Capitolo 4
Sono
passati quasi due mesi dall’incontro con la contessa
Francesca e ancora non ho
toccato i suoi libri. Sono lì, sulla scrivania, che mi
guardano con occhi
dolci, ma mi rifiuto categoricamente di aprirli. Non che non abbia
voglia o mi
sia passata la volontà di proseguire la tesi; gli ultimi
esami che mi mancano
stanno completamente assorbendo le mie energie. Dopotutto, Metodologia
della
Ricerca archeologica, Storia Medievale e Agiografia non si studiano
mica da
sole, no? Il problema non sono gli esami in sé, ma il
professore, specialmente
quello della prima materia, Carmelo Silvio Fiorillo, e come si dice nel
mio
dipartimento: un tria nomina, una
garanzia. Avete presente il tipico professore che vi incute il terrore,
senza
saperne il perché? Ecco, lui è il prototipo! Non
parlo dell’aspetto fisico; è
un uomo che ha passato i quarant’anni, né bello,
né brutto. Il problema è
quando apre bocca: sarebbe capace di far sentire ignorante anche Dio in
persona
e, credetemi, non scherzo assolutamente. Ho visto ragazzi uscire
piangendo dal
suo studio, solo perché avevano sbagliato di un quarto di
secolo la datazione
di un manufatto ceramico; o studenti sferzati dalle sue pungenti
battute
ironiche, solo per aver sbagliato un “misero”
congiuntivo, dopo un’ora di
colloquio. Ora, capite la mia ansia? Quello non è un esame
in cui ti prepari ad
affrontare un essere umano abbastanza normale, per quanto possa essere
normale
un professore universitario; trattasi, invece, di una vera e propria
sfida di
coraggio contro un mostro terribile. Getto lo sguardo
un’ultima volta su quei
tre libri; se domani andrà tutto bene, potrò
finalmente cominciare a leggere,
se va male…spero che la mia relatrice si riveli clemente,
considerato che sarà
un ulteriore ritardo sulla tabella di marcia verso la laurea.
Tutto
sommato è andata molto meglio di quanto sperassi, un bel 25;
esame archiviato e
compleanno salvo. Eh sì, dare l’ultimo esame della
triennale il giorno in cui
si festeggia la propria nascita è il massimo; 13 febbraio
2014, l’inizio della
fine di questa lunghissima laurea di primo livello. Vorrei riposarmi
prima di
uscire stasera con Giuseppe, il mio ragazzo, ma sento il senso di colpa
allargarsi a dismisura, quando lo sguardo cade su quei libri. Devo
darmi da
fare e non solo per me; ho fatto una promessa e devo mantenerla a tutti
i
costi!
Non
ho chiuso occhio per tutta la notte e non a causa delle ore piccole.
Gli incubi
sono ritornati, più forti che mai. Sogno di essere in un
letto, di fare l’amore
con un uomo di cui non riesco a riconoscere il volto, quando
all’improvviso
vengo assalita da uno sconosciuto ed accoltellata a morte. Vedo il mio
corpo
dilaniato e poi gettato sulle scale, esposto al ludibrio di molti e al
biasimo
di pochi. Ho perso il conto di quante volte ho rivissuto questa scena;
ogni
volta che cercavo di riaddormentarmi e ci riuscivo, ecco che si
presentava
puntualmente, facendomi sobbalzare diverse volte nel cuore della notte.
Mi
guardo allo specchio, ho un aspetto orribile: le occhiaie, amiche
fedeli da
quando ho memoria, sono più vistose che mai, i capelli
completamente in
disordine, nonostante i diversi tentativi di rimetterli in riga; ma, la
parte
più impressionante è il viso: è
tangibile ogni minima traccia di stanchezza.
L’unica nota positiva è che non devo uscire di
casa, ho con me tutto il
materiale che mi serve per studiare; per leggerlo tutto ci
vorrà minimo una
settimana. Meglio che mi dia da fare, prima che qualche altra
distrazione mi
faccia perdere ulteriore tempo.
Uno
spreco di ore, ecco cosa è stato. Tutta la mattina
è stata un buco nell’acqua.
Il primo libro che mi ha dato la contessa non si è rivelato
di grande aiuto,
non ha aggiunto nessuna informazione utile a quelle che già
avevo. Mi mancano
ancora un centinaio di pagine da leggere; ma, posso dire, con quasi
assoluta
certezza, che non vi troverò nulla di buono. Lo lancio
infastidita sul letto.
Di solito non tratto così i libri, specialmente quando mi
sono stati dati in
prestito, però ho i nervi a fior di pelle a causa del tempo
perso. Vedo lo
schermo del mio telefono illuminarsi e noto una serie di notifiche.
Diamine!
Cinque chiamate perse da parte di Anna, nel giro di tre ore! Come
minimo, appena
la richiamo, vorrà farmi la pelle. Non chiama mai se non
c’è un motivo valido
e, quella sequenza di chiamate, sono un evento più unico che
raro. Mi faccio il
segno della croce e inizio a prepararmi mentalmente alla sfuriata che
seguirà.
