Fake love, maybe at first

di Athelye
(/viewuser.php?uid=340587)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


La vetrata dava su un cielo nero, puntinato da mille astri brillanti. Si erano appena lasciati alle spalle una delle galassie più piccole conosciute, e ora puntavano all’avanscoperta di pianeti sconosciuti. Forse alla loro conquista, chissà.
Il vapore speziato si avvolse con una piroetta nell’aria, prima che il giovane soffiasse dolcemente, spazzando via la sua acrobazia.
“Guardi la nostra prossima meta, Lan XiChen?”
Una voce grave, ma allo stesso tempo piena di allegria e fierezza, giunse da dietro di lui. Il capitano di quella nave, un giovane di poco più grande di lui, gli sorrideva trionfante, già agognando il prossimo mondo scoperto, immaginando il loro prossimo trionfo. Nie MingJue era il suo nome, che conservava una certa eleganza nonostante il suo viso avesse tratti scolpiti e duri, quasi severi, e il suo corpo massiccio portasse ancora i ricordi dei suoi viaggi. Alcune cicatrici potevano persino far pensare che gli arti gli fossero stati ricuciti addosso.
La Baxia non era una nave pirata, non depredava i nomadi del cielo, non invadeva i pianeti esplorati né saccheggiava i loro popoli, però, come ogni nave di Qinghe, non era nemmeno sempre pacifica, e al minimo segnale di pericolo, non esitava ad attaccare per prima, se necessario, anche devastando il territorio con cui veniva a contatto. Non era un caso che proprio Nie MingJue fosse conosciuto anche come ChiFeng, un soprannome che infondeva terrore anche in quelli che osavano pronunciarlo.
“Capitano, perché non prendete con me una tazza di the, e vi godete il panorama per un po’?” Gli sorrise gentile lui. “Il viaggio sarà ancora lungo, secondo i miei calcoli.”
Quello annuì, sedendosi sul gradino accanto all’altro. Lan XiChen versò con attenzione la bevanda rossastra e trasparente, dato che era ancora rovente.
“Secondo i tuoi calcoli, ogni viaggio è lungo. Hai una concezione troppo distorta del tempo.” Commentò facendolo ridere piano, soffiando a sua volta sulla tazza, prima di prenderne un sorso, imitando l’azione del Lan. Un intenso sapore speziato gli invase la gola, costringendolo a soffocare un singulto. Non voleva apparire da meno all’altro giovane, che pareva berla senza particolari problemi. Si schiarì la gola. “Comunque, ti ho detto mille volte che puoi darmi del tu. Insomma, ormai sei a bordo da qualche annetto, no?”
E a quel punto toccò a Lan XiChen la sensazione del the che gli andava di traverso, colpito improvvisamente sulla schiena da una pacca energica.
“Come avete detto, capitano, abbiamo tempi diversi.” Si giustificò lui, con un altro sorriso.
Nie MingJue fece spallucce. “Come preferisci.” Prese un altro sorso abbondante, per cortesia, prima di appoggiare la propria tazza accanto alla teiera, ma su un ramo diverso del ripiano per evitare di farlo cedere, e pregando di averla messa in equilibrio.
In quella saletta, infatti, non c’era altro. Solo qualche gradino che si affacciava sull’immensa vetrata da cui potevano osservare lune e soli, intravedere galassie che nascevano, osservare la morte delle altre stelle. C’era solo un piccolo oggetto che fungeva da ripiano, simile a un alberello d’argento ma senza foglie ad adornarlo, i cui rami spogli erano quasi sempre doppi e avviluppati su se stessi a formare un supporto più ampio. Era una delle strane chincaglierie che Lan XiChen si era portato da casa, insieme alla sua inesauribile scorta di the.
Gusu era conosciuto per le sue coltivazioni, distribuite su tutto il pianeta, di rare varietà di piante: da quelle più utili alla cura a quelle più letali per i veleni. In particolare, Yúnshen Bùzhichù, la città da cui veniva Lan XiChen, era famosa per le ampie coltivazioni di the.
 
Nie MingJue ricordava ancora le ragazze piegate a raccogliere una foglia alla volta, in mezzo a quegli infiniti appezzamenti colorati. Dal cielo, sembrava di guardare un mosaico di tasselli che andavano dal verde, al blu, all’indaco, costellati di tanti puntini bianchi, i pazienti raccoglitori.
I loro occhi gialli l’avevano colpito e quasi fermato. Si era sentito subito in soggezione, scrutato da quelle iridi luminose e dorate che sembravano volerlo ammonire in silenzio, intimargli di rispettare quel luogo. La loro pelle chiara e diafana sembrava quasi trasparente, mostrandogli i sentimenti di quella gente, e le loro vene bluastre, pacifica e lavoratrice. I segni blu che partivano sopra l’arcata delle sopracciglia nere disegnavano uno strano sbuffo fino alle tempie, spiccando su quel chiarore perlaceo, incorniciato da lucidi capelli lisci e neri.
Di sicuro gli abitanti di Gusu erano una delle popolazioni più belle che avesse mai incontrato in tutti i suoi viaggi. E, a parte quell’iniziale chi va là, erano stati anche fra i più ospitali.
Dopo aver saputo che lui e buona parte del suo equipaggio venivano da Qinghe, sulla sua nave si era subito imbarcato uno di quegli splendidi individui, Lan XiChen, in segno di amicizia.
Lan XiChen era un esperto di calcolo di viaggio, quindi Nie MingJue l’aveva preso a bordo più che volentieri. Certo, quello che non poteva sapere era che le loro misure erano drasticamente differenti, e quello che per lui equivaleva a un solo giorno, per Lan XiChen era pressappoco un’oretta, mentre a volte intere settimane avevano la valenza di un minuto.
Per questo Lan XiChen si riferiva a lui come se conoscesse Nie MingJue da poco, sebbene per il capitano fossero già passati almeno un paio d’anni.
All’inizio Nie MingJue l’aveva presa come una sfida: tentare di insegnare e spiegare al Lan il loro metro temporale era diventato il suo passatempo preferito nei momenti morti di traversata; dopo poco però si era reso conto che l’altro conosceva perfettamente la sua unità di misura, semplicemente si divertiva a prenderlo in giro facendogli credere di non averne idea.
Quella differenza, inoltre, creava anche una certa distanza nei loro ritmi quotidiani, dato che Lan XiChen passava almeno tre ‘giorni e notti’ sveglio, dormendo solo all’inizio della quarta. Spesso, in quelle notti di veglia, si ritrovava a vagare per la nave, non sapendo bene come passare il tempo. E data la frequenza con cui spaventava involontariamente gli altri compagni di viaggio, aveva deciso di chiudersi da qualche parte quando la maggior parte degli altri inquilini della nave andava a dormire, e il posto che aveva decretato come suo preferito dove trascorrere il tempo era proprio quella saletta.
Nie MingJue gli aveva dato libero accesso a qualsiasi ala della Baxia, e spesso faceva tappa dal Lan prima di coricarsi. Lo trovava sempre a guardare fuori, sorseggiando quelle bevande a volte profumatissime, a volte quasi insopportabili.
Era la prima volta che Lan XiChen gliene offriva un po’, dato che Nie MingJue si era sempre guardato bene dall’assaggiarle. E beh, quel primo assaggio gli aveva solo confermato le sue perplessità.
 
