosa”
Bra rimase di sasso, cercando di comprendere il significato delle parole del Saiyan.
“Cosa intendi dire?” chiese spiazzata.
“Sono mesi che ti osserviamo… abbiamo dovuto progettare il tuo rapimento nei minimi particolari. Ti abbiamo seguita, studiata ed analizzata” disse continuando a guardarla dal basso, seduto comodamente sul sedile dei comandi, rivelando finalmente com'era nato il loro piano fin dal principio.
“Sei scontenta della tua vita perfetta, non fai altro che lamentarti della tua condizione fortunata e vivi immersa nelle futilità terrestri… se avessi passato anche solo un giorno dell’adolescenza di tuo padre e di tutti noi non saresti così ingrata”
Bra lo fissò spiazzata, rimuginando sulle sue parole.
Nessuno le aveva mai sbattuto in faccia questa verità che in cuor suo sapeva essere tale, e doveva ammettere che il fatto che fosse stato proprio questo Sayan a farlo le dava oltremodo fastidio, ma sapeva di essere dalla parte del torto.
Non si era mai posta alcuna domanda sulle vite altrui, non aveva mai pensato a cosa potesse voler dire crescere senza dei genitori o su un altro pianeta lontano anni luce dal tuo pianeta di origine. Non si era mai posta molte domande, aveva solo focalizzato la sua attenzione su sé stessa, senza curarsi delle sue fortune.
Università, vestiti, amiche, feste.
Questi erano i suoi pensieri, mentre da qualche parte nello spazio c’era chi lottava tutti i giorni per la propria vita.
Forse era proprio per questa sua superficialità che Goten non l’aveva ritenuta una valida alternativa a Valese?
Forse era proprio per questa sua superficialità che i suoi genitori la tenevano ancora in una bolla di sapone?
Lei non aveva mai preso una scelta, le sue azioni erano sempre state dettate dalla costrizione del momento, senza permetterle una vera decisione presa di sua volontà. Tutto questo era vero, e ci era voluto un alieno che l’aveva rapita nello spazio per farle aprire gli occhi sull’inettitudine della sua vita.
“Hai ragione” disse dopo interminabili minuti di silenzio.
D’istinto sfilò di nuovo la bottiglia dalle mani del ragazzo e buttò giù lunghi sorsi di quella bevanda aliena, nella speranza che placasse il suo animo inquieto. Chiuse gli occhi cercando di controllare il bruciore in gola provocato dall’alcol probabilmente quasi puro, finché il suo stomaco riuscì ad accogliere più contenuto possibile.
Appoggiò la bottiglia sui comandi con violenza, cercando di ingoiare anche tutti i sensi di colpa che si erano scatenati in lei e la consapevolezza di non aver combinato poi molto in tutti quegli anni.
“Vado a riposare” disse a denti stretti staccandosi dai comandi e incamminandosi verso la porta della cabina “è meglio che riposi se voglio rendermi utile” aggiunse a bassa voce.
Adesso, aveva bisogno di stare da sola.
“Bra”
Una cosa banale come il suo nome proprio, la fece immobilizzare all’istante, ormai a pochi passi dalla porta per uscire. Il suo nome di battesimo, pronunciato da quelle labbra lineari e perfette che mai prima di allora l’avevano chiamata con così tanta confidenza, l’avevano paralizzata, senza alcuna motivazione sensata.
Sentì dei movimenti alle sue spalle, ed intuì che il Saiyan doveva essersi alzato dal sedile dei comandi.
Avvertì distintamente i suoi passi sul metallo della capsula avvicinarsi sempre di più a lei, finché i suoi occhi incollati al pavimento non registrarono nel campo visivo i piedi del ragazzo.
Rimase immobile per qualche istante, lo sguardo fisso sul pavimento, poi si decise ad alzare gli occhi ed incrociò le perle nere del guerriero in piedi davanti a lei. Così simili a quelle dei suoi amici sulla Terra ed a quelli di suo padre che per un attimo un brivido leggero percorse la sua schiena nel riconoscere quello sguardo fiero e deciso, ma allo stesso tempo quasi confortante e familiare. 
