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"You
said you just wanted to be my brother from now on.
I lied, he said."
- Cassandra
Clare -
Legacy
I
1.
Quando George li guarda non vede né Ethan né
Cecily - solo
loro.
È c'è qualcosa di estraneo nel modo
in cui combattono - in cui si flettono
e scivolano l'uno sulle spalle dell'altro, perfetti, uguali.
È irriverente, Jacob: è tutto quello che Ethan
non era - impetuoso, beffardo, assoluto.
È razionale, Evie: una lama che taglia, e non
lascia traccia di sé - imperturbabile, distante.
Li conosce da una vita, eppure ogni giorno si ritrova più a
disagio, più confuso.
Evie salta,
Jacob ride
- rotola di lato, evitandola.
È solo la tua
immaginazione, si ripete; sono gemelli. Sono cresciuti
insieme. Hanno condiviso il grembo materno. Stai diventando vecchio e
le tue paranoie stanno peggiorando e...
"Sei lento." lo riprende Evie, girandogli intorno in punta di piedi.
Jacob alza un sopracciglio, arcua appena un angolo delle labbra - ed
eccola di nuovo quella sensazione umida che striscia sulla pelle e
lì si appiccica, facendoti sentire fuori posto, scomodo.
Smettila; ti stai
inventando le cose.
George sposta il peso da un piede all'altro, schiarendosi la gola.
Evie e Jacob lo ignorano, concentrati l'uno nell'altro - muscoli tesi,
contratti.
E sono diversi, Evie e Jacob - così tanto da toccarsi ogni
volta, da diventare un riflesso spietato.
"Oh, lo dici adesso,
sorella?"
E ieri? Cosa hai detto
ieri, Evie?
George inspira con forza, incrociando le braccia al petto.
"Lo dico sempre."
ribatte lei, nella voce un'inflessione ironica - calda.
Jacob snuda i denti nella parodia di un sorriso, Evie solleva il mento
- avanti; fammi vedere
di cosa sei capace, fratello.
Quando impattano l'uno nell'altro George non può fare a meno
di chinare il capo e sentirsi nel mezzo di una situazione privata e
impossibile.
I saw you there
all I wanted was to start
with you
was the hardest thing I
ever had to do
'til I made you care.
Sul tetto del mondo i gemelli Frye sono due profilo nerissimi e
distanti - il quieto mormorio di Evie e la risata asimmetrica di Jacob.
Greenie,
l'aveva chiamato, girandogli intorno come un lupo in caccia.
E così eri tu
il preferito di papà, aveva continuato, alzando
un sopracciglio.
Non la metterei in
questi termini, era stata la sua replica, pacata.
Jacob aveva liberato un suono di gola, a metà tra il
derisorio e l'irritato.
Non fare caso a mio
fratello, si era intromessa Evie, inclinando il mento
verso il basso - giù, dove Londra moriva ogni giorno e risorgeva
ogni notte.
E si era ritirato, Jacob; si era dissolto nelle ombre, riapparendo poi
al fianco di sua sorella - tap tap, tap tap; un piede battere sulle
tegole, scandendo la pioggia.
E nessuno dei due l'aveva più guardato - né Evie,
concentrata nel seguire i movimenti della Thorne, né Jacob,
le mani in tasca e una rigidità nelle spalle strana, fuori
posto.
Henry reclama il proprio posto nel buio e scaccia il dubbio nelle leggi
del Credo.
2.
A volte si chiede cosa diavolo si era aspettato suo padre? Cosa, se non
creare un'arma unica, un corpo unico, un respiro unico.
"Avresti mai voluto conoscerla?"
Jacob fissa il cielo vuoto di stelle, tace.
"La mamma, dico."
"No. Forse. Alcuni giorni sì."
Evie emette un grugnito, lo colpisce con il gomito nel fianco.
"Un esempio di chiarezza, Jacob Frye."
Jacob distende le gambe nell'erba umida, ridacchiando.
"Sarebbe stato diverso? La nostra vita, intendo. Tutta questa storia
del Credo e dei Templari e..."
"No." ribatte lui, asciutto.
Evie si volta, fissandolo.
E noi?, sembrano chiedergli i suoi occhi; saremmo stati diversi, Jacob?
Tra le sue braccia Evie è l'unica cosa che abbia importanza.
Yo, brother
you sure heard me
Banging on the big drums for your love
you called me baby then.
Londra è vecchia; una città piena di metallo e
polvere, che avanza verso il futuro a grandi passi, lasciando dietro di
sé solo carcasse e macerie.
Da quando hanno lasciato Crawley tutto è cambiato - non
loro.
Evie si stropiccia le palpebre pesanti, ondeggiando insieme ai
movimenti del treno.
"Dovresti dormire."
"Anche tu."
"Ho del lavoro da fare."
Jacob si china oltre la sua spalla, scivolando con lo sguardo sui
documenti che Henry ha passato loro qualche ora prima.
"Lucy Thorne non andrà da nessuna parte, Evie."
"Non puoi saperlo."
Jacob schiocca la lingua contro il palato, intrecciando le dita nei
suoi capelli - schiudendole sulla nuca, attorno il collo.
"Vieni a letto."
Vieni con me.
Ed Evie sa che dovrebbe continuare a cercare il frammento dell'Eden;
che è importante e che i Templari hanno un secolo di
vantaggio e che...
"I Rooks la stanno tenendo d'occhio."
Evie sospira, rilassandosi contro il suo petto - nell'aria tabacco e
whisky.
"Pensavo non ti importasse della missione."
Jacob le bacia una tempia, sorridendo.
"Infatti non me ne frega nulla; o quasi."
Evie socchiude un occhio, fissandolo.
Jacob spegne la lampada sulla scrivania, traendola a sé.
"Solo qualche ora." mormora lei, lasciando che le tolga gli stivali, la
pesante giacca umida di pioggia e sudore - blandisca una pelle tiepida,
uguale alla sua.
Jacob annuisce e nella penombra della carrozza è lo stesso
profilo che ha sempre cercato quando tutto era troppo - la paura, gli
allenamenti, le pretese di suo padre, le sue assurde punizioni.
Raggomitolati l'uno nell'altro ascoltano il silenzio distendersi e
riempirsi.
3.
Sulle loro spalle grava il peso di infinite vite perse per il Credo -
affogate nella croce templare, liberate dal sangue.
Nei loro occhi brucia una determinazione che i Rook ammirano, da cui si
lasciano consumare.
Henry li aveva accolti con il cuore colmo di speranza, nella memoria
Ethan e i suoi insegnamenti - il suo dignitoso silenzio, la sua
incrollabile fede nella Confraternita.
Il Credo è tutto, Jayadeep, ripeteva sempre.
Il Credo è ciò che può guidarti fuori
dall'oscurità, dalle tue incertezze, il suo mantra, la sua
verità.
Green si volta, incontrando lo sguardo di Jacob - il viso appena
inclinato verso destra, negli occhi un'espressione curiosa,
inquisitoria.
"A cosa stai pensando, Greenie?"
"A tuo padre."
"Oh." dice solo, arricciando un angolo delle labbra.
"Mi ha salvato la vita."
"Che brav'uomo."
"Lo era. Ero stato condannato alla pena capitale in patria, ma lui mi
aiutò a scappare e a crearmi una nuova identità."
"Adorabile." ribadisce Jacob, nella voce una nota aspra, pungente.
Henry aggrotta le sopracciglia, studia la sua prossemica - le dita che
tamburellano sul pomello del bastone, le narici appena dilatate.
"Sai." esordisce poi all'improvviso, interrompendo il flusso dei suoi
pensieri "Papà era fissato con il Credo: con le sue regole e
i suoi dogmi. Citava spesso assassini del passato - un certo Ezio, un
tipo furbo, se vuoi sapere la mia opinione, e il traditore, Shay."
Henry segue i suoi movimenti, ruotando su se stesso - ascolta, incerto
su dove voglia arrivare.
"Il Credo è la via, Jacob." lo imita lui, muovendo le mani
nell'aria.
"Il Credo reca in sé tutto quello di cui hai bisogno,
Jacob." prosegue, abbassando la voce di qualche ottava.
Green si umetta le labbra, cercando di cogliere qualcosa - di dare un
nome al suo disagio.
Jacob si ferma, sollevando il viso verso il cielo - nero e gonfio di
pioggia.
"Nulla è reale, tutto è lecito."
Henry tace, aspetta - attorno a loro la gelida stretta di Londra e
delle sue miserie.
"In questo credo, Greenie." mormora Jacob, togliendosi il cappuccio e
mostrandogli un volto durissimo, fuori posto - che ha perso ogni
traccia di familiarità.
"È uno dei vecchi pilastri del Credo."
Jacob curva le labbra in un sorriso sbilenco, freddo.
"Lo so."
"Ormai quasi nessuno lo ricorda."
Jacob ride - un suono basso, di gola, che vibra e percuote.
"Ma io sì, Greenie." controbatte "Io
sì. E anche Evie." conclude, dando alle ultime parole un
senso ambiguo, inesorabile.
Il suono di un carrozza in arrivo li riporta alla missione - oh, a
quanto pare Lynch si è deciso ad alzare il culo
dalla sua poltrona - Jacob di nuovo una maschera beffarda e
spregiudicata.
Londra ingoia tutti i loro segreti in silenzio.
Talked to me like your best friend
when the time was right you were so good
asked me what I like
and I said...
A volte si ferma a riflettere su chi siano; cosa, oltre
un'eredità scomoda e pesante.
A volte si sveglia affogando e lo trova sempre al suo fianco - una
presenza costante e calda, rovinosamente sua.
A volte il pensiero la colpisce all'improvviso, le attraversa la mente
come una scossa elettrica - l'afferra per i piedi, facendole provare
una vertigine uguale a quella prima di ogni balzo.
"Signor. Frye; i bambini sono spaventati. È normale si
comportino in questo modo."
Tump.
"Non dovrebbero: sono il loro padre."
Evie lo accoglie con un cenno del capo, Jacob si tocca appena la tesa
del cappello.
"Sì, ma non l'hanno mai conosciuta né vista,
signor. Frye."
"Avete trovato i Blighter?"
"In parte."
"Non possono piangere tutto il tempo."
Evie si siede, lasciando ciondolare le gambe oltre il bordo del tetto.
"Le consiglio di lasciarli fare, signor. Frye. Dividerli adesso
potrebbe creare un ulteriore trauma emotivo e renderli... inefficienti."
Jacob le si affianca, colpendola leggermente con la spalla.
"Greenie non è stato di grande aiuto; su questo nostro padre
aveva ragione."
Evie si massaggia le tempie, scoccandogli un'occhiata stanca.
"Manca totalmente d'istinto omicida: un gattino sarebbe più
pericoloso."
"Ha resistito tutti questi anni da solo, a Londra. In mezzo ai
Templari. Di questo devi dargliene atto."
Jacob si scrolla nelle spalle, liquidando la sua affermazione con un
gesto distratto della mano.
"So che non ti piace."
"Oh, al contrario: è così carino e gentile che
quasi mi dispiace per lui."
Evie si umetta le labbra, percependo il sarcasmo nella voce di suo
fratello.
"Non è facile."
Jacob le rivolge uno sguardo consapevole, serio.
"Siamo sempre stati noi due e basta." prosegue Evie, aprendo e
chiudendo le dita per togliersi il freddo dalle ossa.
Jacob tace, la ascolta - ed è in questi momenti che si
trovano, uguali, ancora raggomitolati l'uno nell'altro come nel ventre
di Cecily.
È in questi momenti che Jacob smette di ridere ed Evie di
disciplinarsi - di essere la figlia devota e lui il ribelle della
famiglia.
"Lo siamo ancora." mormora Jacob, nelle sue parole una vena angosciata
- spaventata.
Evie si volta, guardandolo - un viso che conosce, di cui può
ripercorrere ogni cicatrice, ogni spigolo.
Jacob deglutisce, china il capo - Londra enorme davanti a loro,
gigantesca.
Lo siamo ancora, Evie?
"Sempre."
"Cosa vuoi farne di loro, Ethan?"
"Un'arma."
"Sono bambini."
"Sono assassini."
"Potrebbero scegliere di essere qualcos'altro, ci hai mai pensato?"
"No."
"Ethan..."
"Insieme ricostruiranno ciò che abbiamo perduto; insieme
seguiranno il Credo, le sue leggi."
Insieme.
Evie accoglie il corpo di Jacob contro il proprio e respira.