“Comunque ti conviene prepararti, fra un paio di giorni arriveremo su un nuovo pianeta. Prepara qualche scorta di questo sc.. Uhm, quello che vuoi bere, e un paio di altre cose che pensi possano servirti.” Osservò il liquido trasparente e colorato. “Cos’hai detto che è?”
“Ac..”
In quel momento, mentre Lan XiChen stava rispondendo, suonò una sirena. I due guardarono in alto, cercando con gli occhi da dove provenisse quel suono.
Nie MingJue fu molto più veloce dell’altro nel posare di nuovo la tazza fumante e schizzare in piedi, pronto a scattare verso l’area centrale. Lan XiChen lo seguì, confuso da quel suono terribilmente forte per le sue orecchie leggermente aguzze. Dovette scuotere diverse volte la testa, facendole muovere un poco, per liberarsi del fastidio che sentiva e che lo confondeva.
Steso a terra, accanto al medico di bordo, c’era il corpo inanimato di un membro della loro squadra.
Il volto di Nie MingJue lasciava trasparire solo un profondo sbigottimento, mentre gli altri avevano solo un’aria affranta.
“Ha.. Ha avuto un malore. È.. Prima che chiunque potesse fare niente, se n’è andato..” Disse, impotente, il dottore.
Il capitano si voltò verso Lan XiChen, il suo sguardo determinato e sofferente. “Tu.. Tu sicuramente sai cos’è stato. Sul vostro pianeta siete maestri nella guarigione!”
Lan XiChen ricambiò per un istante quell’occhiata, avvicinandosi poi al corpo esanime. Le sue dita lo percorsero come uno strumento, mentre lui emetteva solo uno strano mormorio a labbra strette, come una melodia con improvvisi picchi di sonorità.
“Nella sua famiglia c’erano casi di ipervascolarità?” Chiese, risultando piuttosto atono.
Rispose affermativamente una giovane che apparentemente era sua amica d’infanzia, con il volto rigato dalle lacrime e dal dolore più degli altri presenti. La voce che fossero una coppia, forse, ora non era più poi così importante...
L’ipervascolarità era una condizione piuttosto rischiosa per i viaggiatori, tuttavia non mancavano nomadi del cielo affetti da quella malattia che, spinti dall’impeto della scoperta, erano disposti anche a morire pur di vedere ciò che nascondeva lo spazio sconfinato. Una curiosità che finiva per fermare il cuore, purtroppo imprevedibile: poteva colpire dopo un giorno come dopo cento anni il mal capitato.
Lan XiChen scosse piano la testa. Non c’era altro da fare, ma quello ormai lo sapevano già tutti.
Quella malattia non era qualcosa che potesse impedire a qualcuno di spostarsi: chi era ritenuto un soggetto a rischio veniva solo avvisato della pericolosità nel lasciare la terra ferma in favore di scoprire le stelle, ma non era nulla di restrittivo. Le vittime annuali erano incalcolabili, e apparentemente diffuse in ogni razza conosciuta.
Se ne poteva solo ipotizzare una certa ereditarietà, senza reali basi per capire da cosa dipendesse.
 
