Buon
San
Valentino!
Spero lo
abbiate passato bene, o leggendo fan fiction diabetiche o con la vostra
dolce
metà non importa! Vi lascio il mio contributo a questa
festa, una piccola
domestic/slice of life ObiNaru *^*
Spero vi
piaccia, a me ha divertito molto scriverla <3
Un
bacio,
Hatta.
Ma
lo
facciamo ogni giorno!
(Questo perché ti amo ogni
giorno)
Obito
sbatté la teiera abbastanza forte da far un fracasso per
tutta la cucina.
Avrebbe volentieri usato il microonde per scaldare l’acqua
del tè, ma lo stronzo lo
aveva occupato per il suo
schifoso ramen istantaneo.
Guardò
con
rabbia l’apparecchio elettronico acceso e di conseguenza il
ragazzo in attesa
dello scadere dei tre minuti di cottura. Naruto intercettò
la sua occhiataccia
e gli rivolse un sorriso smagliante, in contrasto con il lampeggiare
gelido
degli occhi.
“C’è
qualcosa che devi dirmi, tesoro?”
domandò cinguettando.
Oh.
C’erano
moltissime cose che Obito voleva dirgli sul suo essere un troglodita
insensibile, ma invece si limitò a forzare i propri muscoli
facciali in un
simile sorriso spastico.
“Nulla,
amore mio”
assicurò meditando di
rovesciargli il tè caldo sulla testa. Tanto non si possono
fare danni a un
cervello inesistente, no?
Proprio
a
sostegno della tesi del cervello inesistente e del non avere un istinto
di
autoconservazione, Naruto si voltò a fronteggiarlo
direttamente. Il finto
sorriso era sempre più inquietante.
“Sicuro?
Perché sembri arrabbiato, zuccherino”.
Obito
dovette sforzarsi per trattenere un tic all’occhio.
“Arrabbiato? No, assolutamente
no. Non potrei mai essere arrabbiato quando ci sei tu a
illuminarmi la giornata con la tua sola presenza”.
“Forse
allora è delusione…” suggerì.
Fu
così che
Obito fece l’errore. Invece di rispondere prontamente per le
rime, i suoi occhi
si spostarono in automatico verso il calendario appeso alla parete,
quello che
segnalava fieramente la data di quel giorno: il quattordici Febbraio.
Ovviamente a Naruto non sfuggì quell’esitazione
né la deviazione del suo
sguardo.
“Oh,
capisco” scoccò con un sorrisetto soddisfatto.
Obito
fumò
di rabbia alla consapevolezza di avergli dato quell’apertura,
ma almeno non era
l’unica nella stanza che aveva iniziato a emettere fumo.
“Ti
si sta
bruciando il ramen, idiota” masticò.
Finalmente
anche Naruto si rese conto dell’odore nella stanza e che il
microonde aveva
tintinnato il termine dei tre minuti nei loro breve scambio, che lo
aveva
assorbito così tanto da non accorgersene. Aprì
velocemente l’anta
dell’apparechio e un disgustoso odore di noodles bruciati
riempì la cucina.
“Dattebayo!”
strillò con le lacrime agli occhi, tentando di salvare il
possibile.
“Umpf”
fu
invece il commento altero di Obito.
Con
eleganza si versò l’acqua calda nella tazza e
immerse la bustina, dopodiché
lasciò impettito la cucina per andare a sedersi sul divano.
Ma nonostante il
calmo aspetto esteriore, dentro stava ancora fumando per la delusione.
Ed era
tutta colpa di Kakashi!
“Il week-end
sarà un disastro” considerò con un
sospiro stanco il Rokudaime.
Obito
ridacchiò. “Cos’ha di diverso dagli
altri?”
domando terminando si catalogare le nuove missione di grado B ricevute
quel
giorno.
Kakashi era
evidentemente esausto dopo la lunga
giornata di lavoro d’ufficio, ormai era il tramonto e la luce
aranciata del
sole entrava dalle grandi finestre.
“Ma
come, domenica sarà San Valentino” gli fece notare
Kakashi inarcando un sopracciglio.
