Milk and Blood

di Stria93
(/viewuser.php?uid=319287)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


milk

Durante il breve tragitto per giungere dallo squallido e malfamato quartiere di Whitechapel alla residenza di città della famiglia Phantomhive, Ciel non aveva detto una parola. Si era chiuso in un cupo mutismo contenente tutto il peso degli eventi agghiaccianti che quella notte si erano aggiunti al carico già ingente di tragedie e dolore che gravava sulle sue giovani spalle. Tutto ciò che esalava dalle sue labbra erano i piccoli sbuffi fumosi del suo respiro che si condensava a contatto con l'aria tagliente dell'autunno londinese inoltrato.

Sebastian camminava al suo fianco come un'ombra mentre l'eco sorda dei loro passi sul selciato lucido di pioggia li accompagnava verso casa, segnando il ritmo della loro marcia e facendo le veci di un inquietante orologio.

Il demone poteva immaginare il groviglio di pensieri e domande che si affollavano nella mente sconvolta del suo padroncino e non intendeva rompere per primo quel silenzio denso di turbamento, almeno finché non fosse stato strettamente necessario.

Gli avvenimenti che si erano susseguiti in rapida successione nell'ultima ora avevano rappresentato un duro colpo per il piccolo conte. La sorella di sua madre, l'ultima persona alla quale era legato da un vincolo di sangue, si era rivelata una spietata serial killer che aveva trucidato e sventrato cinque donne (sempre che il numero effettivo delle vittime non fosse maggiore di quello noto alle autorità). Colta in flagrante, aveva tentato di uccidere anche lui, salvo poi esitare all'ultimo momento. Un singolo attimo di indecisione sorta dall'affetto per il nipote aveva preso il sopravvento sulla follia omicida e trattenuto la sua mano assassina. Un fuggevole istante che l'aveva portata ad essere brutalmente uccisa a sua volta dalla falce (o, più precisamente, dalla chiassosa motosega) di quel morboso Shinigami.

Confusione, sconcerto, rabbia, dolore, tristezza? Cosa stava provando il suo padrone? Quali sentimenti ribollivano sotto la piatta superficie di quell'assoluta assenza di suoni?

Sebastian poteva solo azzardare qualche ipotesi, frutto della conoscenza che aveva maturato della natura umana nel corso della sua secolare esistenza. Ma non aveva alcun dubbio rispetto a ciò che il suo ruolo gli imponeva in quella particolare circostanza: come maggiordomo, aveva il dovere di stare accanto al suo padrone; di fare tutto il possibile per risollevare il suo spirito e aiutarlo a trovare la determinazione per andare avanti, fronteggiando le avversità e trasformandole in una fonte di forza.

E così avrebbe agito, perché Sebastian Michaelis era un diavolo di maggiordomo.



Una volta rientrati a casa, accolti dal tepore confortante di quelle mura famigliari, Sebastian si affrettò a riempire la vasca di acqua calda.

Ciel era pallido e tremava visibilmente ma il demone non avrebbe saputo dire se ciò fosse dovuto al freddo di quella rigida notte di novembre o piuttosto ai nuovi orrori che questa aveva portato nella sua vita già travagliata. Probabilmente, entrambe le cose.

- Ah, state congelando, signorino. - mormorò il maggiordomo, inginocchiandosi davanti al ragazzo per liberarlo dagli abiti impregnati dell'umidità notturna. - Di questo passo, finirete per prendervi un malanno. Un bagno caldo vi farà bene. -

Lo sguardo di Ciel era perso nel vuoto, la sua coscienza alla deriva in un mare nero e profondo abitato da spettri. Il conte parve non cogliere immediatamente il senso delle parole di Sebastian, come se queste fossero giunte alle sue orecchie da un luogo molto lontano.

Alla fine annuì appena e dalle sue labbra sfuggì un sussurro quasi inudibile. - Sì. -

Non si trattava di un assenso vero e proprio, quanto di un riflesso automatico attivatosi spontaneamente.

Ciel lasciò che Sebastian lo svestisse, entrò nella vasca da bagno e sedette nell'acqua socchiudendo gli occhi, abbandonandosi completamente alla sensazione di calore avvolgente intorno al suo corpo intirizzito. I brividi si placarono un poco. Esalò un sospiro e reclinò il capo all'indietro quando il maggiordomo prese a strofinargli i capelli con lo shampoo.