Nie MingJue serrò i denti, passando in rassegna tutte le imprecazioni che conosceva nella propria mente.
Il medico coprì il volto del cadavere con un fazzoletto, mentre li altri spostavano lo sguardo sul loro capitano.
“Stanotte uno dei nostri compagni si è addormentato inseguendo il suo più grande desiderio: scoprire fin dove possiamo spingerci. E come il suo spirito è destinato a diventare una supernova, un nuovo sole, un pianeta che genererà nuova vita, noi dobbiamo portare a termine il nostro viaggio anche per lui.” Fra lacrime silenziose e sguardi assenti, le parole di Nie MingJue riuscirono a toccare l’animo dei presenti, rinforzandoli di quel poco di coraggio di cui sentivano il bisogno. “Abbiamo lasciato casa, sicura e salda, per inseguire il nostro sogno di scoperta. Arriviamo ai confini di questo cielo, dedichiamo la nostra vittoria sull’infinito a un compagno fidato, a un amico insostituibile, a un fratello!”
La giovane emise un singhiozzo, quasi di rabbia. I suoi occhi si tinsero di rosso per qualche istante, mentre le sue labbra sibilavano ‘ci arriverò per te’.
Lan XiChen osservò le reazioni dei presenti: addolorati, sconfortati, sentendosi improvvisamente soli nonostante fossero un buon numero. In particolare, il volto di Nie MingJue era scuro e arrabbiato.
Lan XiChen sapeva che il capitano trattava ogni membro di quell’equipaggio come uno della propria famiglia, e lui stesso sapeva bene cosa volesse dire perdere un proprio famigliare, però non immaginava di vedere un’iride così rossa anche nei suoi occhi. Si chiese cosa lo stesse facendo adirare in quel modo, più che rattristare.
Dopo il suo cenno solenne, quella strana cerimonia ebbe fine. Lan XiChen non conosceva le usanze degli abitanti di Qinghe, ma poté intuire che fosse qualcosa legato alla collera, e al bruciare il corpo dei propri cari, spedendone poi le ceneri verso la stella nascitura più vicina.
Affascinante, pensò. Improvvisamente, la ‘sua’ saletta era invasa da persone che osservavano un debole scintillio allontanarsi sempre di più attraverso la vetrata sul buio. Avevano passato da un po’ l’ultima galassia, quindi molti dovevano chiedersi dove si sarebbe diretto il loro compagno.
Quando quel brilluccichio si fece più debole, alcuni iniziarono a ritirarsi, con le iridi rosse che tornavano ebano. Rimasero di nuovo soli solo lui e Nie MingJue, a guardare solo il buio.
Le iridi rosso vivo del capitano non accennavano a spegnersi, mentre guardava il nero sconfinato davanti a loro.
“Non vai a dormire?” Chiese Lan XiChen, osservandolo, con un velo di preoccupazione. Sapeva che l’altro era fortemente affezionato ai suoi compagni, aveva potuto constatarlo ogni volta in cui quello aveva rischiato la propria vita per salvare qualcuno di loro. Persino lui, Lan XiChen, in un’occasione si era visto più di là che di qua, e Nie MingJue non aveva esitato un secondo a buttarsi in suo soccorso, nemmeno certo di riuscire a fare qualcosa.
“Come potrei? Uno dei miei fratelli è appena morto.” La coda alta che gli legava i capelli sembrò ondeggiare in un movimento adirato.
I lineamenti eleganti di Lan XiChen si focalizzarono di più su quell’emozione. La capiva, ma da ciò che conosceva, gli abitanti di Qinghe erano un popolo che viveva solo di emozioni forti, come la conquista, la vittoria, il sangue. Non capiva perché gli occhi del capitano fossero ancora così infiammati d’ira.
“Perché sei arrabbiato?” La sua era una domanda innocente, e fortunatamente questo arrivò anche all’altro.
Gli occhi brillanti dell’altro, simili a lave incandescenti, si fissarono sulla sua figura chiara e composta. “Perché non dovrei?”
“Il suo desiderio era conoscere questo universo, in ogni sua sfaccettatura, vedere le terre sabbiose di Guriel, affondare le mani nelle nebbie rosa di Tireja, conoscere la lingua che parlano su Urano.. Come potrei non arrabbiarmi, sapendo che ora non potrà più farlo?!” Le sue iridi divennero pian piano più vive mentre parlava, più luminose di quel rosso sangue che le distingueva.
Lan XiChen rimase impassibile a quel tono fermo. Non si sentiva a disagio, anzi, forse capiva quell’emozione così forte.
“Mia madre avrebbe voluto vedere da vicino i satelliti di Giove, e contare le stelle che si potevano vedere da ognuno di essi. Purtroppo, non è riuscita a vivere abbastanza da partire insieme alle nostre ambascerie. Io e mio fratello abbiamo sentito i suoi sogni spegnersi con lei. Forse è per questo che entrambi siamo partiti.”
“Capisco la tua rabbia, anche se non riesco a condividerla. Come hai detto tu poco fa, arriverete ai confini delle stelle e renderete onore a tutti i compagni che avete perso. Il loro sogno vive in voi, come quello di mia madre vive in me.” La sua espressione era calma, come la sua voce, tanto da affievolire il bruciante sentimento di Nie MingJue. “Siamo un’eredità, quella di chi non è più con noi. I testamentari di sogni tanto forti da non morire neppure nel tempo.”
Il capitano lo osservò in silenzio per qualche tempo, prima di emettere uno sbuffo dal naso. “Vincerà comunque lui, alla fine. Siamo comunque impotenti al suo cospetto, soprattutto vista l’enormità dello spazio.”
Il tempo dei Lan non era davvero fisso, ma sarebbe un concetto troppo ampio da spiegare in poche righe. Per semplificare, era più una percezione soggettiva che non universale. Quello di Lan XiChen era per la maggior parte dilatato, ma alcuni istanti potevano arrivargli potenti come settimane intere, anche a causa della forte empatia che contraddistingueva la sua specie.
E quella notte, a discapito delle innumerevoli che avevano passato insieme in precedenza, gli era parsa incredibilmente intensa. Come un cocktail di emozioni lunghe anni condensato in pochi secondi, confidenze di decenni accorpate in pochi minuti. Anni di viaggio insieme inutilizzati, a fronte di quelle poche ore di conversazione.
“Dipende quanto credi di averne, no?” Fece Lan XiChen, abbozzando un sorriso. “Puoi riempire un anno di cose inutili, ma vivere un secondo nella sua integrità, rendendolo il più prezioso di tutta la tua vita.”
“Quest’universo è infinito, ma ci sono alcuni posti talmente lontani che la impiegherai tutta per arrivarci, scoprendo che erano solo polvere dorata. Alcuni invece sono tanto vicini che, nel tempo di un cubito, potresti vivere un’esperienza ineguagliabile.” Lan XiChen sentiva di non riuscire a spiegarsi come voleva, ma, a giudicare dall’espressione del Nie, il messaggio doveva essere arrivato.
I suoi occhi erano tornati ad essere scuri come pece, mentre lo guardavano in silenzio, soppesando il valore di quelle parole, e del concetto che cercavano di comunicargli.
Le orecchie affilate del Lan frullarono veloci per un istante, rilassate nel constatare che il battito dell’altro avesse rallentato di intensità. La sua collera doveva essere passata.
Si sentì stranamente sollevato a quella realizzazione.
“Senti, ma.. Quella cosa imbevibile che mi hai propinato prima.. Non è che può essere corretta con qualcosa che concili il sonno?”
Lan XiChen rise dolcemente a quella domanda. “Temo sia finita. Però posso prepararne una migliore, se ne gradisci.”
Nie MingJue sorrise appena. “È la prima volta che mi dai del tu. Quindi non credo di poter rifiutare.”
Quello arrossì. Strana visione su una creatura così candida, ma uno come lui, che aveva delle scaglie sui gomiti, di certo non aveva voce in capitolo.
 