Obito
alzò lo sguardo dal suo lavoro, gli occhi
sgranati. Avevano appena festeggiato il suo compleanno e si era
dimenticato che
poco dopo ci sarebbe stato anche San Valentino.
“Ovviamente
quasi tutti i nostri shinobi hanno chiesto
quel giorno libero per passare la festa con la dolce metà,
quindi abbiamo
pochissimi shinobi operativi. Non ho idea di come coprire tutte le
missioni”
continuò Kakashi.
Ma Obito non lo
stava ascoltando, era ormai bloccato
nella realizzazione che quello sarebbe stato il suo primo
San Valentino
con Naruto. E lui se n’era quasi
dimenticato! Doveva fare qualcosa, pensare a un modo per renderlo
speciale… infondo
era il loro primo San Valentino, doveva
essere speciale… Forse poteva portare Naruto alle terme?
Oppure fare un picnic
da qualche parte? Comprargli delle rose? Aveva sognato per
così tanti anni come
avrebbe passato il suo primo San Valentino con Rin che ora si trovava
ad avere
fin troppe idee.
Kakashi, davanti
al suo silenzio, riuscì a capire cosa
lo stesse distraendo.
“Sai”
riprese a parlare, “anche Naruto si è preso la
domenica libera. È proprio venuto di persona a dirmi che in
nessun modo il
quattordici dovevo tenerlo occupato o mandarlo fuori Konoha. Deve avere
in
mente qualcosa…” suggerì malizioso.
Le orecchie di
Obito diventarono di un vivido rosso
acceso, che fece a pugni con i corti capelli bianchi. Non
commentò nulla,
perché in quel momento non si fidava della sua voce. Ma si
sentiva felice al
pensiero che Naruto stesse organizzando qualcosa per San Valentino,
qualcosa da
fare con lui. Onestamente non avrebbe mai immaginato che fosse tipo da
festeggiare le ricorrenze, ma del resto come lo aveva stupito a Natale
era
ovvio lo stupisse ancora. Chissà cos’aveva in
mente! Con Uzumaki Naruto non
potevi mai essere sicuro di niente.
“Maa,
prima di metterti a sognare sappi che finché non
avrai finito di catalogare queste missioni non posso lasciarti
andare” lo
avvisò Kakashi.
“Non
sto sognando” lo contraddisse, anche se era una
bugia palese per entrambi.
Quindi
aveva passato i restanti giorni che lo separavano dal quattordici
febbraio a
fantasticare su cosa sarebbe successo quel giorno, a cosa avrebbe
potuto
organizzare Naruto. Tutto questo solo perché Kakashi aveva
sollevato
l’argomento e aveva suggerito che Naruto avesse in mente
qualcosa.
Peccato
che
Naruto aveva avuto in mente solo una cosa. La stessa cosa che occupava
la sua
mente ogni fottuto e dannato giorno.
Prese un
lungo sorso di tè, cercando di annegare il fastidio con la
bevanda. Ma Naruto
pensò di entrare a sua volta in soggiorno proprio in quel
momento. Si sedette
sul bracciolo del divano, il punto più lontano da dove stava
Obito. Era tutto
ingobbito, tra le mani la tazza di ramen – o meglio: quello
che era riuscito a
salvare.
Fu
proprio
quella che Obito fissò con rabbia perché,
diavolo, non poteva credere di essere
stato messo in secondo piano dal ramen!
La mattina del
quattordici Febbraio si stava
consumando inesorabilmente mentre Obito aspettava che Naruto facesse qualcosa. Quella notte non aveva dormito, la
trepidazione lo aveva tenuto sveglio ed era stato faticoso aspettare
che Naruto
si alzasse alle undici passate di mattina. Si era svegliato, aveva
fatto
colazione con gli occhi chiusi e poi si era infilato in doccia senza
dire una
parola, senza neanche dargli un bacio o fargli un augurio.