4.
Non sono i primi, non saranno gli ultimi.
La storia è un terribile e blasfemo insieme di sangue e
carne - assassini, templari; fratelli, sorelle. Tutti ingranaggi di una
macchina senza fine, coda e testa di un serpente eterno, divoratore.
George si chiede se abbia fatto bene a tacere; se lo domanda nel cuore
della notte, quando le notizie delle rivolte a Londra si susseguono
come colpi di proiettile.
Ci pensa mentre si allena, quando mangia, persino prima di
addormentarsi.
"Non puoi dividerli."
"Come, prego?"
"Ho detto, non puoi dividerli."
Era stato lui a suggerirlo a Ethan; lui e nessun'altro.
"Hanno bisogno di provare le loro abilità anche da soli."
"Sì, ma non sarà mai una cosa definitiva."
"Oh, davvero? E perché mai, George?"
Inspira con forza, sfregandosi le mani tra loro - umide di sudore,
gelide.
"Li ho visti combattere, Ethan: sono più di una squadra.
Sono un corpo unico. Si muovono come se fossero la naturale estensione
l'uno dell'altro."
"Sono stati allenati per questo."
"Sì, ma..."
George scrolla il capo, apre la bocca, richiudendola subito dopo.
"Ti sei mai chiesto cosa potrebbe succedere se uno dei due dovesse
morire?"
Dispiega la lettera di Henry, rileggendola per la decima volta -
frugando tra le sue parole, i suoi dubbi.
Silenzio.
"Che cosa ho fatto?" mormora nel buio della cucina.
"Prega di non scoprirlo mai, Ethan Frye."
Libera un singulto strozzato, mordendosi l'interno della guancia per
non urlare - era fuori controllo, George; l'edificio ha preso fuoco e
nulla poteva fermarlo. Ci ho provato, ma è per questo che
adesso ho un occhio nero ed Evie dice che poteva andarmi decisamente
peggio...
"Non lascerò che Evie muoia."
"Lo so, Jacob, ma è un rischio dell'essere assassino."
"No."
"Jacob, la perdita fa parte della missione. Del Credo."
"Se lei muore, brucerò ogni cosa."
"So che vuoi bene a tua sorella, ed è giusto che sia
così, ma..."
Jacob aveva riso - un suono sgradevole, fuori posto sul viso di un
ragazzino di appena tredici anni.
"Bene?" aveva ripetuto, fissandolo come se avesse appena detto una
stronzata epocale.
George aveva aggrottato le sopracciglia, irritato da quell'improvviso
scoppio d'ilarità.
Ripiega il foglio, stropicciandolo poi tra le dita.
"Se Evie muore, la Confraternita viene con me."
Lo getta nelle fiamme del camino, osservandolo accartocciarsi in se
stesso e diventare null'altro che un pugno di cenere.
"Se Evie muore, tutti voi venite con me."
"Nulla è reale, tutto è lecito." sussurra al
buio; dalla sua memoria - tra i suoi ricordi - gli occhi di
Jacob Frye bruciano di un sentimento terribile.
Don't stop swaying, baby
you soothe my soul, and I stop searching
when I get lost in the rhythm
everything stops hurting.
Agnes ha visto tanti bambini abbandonati, dalle gambe gonfie e il capo
ormai glabro - gentile concessione del dover strisciare nei cunicoli
delle miniere.
Ha guardato nei loro occhi già vuoti, ascoltato parole
adulte - amare.
Ha rubato alle spalle di Kaylock per dar loro qualcosa - anche solo un
giorno in più.
Si rassetta la gonna, dandosi un colpetto sul fianco, dove la vecchia
anca continua a fare i capricci.
Appoggia la mano sul pomello della porta, ruotandolo - clack.
Agnes aggrotta le sopracciglia, interdetta; riprova, ottenendo sempre
lo stesso risultato.
Si fruga nelle tasche del grembiule quando la signorina Frye socchiude
la porta, fissandola.
Agnes nota lo sguardo attento, vigile; sbuffa, indicando la carrozza
alle sue spalle.
"È vuota." puntualizza, sul volto un cipiglio contrariato,
ruvido.
Evie continua a fissarla in silenzio, il viso ridotto a una lama di
pelle pallida e un solo occhio azzurro, teso.
"Il signor. Jacob dovrebbe smetterla di passare il suo tempo tra bische
clandestine e bordelli."
Evie persevera nel suo silenzio e Agnes non può fare a meno
di notare le dita contratte sullo stipite, la piega infastidita delle
labbra.
Agnes inspira con forza, sotto il braccio un cestino con quella che
avrebbe dovuto essere la loro colazione.
"Tutto bene, signorina Frye?"
"Notte lunga." le risponde Evie, quieta.
"Devo chiamare il signor. Green o qualcun altro?"
"No."
Agnes alza un sopracciglio, la redarguisce con la stessa espressione
che riservava ai bambini disobbedienti - e per un attimo Evie rivede
suo padre, la sua faccia contrariata, a volte triste.
"Ho preso il pane. E il tè che mi aveva chiesto."
Evie allunga la mano e si appoggia alla porta quando il treno affronta
una curva particolarmente lunga - a terra una massa confusa di vestiti
e armi.
Agnes le allunga il cestino, Evie segue il suo sguardo - irrigidisce la
linea della mandibola.
"Grazie." le dice, richiudendosi la porta alle spalle.
Agnes rimane ancora qualche minuto fuori dalla carrozza, abbozza un
sorriso furbo, di chi ne ha viste tante, belle e brutte.
"Ah, se il signor. Jacob avesse preso la metà del buonsenso
della signorina Frye. Ma che dico la metà, almeno un terzo
basterebbe." borbotta tra sé e sé, raccogliendosi
la gonna alle caviglie e rientrando nel proprio vagone.
Evie la ascolta allontarsi, voltandosi poi verso l'interno della stanza
e fissando il profilo addormentato di suo fratello - le lenzuola
arrotolate fino ai piedi, la bocca socchiusa.
Sotto la lingua il suo sapore è più forte della
vergogna.
5.
È l'unica cosa che ha conosciuto da sempre - fin da quando
erano nati a quattro minuti di distanza, le sue piccole dita strette
attorno la caviglia di Evie.
Non sa se sia possibile per un infante ricordare, ma lui saprebbe
riconoscere il suo odore tra mille, persino nel mezzo del mercato di
Crawley.
Abbiamo ucciso nostra madre, gli aveva detto una notte, fissandolo dal
fondo del letto.
Jacob si era stropicciato le palpebre, sei anni e un padre sconosciuto
nella stanza accanto.
Siamo assassini, il mormorio sfiatato, debole.
Evie aveva liberato un respiro tremulo, lungo le guance lacrime grosse,
pesanti.
Voglio tornare a casa, aveva confessato, ma dov'era casa?
Non più nella tenuta in campagna della nonna; non certamente
qui, a Crawley - dove loro padre li aveva cominciati ad addestrare e a
plasmare.
Jacob le blocca il montante sinistro, scarta quello destro - le
colpisce con il gomito il fianco, viene sorpreso da un calcio nella
coscia che gli fa quasi perdere l'equilibrio.
E nemmeno lui sa quando è iniziato tutto; quando Evie
è diventata di più, quando la rabbia e la
frustrazione e la colpa hanno parlato per loro - sangue tra i denti,
nella rena.
E lottano, Evie e Jacob; quindici anni e un groviglio di desideri che
mordono e affondano.
Vorrebbero ferirsi - farsi male, e soffocare qualsiasi cosa sia questo
- ma è come colpire se stessi, uno specchio che non fa altro
che ingannarli e dirgli che va tutto bene, che è normale,
che nulla è reale, tutto è lecito.
Jacob ansima, passandosi il dorso della mano sulla fronte - sul
sopracciglio un taglio profondo, che lascerà la cicatrice.
Evie assottiglia gli occhi, solleva i pugni chiusi - attorno
all'ombelico l'impronta violacea delle sue dita.
"Vuoi ancora tornare a casa, Evie?"
"No."
"Ti piace tanto Crawley?"
"No, idiota. Non è per quello."
Ma ci sei tu, e tanto basta.
Davanti a Ethan non sono altro che due ragazzini che stanno crescendo;
a volte confusi, altre spietati - arroganti.
Dentro, la forza dei loro sentimenti sta spaccando ogni regola del
Credo.
Don't stop swaying, baby
take it slow
and I keep yearning.
Oh.
"Fuori."
Henry apre la bocca per ribattere, Evie si volta, gelandolo sul posto.
"Ho detto fuori."
Green preme le labbra in una linea sottile, contraddetta.
Evie non arretra, schiude appena le dita della mano destra - un fruscio
delicato, metallico.
"Non sono stata abbastanza chiara?"
Ed è in questi momenti che Evie brucia - assomiglia
orrendamente a suo fratello.
Henry le riserva un'ultima occhiata delusa, sbattendosi la porta della
carrozza alle spalle - dietro di lui un vago sentore di patchouli e
sandalo.
Attorno a loro il ritmico rollio del treno, qualche civetta in caccia -
plic plic, plic plic; sangue e sconfitta.
Evie inclina il mento verso Jacob, sul viso troppo - microespressioni
che si rincorrono una dietro l'altra.
"Che cosa hai fatto, Jacob?"
Lo sguardo che le riserva spezza ogni resistenza.
6.
Si sveglia di soprassalto, guardandosi intorno disorientata.
"Sono io."
Evie sbatte le palpebre una, due volte: cerca di mettere a fuoco la
figura davanti a sé.
Jacob si fa spazio al suo fianco, raggomitolandosi contro la sua
schiena.
"Un altro incubo?"
Non risponde, appoggiandole entrambe le mani tra le scapole - fredde,
umide di sudore e adrenalina.
Evie si volta, cercandogli gli occhi nell'oscurità della
stanza.
Passeranno, vorrebbe dirgli, ma sarebbe una penosa bugia.
Ti abituerai, vorrebbe rassicurarlo, ma le parole si annodano sulla
lingua, morendo.
Evie sospira, nascondendo il viso contro il suo petto - due bambini che
la guerra ha appena reclamato per sé.
Le lacrime di Jacob sono anche le sue.
Again I fall
lighter than the morning dew (fresh)
'cause I always never knew
what I'm stumbling on.
Vorrebbe urlargli contro.
Vorrebbe vomitargli addosso tutta la rabbia che prova, tutto quello che
ha soffocato per anni - nostro padre aveva ragione! I tuoi metodi sono
terribili e sbagliati e...
"Nostro padre è morto!" grida più forte Jacob, il
volto una maschera di cenere e sangue.
Evie snuda i denti, puntandogli un dito contro.
"Ha dato fuoco a un cazzo di teatro, Jacob! Ha quasi ucciso centinaia
di persone innocenti."
Jacob scuote la testa come una bestia riottosa, tra i capelli brandelli
di legno e stoffa.
"Non avrebbe dovuto..."
"Tu non avresti dovuto fidarti di un uomo come Roth."
"Non mi fidavo." sibila lui, ferito "Credevo di poterlo controllare; di
avere una certa... influenza su di lui; un legame."
Evie arretra, quasi fosse stata colpita fisicamente.
Jacob le riserva uno sguardo astioso, furioso.
"Tu non c'eri, Evie."
"Non darmi la colpa." mormora lei, asciutta.
"Ma è la verità."
"Non sei più un bambino." mastica Evie, in gola un nodo
acido e pesante.
"Neppure tu." ribatte Jacob, gelido.
Evie accartoccia il viso in un'espressione confusa, in cui delusione e
impotenza si sovrappongono senza sosta.
"Perché, Jacob?"
Perché ci stai facendo questo?
"Perché cosa, sorella cara?" la deride lui, sfregandosi le
mani sui pantaloni sdruciti.
Evie si aggrappa agli insegnamenti di Ethan - mai lasciare che i
sentimenti compromettano la missione, mai. - ripete il Credo come un
mantra, una preghiera.
"Perché Roth? Ti avevo detto che..."
"Certo." bercia lui, la voce un timbro basso, gutturale "Tu dici
sempre, sorella. Tu; la migliore, la cocca di papà. Tu e il
Credo, tu e sempre tu."
Evie percepisce qualcosa strapparsi al centro del petto - tirare, e
sfilacciarsi tra le costole, srotolandosi fino alle viscere.
Si vede dargli le spalle, lasciandolo solo tra le proprie miserie.