- Con permesso, signorino. -

Quella sera, il tocco delle sue mani era leggermente diverso dal solito: sempre sicuro ma più paziente e delicato, rassicurante, come se la condizione di fragilità in cui imperversava il suo cuore si fosse estesa anche all'esterno e il demone avesse timore di danneggiarlo o arrecargli dolore se non avesse addolcito i propri gesti.

Normalmente, Ciel si sarebbe sentito insultato da tanta accortezza, ma in quel momento era troppo stanco e turbato per protestare. Concesse semplicemente a se stesso di rilassarsi contro il bordo della vasca e a Sebastian di prendersi cura di lui come meglio credeva, segretamente grato di avere il suo maggiordomo demoniaco accanto a sé.



Sebastian terminò di abbottonare la camicia da notte immacolata di Ciel.

Il ragazzino sedeva sul letto con le magre gambe penzoloni. Il bagno caldo aveva sortito gli effetti benefici predetti dal demone. Aveva smesso di tremare e le gote avevano ripreso un po' di colore, malgrado i suoi occhi smarriti tradissero la portata dello sconvolgimento che lo attanagliava.

- Gradite una tazza di latte caldo prima di coricarvi, signorino? - domandò il maggiordomo, conscio del rimedio semplice ma infallibile che da sempre riusciva a lenire le angosce del padroncino.

Ciel fece cenno di sì con il capo e il demone si portò la mano destra al petto, inchinandosi umilmente. - Sarà pronto in pochi minuti. Nell'attesa vi pregherei di avvolgervi bene nelle coperte. È una nottata particolarmente fredda e la vostra salute potrebbe risentirne. -

Il conte si sistemò tra le coltri ma prima che il maggiordomo raggiungesse la porta della camera, venne colto da un impulso improvviso e lo richiamò indietro.

- Sebastian, aspetta. -

Il demone si voltò con un'espressione interrogativa. - Sì, padroncino? -

Ciel si morse il labbro prima di rispondere. - Usa il servizio Haviland*. -

Il maggiordomo sollevò un sopracciglio, sorpreso da quell'ordine inaspettato e bizzarro. Un'attenzione tale per un dettaglio così frivolo stonava con la condizione di shock in cui il signorino si trovava dalla loro visita ai bassifondi. Cionondimeno, il demone assecondò il suo desiderio. - Haviland? Intendete quello decorato con i fiori rossi? -

Il ragazzo confermò con tono deciso. - Quello. -

- Certamente, my Lord. - Sebastian fece una pausa prima di aggiungere una domanda. - Potrei essere così indiscreto da chiedervi la ragione di questa scelta? -

La voce di Ciel si ridusse nuovamente a un sussurro infantile venato di tristezza. - Era il suo preferito. - rispose con semplicità, come se ciò spiegasse ogni cosa. E così era, in effetti.

Sebastian comprese e sorrise alla volta del suo padroncino. - Capisco. Portate un po' di pazienza, per favore, Sarò di ritorno non appena il latte sarà pronto. -



Il demone si recò nella cucina della villa, versò il latte in un pentolino e attese che il fuoco scaldasse la bevanda.

Preparò con cura il servizio indicatogli dal padroncino, con i decori floreali di un rosso squillante che si stagliavano sul raffinato bianco perla della porcellana.

Era il suo preferito.

Il signorino aveva ragione: Madame Red trascorreva interi minuti ad osservare quei fiori cremisi tra un sorso di tè e il successivo.

Sebastian non aveva pensato a quel dettaglio fino al momento in cui il ragazzo non aveva pronunciato la frase che gli aveva chiarito ogni cosa. Del resto, non era nella natura di un demone prestare attenzione a certe forme di sentimentalismo tutte umane. Considerando poi che la zia materna si era rivelata una spietata assassina seriale ed era stata ad un soffio dal togliere la vita al suo stesso nipote, egli non immaginava che il padroncino potesse manifestare un così saldo attaccamento nei suoi confronti.