Obito non ce la
faceva più ad aspettare. Aveva preparato
un mazzo di girasoli, ma soprattutto non vedeva l’ora di
scoprire che faccia
avrebbe fatto Naruto una volta ricevuti i cioccolatini al ramen. Aveva
dovuto
teletrasportarsi con il kamui nel Paese dei Noodles per trovarli, era
estremamente rari ed erano costati moltissimo, ma sapeva che li avrebbe
adorati.
Il cuore gli
scattò in gola quando sentì la porta del
bagno aprirsi. Senza potersi più trattenere,
seguì il rumore dei passi di
Naruto fino in entrata. Era così emozionato che non si
accorse nemmeno che si
stava mettendo le scarpe.
“Amore,
buon…”
“Ehi,
Obito. Oggi pranzo fuori”.
L’augurio
gli morì sulle labbra, incastrandosi in
gola. Tossì, rischiarandosi la voce.
“Uhm,
intendi che pranziamo fuori?”
Naruto lo
guardò instupidito. “Vuoi venire anche
tu?”
Obito gli
rivolse lo stesso sguardo perplesso, anche
se una gelida consapevolezza cominciò a strisciare sulla sua
schiena.
“Be’,
per festeggiare…”
“Festeggiare?”
ripeté Naruto, poi i suoi occhi si
allargarono nella consapevolezza. “Oh…Ah! Vuoi
festeggiare San Valentino?”
Quella domanda
lo lasciò scombussolato, soprattutto il
tono sorpreso con cui l’aveva pronunciata, come se si
aspettasse il contrario.
“Kakashi
mi ha detto che ti sei preso il giorno
libero…”
“Oh,
sì!” confermò, ma con uno sguardo
accigliato,
come se non capisse perché lo stesse dicendo.
“Oggi Ichiraku fa il suo ramen
speciale di San Valentino, lo fa solo una volta all’anno. Non
potevo
assolutamente rischiare di essere mandato fuori Konoha e
perdermelo”.
Il ramen.
Naruto si era
preso un giorno libero per mangiare il
ramen.
Si
sentì così scombussolato da non riuscire a
replicare nulla, si limitò a guardarlo con gli occhi
sgranati anche quando
Naruto ricominciò a legarsi le scarpe.
“Ah,
scusami! Devo andare, rischio che mi finiscano
tutto il ramen. Ne parliamo dopo se vuoi fare qualcosa, okay?”
E se
n’era andato.
Obito
aveva
avuto qualche ora per metabolizzare tutto, ma ancora si sentiva
frastornato.
Naruto non aveva mai minimamente pensato a San Valentino, non aveva mai
avuto
intenzione di festeggiarlo o fare qualcosa, e dal modo in cui lo aveva
guardata
quella mattina sembrava credere che nemmeno Obito lo avesse fatto.
Era
stupido, ma dopo essersi fatto così tanti castelli in testa
era deluso; si
sentiva dimenticato e poco apprezzato, messo in secondo piano dal
ramen. Il
fatto è che non poteva nemmeno lamentarsi, perché
faceva già ogni giorno la
figura del fidanzato ossessivo con la sua gelosia; se se la fosse presa
anche
per il mancato San Valentino sarebbe stato definitivamente bollato come
un
oppressivo rompiscatole. Non voleva essere uno stereotipo o far sentire
Naruto
in dovere di fare qualcosa solo per farlo contento, così il
significato di San
Valentino si sarebbe perso.
Ma
comunque
ci aveva sperato. Aveva osato riesumare un vecchio sogno che aveva da
bambino,
quello di passare un San Valentino memorabile con la sua persona
speciale, ed
era buffo che fosse stato proprio Naruto a spezzarlo.
Comunque
quando Naruto era tornato, a suo merito, aveva risollevato
l’argomento. Peccato
che poi aveva anche aggiunto:
“Comunque
non è che ne abbia tanta voglia. Cioè, non saprei
cosa fare dattebayo”.
Ecco:
Naruto non aveva voglia di festeggiare. Questo concludeva tutto e lo
aveva
costretto a dire:
“Allora
non
preoccuparti, non importa”.
