Non è una brava ragazza

di Darlene_
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Storia scritta per l'advent calendar del gruppo Hurt Comfort Italia - Fanart & Fanfiction 


 

Fandom: Norman Bates 
Personaggi: Norman Bates, Blaire Watson, Dylan Masset 
Prompt: insegnante
Avvertimenti: ci sono scene di sesso abbastanza esplicite e di violenza (non carnale) che potrebbero urtare la sensibilità del lettore






 
 
     


Non è una brava ragazza  



 
Il tremore alle mani diminuiva ad ogni centimetro di pelle percorsa mentre una sicurezza del tutto nuova si impossessava di lui. Accarezzò la schiena liscia, percorrendo la curva dei fianchi sinuosi fino a raggiungere i glutei. La sua solita aria impacciata era stata sostituita da una furiosa determinazione e i suoi occhi brillavano di una luce nuova. Strinse i polpastrelli attorno alle natiche con forza, imprimendo il segno delle sue falangi e provò un piacere indescrivibile nell’udire i gemiti della signorina Watson. Non avrebbe mai immaginato che la sua dolce insegnante di lettere potesse essere così perversa. Sentì il membro indurirsi tra le mani di Blaire percependo l’ardente desiderio di penetrarla con violenza. Il suo profumo inebrianti invase le sue narici, stordendolo: voleva di più, doveva possederla. Bramava udirla urlare ed implorare pietà. Come attirata da questo lato oscuro, la donna si avvicinò maggiormente a lui, leccandogli il collo con aria maliziosa. In quel momento Norman comprese che lei non era una brava ragazza: aveva sedotto con l’inganno uno studente e probabilmente non era nemmeno la prima volta. La osservò con gli occhi della madre, carichi di disapprovazione e seppe cosa doveva fare. Quando Blaire gettò la testa all’indietro ridendo sguaiatamente, lui afferrò il coltello imporporando con la sangue la pelle nivea. Osservò il sangue defluire dalla ferita, al tempo stesso ammaliato e orripilato dallo spettacolo. Si aspettava di vederla cadere a terra mentre la vita scivolava fuori dal corpo, ma lei sollevò gli occhi gelidi e furiosi con un ghigno crudele. La donna si sporse per stringere le mani affusolate intorno al suo collo con il chiaro intento di ucciderlo. Norman provò a sottrarsi a quella stretta mortale senza riuscirci. L’odore del sangue impregnava l’aria provocandogli un senso di stordimento. Faticava a respirare e la vista appannata non gli permetteva di mettere a fuoco ciò che lo circondava. Ormai allo stremo delle forze smise di dimenarsi. Nel silenzio che si era creato udì un rumore: non era solo. Implorò lo sconosciuto di aiutarlo, ma l’unica a rispondere fu Blaire.
“Guardami Norman.” Aveva un ghigno malefico dipinto sul volto reso grottesco dalla rabbia. Le unghie smaltate affondarono della carne. “Resta con me.” La sua voce era strana e il ragazzo si domandò se da morto anche lui ne avrebbe avuta una simile. “Norman.”
Chiuse gli occhi, troppo stanco per lottare ancora. La pressione sul collo scomparve e anche il fetore, sostituito dal profumo di dopobarba e un vago accenno di erba. Qualcuno lo stava chiamando e anche se non riusciva a comprendere chi fosse era certo di conoscerlo. Sollevò le palpebre, convinto di essere morto, ma l’unico azzurro che vide fu quello delle iridi del fratello.
“Norman mi riconosci?”
Si trovavano nell’ufficio del motel e Dylan lo teneva semisdraiato, la testa poggiata contro il torace. Annuì debolmente e il maggiore parve rassicurato. Stava già per trarre un sospiro di sollievo quando sentì un ticchettio: erano le unghie della signorina Watson che battevano ritmicamente sulla scrivania. Strinse tra le dita la giacca di pelle, pregando Dylan di aiutarlo.
“Va tutto bene, sei qui con me, è stato solo un brutto sogno.”
Mentiva. Blaire sedeva sul front desk, le gambe accavallate e una gonna a dir poco provocante. Non appena intercettò il suo assassino gli regalò un sorriso crudele.
“No, dobbiamo fuggire, lei è qui!” Sussurrò avvicinandosi al viso del fratello. “La vedo! Adesso sta usando il telefono, ha la cornetta posata sulla faccia e con l’altra mano sta usando la macchina da scrivere!” Provò ad alzarsi, ma era troppo debole e la testa doleva come se avesse ricevuto una botta.
“Norman, non abbiamo un telefono fisso, né una macchina da scrivere.” Rispose Dylan preoccupato. Sollevò il minore portandolo a casa, sperando che Norma decidesse di chiamare un medico.








Note dell'autrice: 
Ciao a tutti e grazie per essere arrivati fino alla fine di questo omicidio della storia. Per la prima volta approdo in questo fandom sperando di essere riuscita a gestire bene i personaggi (in particolare Norman). Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate :) 
 

 
 




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