Da quella tragica notte, il tempo di Lan XiChen cambiò drasticamente di intensità. Se nei momenti di vita comune, di approdo su nuove terre e pianeti, di sonno per l’equipaggio, ne aveva una percezione infinitamente lunga, in quelli effimeri e fisicamente brevi che trascorreva con Nie MingJue non poteva credere che secondo l’orologio di bordo le ore scorressero rapide come i fiumi lilla di Moling.
Tutti i loro compagni erano ancora vivi, affranti dalla perdita, ma nessuno di loro si era mai lasciato andare allo sconforto, combattendo la sensazione di vuoto come potevano, quindi dandosi da fare per qualsiasi compito.
In effetti, Lan XiChen rimase strabiliato da tanta forza di volontà. A Gusu, il lutto era rispettato con giorni di inattività e raccoglimento spirituale. Quando si era spenta sua madre, ricordava ancora le settimane di silenzio che avevano avvolto i campi e le strade verdi della sua città.
Ciò che stava vivendo era nettamente diverso dai racconti e dalle storie che ammantavano il popolo di Qinghe, degli spietati lucertoloni dagli occhi fiammeggianti che inseguivano solo l’odore del sangue.
Innanzitutto, i suoi compagni di viaggio avevano solo un incarnato olivastro, tendente forse più al grigio che al verde, mentre di lucertola non avevano quasi nulla, solo qualche scaglia che spiccava su alcune parti del loro corpo, come i gomiti, le ginocchia, a volte sugli zigomi o dietro le orecchie, perfettamente ovali e sporgenti come quelle di tante altre creature. Anche la loro dentatura non era nulla di particolare, solo i canini parevano più affilati, ma niente di sconvolgente, e persino il loro sangue era caldo e pulsante. Lan XiChen era in grado di percepirne il battito forte e chiaro quando era solo con uno o due di loro.
Erano solo più alti, probabilmente, delle descrizioni che ne venivano fatte, e più massicci; persino le loro donne avevano un aspetto mascolino. L’esatto opposto degli abitanti di Gusu, tutti docilmente aggraziati anche nei lineamenti, eleganti e sinuosi, con gli occhi ambrati brillanti e affilati.
Una delle tante occasioni che ebbe di studiarli meglio fu indubbiamente uno di quei trionfi, quando risalirono a bordo senza aver toccato le proprie armi. Persino quel preconcetto che Lan XiChen conosceva era sbagliato: non sapeva se fosse un’eccezione della Baxia o se fosse la regola, ma era festa grande ogni qual volta che veniva scampato uno scontro, che nessuna goccia di sangue veniva versata.
 
Dopo essere atterrati su un pianeta sconosciuto alle loro mappe e alla conoscenza del Lan, avevano esplorato i dintorni, scovando solo degli enormi e innocui lumaconi fucsia che si muovevano a scatti fra strani imbuti di pietra rossastra da cui uscivano lentamente bolle color rame, apparentemente gustose per i lumaconi, mentre un sole viola sorgeva su un orizzonte e un altro dalle tonalità celesti tramontava su quello opposto. Quei raggi violetti facevano brillare l’aria, rivelando delle lucciole verdi che svolazzavano intorno a loro con indifferenza, ronzando in modo quasi impercettibile ma allo stesso tempo armonico.
Fortunatamente, nulla in quel perimetro sembrava mortalmente pericoloso, quindi il gruppo in avanscoperta, insieme a un Lan XiChen totalmente catturato dallo stupore di quel luogo, era tornato a bordo, annunciando di essere al sicuro e di essere in pace per il momento.
Quello era il primo pianeta su cui erano approdati ormai da un mesetto dalla morte del loro compagno, quindi il primo brindisi era stato in suo onore, e anche Lan XiChen non aveva potuto sottrarsi a quella tradizione, sebbene il suo corpo non fosse affatto abituato a qualcosa di tanto forte come quello che l’equipaggio chiamava grappa.
Inizialmente Lan XiChen l’aveva trovato un nome dal suono buffo, simile a uno scoppiettio; subito dopo la veloce ingestione, seguendo in modo sconsiderato l’esempio degli altri, si era pentito di quel pensiero frivolo e aveva pensato che fosse effettivamente simile al colpo di un’arma, come se un proiettile incendiario l’avesse colpito in pieno petto.
Gli avevano detto che quella bevanda era di tradizione lontanissima nel tempo, e in effetti anche sul suo pianeta, su Gusu, conosceva villaggi dove ne erano ancora presenti addirittura vari tipi, di quella grappa. Trovò molto divertente il poter avere degli antenati comuni con quel popolo che i suoi simili consideravano al limite del barbaro.
Molti di loro, incuranti del possibile pericolo, scesero di nuovo, sfidandosi a delle gare in groppa ai lumaconi fucsia, mentre gli altri facevano il tifo, masticando dei batuffoli di filamenti bianco-arancio. A un paio, infervorati dalla gara, gli occhi si tinsero di rosso, esultando ad ogni scatto del proprio ingombrante destriero.
Nie MingJue per primo non si era opposto, e anzi, sembrava particolarmente compiaciuto dall’allegria dei propri compagni. Per questo quando si sedette accanto a lui, Lan XiChen sobbalzò di sorpresa.
Il Lan infatti aveva cercato di mettersi in disparte, cercando di capire come riacquistare i propri sensi e fare in modo che le proprie pupille non somigliassero a dei giganteschi bottoni neri contornati da un filo di iride dorata.
“Perché non ci provi anche tu?” Gli chiese il capitano, ridendo e tirandogli una pacca sulla spalla di cui lui non sentiva affatto il bisogno, spaesato come si sentiva, con quel mondo nuovo che gli sembrava ancora meno familiare e regolare di quanto già non fosse.
“Non ci penso proprio. Quella cosa.. La trappa..”
Grappa.”
“Sì, insomma, quella.. Quella, mi sta facendo sentire come se avessi mangiato delle spore di canapa andate a male..”
Nie MingJue rise più forte, commentando come l’effetto fosse incredibilmente ancora presente dopo un’intera cena. Neppure Lan XiChen lo capiva, ma in quel momento era più impegnato a cercare un modo per smaltirlo.
“Lo vuoi un consiglio?” Il respiro del capitano gli solleticò l’orecchio a punta, facendolo muovere leggermente. Si ritrovò in mano una borraccia decorata da perline rosse e verdi. “Bevi.”
Lan XiChen cercò invano di mettere a fuoco l’oggetto, poi l’individuo accanto a sé, poi di nuovo l’oggetto. Oh beh, in fondo, peggio di così non poteva stare.
Non sapendo neppure cosa aspettarsi, rimase persino più stupito nello scoprire il contenuto di quella borraccia direttamente sulla propria lingua. “Mi.. Mi hai dato dell’acqua?”
“Esatto. Bevine tanta, vedrai che starai meglio fra non molto.” Quello gli diede un’altra pacca sulla spalla, prima di alzarsi e agitare una mano, invocando il proprio turno per la gara successiva.
Lan XiChen fece come gli era stato consigliato, nonostante un po’ di scetticismo. Con suo stupore, invece, in breve tempo, le pupille dilatate iniziarono a rimpicciolirsi di nuovo, permettendogli di osservare la corsa, guardando intensamente il sorriso vittorioso del suo capitano mentre il lumacone a cui era in groppa raggiungeva il traguardo stabilito con uno scatto particolarmente lungo, prima di acciuffare al volo una bolla appena comparsa accanto a loro con una delle ventose che gli ondeggiavano dal collo.
I loro sguardi si incrociarono, e Lan XiChen arrossì di nuovo a quel sorriso particolarmente amichevole lanciato nella sua direzione.
Decisamente, quello non era ciò che si aspettava da un Nie, vista la fama sanguinaria che li precedeva.
Si alzò, tornando velocemente a bordo e rintanandosi nella sua saletta a bere infusi, mentre osservava dalla vetrata le gare.
Una brutta sensazione e uno strano calore si diffusero nel suo corpo. Se avesse dovuto colorarle, avrebbe detto che una doveva avere lo stesso colore blu scuro dell’inchiostro, mentre l’altra la luminescenza perlata di alcune linfe.
 