Col cazzo che
non importa,
pensò
infastidito dal continuo aspirare rumoroso di Naruto.
La
maledizione di Obito era di essere un Uchiha, quindi anche se aveva
assicurato
che non importava aveva continuato a pensarci per tutto il tempo
successivo,
diventando sempre di più di cattivo umore. Naruto ovviamente
se n’era accorto e
sicuramente sapeva anche quale fosse il problema, perciò non
aveva fatto altro
che pungolarlo per farlo scattare e ammettere la sua delusione.
Insomma,
ormai era pomeriggio inoltrato e la situazione tra loro era
così tesa da
rendere l’aria quasi irrespirabile.
“Puoi
mangiare decentemente?!” sbottò alla fine Obito,
innervosito dal modo in cui
Naruto aspirava gli spaghetti.
Per
tutta
risposta il ventenne succhiò più forte.
“Mangio come al solito” disse con la
bocca piena.
“Come
un
troglodita”.
“Di
solito
non ti dà fastidio”.
“Oggi
sì!”
“Perché
cosa c’è oggi?” lo canzonò.
Obito lo
guardò faticando a trattenere tutto il suo intento omicida,
era certo di aver perfino
attivato lo sharingan. Ma Naruto non ne rimase per nulla impressionato,
continuò a fissarlo dritto in faccia senza battere ciglio.
La gara
di
sguardi durò parecchi minuti, il tempo necessario
perché sia il tè che il ramen
smettessero di fumare. Prevedibilmente il primo a parlare fu Naruto.
“Senti,
perché non lo ammetti e basta?”
“Che
cosa
dovrei ammettere?” rigirò in un sibilo.
“Che
volevi
festeggiare San Valentino!”
Bene,
ora
che il grande elefante nella stanza era stato nominato direttamente
nessuno dei
due aveva più modo di scappare dalla conversazione.
Maledetto Naruto e il suo
essere sempre troppo diretto!
“Sì,
ma tu
no. Quindi non vedo perché discuterne”
brontolò.
Il
ventenne
si accigliò. “Non è che non voglio
festeggiarlo, ma non ci ho pensato”
corresse. “Non sapevo ci tenessi, se me lo avessi detto avrei
organizzato
qualcosa”.
“Pensavo
lo
stessi già facendo visto che avevi preso il giorno
libero” rinfacciò. “Invece
era per il ramen”.
“E
con
questo cosa vorresti dire, dattebayo?”
“Che
hai
pensato al ramen di San Valentino, ma non di passarlo con me”.
Naruto
inarcò una sopracciglia. “Sono con te da tutto il
pomeriggio” gli fece notare.
Sospirò
per
quella stupida osservazione. “Come sempre, cosa ci sarebbe di
diverso dal
solito?”
“…Sei
arrabbiato con me”.
Obito
tacque, la bocca ancora aperte per la battuta piccata che aveva pronta
in
automatico. Ma l’osservazione gli fece morire il fiato in
gola e si ritrovò a
tacere, guardandolo come un idiota a bocca aperta. La richiuse
velocemente,
cercando di darsi un tono.
“Non
sono
arrabbiato con te”.
“Certo,
raccontala a qualcun altro. Mi guardi come se volessi uccidermi e, sai,
ho esperienza a riguardo”.
Sussultò
a
quella battuta, il fiato uscì dalle sue labbra bruscamente,
come se qualcuno lo
avesse colpito con tutta la sua forza allo stomaco. Naruto si rese
conto di
aver esagerato e spalancò a propria volta gli occhi,
fissandolo pieno di colpa.
“Io…
mi
dispiace” cedette subito. “Non dovevo
dirlo”.
Obito
abbassò lo sguardo, sentendosi svuotato come ogni volta che
sbatteva contro il
suo passato da criminale. A volte si concedeva il lusso di
dimenticarlo, di
abbandonarsi all’illusione di non aver mai tradito se se
stesso e non aver mai
tentato di distruggere il mondo, il ragazzo che adesso ama. Ma non
poteva
meritarsi questo lusso; gli era stato permesso di vivere ancora una
volta, a
patto che rimediasse ai suoi errori. Lui non aveva granché
da pretendere al
mondo, non più.
