Il
fuoco, avido, consuma le case del ghetto, illuminando la città
di sinistri bagliori, mentre il sibilo dei proiettili riempie l'aria,
presto sovrastato dal rimbombo dei carri.
Dietro
un pezzo di muro ormai crollato, Irena Nowak carica il fucile con
gesti ormai esperti.
Scruta.
Il suo sguardo verde, gelido, individua i bersagli.
Solleva
il fucile. Poi, senza esitazione, preme il grilletto.
Un
soldato tedesco, con un urlo bestiale, non umano, è colpito al
petto e si accascia al suolo.
Un
freddo compiacimento gonfia il cuore della giovane donna. Un altro
carnefice del suo popolo è caduto.
Quei
bastardi devono sparire dalla Polonia.
Per
un breve, eterno istante, il pensiero della sua famiglia torna alla
mente.
Lo
sa, sono diventati altro cibo per quel crudele Leviatano.
Poi,
lo scaccia e riprende a sparare, imitata dai suoi compagni. Non può
concedersi il lusso dei sentimenti, in quei giorni
Per
loro, deve reprimere la sua sofferenza e indossare una maschera di
fredda giustiziera.
Non
c'è perdono per le mostruosità naziste.
Morte
ai tedeschi! Il sangue dei ebrei sarà vendicato.,
pensa.
Riprende
a sparare, implacabile. Forse, la loro rivolta sarà inutile.
Ma
non le importa.
Combatterà
e, se questo è il suo destino, morirà.
Del
resto, è meglio morire in piedi che vivere in ginocchio.
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