“Non credevo di aver colpito il bersaglio” ridacchiò il ragazzo cercando di sdrammatizzare la situazione, ma il volto della ragazza rimase teso e serio.
“Credevo fossi solo stronzo” disse improvvisamente, facendo tornare serio a sua volta anche il ragazzo “invece dicevi solo la verità” proseguì guardandolo e lasciandolo spiazzato per un istante, poi continuò.
“Mi hai solo ripetuto più volte la verità che non volevo vedere e… hai ragione! Sono una ragazzina viziata, che non ha idea di cosa accada al di fuori delle sue mura di casa” aggiunse amaramente.
Sentì distintamente gli occhi bruciare ed abbassò lo sguardo imbarazzata.
Bardack la guardò sorpreso, non aspettandosi minimamente quello sfogo e soprattutto che gli desse ragione in ciò che aveva detto. Avevano battibeccato parecchie volte da quando l’avevano prelevata dalla Terra, ma mai prima di allora la turchina gli aveva dato ragione.
Analizzò il viso dell’azzurra cercando di capire le sue emozioni, ma la ragazza cercò di nascondersi dal suo sguardo fissando il pavimento metallico sotto i loro piedi.
Fece un passo in avanti senza alcun ripensamento, afferrando il mento della ragazza deciso e sollevandolo per guardarla meglio, complice probabilmente anche l’eccessivo alcolico che aveva bevuto poco prima e che stava iniziando a inibire i suoi freni inibitori.
Bra sussultò al suo tocco caldo ed inaspettato, constatando la forza che il Saiyan emanava anche solo con un gesto così piccolo e limitato.
Bardack si chiese mentalmente cosa stesse facendo, perché avesse sentito il bisogno di guardare meglio il volto della ragazza; ma quando i suoi occhi registrarono delle lacrime che inaspettatamente colmavano gli occhi azzurri davanti a lui, restò totalmente spiazzato.
Cosa le prendeva adesso?
Perché stava piangendo?

“Lasciami…” farfugliò la ragazza con voce rotta dal pianto e cercando di divincolarsi per nascondersi dal suo sguardo. Piangere davanti a lui, era ancora peggio se unito alla considerazione che aveva di lei il Saiyan.
La presa del ragazzo non accennò a diminuire, ma la trattenne in modo saldo ma senza farle male. Le sue dita bollenti e ruvide restarono sulla sua pelle, facendo scaldare a sua volta anche le guance della turchina.
“Non piangere” le intimò serio il ragazzo “i Saiyan non piangono” aggiunse continuando a guardarla.
Bra trattenne il respiro, constatando il fatto che non la stesse prendendo in giro, per la prima volta.
Per un istante, la fermezza nella sua voce le aveva ricordato quella di suo padre.
“Avevi ragione” disse solamente guardandolo a sua volta.
“Se vuoi iniziare a far migliorare le cose non risolverai i tuoi problemi di certo piangendo”
Bra lo guardò stralunata; Bardack aveva ragione, piangere non l’avrebbe portata a niente.
L’avrebbe solo resa ancora più viziata e debole di quanto non fosse già.
“Invece che piangere, cerca una soluzione” le disse duramente avvicinandosi a lei e restando a soli pochi centimetri di distanza da lei “cerca una soluzione ed agisci… come hai fatto su Kapthos” aggiunse a bassa voce.
“Non so cos’ho fatto su Katphos” ammise sincera.
“Hai tirato fuori il tuo sangue Saiyan”
“Ho passato una vita a scappare ed a essere salvata… ho agito senza pensare”
 “Non sei scappata questa volta, non hai permesso che nessun altro ti salvasse. Hai fatto tutto da sola… una scelta obbligata anche questa, ma meno delle altre di sicuro” aggiunse guadagnandosi un’occhiata brillante a parte della ragazza.