Ma non è colpa mia se non ho sentito il telefono. Era
impostato sul silenzioso
ed appoggiato sul soffice piumone del letto; soltanto una persona con
l’udito
di un pipistrello lo avrebbe sentito, no?! Meglio che mi sbrighi a
chiamarla,
prima che il senso di colpa si allarghi a dismisura; cosa di cui non ho
assolutamente bisogno, considerato che già ne sono la
campionessa mondiale.
«È
uno sporco maiale traditore!»
«Buongiorno
anche a te, Anna!» Provo a sdrammatizzare. Non ho bisogno del
soggetto, so
perfettamente di chi stiamo parlando.
«L’ho
colto sul fatto, mentre mi tradiva con un’altra ragazza!
Capisci?!»
«Perfettamente...»
«Alla
luce del sole, in pieno giorno, in uno dei bar più rinomati
di Giovinazzo! Ma
non è stata questa la cosa peggiore!»
“E cosa può esserci di peggio?!”
Penso,
ma mi astengo dal dirlo ad alta voce. Il tono della mia amica non mi
piace per
nulla, è sull’orlo di una crisi isterica, riesco a
percepirlo anche se non sono
con lei. Intuito femminile, mi apostroferebbe Giuseppe scherzando.
«Ci
sei?»
«Certo
che ci sono! Non volevo interromperti!»
«Sai
cosa ha detto quando gli ho fatto la scenata?»
“Grave
errore, amica mia...”
Penso. Però, oramai le uova sono rotte, meglio farsi una
frittata, no?
«Che
mi ha tradita perché sono frigida! Frigida! Capisci?! Dopo
che l’ho assecondato
in ogni porcata che mi proponeva, senza alcuna esitazione!»
«Bhe,
però hai tenuto duro sul ménage...»
Mi mordo la lingua. Perché diavolo la mia bocca non tace mai
quando dovrebbe? I
misteri della fede, quelli insondabili.
«Ti
ci metti anche tu, ora? Non bastava quello stronzo?»
«Scusami,
non volevo» provo a rimediare «è stata
una battuta infelice.»
«Fa
niente, non sono arrabbiata con te.»
«Mi
ha mollato per una che ha aperto le gambe a mezza Giovinazzo!»
«E
non poteva essere altrimenti!» Lo so, non sono il massimo
della consolazione.
Ma preferisco dire le cose come stanno, piuttosto che
falsità. «Filippo può
stare solo con ragazze del genere! Non ti ha mai meritata, eri troppo
per lui!
Lo so, ora vedi tutto nero, però credimi, è stata
un’autentica fortuna.»
«Dici?»
Mi chiede con un tono supplice.
«Ne
sono convintissima...Ho un’idea! Domani mattina ci vediamo
all’università, così
studiamo insieme e chiacchieriamo un po’? Che ne
pensi?»
«Penso
che tu sia un’amica...»
«Quasi
quasi lo chiedo anche a Francesco…»
«E
ora penso che tu sia una grandissima stronza!»
La
sento ridere dall’altro capo del telefono. Tiro un sospiro di
sollievo. Non è
più una valle di lacrime, per quel grandissimo idiota e
questo, per ora, mi
basta.
«Lo
so, ma sai benissimo che ho anche dei difetti.»
«Sei
la solita cretina! Comunque, Carlotta, grazie mille! Ci vediamo domani.
Ciao.»
Chiude la chiamata senza darmi il tempo di replicare. Sa benissimo
quanto i
ringraziamenti mi mettono in imbarazzo. Infatti, sento il mio volto
andare a
fuoco.
Mi
butto di peso sul letto. La mattinata intensa e infruttuosa di studio,
associata alla telefonata di Anna, mi ha mentalmente stremato. Il mio
movimento
ha fatto aprire il libro, che avevo “delicatamente”
depositato prima sul letto.
Le pagine si muovono da sole pigramente, come se ci fosse una mano
invisibile a
sfogliarle. Non ci faccio molto caso all’inizio; poi quel
movimento comincia a
incuriosirmi e ad inquietarmi allo stesso tempo. Non sono mai stata una
“cima”
in fisica, ma quello sfogliare prima o poi dovrebbe fermarsi,
poiché non c’è
nessuna forza che compia quel lavoro, ed invece no! Non può
essere possibile,
in camera mia non ci sono spifferi ed i fantasmi non esistono, vero?
Lentamente, lungo i bordi delle pagine, comincia ad apparire una
scritta rossa.
Mi avvicino per capire che parola sia. Le pagine cominciano a girare
velocemente, quasi violentemente; vorrei dire qualcosa, ma sono
completamente
paralizzata e rapita da quello strano spettacolo. Arrivata
all’ultima pagina,
quello strano fenomeno si blocca. Una parola spicca su
quell’ultima pagina
bianca.
“Tradimento.”
Non
riesco a reprimere l’urlo che mi si è formato in
gola. Passa qualche secondo e
vedo mia madre aprire la porta.
«Cosa
diavolo succede qui?»
«Ho
sbattuto l’alluce sul piede del letto.» Mento.
Spero di essere stata abbastanza
credibile.
La
osservo mentre richiude la porta, non del tutto convinta della cavolata
che ho
detto. Quando sono sicura che sia andata via, guardo nuovamente il
libro.
Quella parola è ancora lì, quasi a farsi beffe di
me. Cosa diamine mi sta
succedendo?
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