Si osserva gettargli addosso poi la caraffa dell'acqua, la teira,
persino una sedia.
Lo studia mentre rimane immobile, lasciandosi colpire e ruggendo
qualcosa - forse un'altra sequela di insulti, forse ricordi.
Tu mi hai abbandonato, grida Evie.
Tu e sempre tu, ripete, saltandogli addosso e colpendolo in pieno viso.
E non bastava il senso di colpa, la devastante sensazione di essere nel
giusto nonostante tutto - una morale che a Londra aveva scoperto essere
così diversa, stretta per la loro pelle, le loro voglie.
Non bastava il desiderio a tenerla sveglia di notte, le infinite
menzogne che si raccontava ogni giorno nel far finta che fosse poco
più di un capriccio, una curiosità.
Non bastava guardare negli occhi Henry e non provare nulla -
né gioia né tristezza.
Niente era mai abbastanza per cancellare il suo sapore, la sua pelle.
Evie colpisce il pavimento vicino alla sua testa e Jacob osserva la
lama celata sfiorargli la tempia, ripetendo la traiettoia di una
vecchia ferita.
Nulla è reale, tutto è lecito.
"Un'ultima missione e poi sarà finita."
Jacob tace, fissandola - tutto improvvisamente troppo calmo, immobile.
"Ognuno per la sua strada." aggiunge, guardandolo negli occhi.
Jacob allunga le dita verso il suo viso, sfiorandole appena le guance -
umide, arrossate.
Evie inspira, seguendo i suoi movimenti - cauti, quasi avesse paura di
romperla.
"No." mormora lui, la rabbia adesso sostituita da una stanchezza
vecchia, pesante.
"Non prenderai la decisione per entrambi." prosegue, il suo respiro
sfiorarle la curva del collo.
Evie chiude gli occhi, premendo le labbra tra loro.
"Non più." sancisce, intrecciando le dita nei suoi capelli e
lasciando libero un sentimento sbagliato, contorto.
Evie ritrae la lama, aggrappandosi alle sue spalle come quando erano
piccoli e il mondo un posto oscuro e perverso.
Ma adesso è lì quell'oscurità:
è dentro di loro, artigliata al loro cuore, nel loro futuro.
"Mi hai lasciato, Jacob."
Mi hai abbandonato.
"Anche tu, Evie: anche tu."
E avrei lasciato bruciare Londra se non avessi temuto il tuo disprezzo.
L'alba li troverà ancora l'uno nelle braccia dell'altro.
7.
Quando avevano quattro anni Jacob le baciava sempre le palpebre prima
di andare a dormire - 'notte, Evie.
Quando ne avevano cinque prese la pessima abitudine di litigare per
ogni dolce che passasse la porta di casa, finendo per macchiarle ora
una guancia, ora le mani.
Rideva poi, Jacob, baciandola dove la cioccolata l'aveva sporcata e
porgendole metà di quello che aveva rubato dalla credenza.
A sei anni papà tornò nelle loro vite e nulla fu
più uguale a prima.
Dissero addio ai pigri pomeriggi passati in cucina a fissare le pentole
borbottare, alle mattinate in riva al lago e studiare i lucci sbucare a
pelo d'acqua.
Ho paura, Evie, le diceva ogni notte per i primi mesi a Crawley.
Non mi piace stare qui, aggiungeva, e allora gli baciava lei le
palpebre, accarezzandogli i capelli.
Ethan non vide mai la necessità di dare loro due stanze
separate: in fondo, nella Confraternita poco aveva importanza, se non
la missione e il mantello indossato.
Uomo, donna; il Credo univa, rendeva tutti uguali - assassini,
liberatori.
Quando chiudeva la porta alle sue spalle correvano l'uno nel letto
dell'altro, contandosi le ferite ancora aperte, quelle che sarebbero
diventate cicatrici.
A sette anni Jacob quasi perse un occhio perché non
riuscì a evitare un suo affondo, a otto lei
rischiò di compromettere per sempre la caviglia sinistra.
A nove non era rimasto molto di quei bambini che dondolavano i piedi
nell'erba alta e rincorrevano i grilli al tramonto - una scintilla
sopita, che covava sotto la cenere, tra i ricordi.
Evie scivola sotto le coperte, circondandogli la vita con le braccia.
Jacob si sporge verso di lei, baciandole le palpebre - un gesto
vecchio, confortante.
Hanno dieci anni - a tavola un augurio asciutto, spremuto fuori a
forza, quasi costasse a loro padre più fatica d'uccidere un
uomo.
Jacob solleva le ginocchia verso l'alto, racchiudendo Evie contro il
suo petto.
"Auguri, Evie."
"Auguri, Jacob." mormora lei, tirando fuori da sotto la camicia un
biscotto grande quanto la sua faccia.
Jacob alza un sopracciglio, divertito.
"Oh. La cocca di papà ha disobbedito alla regole?"
Evie lo addenta, scoccandogli un'occhiata beffarda.
"Lo mangio tutto io se non lo vuoi."
Jacob ride e morde l'altra metà.
Yo, sister
you sure heard me
singing in the rain for some love
you took me unaware.
Il mattino li accoglie seduti l'uno vicino l'altro, le dita intrecciate
tra loro e addosso ancora il sangue della notte.
Evie fissa il chiarore dell'alba sfiorarle la punta dello stivale,
Jacob segue il suo sguardo, rafforzando la presa attorno le sue dita.
"Non so cosa fare."
"Io sì."
Evie abbozza un sorriso stanco, guardandolo di sbieco.
"La fai facile, Jacob."
"Perché lo è."
Evie si chiede se non abbia ragione lui: se in fondo non abbia
importanza chi siano, ma cosa.
"Non sarebbe la prima volta che succede; neppure nella Confraternita."
Evie tace, ripete mentalmente tutti quei nomi - Altaïr
Ibn-La'Ahad, Ezio Auditore, Connor, Kassandra - sfoglia le pagine a
margine, quelle che la storia tende a non raccontare (a non volere
sapere).
"Lo so."
Jacob solleva lo sguardo verso di lei, il viso segnato da bave di
sangue coagulato e fuliggine.
Evie descrive piccoli cerchi con il pollice contro il palmo della sua
mano, assorta.
"Il Victorianum ci giudicherebbe una disgrazia."
Jacob libera un suono di gola, derisorio.
"Chiamano libertà il capitalismo e progresso la
schiavitù: l'ipocrisia del mondo non mi interessa, Evie."
Il sole avanza nel cielo, cercando di farsi strada tra le tende
socchiuse.
Jacob apre la bocca, richiudendola subito dopo.
"Sei mia sorella, Evie."
"E questo dovrebbe aiutarmi?"
"No."
Evie solleva di scatto la testa, fissandolo.
Jacob le rivolge uno sguardo serio, doloramente pieno.
"Henry mi ha chiesto di andare in India con lui."
"Lo so: vi ho sentiti."
Evie si morde il labbro inferiore, nel petto un calore acido, che le
ustiona la gola, le parole.
"Dovrei andarci."
"Dovresti."
"È una brava persona."
"Oh, lo è davvero il nostro Greenie, no? Un uomo perbene,
che chiede prima di entrare - con permesso, signorina Frye, posso..."
Evie lo attira a sé, cercandolo in un bacio scomposto,
disperato.
Tutto in lei grida e strappa e consuma e...
Jacob.
Sulla sua bocca la risposta giusta è sempre la stessa.
8.
Dicono che la prima volta di tutto si ricorda con una chiarezza
disarmante, quasi un fermo immagine.
Dicono che sia possibile rievocare l'odore che aleggiava nella stanza,
che clima c'era fuori dalla finestra, persino l'ora esatta.
Evie si era sempre considerata una persona con un'ottima memoria, ma
non avrebbe saputo dire con certezza quando aveva capito che Jacob era
di più.
Ricorda averlo raggiunto dopo una discussione particolarmente accesa
con loro padre, lungo il braccio un taglio trasversale e arrossato.
Ricorda le sue spalle contratte, l'improvvisa consapevolezza di aver
davanti un ragazzo, non più un bambino.
Ricorda di essersi sentita fuori posto con addosso nulla più
di una camicia spiegazzata - i capelli ancora umidi dopo il bagno e
nell'aria il primo respiro dell'estate dei loro tredici anni.
Papà lo fa per il nostro bene, gli aveva detto, quieta.
Jacob si era voltato, rivolgendole uno sguardo furibondo - contrariato.
Papà è uno stronzo, era stata la replica
stizzita, accompagnata da un dito medio.
Evie aveva inspirato con forza, tirando verso il basso l'orlo della
camicia - acutamente consapevole della propria pelle nuda, del respiro
di Jacob vicino al suo fianco.
Stai sanguinando, aveva aggiunto senza un vero perché -
tutto pur di smettere di sentire ogni rumore, ogni crepitio, persino lo
sfregare dei piedi di Jacob nell'erba.
Sì, be', lasciami qui a morire; ci metterò
qualche ora, ma almeno papà sarà contento, la
replica piccata.
Evie aveva scosso la testa, allungandosi verso di lui istintivamente.
Fammi vedere, aveva sospirato, toccandogli le costole per farlo
arretrare.
Ed era stato allora che Jacob si era come arrotolato, sgranando gli
occhi.
Evie l'aveva fissato, le dita sospese a mezz'aria e uno sguardo
interdetto - consapevole.
Lo senti anche tu, Jacob?
Il desiderio è una corrente che attraversa entrambi e
avvampa.
Said things to make me care
now, the time is ripe, and you're so good
ask me what I like, and I say.
Siamo nati insieme, moriremo insieme, le aveva detto la notte
precedente la loro prima missione.
E non era da Jacob motteggiare parole così serie - non dal
Jacob che tutti conoscevano.
Evie gli aveva sorriso, puntandogli l'indice contro.
Il posto in prima fila è mio, fratello, aveva proclamato tra
il serio e il faceto; vederti morire non è uno spettacolo a
cui vorrei mai assistere.
Sfidavano la morte e la irridevano ogni volta che si nascondevano
nell'ombra, che si lanciavano da un tetto all'altro, che sfoderavano la
lama e respiravano e si preparavano a colpire e affondavano e...
"Evie." la chiama - la supplica.
"Evie." ripete - una preghiera, un desiderio.
"Te lo concedo, ma subito dopo toccherà a me."
"Non dire stupidaggini, Jacob: la Confraternita..."
"Non mi interessa."
Evie reclina il capo all'indietro, accoglie la sua lingua nella piega
del collo, tra i seni.
"Jacob..."
"No."
E dovrebbe fare male; almeno un po'.
Un atto del genere dovrebbe essere accompagnato da una punizione
esemplare - da un dolore fisico terribile, che incida nella pelle tutto
il suo orrore.
Jacob morde, un corpo caldo che brucia sotto le sue mani - per lei.
"La Confraternita avrà sempre bisogno di uno di noi."
"Che sia tu allora la favorita al ruolo di Mentore, sorella."
Evie percepisce la voglia farsi liquida, seguire le dita di Jacob lungo
l'addome, tra le cosce - strapparle più di un gemito e
liberarla.
E sono un groviglio di pelle sporca d'entrambi, sangue e mormorii privi
di vergogna - adesso, Jacob: continua, non ti fermare.
Sono un complimento sussurrato a mezza bocca mentre gli preme i talloni
nella schiena - sei bellissima - e lo accoglie con una
facilità imbarazzante, familiare.
Sono una confessione e una resa - una richiesta e una condanna.
Sono un ammasso indistinto di sapori e odori: colori che hanno le
stesse sfumature - le stesse, tragiche, linee sbavate di sangue e
altro.
"Non morire, fratello."
Sono un momento assoluto come la loro vita - un tutto che assorda,
spegnendosi in un orgasmo che li lascia morbidi l'uno nelle braccia
dell'altro, uniti.
"Non farlo tu per prima, sorella."
Jacob nasconde il viso tra i suoi capelli, singhiozza una sola parola -
resta.
"Una corsa fino al treno?"
"Chi arriva prima paga da bere!"
Evie ascolta il proprio cuore battere all'unisono con il suo - siamo
nati insieme - si chiude attorno a lui come una promessa - moriremo
insieme.
Arrendersi non le è mai parso più naturale di
adesso.
9.
Non c'è rifugio nelle parole del Credo, salvezza.
Evie le rilegge fino a quando non le fanno male gli occhi; fino a
quando non sente il rumore della finestra aprirsi e il profilo di Jacob
comparire nell'ombra.