“No,
hai
ragione” mormorò. “Adesso non voglio
ucciderti, ma sono arrabbiato. Hai pensato
al ramen speciale di San Valentino,
ma non di volerlo festeggiare con me. Mi ha ferito”.
Naruto
continuò a guardarlo, ancora pentito dalla frase che gli era
scappata. Fece una
smorfia e scivolò giù dal bracciolo del divano,
andando a sedersi più vicino –
ma ancora distante da Obito.
“Non
sapevo
ci tenessi a San Valentino. A me non è mai piaciuta come
festa, sai, per il
fatto che ero solo e nessuna bambina avrebbe accettato un mio regalo.
L’unica
cosa positiva era Ichiraku, il ramen speciale di San
Valentino… È diventato una
tradizione mangiarlo”.
Obito
aumentò la presa sulla tazza da tè, anche se
ormai era diventata fredda. Lui e
Naruto si assomigliavano così tanto, ma a volte
c’erano quei piccoli
particolari che li rendevano totalmente diversi.
“Invece
io
ho sempre sognato di passare San Valentino con qualcuno, proprio
perché ero
solo” mormorò in risposta. “Speravo di
poterne passare uno speciale con te,
fare qualcosa di indimenticabile insieme”.
Naruto
lo
guardò frustrato. “Potevi dirmelo. Potevamo
inventarci qualcosa prima”.
“Credevo
lo
stessi organizzando da solo, per farmi una sorpresa… visto
che avevi preso il
giorno libero” ripeté, poi emise un sospiro.
“Va be’, direi che a questo punto
non importa più”.
Mise da
parte la tazza del tè, poi attivò il Mangekyo e
l’aria davanti a lo cominciò a
distorcersi. Dal nulla comparvero direttamente sulle sue mani un mazzo
di fiori
e una scatola di cioccolatini a forma di cuore. Li tese verso il
ragazzo più
giovane, sforzando un sorriso sul proprio volto.
“Buon
San
Valentino, Naruto” disse.
Quello sgranò gli
occhi, lo sguardo puntato
sui regali. Li prese entrambi esitante, come se si aspettasse di
vederli
esplodere davanti alla faccia e rivelare uno scherzo. Ma poi
portò i girasoli
al naso si accorse che erano veri e vide la scritta Cioccolatini
al ramen sulla confezione a cuore e la sua bocca si
aprì in un ovale perfetto. Simultaneamente
arrossì di colpo fino alla radice
dei capelli, ma continuò a tenere le labbra socchiuse senza
riuscire a dire
niente. Gli occhi si spostavano dai girasoli ai cioccolatini a Obito
senza che
sembrasse riuscire a decidere cosa guardare.
L’ho
rotto,
pensò Obito con rassegnazione ma
anche affetto.
Si
schiarì
la voce. “Non sapevo se regalarti dei fiori o meno,
ma… spero che i girasoli
vadano bene, penso ti si addicano meglio delle rose”
borbottò chiedendosi
perché diavolo fosse in imbarazzo.
Naruto
finalmente fermò gli occhi su di lui. erano ancora sgranati,
increduli, azzurrissimi nel volto
rosso accesso.
“Nessuno
mi
ha mai regalato dei fiori” replicò in un tono
indecifrabile, che non permise a
Obito di capire se fosse una cosa positiva o meno. Ma non ci
pensò molto,
perché Naruto iniziò subito a guardarlo con
rammarico. “Io non ti ho preso
niente…” ammise.
Obito
deglutì cercando di cacciare la delusione in fondo allo
stomaco. Lo sapeva già,
in fondo era ovvio da quella mattina, non aveva senso che ci rimanesse
male
all’ammissione.
“Non
preoccuparti” disse quindi e si strinse nelle spalle.
“Ci tenevo a regalarti qualcosa
e l’ho fatto, non dovevi ricambiare”.