L’approdo successivo non fu altrettanto spensierato, e subirono delle perdite a causa del territorio impervio. Per Lan XiChen quello poteva essere un rischio del mestiere, ma per i suoi compagni era qualcosa di inaccettabile, e per la prima volta si rese conto di quanto potesse essere forte il dolore che quelle persone provavano. I loro singhiozzi erano per lui tanto forti da sentir vibrare le proprie ossa, nonostante non stessero emettendo un suono.
Le vittime erano state solo quattro, ma tutti si dettero la colpa come se avessero perso delle legioni.
Lan XiChen comprese che, per loro, perdere anche solo uno dei propri amici equivaleva a perdere una parte di sé. E lui, in quei mesi, si era inconsapevolmente immerso in quella sensazione di familiarità, tanto da soffrire come loro per quelle perdite, nonostante non fossero neppure suoi simili.
D’altra parte, ascoltò in silenzio le parole di Nie MingJue che spronava la sua squadra a non arrendersi, ringraziando di sentire ancora quella voce e di non sentire nessun altro parlare per lui in suo onore.
Forse, complice quella sensazione di sollievo, quando si trovò di nuovo davanti quegli occhi rossi furibondi, non riuscì a trattenersi dall’abbracciarlo, sentendo solo il proprio cuore rimbombare nelle orecchie, mentre il sibilo di una preghiera lasciava le sue labbra.
Vivi.”
Una sensazione di angoscia si impossessò del suo corpo, come se solo in quel momento gli fosse crollata addosso la distanza dalla propria casa, tutto il tempo che aveva trascorso in viaggio da solo, senza i propri cari e i propri amici. Un tremore scosse il suo corpo, mentre quello sconforto incolmabile lo soffocava, ricordandogli tutto in una frazione di secondo.
Le iridi sanguigne del Nie si spensero all’istante. Ricambiò la stretta saldamente, senza lasciar andare il Lan finché non lo sentì calmarsi.
Sono qui.” Soffiò sui suoi capelli neri. “Non sei solo, non con noi. Non ti lasceremo da solo, io non ti lascerò da solo, te lo prometto.”
E Lan XiChen smise di singhiozzare, ma non di piangere, stringendosi al corpo massiccio di quello che, per le leggende e le storie del suo pianeta, doveva essere una minaccia mortale, sentendosi al sicuro come mai si era sentito prima.
 
 
 
Gli abitanti di Gusu erano sorti a guardiani della pace. Lui stesso era partito seguendo quell’ideale, quello che gli era stato insegnato, senza neppure chiedersi se quello fosse giusto o sbagliato.
Una missione gli era stata affidata, lì, nello spazio profondo, in mezzo a bolle color rame e un cuore di troppo. Aveva accettato, per dovere e senso di appartenenza. Inoltre, l’idea di vedere infiniti scenari e paesaggi, oltre alle piantagioni variopinte di casa sua, era troppo attraente per tirarsi indietro.
La verità, però, era che i mostri sanguinari della sua infanzia non erano poi così crudeli, e che i loro occhi rossi non bramavano guerra, ma erano solo lo specchio del cuore, illuminandosi di rosso a qualsiasi emozione violenta.
I violenti conquistatori di galassie provenienti da Qinghe erano poco più che esploratori, viaggiatori che inseguivano solo un fortissimo desiderio di scoperta fino agli estremi del possibile.
Quello, quattro anni prima, Lan XiChen non poteva saperlo: imbarcandosi sulla Baxia si era sentito soprattutto intimorito, in un territorio a lui ostile e potenzialmente pericoloso. In relativamente poco tempo aveva invece capito che gli altri lo trattavano già come se fosse di casa, e che il capitano per primo aveva già deciso che lui sarebbe stato uno dei suoi più fidati amici a bordo.
Nie MingJue era terribilmente schietto con le proprie emozioni: rabbia, entusiasmo, tristezza, sollievo. Tutto gli passava chiaramente sul viso, aguzzo e scolpito, dal colorito nettamente più scuro rispetto a quello quasi perlato di Lan XiChen. Il Lan si era affezionato a quel lato particolarmente esposto del suo carattere, anche quando era la sua voce furiosa a riempire gli ampi corridoi della loro nave, anche quando erano lacrime salate a rigare i suoi zigomi spigolosi e leggermente scheggiati.
Quello, sei anni prima, non poteva neppure immaginarlo: provare qualcosa di tanto forte per quel comandante, e sebbene i suoi occhi non sapessero cambiare colore, qualcosa doveva essere riuscito a trasparire anche nel suo sguardo.
Quello che non aveva potuto prevedere dieci anni prima, era che gli occhi di Nie MingJue si infiammavano di cremisi anche quando lo stringeva a sé con tanto fervore, quando per una notte Lan XiChen aveva messo da parte il suo the, lasciando il fumo ad avvitarsi solitario in una saletta vuota che dava sulle galassie luminose e lontane.
L’unica cosa che Lan XiChen sapeva, fin dall’inizio, era che quello per lui sarebbe stato un viaggio di sola andata.
 
