Extra-Sweet Medicine
• N.d.A. in
fondo alla pagina. Buona lettura!
Yugo si sentiva pesantemente
felice. Era tutto pronto: nonostante mancassero ancora diverse ore
all'appuntamento con Yuto e gli altri, aveva già scelto cosa
indossare per la serata – gli indumenti erano ordinatamente
adagiati sul letto – e mentre i passi lungo il corridoio si
facevano sempre più pesanti
e strascicati, decise di bere qualcosa di caldo prima di
gettarsi sotto la doccia.
(Andava bene. Andava tutto bene. Si sentiva solo un po' strano, ma era
tutto sotto controllo, o almeno così credeva).
Quella sarebbe stata
una serata speciale. E doveva esserlo a tutti i costi.
Dopotutto si sapeva, chi non faceva certe cose a
capodanno, poi non le avrebbe fatte tutto l'anno e lui ovviamente non ci
teneva a non fare certe
cose con Yuto per i futuri trecentosessantacinque giorni.
Superstizione o meno,
quella serata sarebbe stata speciale in ogni caso: Yugo attendeva i
fuochi di mezzanotte allo stesso modo in cui agognava il trillo della
campanella quando una lezione era troppo noiosa
(era, di conseguenza, un desiderio viscerale).
La fine dell'anno era
quel piccolo squarcio di esistenza che profumava di nuovi inizi e buoni
propositi. Per la prima volta, poi, avrebbe vissuto quel momento con la
persona che amava oltre che con gli amici di una vita. Già
pregustava tutta la felicità che quella notte avrebbe
portato con sé. Una felicità che voleva godersi
appieno, anche a costo di stare male.
(E forse ci credette
così tanto che quasi se le cercò).
2
Yugo non ricordava cosa
doveva fare. Stava vagando avanti e indietro lungo il corridoio, come
se Halloween avesse fatto irruzione il giorno di Capodanno,
mescolandosi tra la folla
(Yugo pareva uno zombie
che girovagava – o meglio: si trascinava – per casa
senza meta alcuna).
Si fermò un
attimo, giusto per fare mente locale e realizzare che necessitava di
soffiarsi il naso, senza contare che non appena deglutì
avvertì un fastidioso pizzicore alla gola.
(Andava tutto bene. Era tutto sotto controllo. Era tutto perfetto come
sempre. Doveva solo bere qualcosa di caldo).
Si fece forza e,
sospirando, si avviò con passo strascicato in cucina. Fu in
salotto che interruppe la sua pesante
marcia, leggermente rinvigorito dal costante vibrare del telefono
poggiato sul tavolino in vetro: probabilmente gli altri si stavano
organizzando per decretare l'orario definitivo una volta per tutte.
A Yugo non importava
granché di visualizzare i messaggi nella chat di gruppo;
ciò che più premeva, per lui, era sapere l'orario
esatto in cui Yuto sarebbe arrivato a casa sua, ovvero un'ora prima di
uscire per ritrovarsi in centro città con il resto della
comitiva.
(E in un'ora,
chissà quante cose si potevano fare).
(Fremette al sol pensiero. Ma non erano brividi benevoli, quelli).
(E la testa si appesantì ancora di più).
Insomma, prima gli atri
trovavano un punto d'incontro e meglio era, sia per lui che per Yuto.
3
Il telefono continuava
a vibrare, ma Yugo percepiva solo un suono lontano e ovattato. Un
continuo rimbombo che gli vorticava nelle orecchie e che a lungo andare
lo stava anche infastidendo
(e lo appesantiva sempre
più).
Il naso gocciolava, la
gola pizzicava e la vista gli si era appannata. Era seduto sul divano,
intento a fissare il vuoto, e ogni buona intenzione di silenziare il
cellulare per poi alzarsi e dirigersi in cucina per prepararsi un
tè caldo sfumava sul nascere nel momento in cui sforzava
anche solo un poco i muscoli per muoversi.
Sospirò,
cominciando a provare un vago senso di sconforto. Chiuse gli occhi, la
coscienza in bilico tra la realtà e il mondo dei sogni.
(Giusto cinque minuti per riposare gli occhi. Poi mi alzerò,
berrò qualcosa di caldo, mi preparerò per la
serata e Yuto sarà qui).
(Yuto…)
Si
addormentò senza neanche accorgersene.
4
Yuto era preoccupato.