Naruto
non
sembrò per nulla convinto, anzi si corrucciò
ancor di più, probabilmente perché
il suo tono di voce non era stato per nulla saldo come avrebbe voluto.
Forse
era anche per via della naturale empatia di Naruto, che gli permetteva
di
vedere quanto Obito ci fosse rimasto male anche se si sforzava di
mantenere uno
sguardo impassibile.
Infatti,
dopo un secondo di silenzio, Naruto sembrò prendere una
decisione e i suoi
occhi si affilarono, diventando terribilmente seri. Strinse il mazzo di
fiori e
i cioccolatini più vicino al petto – come se
avesse paura che glieli portassero
via – e lo guardò fisso, lo sguardo che bruciava
di determinazione.
Obito
aveva
già imparato a temere quello sguardo.
“Siamo
ancora in tempo per fare qualcosa” disse Naruto.
Si morse
la
guancia per non sorridere e tentò di controllare il battito
più veloce del
cuore, invece di guardarlo speranzoso come avrebbe voluto
replicò:
“Non
devi
ricambiare solo perché ti senti in dovere”.
Non gli
aveva dato quel regalo per farlo sentire in colpa e manipolarlo per
ottenere
quello che voleva. Voleva ancora festeggiare, lo voleva tantissimo, ma
costringere Naruto a farlo avrebbe perso di significato il momento.
Praticamente, si era rovinato con le sue stesse mani: qualunque fosse
stato il
risultato finale, ne sarebbe rimasto deluso.
Fece
l’errore di chiudere gli occhi, così che non ebbe
modo di vedere Naruto
balzargli addosso. Un gomito venne conficcato dolorosamente nel suo
fianco,
mentre lo spigolo della scatola di cioccolatini premeva sul suo sterno
e i
girasoli quasi lo soffocarono. Naruto lo inchiodò mezzo
steso sul divano, i
loro visi a pochi centimetri di distanza.
“Voglio
ricambiare per farti felice!” lo corresse. “Se
festeggiare San Valentino ti
renderà felice, festeggeremo il San Valentino più
speciale di sempre dattebayo!”
Obito
era
quasi tentato di usare kamui per sfuggire a quel bloccaggio doloroso,
soprattutto
al dannato gomito, ma sospettava che Naruto non avrebbe apprezzato.
“E
sentiamo,
che cosa vorresti fare?!” lo sfidò. “E
non dire mangiare ramen!”
Davanti
alla domanda diretta Naruto sembrò diventare meno sicuro, lo
guardò esitante in
cerca di un’idea.
“Possiamo
andare alle terme!” offrì prevedibilmente.
“Avremmo
dovuto prenotare, sono già tutte piene. Così come
i ristoranti e gli alberghi”.
“Allora…
uhm, andiamo a dare da mangiare ai cervi dei Nara? E un
picnic?”
“Vuoi
davvero fare un picnic di notte nel cuore di una foresta in
inverno?” rigirò.
No,
Naruto
non era affatto sicuro e non ci aveva pensato correttamente, almeno fu
quello
che capì dall’espressione disperata che ricevette.
“Bene,
allora ordineremo qualche schifezza d’asporto e ci guarderemo
un film smielato insieme”.
Non
riuscì
a trattenere una risatina di scherno. “Idea originale,
effettivamente non lo
facciamo mai” commentò sarcastico.
Naruto
non
sembrò apprezzare affatto l’ironia,
l’espressione corrucciata divenne furiosa
in poco tempo.
“Sei
un
bastardo” lamentò.
Invece
di
rispondere per le rime, Obito sospirò.
“Senti,
lascia stare. Ormai è troppo tardi per fare
qualcosa”.
Chiedere
a
Naruto di mollare la presa quando si era fissato su qualcosa era come
chiedere
alla terra di girare al contrario. Anche se lo sapeva, nel momento di
silenzio
che seguì sperò di averlo convinto. Pia speranza.
Naruto
mise
da parte i fiori e i cioccolatini, poi scivolò fra le sue
gambe, armeggiando
con la chiusa dei pantaloni.
“Che
cosa
fai?!”