Tump.
"Papà è già sveglio."
Jacob inclina il viso verso di lei, distante.
"Anche tu."
Evie preme le labbra in una linea sottile - che la tua lama non tocchi
mai la carne di un innocente - rafforzando la presa sui margini del
libro.
"O non sei neppure andata a letto?"
"Ci sono sdraiata sopra al mio letto, Jacob."
"Sai cosa intendo."
Jacob si siede sui talloni, addosso l'odore del fumo e un retrogusto
acido di orchidea.
"E quello non è il tuo letto." puntualizza, quieto - troppo.
Evie dilata appena le narici - nasconditi in piena vista - ignorandolo.
Jacob schiocca la lingua contro il palato ed Evie è sicura
di potere sentire quel suono gocciolare sarcasmo.
"Non ti lamentare poi se ti ritrovi le coperte sporche di fango: i
tetti ne sono pieni." le dice, buttandosi sul suo letto, appoggiando
entrambi gli stivali sul fondo.
Evie chiude di scatto il libro - mai compromettere la Confraternita -
fissandolo con uno sguardo pieno di rabbia.
"Dove sei stato?"
"In città."
"Potevi avvisarmi."
Jacob si volta e nei suoi occhi c'è la sua stessa nota
rabbiosa.
"Certo: così l'avresti detto a papà e io mi sarei
ritrovato in punizione. Di nuovo."
"Sta solo cercando di renderci dei bravi assassini: di non farci
ammazzare sul campo."
"Stronzate."
Evie si alza, azzerando la distanza che li separa.
"A te non importa mai di niente, nemmeno di me."
Jacob solleva lo sguardo, sul viso un'espressione neutra,
impenetrabile.
"Non mi ascolti e fai sempre come ti pare."
"Nulla è reale, tutto è lecito: lo diceva anche
il buon vecchio Altaïr, no?" le ribatte lui, indicando il
libro abbandonato sulle lenzuola.
Evie lo colpisce dritto nello stomaco ancora prima che abbia il tempo
di pensare - di fermarsi.
"Sei uno stronzo."
Jacob si alza di scatto, snudando i denti.
"E tu così piena di te stessa e del Credo da non vedere
più in là del tuo naso."
"Io vedo tutto, idiota: tutto." rimarca lei, unendo l'indice con il
pollice.
Jacob ride - un suono a metà tra il divertito e il crudele.
Evie non arretra quando allunga le dita verso la sua nuca e
lì le lascia, fissandola con un'intensità
dolente, quasi malinconica.
"Avrai anche il dono della Vista, sorella, ma certe cose devi prima
ammettere esistano per vederle."
Evie apre la bocca, non sa cosa rispondere - nella mente i dubbi di
Auditore, la fatica di Altaïr, le parole di Kenway.
"Oh, Ah Tabai: se nulla è reale, perché credere
in qualcosa? Se tutto è lecito, perché non
inseguire ogni desiderio?"
I passi di Ethan spengono ogni altra possibilità.
Don't stop swaying, baby
you soothe my soul, and I stop searching
when I get lost in the rhythm
everything stops hurting.
Evie lo studia con attenzione, scivolando su ogni cicatrice, ogni
avvallamento.
"Questa me la ricordo." gli dice, fermandosi poco sotto il ginocchio
"Avevi quattro anni e sei caduto dallo sgabello in cucina."
Jacob arcua appena un angolo delle labbra, inarcandosi sotto le sue
mani - rilassato.
"Volevo i biscotti alla cannella."
"Volevi i biscotti alla cannella." ripete lui, quieto.
Evie prosegue la sua esplorazione, riservandogli un interesse vivo,
curioso.
"Se non fossi rotolato in tempo di lato questa..." aggiunge lei,
percorrendo con l'indice un cordolo biancastro che lo taglia
dall'ombelico fino le prime costole "ti sarebbe costata la vita."
Jacob socchiude gli occhi, liberando un hum di gola, soddisfatto.
Evie imbroncia le labbra, punzecchiandolo ripetutamente.
"Ahia." ribatte lui, scostandosi appena - fintamente ferito.
"Ho pensato saresti morto."
"Come sei premurosa."
"Non sto scherzando."
"Nemmeno io." mormora Jacob, inclinando il viso verso di lei.
Evie lo fissa per qualche minuto, sorprendendosi della propria totale
assenza di imbarazzo - di come sia naturale toccarlo ed essere nuda
davanti a lui.
"Potremmo morire domani."
Jacob allunga le dita verso la sua guancia, prendendole il mento tra il
pollice e l'indice.
"Anche stasera, sorella."
Evie gli afferra il polso, reclinando il viso nel palmo della sua mano.
"Sei tu quello positivo della famiglia; io quella che risolve i
problemi, ricordi?"
Jacob si curva verso di lei ed Evie si ritrova ancora una volta stupita
da quanto sia facile baciarlo e lasciare che le schiuda le cosce,
accettare un sentimento di cui aveva solo letto nei libri, che non
poteva esistere - non tra loro due.
Evie gli cerca gli occhi - gli stessi che aveva conosciuto da sempre.
"Ma la cosa più importante è che il Credo non
è unico, Evie, ma due cose opposte e simultanee nello stesso
tempo."
Uccidere per perseguire la pace.
Inseguire la conoscenza per chiedere obbedienza alla regole.
Svelare il pericolo di una fede cieca pur abbracciandola per primi.
"Chiami giusto ciò che i Templari chiamano sbagliato; chi ha
ragione allora, Evie? Noi o l'altro lato della storia? E come lo
decidiamo? Con il lancio di una moneta?"
Jacob le preme le mani tra le scapole, spingendola verso il proprio
petto - e affonda, Evie, lascia che la realtà si scomponga,
diventando mille e nessuna.
Nulla è reale, tutto è lecito.
Chiama il suo nome, lo accoglie in sé - umida, ancora sporca
d'entrambi.
Sulla sua bocca le risposte non sono mai sembrate più
semplici.
10.
Li guarda mangiare in silenzio; nessun battibecco, nessuna replica
sarcastica.
Evie taglia il pollo in pezzi sempre più piccoli, Jacob
mastica e mastica e mastica e sembra voler esplodere, fuggire dalla
cucina come un proiettile.
Ethan beve un sorso d'acqua, fissandoli da dietro il bordo del
bicchiere.
"Come è andato l'allenamento?"
"Bene." dicono all'unisono, neutri - troppo.
"George dice che scopri il fianco sinistro quando attacchi."
Evie sposta la carne qua e là per il piatto, tace.
"E tu che invece ignori completamente i rudimenti della difesa."
Jacob deglutisce, scoccandogli un'occhiata in tralice.
Ethan alza un sopracciglio, per nulla impressionato.
"Là fuori queste due cose possono fare la differenza tra la
vita e la morte."
Evie apre la bocca, richiudendola subito dopo - le labbra premute in
una linea biancastra, tesa.
Jacob scosta la sedia da tavolo, lasciando metà della sua
cena nel piatto.
Ethan vorrebbe dire qualcosa - qualsiasi - ma il singulto di Evie lo
distrae dai suoi intenti.
Le rivolge uno sguardo perplesso, indagatore.
"Mi sono andate di traverso le carote." bofonchia, alzandosi anche lei.
"Vado a dormire; sono stanca." aggiunge, raccogliendo i piatti e
svuotandoli.
Ethan inspira con forza, quel cosa c'è? Puoi parlarmente,
Evie. Anche tu, Jacob schiacciato in gola, aggrappato alle sue corde
vocali come un parassita.
Senza Cecily si scopre un uomo intrappolato in se stesso.
Don't stop swaying, baby
take it slow
and I keep yearning.
Qualcosa si è rotto; qualcosa è cambiato.
La tensione della notte precedente sembra essersi dissipata, ma attorno
ai gemelli Frye vi è adesso una consistenza nuova, densa.
Impenetrabile.
Henry scorre tra le pagine di Lucy Thorne, scivola con l'indice lungo
le note a margine di Evie, dalle quali emerge il ritratto di una donna
appassionata, pericolosa.
Ed eccola di nuovo quella sensazione - crepitante, strisciante.
Si fa strada lungo la sua pelle, facendogliela accapponare - qualcuno
cammina sulla tua tomba, Jayadeep.
Henry solleva lo sguardo, li guarda - Jacob con i piedi sulla scrivania
e la tesa del cappello a coprirgli il viso; Evie flessa in avanti,
sulla mappa di Londra e i probabili nascondigli di Starrick.
Ed è una scena normale; innocente.
È un'immagine nitida, che non può nascondere
nulla - né ombre, né segreti.
Allora perché Jacob tace, e non li sbeffeggia per le loro
ricerche?
Evie ruota la mappa, Henry sposta lo sguardo su Jacob - da
quanto lo sta fissando?
Ha occhi freddi, Jacob; non sono azzurri come quelli di sua sorella, ma
possiedono una sfumatura ambrata capace di farlo assomigliare a un
rapace in caccia.
Un'aquila che ha appena trovato la sua preda.
Sanno ridere, quegli occhi, ma la maggior parte delle volte che se li
è ritrovati addosso erano scostanti, blandamente irritati.
"Dovrò tornare a fare visita a Lucy Thorne." mormora Evie,
sospirando.
Henry si schiarisce la voce, Jacob sorride - snuda i denti.
"Vengo con te." le dice, alzandosi e stiracchiandosi all'indietro.
Evie annuisce con un cenno del capo, indossa il guanto, infilando la
pistola nella fondina.
"Io cercherò di procurarmi un invito per il ballo a
Buckingham Palace." aggiunge Henry, zelante.
Jacob indossa il lungo cappotto scuro, ridacchiando.
"Ottima idea, Greenie."
"Cerca di non combinare altri disastri." lo riprende lui, in bilico tra
la confusione e il fastidio.
Jacob lo guarda da sopra la spalla, sul fondo della pupilla una
scintilla strana - così seria da fargli passare ogni voglia
di ribattere.
Evie gli tocca appena il gomito, sussurrandogli qualcosa a mezza bocca.
Jacob lo fissa ancora qualche secondo, voltandosi e incamminandosi poi
verso la fine della carrozza.
Gli occhi di Evie sono pieni dello stesso, pesante, silenzio.
11.
C'è un momento prima di saltare in cui ti chiedi e se?
C'è un istante - un respiro - in cui i tuoi piedi si
staccano dal suolo e volano, e tu ti ritrovi lì, sospeso
metri da terra a domandarti e se?
E se mancassi la presa? E se cadessi? E se...?
In quello spazio Evie ha sempre scacciato il dubbio con il Credo - con
una memoria fisica e muscolare.
Corri, preparati, flettiti, salta.
Ed eccoti tutta intera dall'altra parte del mondo.
Evie fissa il fondo di Londra dal ciglio del tetto, aprendo e chiudendo
le mani in pugni chiusi.
"Credo che Greenie sospetti qualcosa."
Si umetta le labbra, le strade arrotolarsi in loro stesse, diventare un
confuso ammasso di catrame e voci.
"O meglio: che abbia percepito che qualcosa è cambiato."
Una prostituta si sistema sotto la gonna rossa e gialla - sputa per
terra, scaldandosi attorno a un fuoco improvvisato.
"Non gli piace: posso sentirlo anche senza i sensi dell'aquila."
Evie socchiude la bocca, tra i denti l'aria gelida della
città - sotto la lingua un retrogusto di fumo e pioggia.
"Ma è troppo onesto per arrivare a capire di noi."
Di come abbiamo sempre sanguinato l'uno per l'altro, chiamato i nostri
nomi nel mezzo della notte - soffocato il nostro orgasmo e dio, quanto
eri bella mentre mi mordevi le dita e venivi e...
Evie sussulta, colta di sorpresa dalla mano di Jacob nella propria.
"Non farlo mai più."
"Evie..."
"No. Non saltare mai più senza di me."
"Volevo solo dimostrare a nostro padre di esserne in grado."
"Due centimetri più a destra e saresti morto, Jacob."
Jacob le rivolge uno sguardo morbido, comprensivo.
"Tu e le tue regole, Evie; il Credo un giorno ti ucciderà."
"La casa di Kenway è vuota."
Evie solleva il viso verso il suo, combattuta - sempre la prima della
classe, la brava ragazza ligia al dovere, la cocca di papà.
Non stamattina, quando l'ha svegliato con la bocca tra le cosce.
Non la notte prima, quando si è piegata per lui - a lui.