L’atterraggio era stato complesso, avvenuto su una superficie sabbiosa che ricordava la polvere di ametista che la madre di Lan XiChen usava per alcune tinture nei suoi dipinti.
Sotto i loro piedi, il terreno era stranamente tanto morbido quanto compatto. Non affondavano in quella sabbia, che sembrava irrigidirsi ogni qualvolta posassero un nuovo passo.
Lan XiChen non conosceva quel pianeta. Era da dodici anni lontano da casa e le mappe che conosceva avevano perso di utilità almeno da un anno. Incredibilmente, era stato proprio in quel momento che quel suo viaggio aveva acquistato un sapore, e Nie MingJue si era sentito finalmente soddisfatto nel vedere un’espressione assente, catturata da ciò che li circondava e di completo stupore negli occhi gialli del Lan, la prima volta che erano approdati in un luogo a lui totalmente sconosciuto.
All’orizzonte delle strutture alte e celesti sembravano creare una specie di foresta fatta di alberi dal tronco ampio e un’unica alta copertura. Somigliavano a dei funghi, immensi e blu. Raggruppati in quel modo erano quasi buffi da guardare.
Nie MingJue mosse un paio di passi, guardingo. Alzò lo sguardo al cielo, di un grigio luminoso, probabilmente a causa di quella strana polvere che ricopriva il suolo. Tre mezze lune si stagliavano sopra a un gruppo di colli rossastri in lontananza. C’era un silenzio surreale intorno a loro, niente a confronto delle voci allegre e vivaci di Xian, il pianeta che avevano lasciato solo poche settimane prima. Dopo quei giorni sempre in festa, arrivare in un posto così desolato sembrava quasi frutto di un sogno e non della realtà. La temperatura era piuttosto fredda, sebbene non soffiasse vento, ma i brividi che gli esploratori sentirono non erano dovuti a quella.
Il capitano fece un cenno alla donna appena scesa, che chiudeva il gruppo. Una cicatrice le rigava il bel viso in diagonale, rendendo la sua espressione già quadrata ancora più severa. Lan XiChen ricordava ancora quando, anni prima, i suoi lineamenti si erano arricciati dal dolore nel perdere un compagno.
In quei dodici anni avevano perso la maggior parte della ‘famiglia’, chi in esplorazione, chi per ipervascolarità, chi perché aveva semplicemente deciso di fermarsi e aveva trovato casa su un pianeta particolarmente piacevole. Due di loro si erano appunto fermati a Xian, dopo aver annunciato una dolce attesa. Ora restavano solo in sette. Quando Lan XiChen si era unito al gruppo, l’equipaggio contava poco più di una trentina di persone, ma sapeva che almeno altre dieci avevano già lasciato la Baxia al suo arrivo.
Dopo aver consultato un piccolo schermo, la donna indicò la presenza di un corso idrico poco distante da dove erano atterrati, così il gruppo si diresse in quella direzione.
Risalendo lungo le sponde di quel fiume dai riflessi verdi, incontrarono una flora curiosa, fatta principalmente di arbusti simili a manufatti di cristallo di vari colori, e una fauna altrettanto interessante che, malgrado l’aspetto offensivo li ignorò del tutto.
La fauna consisteva in enormi creature dall’aspetto rettile, lunghe almeno sei o sette metri, dalla pelle rugosa di un giallo aranciato cosparsa di cristalli bianchi. Erano inverosimilmente lenti, e sbucavano dal terreno sabbioso come i delfini terresti saltano fuori dall’acqua. Alcuni facevano sbucare solo la testa, facendo girare i sei occhi azzurri, poi, sentendosi al sicuro, emergevano del tutto per attraversare per un po’ la superficie con le cinque zampe, prima di immergersi di nuovo senza il minimo attrito, creando solo qualche onda sul terreno.
Fortunatamente, sembravano dei giganti buoni.
Dopo un giorno di lenta e attenta esplorazione, improvvisamente, lo scenario intorno a loro cambiò. Sembrava quasi di essere vicini al Sistema Solare. Delle lucciole cerulee svolazzavano intorno a loro, mentre la vegetazione si infittiva, divenendo qualcosa di molto più familiare a Lan XiChen, con delle foglie rossastre e morbide, gonfie d’acqua.
Ma la cosa più curiosa da scoprire fu forse il popolo che abitava i grandi spiazzi in quel bosco rosso. Simili a delle grosse lontre, dei bipedi ricoperti di una folta e ispida pelliccia marrone dai riflessi scuri, alti più o meno quanto loro si affaccendavano in casette fatte di legno chiaro, chiamandosi e comunicando con fortissimi schiocchi che attraversavano l’aria. La loro indole era amichevole, e accolsero il gruppetto con grande ospitalità. Lan XiChen non ci mise molto a capire le modalità di quel linguaggio, e divenne in poche ore l’unico interprete che avevano a disposizione.
Non era la prima volta che usavano il suo acume e la sua prontezza nell’apprendimento per quel motivo.
L’unica cosa complicata per lui era stato armonizzare i suoni di quella nuova lingua, dato che alcuni gorgoglii risuonavano in modo particolarmente profondo e armonico nei colli tozzi dei lontroni. Li aveva ribattezzati così un loro compagno.
Per i lontroni era stato altrettanto entusiasmante cercare di apprendere la loro lingua. E dato che era stato impossibile dissuaderli, il gruppo si era rassegnato a essere ospitato per qualche tempo.
Dopo alcuni giorni trascorsi a conoscere quel luogo e i suoi abitanti, Nie MingJue aveva annunciato la ripartenza. Si era incaricato di sistemare alcune cose a bordo il giorno precedente a quello stabilito, prendendosi la responsabilità di controllare che tutto fosse in ordine per l’indomani, quando il ristretto gruppo avrebbe lasciato il pianeta, probabilmente lasciando qualcuno a terra. Era innegabile che la donna con la cicatrice si fosse affezionata a quei soffici bestioni che schioccavano la lingua per parlare.
Un lieve batticuore gli aveva scosso leggermente il petto all’idea. Non pensava di emozionarsi ancora e sentirsi così nostalgico nel prepararsi al decollo dopo tutti quegli anni di viaggio.
Lan XiChen si era offerto di accompagnarlo e dargli una mano nel portare l’occorrente, dato che il tragitto non era breve.
Erano quasi alla nave quando due delle cinque spie sul piccolo monitor legato al braccio di Nie MingJue si spensero. Il capitano pensò a un malfunzionamento, senza darci molto peso. D’altronde era una tecnologia ormai datata, e aveva da poco salutato i suoi compagni.