“Il
mio
regalo di San Valentino!” annunciò gridando.
“Un pompino!”
Per un
momento rimase troppo basito per rispondere, ma poi sentì la
rabbia montare. Il
fatto che adesso tirasse fuori il sesso lo fece sentire ancora peggio,
come se
bastasse sempre e solo quello a renderlo soddisfatto. Infuriato
spiaccicò una
mano contro il suo volto per allontanarlo.
“Piantala!”
sbottò. “Stai diventando ridicolo”.
Naruto
spinse
con la testa contro la mano, continuando a tentoni a tirargli via i
pantaloni.
“Non
m’importa, se ti prometto un San Valentino speciale
sarà un San Valentino
speciale!”
“E
pensi di
renderlo speciale con un pompino?!”
“È
il
pompino di San Valentino!”
Obito
emise
un urlo frustrato. “Questo non ha senso”.
“Insomma,
vuoi o non vuoi festeggiare?!”
Ormai
era
esasperato, non sapeva nemmeno più cosa dire per non
peggiorare la situazione.
“Sì,
ma…”
“Allora
ecco come festeggeremo” lo interruppe. “Ordineremo
d’asporto, faremo del sesso
fantastico e poi ci faremo le coccole guardando un film
scemo!”
“Ma
lo
facciamo già ogni giorno!”
“Questo
perché ti amo ogni giorno!”
Silenzio.
Obito
spalancò la bocca senza che emettesse nessun suono, bloccato
e incredulo. I suoi
occhi si allargarono, il suo respiro si interruppe bruscamente come se
avesse
paura ad emettere un rumore di troppo. La sua presa perse consistenza e
Naruto
riuscì a liberarsi dalla mano che lo teneva lontano, non
accorgendosi per nulla
della reazione dell’altro.
Perché ti amo ogni giorno.
Obito
guardò Naruto tentare di strattonare i suoi pantaloni dai
fianchi. Non sembrava
essersi accorto di quello che aveva detto, i suoi occhi erano ancora
battaglieri.
“Ridillo”
disse senza pensarci.
“Che
cosa?
Che ti sto per fare il più grandioso pompino di tutta la tua
vita per San
Valentino?!” abbagliò Naruto ancora nel mezzo
della discussione.
Era
così
incredulo che non registrò nemmeno il tono bellicoso con cui
lo disse.
“No.
L’ultima cosa che hai detto”.
“L’ultima
cosa che ho detto?!” ripeté.
“Be’, ho detto che…
che…”
Si
fermò di
colpo e a sua volta gli occhi si allargarono nella realizzazione,
guardandolo
come se gli fosse spuntata una testa di troppo, e le sue orecchie
diventarono
nuovamente rosse. Si strinse un po’ nelle spalle, come un
gatto pronto a
balzare, e considerando che si trovava tra le cosce di Obito e con le
mani
nelle sue mutande sarebbe stato anche abbastanza comico da vedere.
Ma
entrambi
in quel momento non stavano ridendo, studiavano l’altro in
attesa della
prossima mossa. Prevedibilmente il primo a replicare qualcosa fu
Naruto. Ora il
rossore si era espanso su tutta la faccia e distolse lo sguardo,
sentendolo
bruciare.
“E
quindi?
Come se non fosse mai stato ovvio” borbottò.
“Non
me
l’hai mai detto” mormorò Obito, che
continuava a ripetersi ossessivamente
quella frase nella mente.
“Be’,
neanche tu l’hai fatto!”
Naruto
era
imbarazzato e nell’atteggiamento era ancora nel mezzo
litigio, quindi non si
accorse dello sguardo perso e un po’ umido
dell’altro.
“Stiamo
insieme solo da qualche mese…”
“E
chi se
ne importa?!” Naruto tornò a guardarlo esasperato.
“Ho sbagliato il momento per
dirlo? C’è una regola quando dirlo? Non
m’importa, dattebayo, l’ho detto perché
lo penso e non capisco quale sia il tuo…”
Si
interruppe bruscamente, Obito lo prese per le guance e lo spinse in
avanti
verso il proprio viso. Lo baciò inghiottendo la sua
protesta, finché anche
Naruto non si sciolse e ricambiò con foga.