In un primo momento aveva creduto che Yugo si stesse preparando con
largo anticipo, motivo per il quale non aveva badato molto al suo
silenzio – aveva improvvisamente smesso di rispondere ai suoi
messaggi e non si era più fatto sentire anche sulla chat di
gruppo –, ma ormai erano trascorse diverse ore e il non
sentirlo più così di punto in bianco e per un
tempo tanto prolungato lo aveva allarmato.
Si trovava davanti casa
sua da circa trenta minuti. Gli aveva inviato un'infinità di
messaggi e un'infinità di volte aveva provato a chiamarlo.
Intravedeva la luce in salotto, quindi le probabilità che si
trovasse a casa erano alte: Yugo era sbadato, ma se doveva uscire si
premurava sempre di spegnere le luci. Per un attimo provò
l'impulso di arrampicarsi sul muretto e scavalcarlo, facendo irruzione
a casa sua sfondando la porta. Molto probabilmente
(sicuramente)
avrebbe violato ben
più di un diritto umano, ma l'apprensione si stava facendo
strada in lui e se non avesse trovato in fretta un piano d'azione da
seguire alla lettera avrebbe dato di matto
(camminava avanti e
indietro vicino l'abitacolo e pareva quasi un ladro alle prime armi che
si stava facendo un'idea su come entrare in casa senza farsi scoprire
quella stessa notte).
Aveva ormai accantonato
la sgradevole sensazione di gelo che provava
(era infreddolito dalla testa ai piedi e i suoi respiri si condensavano
in nuvolette bianche e compatte)
ma non quella che fosse
capitato qualcosa al suo ragazzo.
Premette
per la milionesima volta il dito contro il citofono e, all'ennesima
riposta reincarnata in un silenzio assordante, si lasciò
andare a un grugnito pregno di frustrazione e maggiore apprensione.
Fu proprio quando
iniziò a provare paura in ogni sua forma che tutto si
risolse. Nella maniera più tragicomica possibile, ma
quantomeno tutto si risolse.
(E per fortuna).
5
Yugo aprì
gli occhi di scatto, piombando fin da subito in un disorientamento
totale. Aveva il naso completamente chiuso, la gola bruciava e lui
aveva del tutto perso la cognizione del tempo.
(Cos'era successo? Cosa stava facendo prima? Per quanto tempo aveva
dormito?)
(Dormito? Oh cielo, si era addormentato sul serio quando si era
ripromesso di riposare solo per qualche minuto!)
Istintivamente
recuperò il telefono poggiato sul tavolino in vetro,
rendendosi conto della posizione assolutamente scomoda nella quale era
rimasto sul divano non appena allungò il braccio e
alzò il busto col telefono in mano. Il display acceso gli
accecò gli occhi e, dopo alcuni istanti, riuscì a
mettere a fuoco non solo la bellissima foto che era il suo blocco
schermo
(ritraeva la riva del mare, lo stesso luogo nel quale lui e Yuto si
erano baciati per la prima volta l'estate di quello stesso anno)
ma anche l'orario. E
mancavano pochi minuti alle nove di sera.
Le nove di sera. Le
dove di… aveva
seriamente dormito per quattro ore?!
Ma non era finita
lì. Perché subito dopo si accorse delle
innumerevoli notifiche che gli erano arrivate
(Yuto
gli aveva inviato una decina di messaggi e lo aveva chiamato il doppio
delle volte)
e allora
scattò in piedi e traballò e miracolosamente
riuscì a raggiungere la porta e ad aprirla.
E Yuto era
lì. Oltre il muretto, sul marciapiede. Completamente
infreddolito. Yuto era lì, proprio come gli aveva scritto
nei messaggi che gli aveva inviato più di trenta minuti
addietro.
6
«Poi lo scemo sono io!»
La sua esclamazione
dalle sfumature di naso tappato e gola in fiamme riecheggiò
per tutto il quartiere. Yugo non aveva dato tempo a Yuto neanche di
rilassare i muscoli e tirare un sospiro di sollievo nel vederlo vivo e
vegeto
(malaticcio, certo, ma comunque vivo e vegeto)
poiché era
partito in quarta, senza più riuscire a fermarsi.
Mentre premeva il
bottoncino per aprire il cancelletto, infatti, continuò:
«Certo, poi lo scemo sono proprio io! Perché non
sei rimasto a casa, al caldo? Troppo mainstream? Sei un
ghiacciolo!»
Poi uno starnuto e un
altro e un altro ancora. Attese Yuto sulla soglia, mentre si avvicinava
ridacchiando sotto i baffi.
«Tu avresti fatto lo stesso» gli disse non appena
lo raggiunse.