Non quando gli chiede di farle male, di distruggere la gabbia che lei
stessa si era creata - l'eredità di loro padre un fardello
pesante, un lignaggio greve.
Jacob le sorride, coprendosi il capo con il cappuccio e facendo
altrettanto con Evie.
"Come faremo se qualcuno dovesse scoprirlo?"
"Diremo la verità."
"Jacob, non... non lo accetterano mai."
"Ai tempi di Bayek era pratica comune: rinnegheranno persino uno dei
loro fondatori?"
"Sei pronta?"
Evie inspira, Jacob allarga le braccia - salta, e lei con lui.
"Cosa c'è di sbagliato in noi?"
"Niente."
Mentre rimangono sospesi sopra al niente, Evie si rende conto che
cadere adesso fa un po' meno paura.
Don't stop swaying, baby
you soothe my soul, and I stop searching
when I get lost in the rhythm
everything stops hurting.
Soldatini della storia, ostaggi delle sue leggi - della sua inesorabile
ruota.
Lucy Thorne indossa la croce templare come una medaglia - ride, e le
cammina intorno con calma, senza fretta.
"Evie Frye." motteggia, allargando le braccia.
"A cosa devo l'onore?" prosegue, sollevando il mento in un gesto
beffardo.
Evie si flette leggermente sulle cosce, tra le dita la confortante
presenza della lama celata - il suo Credo.
"La collana."
"Oh, questa." mormora Lucy, sollevando fili d'argento e quarzo latteo.
Evie indurisce lo sguardo, Lucy smette di sorridere - chiude la mano in
un pugno chiuso.
"Tutto questo potere; questo mare di infinite possibilità e
nessuno abbastanza coraggioso da usarlo."
"Nessuno dovrebbe possederlo." ribatte Evie, attenta.
Lucy aggrotta le sopracciglia, sinceramente perplessa.
"Suggerisci quindi di lasciarlo lì dove si trova? Di
permettere all'umanità di continuare ad ammazzarsi a vicenda
e piangere poi miseria e fallimento?"
"Non sta a noi decidere."
Lucy si ferma, fissandola.
"Eppure eccoti qui, Evie Frye; a decidere chi di noi due debba avere un
pezzo di Eden."
Evie scatta, Lucy è più veloce, infrangendo la
vetrata della cattedrale e gettandosi nel vuoto.
"Che differenza c'è allora tra noi e loro, sorella? Lo
decide il lancio di una moneta?"
Il dubbio si annida tra i suoi pensieri e mastica.
12.
"Io credo tu lo faccia apposta."
Evie inspira, espira - il capo incassato tra le spalle, le mani strette
attorno i bordi del lavabo.
"A mettermi in imbarazzo, intendo."
Digrigna i denti, il sudore una patina gelida lungo la schiena, sulla
pelle.
"La fottuta perfetta e coscienziosa Evie Frye."
Si volta, scoccandogli un'occhiata furiosa - selvatica.
"Non lusingarti tanto, Jacob: quello faccio va al di là
della tua comprensione."
Jacob incrocia le braccia al petto, appoggiandosi allo stipite della
porta.
"Oh, ed eccola di nuovo quella nota arrogante e supponente."
"Cosa vuoi?" sibila lei, deglutendo a fatica - la lingua asciutta,
piena di parole aggrovigliate e sbagliate.
Jacob si scrolla nelle spalle, sul viso un sorriso derisorio -
frustrato.
"Io niente."
"Stronzate."
"Evie Frye! Pensavo papà ti avesse insegnato a non usare un
linguaggio scurrile."
"Pensavo avessi imparato ad accendere il cervello prima di usare i
pugni."
Jacob si porta una mano al petto, schiudendo la bocca in una o
esagerata.
"Così mi ferisci."
Evie lo studia per qualche minuto - fuori i primi fiocchi di neve
dell'inverno, dentro la stessa stanza che avevano condiviso da sempre.
"A te non importa nulla della Confraternita."
Jacob non risponde, continua a fissarla in silenzio.
"Non te ne frega un cazzo del Credo, degli insegnamenti di
papà."
Jacob non cambia posizione, tace - dal piano di sotto il quieto
crepitare del fuoco, la porta dello studio di Ethan che si chiude.
Evie lo guarda, negli occhi una scintilla delusa, supplice.
"Io cerco solo di essere brava." mormora, quieta "Di non sbagliare e di
non..."
Di essere abbastanza per entrambi.
Jacob inclina il capo verso destra in un movimento incuriosito -
attento.
"Nostro padre non ti amerà di più
perché gli obbedisci come un cagnolino."
Evie scuote la testa, arretrando.
"Ci ha abbandonati."
"Sì, ma..."
Jacob sbatte la mano contro il muro, improvvisamente vicino - a un
respiro dal suo.
"Perché hai tanto bisogno di compiacerlo? È
davvero questo che vuoi? Essere come lui?"
Evie preme le labbra in una linea sottile, raddrizzando le spalle -
fronteggiando un profilo uguale al suo.
"Non si tratta solo di noi, Jacob."
Jacob alza un sopracciglio, chinandosi verso di lei.
"E invece sì, Evie; non si è mai trattato
d'altro."
Evie gli punta l'indice contro, snudando i denti.
"E tu, fratello? Tutto quello che fai è per opposizione a
papà." mastica, acida "Non sei poi così diverso
da me."
Jacob la fissa con un'intensità spaventosa, frugando nel suo
viso, non lasciandole alcuna via di fuga.
"L'amore non si supplica, Evie." le dice poi, nella voce una nota tesa,
forzata "Né si guadagna. Alcune volte c'è e
basta."
E quello di papà è morto con nostra madre.
"Non scambiare mai il senso di dovere con qualcos'altro." conclude,
allontanandosi lentamente - scivolando via da lei come un'ombra.
Anni dopo Evie si renderà conto che Jacob aveva
semplicemente accettato la verità molto prima di lei.
Don't stop swaying, baby
Oh
And the Sun goes down
Don't stop swaying, baby.
I Rook sono una realtà confusa e rumorosa; infrangono
boccali di birra sul bancone, ridono, e nel mezzo Evie si sente
piccola, fuori posto.
Sono anche tuoi, le aveva detto Jacob, ma i Rook erano una chiara
estensione di suo fratello - chiassosi, dalle nocche sbucciate e il
sangue caldo.
Si rigira il bicchiere tra le dita, quieta - un profilo pallido, in cui
l'unica nota di colore sono un pugno di lentiggini sugli zigomi.
Uno dei Rook spacca una sedia sulla schiena di un altro, ma
è tutto un gioco per loro e ben presto si risolve in un
groviglio di risate e battute di dubbio gusto.
Evie getta un'occhiata distratta alla sua sinistra, nota come alcuni la
guardino un po' interdetti, persino dubbiosi.
Sa quale dovrebbe essere la sua condizione in un'epoca come questa:
l'ha studiata.
Beve un sorso d'assenzio, lasciando che le bruci la gola, il petto.
"Signorina Frye: lei ha una tale passione per la missione e il Credo."
Non è stupida; non fino a quel punto.
"Evie... posso chiamarla Evie, vero signorina Frye?"
Finisce in un colpo solo il suo bicchiere, ne ordina un secondo -
scivola con lo sguardo sulle cameriere dai vestiti stropicciati e il
trucco pesante.
"Sono tulipani rossi, Evie: ti piacciono?"
Clink.
Evie sbatte le palpebre, fissando il liquido incolore - ci aggiunge una
zolletta di zucchero, ruotando il fondo del bicchiere
affinché si sciolga più in fretta.
"L'India è un posto bellissimo in primavera; lo è
sempre, ma credo di essere un po' di parte nel dirlo."
Tump.
Un'ombra si allunga sul tavolo, silenziosa.
Evie solleva lo sguardo, incontra quello di Jacob.
"Greenie si è innamorato, uhm?"
Ruota la sedia, appoggiandosi con le braccia incrociate allo schienale
- le dita fasciate e dalle quale fioriscono ancora gocce di sangue.
"Mi ha chiesto di andare in India con lui quando tutto sarà
finito."
Uno dei Rook sale sul bancone, intonando fuori tempo una canzone -
Come into the Garden, Maud, di Alfred Lord Tennyson - alcuni fischiano,
altri lo seguono.
"Perché no? Non ho mai visto una tigre."
Evie inspira con forza, lo fissa - the brief night goes in
babble and revel and wine. O young lordlover, what sighs are those for
one that will never be thine? But mine, but mine - Jacob le restituisce
un sorriso sbilenco, in cui l'affetto si mescola a qualcosa di
più crudo.
"Mi ha chiesto di sposarlo. Non subito, ma di pensarci almeno."
Jacob le percorre il braccio con la punta delle dita, intorno a loro
fumo e alcol - le risate sguaiate dei Rook e quelle sottili delle
puttane di strada.
"Sempre un galantuomo il nostro Greenie."
Evie beve l'assenzio in un unico sorso, schioccando la lingua contro il
palato.
Una risata a metà, ruvida.
Jacob si china verso di lei, appoggiandole il mento sulla spalla e
sospirando - dietro di loro il rumore del legno spezzato e il tintinnio
dei bicchieri che vengono riempiti.
"Lui sì che sa come trattare una donna, uhm?"
Evie intreccia le dita nei suoi capelli, accarezzandogli la nuca - oh,
gli inarrestabili gemelli Frye; stessa altezza, stesso sorriso
diabolico - chiudendo gli occhi quando sente le sue labbra sfiorarle la
curva del collo.
"Moglie. Madre. È questo il ruolo che vuoi per te, sorella?"
Il rullio delle voci dei Rook cresce, Jacob la chiude in un abbraccio
impaziente, intimo.
Evie si abbandona contro il suo corpo e lo stringe a sé fino
a quando non sono di nuovo uno.
13.
Adesso lo sa.
Lo sente.
Nell'arena il sangue ruggisce, il respiro si accorcia - diventi
null'altro che muscoli e pelle.
Jacob si abbassa di scatto, ruota, togliendo il piede d'appoggio al suo
avversario - Topping fischia, battendo le mani in aria.
"Signori! Chi vuole scommettere contro l'impavido Jacob Frye?" grida,
scuotendosi come un pupazzo a molla.
La folla urla, nelle orecchie il cupo rullio del proprio cuore,
giù per la gola sabbia e sangue.
E lo sente anche lei.
L'altro uomo - un certo Ridley, se ricorda bene la presentazione - gli
sfiora il fianco con il pugno sinistro, riesce a caricare il montante
destro, spezzandogli l'ultima costola.
"Ooooh, signori; abbiamo forse trovato colui che metterà al
tappeto Jacob Frye?"
Ridley sposta il peso da un piede all'altro, Jacob ne valuta i punti di
forza - la massa, il peso - quelli deboli - una cicatrice sul ginocchio
(rotto più volte), la lentezza.
Jacob snuda i denti, libero solo quando i muscoli bruciano, la mente si
spegne - tutto diventa caccia e brutalità.
Confessare non è sufficiente. Bisogna anche comprendere; su
questo suo padre aveva ragione.
Evie lo fissa dal punto più lontano della rena, un profilo
in equilibrio tra luce e ombra.
Tra desiderio e paura.
Jacob descrive un semi cerchio con il piede, salta - crack: l'osso
zigomatico, due molari, un incisivo.
Ridley perde l'equilibrio, arretra - primo affondo al ginocchio
già malandato, secondo sotto il mento, a estinguere ogni
pretesa di reazione.
"Jacob Frye! Sfortunato chi ha scommesso contro di te!" giubila
Topping, un ometto nervoso e dalle dita veloci.
La follia diventa un tumulto di voci e rumori, nelle sue orecchie il
suono accelerato del proprio respiro - a inguine una tensione scomoda,
che il combattimento ha solo peggiorato.
Jacob solleva lo sguardo, la vede - un fruscio tra gli astanti,
invisibile.
Gli occhi di Evie non lo abbandonano per un solo istante.
Hansel and Gretel are holding hands deep in the forest.
They are lost.
This is their own story.
"C'è sempre stato." gli dice quando sta ormai per scivolare
nel sonno.
"Questo." specifica, indicando prima se stessa e poi lui.
Jacob socchiude gli occhi, sul soffitto rincorrersi ombre e riflessi
della notte.
Evie lo studia in silenzio, le gambe incrociate tra loro e addosso
nulla tranne lui.
"Ci ho pensato."
Jacob tace, inclinando appena il mento nella sua direzione.