Rimasero in silenzio per qualche istante, guardandosi negli occhi.
Era la prima volta che riuscivano ad avere un dialogo che non sfociasse in una lite o in qualche insulto.
Era la prima volta che Bra si sentiva compresa a fondo, ed era la prima volta che riusciva a parlare così liberamente di cose che neanche lei era mai riuscita a tirare fuori da sé stessa.
Il ragazzo davanti a lei era una continua incognita; proprio quando credeva di averlo compreso almeno in piccolissima parte, il Saiyan rivelava altri lati di sé che non immaginava.
Non si aspettava di certo da parte sua un dialogo così civile e quasi rassicurante, ma doveva ammettere di essere rimasta piacevolmente sorpresa.
Bardack in fin dei conti, sembrava un ragazzo normale, quando calava la sua maschera di indifferenza e durezza che si portava appresso. Per quale motivo poi?
I loro volti si avvicinarono sempre di più, senza che nessuno dei due se ne rendesse conto o avesse la capacità mentale di fermarsi. L’alcol bevuto poco prima offuscava le loro menti, rendendo tutto più onirico e poco razionale e la voglia senza precedenti e totalmente inspiegabile che avevano entrambi di annullare la distanza tra di loro era come un fiammifero acceso, che ormai non riusciva più a spegnersi.
Si avvicinarono sempre di più e, proprio quando Bra poté avvertire distintamente il respiro caldo del ragazzo sulle sue labbra e qualcosa vibrò nel suo stomaco per l'emozione, un rumore alle sue spalle la fece scattare come una molla.
In un millesimo di secondo Bardack si allontanò da lei, lasciando la sua presa intorno al mento e sulla vita della ragazza, dove aveva appoggiato la mano senza neanche rendersene conto. Bra invece, restò immobile fissandolo imbarazzata come mai prima di allora; poi, distolse lo sguardo a disagio.
Cosa stava per succedere?
Yoshi li guardò per qualche istante sospettoso, avvertendo l’aria pesante che si era creata lì dentro.
“Ho interrotto qualcosa?” indagò con ancora la mano sulla maniglia del portellone.
I ragazzi restarono in silenzio, mentre gli occhi di Yoshi cercarono una risposta sincera in quelli di Bardack.
“Credevo volessi dormire” disse Bardack guardandolo inespressivo.
“Credevo stessi dormendo anche tu, generale…” rispose di rimando il ragazzo, sottolineando quasi con aria di sfida l’appellativo formale con cui aveva appena chiamato il suo stesso cugino.
Bardack si irrigidì appena, intuendo ben poco rispetto nel nominare il suo grado, ma troppa ironia per i suoi gusti.
“Avevo voglia di bermi un bicchiere” rispose atono “ma non credo di doverti delle spiegazioni” aggiunse.
Le labbra di Yoshi si piegarono in un ghigno infastidito.
“Certo che no”
Bra seguì lo scambio di battute interessata, ma senza comprendere fino infondo la conversazione implicita che i due ragazza stavano avendo proprio sotto il suo naso.
Era palese ci fosse qualcosa tra le righe, ma non riuscì a comprendere niente.
“Credo andrò a dormire adesso” disse improvvisamente la ragazza, spezzando quell’intenso scambio di sguardi dei ragazzi, che non sembravano accennare a voler smettere.
“Vieni, ti accompagno alla tua stanza” disse immediatamente Yoshi spostandosi e facendole segno di entrare nel corridoio, poi alzò lo sguardo su Bardack e si osservarono per qualche istante in silenzio.
“Generale…” lo salutò Yoshi, in modo visibilmente costretto.
Bardack lo guardò per un istante, poi si voltò senza salutarli per riprendere tra le mani la sua bottiglia e si accasciò sul sedile davanti ai comandi, riprendendo a bere mentre i suoi occhi si perdevano nello spazio nero.




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