Identitį.
Era forse un peccato cosģ grande che non riuscivo timidamente a concepire? O sono sempre stata consapevole che avrei dovuto inculcarmi in una prospettiva opposta e giudiziosa?
Mi domando ancora quale realtį sia quella vera, chi ha il diritto per me di stabilire questa soggettiva identitį.
Chi m'ha disegnata e poi scaraventata come unica scelta?
Chi m'ha letto le prime fiabe di bambini dispersi ma con un lieto fine?
Chi ha per me il potere di portarmi a casa? Chi osa, a momenti, coniare fasci di felicitį al posto mio, pensando che č cosģ che raggiungerņ la vetta?
Erro ancora tra queste urla, lacrime e tempo, e forse questo č il mio destino, la mia pił sincera condanna.
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