I due avevano già salutato tutti i lontroni, dicendo che non sarebbero tornati indietro ma avrebbero aspettato i compagni direttamente a bordo.
Nie MingJue finì di accertarsi del funzionamento della sua Baxia. Cercò di comunicarlo attraverso il dispositivo sul suo avambraccio, ma notò che si era spenta un’altra lucina, e dall’altro lato non giungeva risposta.
“Ci dev’essere qualcosa in questo posto che crea interferenza..” Commentò, mentre entrava nella propria stanza e si levava le varie attrezzature.
Nella camera del capitano, Lan XiChen lo aspettava seduto sul letto morbido. Nie MingJue l’aveva cambiato anni prima perché il Lan potesse stare più comodo, quando dormivano insieme. In realtà i letti a Gusu erano delle semplici stuoie, ma Lan XiChen si era preso quella piccola coccola da parte dell’altro senza dirgli niente.
Il cuore gli martellava un po’ più veloce nel petto, le orecchie gli pizzicavano appena. Le fece frullare un paio di volte, prima che il capitano gli si avvicinasse per dargli un bacio sulla fronte, accarezzandogli dolcemente una guancia.
Il Lan sorrise, strofinando appena il viso contro il suo palmo.
“Che silenzio.. Per una volta non mi dispiace un po’ di quiete.” Disse, sbuffando dal naso con divertimento. Notò che l’altro ancora non aveva aperto bocca, piegata in un sorriso malinconico. “Che c’è? Stai male?”
Lan XiChen scosse la testa. “Mi sento.. Davvero a casa.”
Con un leggero bip, un’altra spia accanto al piccolo schermo, ora appoggiato distrattamente su un ripiano della stanza, si spense.
Nie MingJue si girò di scatto verso il dispositivo. Sentì una sensazione fredda, come un brivido che gli correva nel sangue anziché sulla pelle ruvida e spessa, invadergli il corpo fino alla punta delle dita.
Lan XiChen lasciò che la mano dell’altro scivolasse via dal suo viso, con un leggero tremore. Una luna dal flebile bagliore azzurrato illuminava la stanza.
Al Lan era sempre piaciuta quella camera. Era posta in alto nella nave, e in buona parte una parete e il soffitto si aprivano al cielo con una grande finestra. Anche quando non poteva dormire come il Nie, poteva comunque continuare a guardare fuori, perdendosi nelle mille luci senza dover lasciare il suo abbraccio.
“Pensavo che quell’affare stesse iniziando a rompersi.”
Le spie erano circa quaranta, ma ora restava solo una lucina dorata a brillare accanto allo schermo scuro. Tutte le altre si erano spente negli anni, insieme ai suoi compagni.
Ogni comandante aveva un bracciale simile, dove ogni spia dorata era abbinata a un membro dell’equipaggio. Tutti gli abitanti della nave provenienti da Qinghe avevano un anello che mandava un segnale fintanto che veniva registrato il battito cardiaco del proprietario; quindi se una spia si spegneva, il verdetto era piuttosto chiaro.
“Quindi sei davvero tu.” Nie MingJue si voltò verso l’altro.
Lan XiChen si aspettava ti trovare le iridi scarlatte che aveva visto tante volte in quegli anni. Invece, a specchiarsi nei suoi brillanti occhi gialli furono due lucidi frammenti di antracite.
Sentì una lieve fitta all’altezza dello sterno, come se si fosse aperta una piccola crepa nelle proprie ossa. Lesse la stessa sensazione anche negli occhi scuri dell’altro.
“Non sei arrabbiato?”
“Siamo arrivati più lontano di quanto abbia fatto qualsiasi altra nave di Qinghe, abbiamo esplorato e conosciuto più di trecento pianeti con i loro abitanti, imparato alcune delle loro tradizioni e lingue. Abbiamo viaggiato attraverso galassie che molti possono solo studiare, toccando con mano quanto fosse calda la sabbia verde di Guriel, inspirando il profumo dolce della nebbia di Tireja e delle sue lune. Come potrei arrabbiarmi?”
“Ha vinto il tempo, come sempre. Ma abbiamo portato con noi i sogni dei nostri fratelli, rendendoli anche i nostri, e li abbiamo realizzati usando il tempo che avevamo a disposizione nel miglior modo possibile.” Nie MingJue aveva l’ombra di un sorriso sulle labbra.
“Mi dispiace.” Disse Lan XiChen. “Quando l’hai capito?”
“L’ultima volta. Per quanto possano essere alte le probabilità, è difficile che la maggior parte di un equipaggio muoia per la stessa malattia. Ho iniziato a sospettarlo perché sembrava quasi come se ti aspettassi di vedere morire qualcuno da un momento all’altro.” Il capitano, ormai di una nave fantasma, si sedette accanto a lui continuando a parlargli.
“Su Gusu, quando è stato intercettato l’arrivo della vostra nave, mi hanno dato il compito di fermarvi. Dalla maggior parte dei mondi conosciuti non siete visti con molta simpatia.”
Nie MingJue annuì, comprensivo. “L’ho capito appena siamo atterrati che la tua gente ci odiava.”
“E mi hai preso comunque a bordo?”
“Non potevo lasciarti lì. Eri troppo bello per rimanere intrappolato in una piantagione a guardare il cielo da lontano.” Disse, schietto. “Sai, pensavo che mi trattassi con gentilezza solo per formalità, per ringraziarmi di averti preso con noi.”
“Forse all’inizio.” Lan XiChen restituì la stretta che sentì avvolgersi intorno alla propria mano. Gli era sempre piaciuta quella sincerità quasi disarmante. “Non credo sarei riuscito ad avvelenarvi, altrimenti.”
Poi, dopo qualche istante di silenzio, il maggiore chiese ancora. “Quando? Me, intendo.”
“Dodici anni fa.” Lan XiChen aggiunse anche un paio di riferimenti, fra cui la dipartita del loro compagno di viaggio.
“Ah, quella volta. Quell’intruglio in effetti era imbevibile.”
“Ehi! Avevo solo esagerato con lo zenzero!” Al Lan sfuggì un sospiro a causa di un’altra fitta, anche se i suoi lineamenti eleganti erano comunque arricciati con divertimento.
“Nie MingJue, non è passato un solo giorno da allora in cui non mi sia pentito di..”
“Lo so.”
Il capitano non riusciva neppure a immaginare il senso di colpa che aveva divorato, giorno dopo giorno, per tutto quel tempo, l’altro. Lan XiChen per primo si chiedeva come fosse riuscito a convivere con quel dolore, da quando quei sentimenti di finta affezione erano diventati concretamente reali e avevano iniziato a logorarlo. Poteva solo ringraziare quel costante batticuore che da qualche ora gli stava segnando il conto alla rovescia.
In quel silenzio sentiva anche il battito del Nie, che andava di pari passo con il suo.
 