Omaggiarne la scomparsa scegliendo di utilizzare il suo servizio da tè preferito era un gesto che il maggiordomo non si aspettava, ma tipico del signorino. Era il suo modo di congedarsi dall'ultima componente della famiglia e, forse, anche da ciò che rimaneva della sua infanzia ridotta a brandelli.

Se quello era il suo volere, Sebastian l'avrebbe rispettato; ma non gli avrebbe addolcito la pillola della realtà. Inutili consolazioni avrebbero solo ferito il suo orgoglio, oltre a non portare alcun beneficio. Conosceva il suo padroncino ormai da abbastanza tempo: aveva compreso la modalità secondo la quale egli assorbiva ed elaborava il lutto.

Quella notte l'avrebbe lasciato vivere il suo dolore in quel modo fanciullesco che a volte tendeva a riemergere ed era meglio assecondare. Da quando erano rientrati a casa, aveva infuso nelle sue cure verso il padroncino il massimo della gentilezza di cui era capace e gli avrebbe permesso di aggiungere al latte caldo tutto il miele che desiderava. Forse il signorino gli avrebbe perfino ordinato di rimanere con lui fino a quando si fosse addormentato. Andava bene così, per il momento.

Tuttavia Sebastian sapeva che, a partire dalla mattina seguente, il suo padrone sarebbe tornato ad essere il fiero erede della casata Phantomhive, di nuovo pronto a fare i conti con la spietatezza del proprio destino a testa alta. Soccombere alla crudeltà della sorte non era un'opzione accettabile per il signorino. Non lo era mai stata.

Quel pensiero provocò a Sebastian una fitta di bramosia. Il demone si passò la lingua sulle labbra e sorrise: le circostanze drammatiche che il padroncino stava affrontando, avrebbero reso ancora più squisito il suo premio finale.

Il sapore scialbo e insipido delle anime di bassa qualità non lo aveva mai soddisfatto. Ma il suo palato non era neppure appagato dal gusto esageratamente dolce e stucchevole di un'anima baciata dalla felicità o benedetta dalla fortuna. I sapori che egli anelava erano l'amaro di sofferenza e tormento, lo speziato di odio e rancore covati a lungo, l'agrodolce di desideri oscuri realizzati a caro prezzo e, ogni tanto, una leggera punta di dolcezza data dalla nobiltà incontaminata che talvolta anche l'animo più disperato riusciva a conservare, se forte abbastanza.

Sì, gli ingredienti che componevano l'anima di Ciel Phantomhive erano quelli che più gli stuzzicavano il palato. Sarebbe stato il miglior pasto della sua vita da demone, ne era certo.



Il maggiordomo bussò con garbo alla porta della camera prima di entrare, spingendo davanti a sé il carrello da portata sul quale erano posati i pezzi del servizio di porcellana.

Ciel giaceva nel letto appoggiato ai cuscini, le coperte fino all'altezza delle spalle e lo sguardo vuoto rivolto alla finestra.

- Il cielo è limpido, stanotte. - commentò, la voce priva di inflessione. - Riesco perfino a vedere Sirio. -

Sebastian lo raggiunse accanto al letto. - I vostri studi di astronomia stanno dando i loro frutti. -

- Trovo che siano più inutili perfino delle lezioni di danza. -

Il demone versò il latte fumante in una delle tazze. - Gradite del miele di lavanda, padroncino? -

Ciel posò sul suo maggiordomo uno sguardo perplesso. - Lavanda? -

Sebastian annuì. - Acquistato direttamente dalla Provenza. - rispose prontamente. - A quanto si dice, pare sia l'ideale per calmare lo spirito e assicurare una serena notte di riposo. - declamò.

Il conte si accigliò un poco. - Mmm. Calmare lo spirito? Immagino che la tua non sia stata una scelta casuale, vero? -

L'altro sorrise e chinò il capo con aria modesta. - Mi sono preso la libertà di immaginare che avreste apprezzato e tratto beneficio da queste proprietà. Dopotutto, che maggiordomo sarei se non prestassi attenzione alle necessità del mio padroncino e non agissi di conseguenza? Allora, volete provare? -

Ciel prelevò una generosa quantità di miele dal barattolo e lo lasciò colare nella tazza. Gli era sempre piaciuto osservare il nettare dorato tuffarsi nel latte e scomparire sul fondo.