"Vorrei poter dire che ricordo quando è iniziato, ma sarebbe
una bugia."
"Evie Frye che ammette di non ricordare qualcosa: devo segnarmi la data
sul calendario."
Evie aggrotta le sopracciglia, gettandogli addosso il cuscino.
Jacob abbozza un sorriso a metà, afferrandolo al volo e
mettendoselo sotto la testa.
"Grazie: ne avevo proprio bisogno."
"È il mio." ribatte lei, petulante.
"Ah. Era il tuo."
"Sei un mostro."
Jacob ridacchia, afferrandola per la vita e trascinandola
giù con lui - guadagnandosi una gomitata tra le costole e
uno squittio molto poco minaccioso.
Per alcuni minuti rimangono così, in silenzio: cullati dal
respiro l'uno dell'altro, dal rollio quieto della locomotiva.
"Neppure io." mormora all'improvviso Jacob "Non ricordo quando
è iniziato: credo sia cresciuto con noi, Evie."
Evie si volta, appoggiandogli una mano sulla guancia.
"Non va bene."
Jacob schiocca la lingua contro il palato, emette un suono contraddetto
- blandamente irritato.
"È un po' troppo tardi per i ripensamenti, non credi?"
Evie segue con la punta dell'indice le cicatrici che gli percorrono il
petto, si ferma attorno al tatuaggio di un corvo.
Jacob le percorre la rotondità del seno con le dita, la
percepisce inciampare nel suo stesso respiro - fermarsi, guardandolo.
"Sai cosa intendevo."
"No."
Evie preme le labbra tra loro, alzando un sopracciglio.
"Sei stupido, Jacob Frye, ma non così tanto."
Jacob le sfiora con il pollice il capezzolo, osservando la sua pupilla
dilatarsi - qualcosa tornare a galla, famelico.
"E dire che hai sempre così tanto da parlare con Greenie,
sorella. Sei così eloquente quando vuoi."
Evie snuda i denti, si mostra a lui per quella che è - non
la ragazzina caduta fuori da Crawley e nemmeno l'assassina figlia di
Ethan Frye.
"Oh, allora è questo che ti fa arrabbiare, uhm?"
"Affatto."
Evie si allunga contro il suo corpo finché non
c'è nulla a dividerli - né vergogna né
colpa.
"Se andassi in India con lui mi fermeresti?"
Jacob le percorre la curva del collo con le labbra, morde - le strappa
un gemito sorpreso.
"Se accettassi la proposta e diventassi sua moglie, cosa faresti?"
Jacob sfrega i denti contro la sua pelle, schiudendole le cosce con un
ginocchio - libera un suono soffocato, che assomiglia a un lamento.
"Se ti dicessi che lo amo e che può concedermi una vita
onesta, cosa diresti, fratello?"
Jacob si scosta da lei quanto basta per guardarla negli occhi, sul viso
un'espressione feroce, che le ricorda quella di un lupo all'angolo.
"Che nulla di noi è onesto, Evie; ma questo non lo rende
meno autentico."
Evie lo fissa in silenzio, i loro profili tagliati dalla luce di una
luna nitida, piena.
"Jacob Frye; allora ascoltavi durante le lezioni di filosofia." mormora
poi sulla sua bocca, sorridendo.
"Sempre a sottovalutarmi." sussurra lui, spingendosi in lei -
accartocciando l'immagine di Evie con Greenie in India mentre lo bacia
e lo chiama e viene e...
Jacob.
La gelosia si spegne tra le sue cosce e nel suo nome.
14.
Londra avrebbe dovuto liberarla.
Londra avrebbe dovuto distrarla.
Londra l'aveva invece inghiottita, rendendola acutamente cosciente del
respiro di Jacob nella carrozza accanto, del suo odore che ormai
permeava ogni oggetto nella stanza.
Si chiama Bertha, aveva detto Agnes; è una buona locomotiva.
Non ha mai mancato una stazione e corre veloce.
Evie si era guardata intorno, notando subito gli spazi ristretti, ben
più ridotti di quelli a Crawley.
Prendo il divano, era stata la decisione di Jacob; tu puoi tenere il
letto.
Evie si era limitata ad annuire, metà di sé
già alla ricerca del frammento dell'Eden, l'altra
intrappolata tra i propri desideri - annaspante.
Henry Green si era rivelato un uomo gentile, attento: acuto di mente e
capace di pensare su lungo tempo - un sopravvissuto ai Templari e alla
loro egida.
Greenie, Greenie, l'aveva subito canzonato Jacob; sono sicuro che tu
puoi tutto, Greenie.
Evie ne era stata irritata, ma sotto, negli strati più
nascosti di sé aveva riso - sogghignato nello stesso modo in
cui Lucy Thorne aveva accolto le sue pretese di giustizia.
Non è il suo nome, gli aveva detto.
Greenie? Ma è così carino per un uomo come lui,
era stata la replica.
Cortese, intendevi dire?, si era piccata Evie - ed eccola di nuovo
quella risata sguaiata, uguale alla sua.
Jacob le aveva rivolto uno sguardo divertito, fissandola con una forza
spaventosa - ed Evie si era sentita nuda dinnanzi a lui, come quando
avevano dieci anni e completavano l'uno le frasi dell'altro.
Sai bene cosa intendevo, sorella cara, si era congedato baciandola su
una guancia.
Evie aveva contratto la linea delle spalle, quella della mandibola -
nello specchio il riflesso di una donna combattuta, divisa.
Jacob aveva sorriso, indugiando qualche secondo al suo fianco.
Ci si vede in giro, Evie.
Evie si scopre perdere un pezzo dopo l'altro.
The two have fallen in love, and so,
after a long quietness amidst the creatures of the night,
they begin to kiss.
Come può essere così facile dimenticare che
è sua sorella?
Oppure è proprio per questo che è
così, orrendamente, semplice?
Jacob ama definirsi un uomo lineare; segue un principio basilare di
azione e reazione - offesa e risposta.
Si perde tra i capelli di Evie, incantato dal modo in cui si tende per
lui - abbandona ogni pretesa e geme, morbida, umida.
Ed è un profilo diverso, selvatico: che ricorda aver
intravisto nel mezzo dell'agone della lotta, quando il sangue grondava
e nell'aria il lezzo del metallo era così forte da
stordirti.
Non erano sparuti uccellini, ma predatori ed entrambi bruciavano dello
stesso fuoco - una scintilla che aveva spinto Jacob a un estremo, Evie
all'altro.
"Non hai mai pensato, nemmeno per un secondo, che fosse sbagliato?"
"No."
"Perché tu fai sempre quello che vuoi e detti le tue regole,
giusto?"
Evie apre le dita contro la parete della carrozza, reclina il capo
all'indietro, offrendogli la curva pallida del collo.
"Perché ho capito prima di te che era inutile negarlo; che
non avrebbe cambiato ciò che sono."
E non le aveva detto tutta la verità, perché
aveva passato mesi a combattere se stesso - desideri scomodi, erezioni
inopportune.
Si era chiesto che cazzo gli fosse preso; se tutte quelle stronzate del
Credo non l'avessero reso pazzo o malato.
Nulla spegneva quel pensiero e il tormento era diventato fisico -
così prepotente da costringerlo ad allontarsi.
A farle male e prenderla in giro e persino privarla di un banale saluto.
Ed era poi crollato, Jacob; si era reso conto che si stava dilaniando
dall'interno - che tutto in lui stava collassando e rovinando in una
pila di macerie e polvere.
"Non potevo andare avanti così."
Evie aveva alzato un sopracciglio, accomodata contro il suo petto come
quando erano piccoli.
Gli era sembrato di espandersi e contrarsi e strapparsi - perdersi
senza via di uscita.
"Ho accettato quello che sono, Evie, e farlo mi ha riparato, in un
certo senso."
Jacob la solleva per i fianchi, schiacciandola tra lui e la parete - le
unghie di Evie lungo la schiena, ovunque.
"È sbagliato."
"E tu sai cosa è giusto?"
Silenzio.
Evie ansima sulla sua bocca, accoglie le sue spinte con movimenti
languidi, eleganti.
"Pensavo di saperlo."
Jacob si era chinato su di lei, baciandole la fronte.
Ed è come eseguire una sinfonia senza spartito, ma
perfettamente conosciuta.
È come respirare e liberarsi - guarire.
È come vivere - insieme, di nuovo.
"Forse nostro padre non aveva ragione su tutto."
Evie gli preme i talloni poco sopra le natiche, mormora contro la sua
pelle - una supplica, una resa.
Jacob le cerca la bocca in un bacio scomposto, vorace; Evie libera un
suono di gola, che muore sulle sue labbra - viene, e si aggrappa a lui
con dita umide e calde.
Le loro voci sono le uniche che abbiano importanza.
15.
Ethan sta morendo; può sentirlo dal modo in cui si
accartocciano i suoi polmoni quando respira, dal rantolo sfiatato che
lo sveglia in piena notte.
Si solleva sui gomiti, stringendo i denti; il dolora al torace
è straziante - punture che assomigliano a coltellate.
E riderebbe Ethan, se ne avesse il fiato.
E riderebbe del modo ridicolo in cui il destino ha deciso di ucciderlo
- pleurite.
Si alza, piegandosi in avanti e lasciando ciondolare la testa tra le
ginocchia.
Sto venendo a prenderti, Cecily.
Ha amato, Ethan; è bruciato di quel sentimento, una gloriosa
fiamma che si era poi spenta con la morte di Cecily.
Erano così piccoli, indifesi.
Non riuscì a esserne felice, nemmeno per un secondo.
La levatrice gli porse due fagotti silenziosi, l'uno ancora stretto
nell'altro - uguali, entrambi sereni, quieti.
Ethan avrebbe dovuto amarli; avrebbe dovuto sentire quello che
chiamavano istinto paterno, forse gioia, conforto nel fatto che fossero
sani, vivi.
Ma tra le sue costole vi era solo un buco nerastro e pieno di cenere.
E se ne era andato; era scappato, abbandonandoli per sei, lunghi, anni.
Poi era tornato. Sconfitto. Vinto da se stesso - dal passato.
Ethan si alza, dirigendosi verso la cucina - la brocca al sul comodino
ormai vuota.
E lo avevano guardato quei due bambini - si erano cercati la mano,
fissandolo con un cipiglio diffidente, confuso.
Jacob, Evie, aveva detto la nonna; questo è vostro padre,
Ethan.
Ricorda ancora come Jacob si fosse frapposto tra lui e la sorella,
aggrottando le sopracciglia.
Io non ti conosco, gli aveva detto, cercando di essere minaccioso.
Sono tuo padre, aveva ripetuto lui (come se potesse bastare).
Jacob aveva indurito lo sguardo e sebbene all'epoca l'avesse trovato
divertente, anni dopo si era scontrato più volte con la
stessa espressione.
Furiosa, selvatica; danneggiata.
Tossisce, curvandosi sopra il tavolo - aggrappandosi al bordo e
rovesciando la ciotola con la frutta.
Ah, le gioie della vecchiaia.
Click.
Ethan si volta, li vede - si pulisce un filo di sangue dal mento con il
dorso della mano.
"Non dovresti essere sveglio."
"Avevo finito l'acqua."
Evie si allunga verso di lui, aiutandolo a sedersi - ci penso io,
papà.
Jacob lo fissa dallo stipite della porta, neutro.
"Tieni." gli dice poi, porgendogli un bicchiere pieno "Non dovresti
fare sforzi."
Ethan annuisce, bevendone un sorso, poi un secondo - la gola contratta,
asciutta.
"Non cambierà poi molto." mormora lui, trattenendo un altro
eccesso di tosse.
Jacob sposta il peso da un piede all'altro, guardandolo.
Vorrebbe dirgli di smetterla; che se sta aspettando che crepi
lì e adesso, be', può stare tranquillo: lo
farà a breve.
Vorrebbe togliergli quell'espressione vuota dal viso, scrollarlo e
dirgli sei un fottuto assassino, Jacob Frye. Piantala di fare la testa
di cazzo e rendi onore alla Confraternita.
Ma più di tutto vorrebbe chiedergli perché?
Perché ignori anche tua sorella? Lei non ha colpe. Io le ho,
ma lei è la tua famiglia.
"Jacob, mi andresti a prendere una coperta dalla stanza di
papà?" lo interrompe dai suoi pensieri Evie, raccogliendo le
mele cadute.