Stesi in quel letto morbido, i loro occhi riflettevano le stelle, ormai unici lumini nella stanza. Non c’era nient’altro che emanasse luce su di loro.
“Lan XiChen?” Continuò solo dopo il flebile ‘mh?’ dell’altro. “Quanto tempo è passato per te?”
Quello rise appena. Appoggiato sulla sua spalla, il respiro iniziava a diventargli più profondo e pesante. “Una vita meravigliosa.”
Sorrise in silenzio.
“Nie MingJue?”
“Mh?”
“Non hai paura di quello che succederà?”
“No. Il mio cuore non può fermarsi. Non quando sono così vicino a te..”
Anche lui sorrise in quella quiete siderale.
“..XiChen..
XiChen..?
Mh-mh..
Buona notte..
Buona notte, MingJue..
 











_________________
Note dell'Autrice
Buon salve!
Dunque, che dire? Sicuramente questa non è all'altezza, Lilith, della tua ultima NieLan (a chiunque non l'abbia ancora letta, here!). Spero comunque di averti strappato una lacrimuccia.
Non sono pienamente convinta di questa storia, ma potete prenderla come un discreto esercizio di stesura, fra un esame e l'altro. D'altra parte, mi intrigava molto provare a scrivere qualcosa di un po' più "fantascientifico", quindi here we are :D

Allora, un paio di appunti: penso si sia intuito, ma meglio specificarlo, nessuno qui è umano, non al cento per cento perlomeno. Non è ambientato in un anno particolare, e in realtà ho immaginato che un anno di quelli che vivono loro sia un po' più lungo di un normale anno terrestre: alla fine della storia li ho immaginati più vicini ai quaranta che ai trent'anni umani (sicuramente più in linea con la storia originale). Però il tempo, come argomento, mi pareva di averlo già trattato in modo piuttosto complicato e non volevo appesantire ulteriormente ><
Poi, Gusu (come anche Qinghe) è un pianeta, e non una città, mentre il nome della città di origine di Lan XiChen è semplicemente il nome originale dei Meandri delle Nuvole; sempre riguardo a Lan XiChen, sì, so che non ha gli occhi gialli come WangJi, però volevo usarlo come uno dei tratti comuni per la specie che abita Gusu. Gli altri nomi di pianeti sono inventati (eccetto Urano e Giove, chiaramente).
Infine, il prompt, trovato per caso girottolando per la rete, che ha stuzzicato questa storia è: "A poisoned B at the beginning of the story, and it's taken the whole story to take effect". Mi aveva conquistata troppo per non usarlo con loro, però riconosco di averlo un po' sprecato, perché la storia non mi convince moltissimo e so che avrei potuto fare molto meglio.
Volevo una fine agrodolce, nonostante tutto, e spero di essere riuscita almeno in questo.
La Fantascienza in particolare, poi, è un genere con cui devo prendere ancora un po' confidenza, con cui ho un rapporto conflittuale, nonostante uno dei miei libri preferiti in assoluto faccia proprio parte di questo genere (per chi se lo stesse chiedendo, parlo di "City" di Simak). Volevo avesse dei toni colorati e un po' 'fantasy', più che quelli ipertecnologici di alcuni racconti/romanzi. La fantascienza, come ho imparato da (purtroppo) pochissimi anni, non è solo il robottone super intelligente che stermina la razza umana, ma è soprattutto la scoperta di qualcosa di un oltre.
Spero di migliorare in questo genere, perché mi piacerebbe veramente molto scrivere di nuovo qualcosa ambientato lontano da qui.

Detto ciò, ringrazio la mia beta, in piena sessione quanto me, le mie carissime DiscepolinE, e Mary. Ringrazio anche chiunque vorrà leggermi e, soprattutto, recensirmi, dato che comunque è stata un'avventura interessante da scrivere.

Via, ci si rilegge presto, spero, con qualcosa di più allegro!


Athelyè ~ 




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3962213