“Ti
amo
anch’io” gli disse a fior di labbra.
Naruto
sorrise, una smorfia un po’ stupida con le mani che premevano
le sue guance e
gli occhi socchiusi. Si mosse di nuovo in avanti, tornando a far
collidere le
loro bocche e questa volta prese in mano la situazione, stabilendo il
ritmo del
bacio.
Obito lo
lasciò fare, non trattenendo un piccolo sorriso. Naruto
finì per coprirlo con
il suo corpo e sovrastarlo sul divano, i suoi denti che mordevano
dispettosi il
labbro inferiore e la lingua che leccava subito dopo. Le sue mani si
mossero
tra i suoi capelli, stringendo i corti ciuffi bianchi e grattando la
cute
dietro le orecchie. Il bacio durò così a lungo
che alla fine Obito si sentì
senza fiato anche se non aveva davvero bisogno di respirare.
Naruto
lo
guardava con il viso sereno, un sorriso che illuminava i suoi occhi, le
mani
ancora impigliate tra i capelli.
“Ti
amo!”
ripeté strofinando i loro nasi. “Pensavo ti fosse
ovvio”.
Sospirò.
“È
diverso sentirlo, lo rende più vero”.
Naruto
era
ormai spaparanzato su di lui, schiacciandolo completamente. In quegli
anni i
tanti centimetri che li dividevano erano stati consumati da un suo
picchio di
crescita, ormai erano quasi alti uguali. Ma Naruto aveva comunque il
vizio di
mettersi sul suo stomaco e appisolarsi lì, senza curarsi del
proprio peso.
“Non
volevo
litigare” mormorò dopo un po’, la voce
pentita.
Passò
una
mano ad accarezzargli i capelli.
“Non
avrei
dovuto offendermi così tanto” ammise a sua volta
pentito.
Naruto
aveva ragione, gli dimostrava di amarlo ogni giorno anche con la loro
stupida
routine. Solo perché non erano andati alle terme o fatto
qualcos’altro di
simile non significava che Naruto ci teneva di meno o che proprio non
gli
importasse.
“Mi
dispiace per non averti dato il San Valentino speciale che
volevi”.
Rise a
quell’ultima frase, facendo tremare Naruto sul suo petto.
“Ah,
invece
credo tu l’abbia fatto. Mi hai detto che mi ami per la prima
volta, è qualcosa
che mi ricorderò”.
Naruto
nascoste la faccia contro il suo collo, lasciando visibili solo le
orecchie
rosse. “Ah, bastava così poco”
borbottò.
Rise
più
forte. “Non è poco, è…
speciale”.
Questa
volta non rispose, ma sentì la forma del suo sorriso contro
la pelle del collo.
Lo sistemò meglio su di sé distribuendo il peso e
gli baciò il capo, sentendosi
stupidamente bene rispetto a qualche minuto fa, quando il suo stomaco
stava
bruciando per il risentimento. A volte quell’altalena di
emozioni era
sfiancante, ma ne valeva al pena se significava poi potersi accoccolare
così
sul divano, con Naruto che lo schiacciava e ogni tanto lasciava baci
sulla
pelle che raggiungeva.
Obito
gli
accarezzò la schiena, ma poi dispettoso gli tirò
i capelli della nuca.
“Non
addormentarti!” lo avvisò. “Ti ricordo
che come regalo mi hai promesso un pompino
grandioso”.
Naruto
scoppiò a ridere. “Lo so, lo so!”
Scivolò
giù
da lui, cadendo sul pavimento. Appoggiò il mento sul bordo
del divano,
guardandolo con un sorriso birichino.
“Prima
lasciami chiamare per la cena, va bene?”
Annuì.
“Io
nel frattempo scelgo il film”.
“E
poi
sesso e coccole!”
Obito
rise
e gli baciò il naso. “Suona come un buon
piano”.
San
Valentino poteva essere un giorno normale in una relazione
straordinaria.
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