Jacob sposta appena il mento verso di lei e per un attimo - un respiro
- qualcosa si agita sul fondo del suo sguardo: qualcosa che a Ethan
sembra pesante, torbido.
"Jacob?" ripete Evie, la sua voce poco più di un sussurro.
Un fruscio nel silenzio.
Jacob dà loro le spalle, incamminandosi verso il piano
superiore; fa ritorno pochi minuti dopo con entrambe le coperte, quella
rossa e quella verde.
"Non sapevo quale volessi." le dice, piegandole sulla sedia.
"Vanno bene entrambe." ribatte Evie, appoggiandole sulle spalle di
Ethan.
Ethan preme le labbra in una linea sottile, fissando il pavimento - le
sue mattonelle chiare, sbeccate agli angoli.
"Vuoi che restiamo qui con te?" gli chiede Evie, sedendosi.
Jacob sbuffa, scoccandole un'occhiata irritata.
"No, non ce ne è alcun bisogno."
"Magnifico." borbotta Jacob "Allora io torno a letto."
"Io no."
Jacob si volta, squadrando Evie da capo a piedi.
"Manca un'ora all'alba; non credo valga nemmeno la pena di
riaddormentarsi."
"Parla per te." sibila lui, indicandola.
Evie si scrolla nelle spalle, dirigendosi verso la stufa e accendendo
il fuoco.
"Preparo il tè: uova o bacon?"
Jacob rimane immobile per alcuni secondi, sospirando poi e
affiancandola.
"Faccio io: tu bruci sempre tutto."
"Non è vero." ribatte lei, piccata.
"Ah no? Le ultime uova erano nere come il carbone."
"Spero ti ci strozzi, Jacob Frye."
"Se non succede quello sicuramente mi avvelenerà prima il
tuo pane tostato: più duro del cemento."
Ethan chiude gli occhi, li ascolta battibeccare alle sue spalle - sei
un idiota, un idiota: e poi è successo solo una volta e...
La perdita di Cecily lo ha condannato ad amare nulla più di
un ricordo.
Traveling like heat through each other's bodies,
they pass through centuries of insecurity
and into a rhythm where they are not afraid.
(Don't stop swaying baby).
Lucy Thorne è morta.
Lucy Thorne le ha riso in faccia prima di sputare sangue e spegnersi.
Non sapete quello che state facendo, le ha detto.
Un branco di tagliagole spaventati dal potere, incapaci di concepire un
mondo diverso, sibilava mentre svaniva, respiro dopo respiro.
Una bilancia ha bisogno di due pesi per funzionare, il suo commiato;
credete davvero di essere voi nel giusto?
Evie solleva il viso verso il cielo, offrendolo alla pioggia e al
vento.
Era partita da Crawley piena di risposte e obiettivi - la sua passione
è d'ispirazione, signorina Frye - giaceva ora tra i suoi
stessi dubbi.
Posa lo sguardo sulla collana, incerta - un'ultima missione insieme e
poi?
E poi Londra sarà libera, Evie. E noi con lei.
Le sue promesse sono l'unica cosa che non cambia mai.
16.
Lo svegliano le sue mani sulla spalla, lungo la schiena.
Jacob, lo chiama.
Jacob, lo supplica, ed è a quel suono soffocato - dolente -
che si alza di scatto, mettendola a fuoco nell'oscurità
della stanza.
Evie è china su di lui, le unghie conficcate nel fianco, a
incidergli piccole mezzelune di sangue.
"Cosa c'è?" le chiede, cercandole istintivamente la mano.
Evie apre la bocca, richiudendola subito dopo - scuote il capo,
inspirando con forza.
Ed è in quel momento che Jacob vede - comprende.
"Oh, Evie." mormora, abbracciandola.
Oh, Evie.
Aggrappati l'uno all'altro sono di nuovo i due bambini spaventati di
quindici anni prima.
Mamma has led these children into the wild unknown
for reasons known, with father's help, of course,
they tried very hard to get back home,
but, of course, they could not.
(Don't stop swaying baby).
Ogni passo verso Starrick è uno più vicino al
frammento dell'Eden - una sindone, questa volta.
Ogni passo verso la fine della missione è uno in
più in loro stessi - nei loro desideri, nel modo in cui
è sempre più normale cercarlo ogni notte, nelle
mattine pigre e indolenti in cui né Henry né
Agnes sono ancora arrivati sul treno.
Jacob si porta il lenzuolo fin sopra la testa, liberando un gemito
infastidito.
"Chiude le tende."
Evie alza un sopracciglio, accendendo il fornello e cercando qualcosa
da mangiare nella credenza.
"Agnes arriverà tra poco."
Jacob borbotta qualcosa - 'fanculo ad Agnes - si raggomitola
più strettamente sotto le coperte.
Evie abbozza un sorriso, avvicinandosi in punta di piedi e
punzecchiandogli una spalla.
"Ti troveranno nudo come un verme."
"Almeno avranno qualcosa da guardare."
"Esibizionista. E io come giustificherò la cosa?"
"Di' loro che sono svenuto ubricaco a letto e che non c'è
stato verso di farmi spostare."
"Nel mio letto."
"Il divano erano troppo lontano."
Evie incrocia le braccia al petto, battendo un piede sul pavimento.
"Oh, certo. E ci crederanno di sicuro."
Jacob scosta appena il lenzuolo, fissandola con un solo, divertito,
occhio.
"Potresti dire la verità."
Evie libera un suono nasale, una risata bloccata a metà.
"Cita uno dei tuoi autori preferiti: quel Lord Byron e qualcosa."
"Lord George Gordon Byron, ignorante."
"Sì, ecco, brava: quello."
Il bollitore comincia a fischiare, Evie lo ignora.
"Vorresti che lo facessi?"
Jacob si solleva sui gomiti, fissandola.
"Sì."
Evie si umetta le labbra, incerta.
"Ci butterebbero fuori dalla Confraternita."
Ed è così importante per te?, vorrebbe chiederle,
ma sa che lo è, per cui tace e aspetta.
"Non lo accetterebbero mai."
"Probabilmente no."
"Diventeremmo dei paria."
"Un termine nuovo: l'hai imparato da Greenie?"
Evie scuote la mano nell'aria in un gesto irritato, liquidando la sua
domanda.
Jacob sospira, alzandosi e avvicinandosi al suo profilo - addosso nulla
più della sua camicia.
"Ci penseremo dopo Starrick."
Evie annuisce, pensierosa.
"E se vorrai ancora mantenere il segreto, be', uno in più
cosa vuoi che sia." continua lui, sorridendole "Non è questa
l'essenza degli assassini?"
Verità mai dette, custodite come il più terribile
dei segreti.
Evie ridacchia, appoggiandogli il viso contro il petto - nella carrozza
farsi strada un vago sentore di tè nero e pane tostato.
Il cuore di Jacob è un rullio quieto che la riporta sempre a
casa.
17.
"Dovremmo dirlo a George."
Evie tace, gli stringe le dita con più forza.
"Organizzare il funerale, parlare con il Concilio."
Scivola con lo sguardo lungo il bordo del letto, fino alla testiera - i
listelli sagomati in un intrico di foglie e fiori.
Jacob si schiarisce la voce, fa per avvicinarsi - viene trattenuto
all'indietro da Evie.
"Devo controllare che..."
"Non c'è battito."
Jacob annuisce, tornando al suo fianco.
"Vuoi aspettare che sorga il sole?"
"Sì."
"Poi chiameremo George."
Evie si morde il labbro inferiore, ingoiando un grumo di saliva e
lacrime.
"Sistemeremo tutto, Evie."
"Lo so."
Jacob si volta, la guarda - un profilo sottile, che la penombra rende
quasi trasparente, impalpabile.
Evie dondola leggermente in avanti, sembra sul punto di crollare - non
adesso, non quando lo sapevi, dovevi immaginarlo e...
"Evie." la chiama Jacob, cogliendola di sorpresa.
Solleva il viso verso il suo ed ecco di nuovo quel pugno al centro del
petto - la sensazione di staccarsi dal proprio corpo e che tutto
intorno a lei sia distante, grigio, indifferente.
Tranne lui.
"Siamo rimasti solo noi." mormora lei, nella sua voce una nota pesante,
inevitabile.
Jacob ne studia le piccole espressioni in silenzio; il modo in cui la
pupilla si dilata, le sopracciglia leggermente aggrottate -
curiosità, paura.
"Io e te." ripete, rafforzando la presa sulla sua mano.
Jacob le circonda le spalle con un braccio, percependola tendersi
contro il suo petto, arrendersi infine - chiudere gli occhi e scivolare
con lui lungo la parete, abbracciati come la prima notte che arrivarono
a Crawley.
"Non siamo più bambini." sussurra.
"No; decisamente no." replica Jacob, quieto.
Evie si morde l'unghia del pollice, fissando una macchia sul tappeto.
"Non dirlo a nessuno."
Jacob nasconde il viso tra i suoi capelli, baciandole una tempia.
"Che... che ho paura e che..."
Evie libera un gemito frustrato, Jacob soffoca quel grido nell'incavo
del suo collo.
"Lo so, Evie. Lo so."
Nelle rovine di Crawley, ciò che resta della loro innocenza
ride e muore.
And so, they find themselves
through the darkness, through the sadness,
making love, making peace, making music.
Il potere del frammento dell'Eden è osceno - terribile.
Brucia la stanza, ed Evie percepisce la pelle delle mani staccarsi,
sollevarsi in piccoli frammenti rossi e neri.
Grida, Evie, ma c'è troppa luce e qualcosa la spinge
all'indietro - uno schiaffo di calore e fuoco che la rispedisce quasi
all'ingresso della cripta.
Starrick assorbe i loro colpi come se fossero niente - Evie
può sentire la lama affondare nella carne, ruotare, eppure
non vi è neppure una goccia di sangue.
"Allora può davvero restituire la vista ai ciechi." ringhia
Jacob, nascondendosi dietro la colonna vicina.
"Non è il momento di scherzare." sibila lei, tenendosi il
braccio ferito lungo il fianco.
Jacob le rivolge un sorriso sbilenco, dietro al quale sa nascondersi la
rabbia e la paura.
Evie sgrana gli occhi, scuotendo con forza la testa.
"No. Non ci pensare nemmeno."
"Oh, avanti: non dirmi che sei preoccupata per me."
"Divertiti a infiltrarti nella fabbrica."
"E tu cerca di non morire su quel treno."
Evie getta un'occhiata alle sue spalle, rotola di lato non appena il
fascio di luce si sposta alla sua sinistra - lo schiaccia contro la
colonna, afferrandolo per il bavero del cappotto.
"Ti ucciderà."
"Se riesco a evitare quei lampi di luce andrà tutto bene."
Evie gli si avvicina ulteriormente, sul suo viso rincorrersi sentimenti
contrastanti, che Jacob riesce a riconoscere con una
facilità imbarazzante.
"Non sei così veloce come credi."
Jacob inclina mento verso destra, posando le dita sulla sua nuca -
morbida, rovente.
"Potrai sempre dire che avevi un eroe per fratello, no?"
Evie sposta lo sguardo da Starrick a Jacob e viceversa, consapevole di
come il primo si stia avvicinando a grandi passi - di quanto poco resti
loro per combattere o morire.
"Evie." la chiama Jacob, ed è malinconico il bacio con cui
si congeda - un groviglio di possibilità e speranze e
occasioni ormai perdute.
"Ci vediamo dopo." la rassicura, scivolando via dalle sue dita come
sabbia.
Avvolta dal potere del sudario Evie non si è mai sentita
più piccola e fragile.
18.
"Mi dispiace molto per vostro padre."
Evie e Jacob si stringono nelle spalle, impegnati a sistemare la cucina
dopo il funerale.
George posa lo sguardo sugli avanzi di una torta di mele, nota la
perfetta sincronia con cui i gemelli si muovono per la stanza - Evie
che si allunga verso la credenza e Jacob che le ruota attorno quasi
danzassero.
"Se posso aiutarvi in qualche modo..."
"Qual è la prossima missione?" lo interrompe la voce di
Jacob, monocorde.
George alza un sopracciglio, umettandosi le labbra.
"Può aspettare."
"Tutti muoiono." si intromette Evie, porgendo al fratello una teglia
piena di biscotti "Nostro padre ci ha addestrati per un motivo; qual
è il prossimo obiettivo?"
George regala loro un'occhiata perplessa, confusa.
"Non c'è nulla di male nell'elaborare il lutto."