«Certo che avrei fatto lo stesso! Ma Yuto, sei tu a essere rimasto
fuori al freddo, non io! E diamine, non dove–»
Gli diede le spalle in
una frazione di secondo, starnutendo per tre volte di fila. Yuto
intanto ne approfittò per chiudersi la porta alle spalle.
«Da come sei ridotto, immagino cosa possa essere successo in
queste ore».
«Non è successo proprio nulla,
è questo il fatto. Mi sono addormentato di colpo e mi sono
svegliato neanche cinque minuti fa. Ti chiedo scusa, ho perso la
cognizione del tempo. Dammi una ventina di minuti, devo ancora farmi la
doccia e–»
Yuto
aggrottò la fronte, interrompendolo: «Yugo, col
cavolo che usciamo questa sera. Sei ammalato».
Yugo
impietrì. «Ma… è l'ultimo
dell'anno! Il nostro primo
ultimo dell'anno! E questo è solo uno stupido
raffreddore!» cercò di protestare, anche se
invano, poiché la sequela di starnuti che ne
seguì con tanto di tosse annessa, confermarono ancora di
più in che condizioni pietose fosse ridotto.
Yuto si tolse in fretta
il cappotto pesante e la sciarpa, sistemando tutto sull'appendiabiti.
«Vado subito a prepararti qualcosa di caldo» disse
perentorio e se Yugo non lo avesse bloccato per un polso, si sarebbe
diretto a passo spedito in cucina.
«Yuto… non voglio rovinarti la
serata…» sussurrò, abbassando lo
sguardo.
«Non è così. Perché mai
dovrebbe esserlo, poi?»
«Ma… l'uscita con gli altri?»
Yugo era davvero
dispiaciuto. Per lui capodanno era sacro,
era la rappresentazione simbolica del lasciarsi il passato alle spalle
e aprire gli occhi su un nuovo futuro. Non voleva che Yuto si
sacrificasse per lui in quella serata tanto speciale.
Forse fu per questo che
Yuto si addolcì. Perché aveva compreso cosa
stesse cercando di dirgli. E allora lo abbracciò,
carezzandogli con garbo la schiena.
«A me importa solo di trascorrere il capodanno con te. Che
sia fuori coi fuochi o sul divano a guardare un film, non fa
differenza. Se ci sei
tu, io sono felice».
E non era forse questa
una bellissima dimostrazione d'amore?
7
Quel capodanno fu
speciale. Yuto e Yugo rimasero in casa e fecero una maratona di film
sui supereroi. Mangiarono spaghetti istantanei, si ingozzarono di
patatine e bevvero tutto ciò che di caldo poteva esserci,
dal tè, al latte alla cioccolata. Rimasero abbracciati per
ore tra risate, battute stupide sulle scene più assurde ed
esclamazioni di pura meraviglia per ogni colpo di scena. Fu
così che attesero il primo di gennaio.
Yugo aveva fatto
qualche storia per le medicine, perché a detta sua erano
davvero tanto amare, ma Yuto a modo suo era riuscito a convincerlo e
anche se un po' riluttante, alla fine le aveva prese. E in ogni caso,
anche a costo di risultare smielato a livelli esponenziali, per lui era
Yuto la sua medicina.
Ed era davvero tanto,
tanto, tanto
dolce.
N.d.A.
• Prompt
Giardino: A prende il
raffreddore poco prima della tradizionale uscita di capodanno con gli
amici [18]
• Sono
davvero tanto felice di aver pubblicato questa One Shot.
Non solo
perché ci tenevo tantissimo, ma anche per dimostrare a me
stessa che se mi impunto su una cosa ce la posso fare.
Con questa storia si
conclude la piccola serie dedicata alle mie quattro OTP: una OS per
ogni coppia con un prompt della Challenge sopracitata.
Quindi, insomma,
è una bella soddisfazione.
• Come ho
scritto all'inizio, dedico questa storia a Relie Diadamat,
perché lei non solo è Yugo inside, ma apprezza
molto anche la coppia e io non posso che esserne felice.
Spero con tutta me
stessa che sia stata di tuo gradimento *^*
• Mi sono
divertita molto a scrivere questa storia.
Volevo che fosse una
via di mezzo tra la leggerezza (nettamente in contrasto con la
pesantezza che prova Yugo, ora che ci penso) e qualcosa di
più intimo e profondo, come è appunto la
relazione tra Yuto e Yugo.
Mi auguro di aver
svolto un buon lavoro e, nella speranza di avervi offerto una lettura
piacevole, vi ringrazio per essere arrivati fino a qui.
Ame
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