Jacob sciacqua l'ultimo piatto rimasto, appoggiandolo sul tavolo.
"Siamo pronti." gli dice, negli occhi una vacuità che lo
infastidisce - no, no, è diverso: che lo spaventa.
"Chiederò al Concilio."
Evie annuisce, fruga nel cassetto alla ricerca del tè
aromatizzato alla vaniglia, Jacob gliela porge trovandola nella
credenza vicino alla finestra.
Uno pensa, l'altro agisce. Evie è lo schema, Jacob colui che
lo metterà in azione.
"Ci sono ancora quei muffin alla cannella?"
Jacob si inclina all'indietro, afferrandone due dal cestino sulla
sedia.
Evie lo ringrazia con un cenno del capo, accettando il dolce con un
sorriso stanco.
"Non puoi dividerli; quello che manca a uno lo possiede l'altro.
Insieme sono come Londra e le sue macchine. Una combinazione perfetta,
che avanza verso il futuro ingoiando vite e sputando fumo."
Il bollitore comincia a fischiare, Evie avvicina le tazze - Jacob vi
immerge i filtri già pieni.
Non c'è posto per te qui, George: non lo vedi?
Non lo senti?
Davanti a lui Evie e Jacob si muovono al ritmo di una
quotidianità così familiare da essere surreale.
They find themselves,
through the chaos, making sense.
This is what they want. This is who they are.
These are the things they need.
Se dovessi morire qui va bene così, e l'intensità
di quel pensiero le strappa un sorriso tutto denti e sangue.
Se dovesse finire tutto, e adesso, va bene che tu sia al mio fianco, ed
è Jacob a non arrendersi - a lottare per entrambi.
"Non ricordo quando è iniziato: forse c'è sempre
stato."
Jacob cerca di rialzarsi, viene schiacciato al suolo da una scudisciata
di luce che gli brucia il cappotto, la pelle.
"Se tu sanguini, io sanguino."
Evie aggira Starrick, ignora il dolore provocato dal toccare il
frammento dell'Eden attivo - affonda una, due, tre volte, fino a quando
non è sicura di aver maciullato il fegato, la vena porta.
"Devi prima accettarle alcune cose per comprenderle, Evie."
"Jacob, ora!" grida, ed è subito al suo fianco - colpisce, e
strappa, movimenti coordinati, terribili nella loro simmetria.
"Stai creando un'unica arma, Ethan, ma sono due persone; due individui
distinti. Sei sicuro di quello che stai facendo?"
Starrick grida, le rompe tre dita del piede con il tallone, riesce a
sollevare il gomito fino al suo viso - crack; mandibola incrinata, un
vago senso di nausea alla bocca dello stomaco.
"Se tu muori, io ti seguirò."
Jacob gli pianta la lama celata nel lato sinistro del collo, Evie in
quello destro - squarciano, incontrandosi nel mezzo.
"Non avere paura Jacob; ci sono io con te."
Starrick rivolge loro un'ultima, disgustata, occhiata, crollando poi in
avanti - il frammento dell'Eden un sudario che si spegne in un debole
sfarfallio.
"Siamo rimasti solo io e te."
La cripta crolla nel buio, attorno a loro solo silenzio e polvere.
"E non è abbastanza?"
Evie cerca i suoi occhi, Jacob le restituisce lo stesso sguardo - nelle
ossa una stanchezza vecchia, che si portano dietro fin da sempre.
"È vivo?"
Jacob si volta, fissando il corpo di Henry.
"Greenie? Credo di sì."
Evie annuisce bruscamente, si lascia andare lungo il sarcofago che
conteneva la reliquia.
Jacob l'affianca, chiudendo gli occhi - sotto la pelle il sangue
ruggisce, inquieto.
"Cosa ne facciamo di questa... cosa?"
Evie deglutisce, reclinando il capo all'indietro.
"Non lo so."
"Vuoi forse indossarla e governare Londra con la tua saggezza?" ha il
coraggio di prenderla in giro Jacob, guadagnandosi un'occhiata piccata.
"No. Qualsiasi cosa sia, per dare prima prende, e lo fa da qualcun
altro."
Jacob libera un hum di gola, così da basso da essere
poco più di una vibrazione.
"E poi invecchieresti senza di me." aggiunge Evie, quieta "Diventeresti
come nostro padre."
"Oh, una sorte peggiore della morte." mormora Jacob, abbozza un sorriso
a metà.
Evie si scopre sorridere suo malgrado, allungando la mano verso la sua.
"Forse starebbe meglio addosso a te."
"Non dire idiozie. Ormai hai scoperto il suo nascondiglio: me la
ruberesti per riportarla qui alla prima cazzata che faccio."
"Vero."
Jacob le stringe le dita tra le proprie, ampliando il sorriso.
"Mi sei mancata, Evie."
"Ti conosco, sorella carissima."
"Anche tu, Jacob; anche tu."
"Anche io, fratello adorato." ridacchia lei, punzecchiandolo con
l'indice sulla spalla.
"Dici che potremmo continuare da dove ci eravamo fermati?"
Jacob respira tra i suoi capelli, accogliendola contro il proprio petto
- chiude gli occhi, ascoltando loro.
"Nulla mi piacerebbe di più."
Nel ventre di Buckingham Palace riposano adesso i segreti di entrambi.
19.
L'ultima notte a Crawley la passano svegli, a fissare le ombre che si
rincorrono sul soffitto della loro stanza.
L'ultima notte a Crawley è quella in cui si erano trovati
l'uno nel letto dell'altro, braccia e gambe intrecciate così
strettamente da non capire dove iniziasse o finisse l'altro.
L'ultima notte a Crawley li vede esplorarsi a vicenda - le dita di Eve
sul petto, lungo l'addome, a contare cicatrici vecchie e nuove.
L'ultima notte a Crawley è una confessione e una resa - la
bocca di Jacob sulla sua, a raccogliere parole di disperate,
impazienti.
L'ultima notte a Crawley strappa loro ogni maschera, lasciandoli nudi
dinnazi una verità che dovrà vedere Londra
bruciare per finalmente urlare la sua presenza.
"Non possiamo rimanere qui."
"No." concorda Jacob, accarezzandole i capelli.
"Domani. Dopo la missione alle Ferris Ironworks."
"C'è un treno che passa giusto in stazione a quell'ora."
aggiunge lui, massaggiandole la nuca.
Evie solleva lo sguardo, incerta.
"Il Concilio non approverà mai."
"Ha importanza?"
"Nostro padre avrebbe voluto che lo ascoltassimo."
Jacob scivola con il ginocchio tra le sue gambe, accomodandosi.
"Ah, dimenticati di nostro padre; puoi continuare la sua meravigliosa
eredità a Londra."
Evie aggrotta le sopracciglia (come fa sempre quando riflette sopra
qualcosa che ha catturato la sua attenzione), premendo le labbra in una
linea sottile.
"Liberare Londra e le sue future generazioni dai Templari." mormora,
descrivendo piccoli cerchi attorno al suo ombelico.
"Sai, per una volta potresti anche avere ragione, Jacob Frye." conclude
poi, sfregando il viso contro il suo petto.
"Io ho sempre ragione, Evie Frye: sono gli altri a non comprendermi."
Evie borbotta qualcosa, si raggomitola sotto il lenzuolo - scivola nel
sonno accompagnata dal quieto battito del cuore di Jacob.
Il futuro è proprio lì, davanti a loro: non
devono fare altro che saltare e viverlo.
When the Sun goes down
(Don't stop swaying baby)
And I'm next to you
(Don't stop swaying baby)
Oh
(Don't stop swaying baby).
La guerra è finita,
ma ne è appena iniziata un'altra.
Jacob la fissa in silenzio, il viso contratto in una smorfia ferita,
delusa.
"Si è fatto insistente Greenie, uhm?"
Evie tace, arrotolando tra loro i guanti.
"Cosa gli hai risposto?"
"Niente."
"Non ancora." ribatte lui, caustico.
Evie sposta lo sguardo lungo le pareti della carrozza, riluttante.
"Guardami."
"Cosa vuoi che ti dica?" sibila lei, nervosa.
"La verità."
Evie sgrana appena gli occhi, socchiudendo la bocca.
"Lo ami?"
Deglutisce, scuotendo la testa.
"No. Non credo."
Jacob libera una risata crudele, furiosa.
"Una persona non si ama a metà, Evie."
"Non lo so."
Jacob si alza di scatto, fissandola con un'intensità
famelica - di quelle che lo accendono nella rena, quando sputa sangue e
incassa colpi.
"È semplice, Evie: ti risolvo io l'arcano." mastica,
guardandola dritta negli occhi.
"Vuoi passare il resto della tua vita con lui?" le domanda, chinandosi
alla sua altezza.
"Ti piace l'idea di sposarlo e andare a vivere con lui in India e
perché no, dargli anche due o tre marmocchi con cui nutrire
le fila della Confraternita?"
Evie arriccia le labbra sui denti, colpita fisicamente dalle sue
parole.
"Non la metterei in questi termini."
Jacob allarga le braccia attorno a sé, schiocca la lingua
contro il palato - la deride, lasciando sanguinare ogni parte di
sé.
"Oh, certo Evie, certo: perché i matrimoni sono tutti, come
si dice... bianchi?" continua, muovendo le dita nell'aria.
"Henry è una persona gentile e..."
"Cazzo, sei davvero impagabile." grida Jacob, cogliendola di sorpresa
"Una coppia dovrebbe anche scopare ogni tanto, Evie, o hai dimenticato
come si fa?"
"Questo è scorretto."
"Tu lo sei."
Evie rovescia la sedia all'indietro, puntandogli un dito contro.
"Sei mio fratello!"
"E l'hai scoperto solo adesso, Evie?" le ribatte lui, frantumando le
parole pur di non urlare.
Evie si guarda intorno, spaesata.
"Ne abbiamo già parlato tante volte." continua lui, nella
voce una nota durissima, frustrata.
Evie china il capo, combattuta - spezzata.
"Sì, sono tuo fratello."
Jacob la raggiunge, sfiorandole il viso con il proprio.
"Sì, sono anche quello che ti scopa quasi ogni notte."
Evie vorrebbe mostrargli un'espressione disgustata - infastidita - ma
non ci riesce e qualcosa in lei ride, saltellando da un lato all'altro
della sua morale e dicendole che va bene così: nulla
è reale, tutto è lecito e lei sta solo seguendo
il suo istinto.
"Il mio sangue è anche il tuo." mormora, rimanendo
così - sospeso a pochi centimetri da lei.
"Se tu sanguini, sanguino anche io." continua lei, ricordando le parole
che si erano scambiati la prima notte a Crawley.
"Le tue lacrime sono anche il mio dolore." prosegue, prendendole il
viso tra le mani.
"Se tu muori..." sussurra Evie, chiudendo gli occhi.
"Io ti seguirò." conclude Jacob, poggiando la fronte contro
la sua.
"Promettilo, Jacob: promettimi che non mi lascerai mai sola."
Evie inspira con forza, aggrappandosi a lui come a l'unica cosa
costante - l'unica che c'era sempre stata.
"Solo se lo farai anche tu, Evie. Non potrei sopportare di rimanere
senza di te in questo mondo."
Jacob la trattiene a sé come se potesse sfuggirgli da un
momento all'altro - diventare nulla più di un fantasma tra
gli abissi della sua coscienza.
"La gente parla: i Rook parlano."
"Lasciali fare."
"Evie." la chiama lui.
"Evie." ripete.
"Evie, Evie, Evie." supplica - e c'è qualcosa di sbagliato
in loro - siete solo tagliagole senza il senso del futuro - e forse va
bene così. Forse è così che devono
essere le cose - se nulla è reale, perché credere
in qualcosa? Se tutto è lecito, perché privarsi
di una voglia, un desiderio?
"Abbiamo liberato Londra: il Concilio lecca la suola dei nostri
stivali, la Confraternita ci ammira. La regina ci ha nominato cavalieri
dell'Ordine della Giarrettiera. Lascia che starnazzino, Evie. Noi siamo
noi. Non abbiamo bisogno di loro."
Evie cerca la sua bocca, sa cos'è quel sentimento che le
brucia nel petto, tra le cosce.
"Un giorno potremmo cadere dal piedistallo su cui credi di stare."
"Un giorno, Evie. Ma non oggi, né domani."
Jacob spegne le sue paure in un bacio che divora ogni altra incertezza.
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