Il primo sorso della bevanda miracolosa bastò a dissipare gran parte del gelo che gli opprimeva il petto. Bevve con avidità in cerca di quel potere lenitivo e consolatorio che l'unione di quei due semplici ingredienti era capace di esercitare sugli affanni dell'animo fin da quando era piccolo.

Sebastian decise di concedere al suo padrone qualche minuto di privacy, lontano dal suo sguardo, e iniziò a preparare la camera per il riposo notturno. Controllò che tutte le finestre fossero ben chiuse, dopodiché sciolse i lacci delle tende e sbarrò la strada alla luce che l'indomani si sarebbe fatta largo nella stanza disturbando il sonno del signorino: in quanto maggiordomo, l'onere e l'onore di destare il ragazzo spettavano solo a lui.

Sollevato dal fatto che Sebastian si stesse dedicando ad altre attività e non fosse rimasto in piedi a fissarlo con i suoi occhi di brace, Ciel avvolse le mani intorno alla tazza e il calore del latte al suo interno filtrò attraverso la finissima porcellana decorata, oltrepassando l'epidermide dei suoi palmi e regalandogli un momentaneo sollievo unito però all'amarezza del ricordo di Madame Red. La zia Angelina: a volte un po' eccentrica ma affettuosa, allegra e sorridente. Amava così tanto il colore rosso: ogni volta che si recava alla magione dei Phantomhive per far visita al caro nipote era solita giocare a scacchi con lui e sorseggiare il tè da una delle tazze di quello stesso servizio.

Sovrappensiero, il ragazzo iniziò a carezzare con l'indice il bordo del recipiente, permettendo alla propria mente di navigare al largo attraverso le memorie più significative delle ore trascorse in compagnia della zia. Non assomigliava a sua madre Rachel, eppure in lei risiedevano molte qualità. Le era affezionato ed ella era sempre stata amorevole e premurosa nei suoi confronti. Un ritratto ormai insozzato dalla cruda verità appresa come esito della spedizione a Whitechapel, eppure impossibile da rinnegare completamente.

Fu un attimo. Si udì un secco crepitio e Ciel si lasciò sfuggire un gemito di sorpresa e dolore. La superficie circolare si era sbeccata all'improvviso provocandogli un piccolo taglio sul polpastrello. Una singola goccia di sangue vermiglio precipitò nel latte, infrangendone il perfetto candore.

- Signorino! Cos'è successo? State bene? -

Allarmato, Sebastian si era precipitato accanto al letto.

- Non c'è bisogno di agitarsi tanto. - lo rimproverò il conte, mostrandogli il taglietto superficiale. - Si è spezzato il bordo della tazza. Tutto qui. -

Il maggiordomo estrasse il fazzoletto dal taschino della giacca e glielo avvolse stretto intorno all'indice.

- Non starai esagerando? - domandò Ciel. - Si tratta solo di un graffio. -

- Vi chiedo perdono, padroncino, ma mi permetto di dissentire. - replicò il demone in tono pacato. - Siete l'erede della casata Phantomhive. Il vostro sangue è prezioso. Inoltre, come vostro maggiordomo, non posso permettervi di sanguinare davanti ai miei occhi, non importa quanto piccola possa essere la ferita. Sarebbe un'inaccettabile mancanza da parte mia. -

Ciel sospirò. - Suppongo di sì. - dopodiché abbassò lo sguardo verso la tazza sbeccata: dal puntino che era all'inizio, la goccia di sangue si stava sfilacciando lentamente, ampliandosi e creando un disegno indecifrabile di ghirigori rossi che fiorivano sullo sfondo bianco del latte. Un imprevisto che, in fin dei conti, coronava degnamente la commemorazione di Madame Red.

Sebastian seguì la direzione dei suoi occhi. - Sono desolato per questo inconveniente, signorino. Vi preparerò subito un'altra tazza. -

- Non ce n'è bisogno. - rispose freddamente il conte. - In ogni caso, d'ora in avanti non utilizzeremo più questo servizio. -

- My Lord? -

- Ti avrei comunque ordinato di disfartene. - chiarì il ragazzo, posando la tazza sul carrello. - E ora che uno dei pezzi si è danneggiato, è inutile conservarlo. Proprio come i ricordi a cui è legato. -

Sebastian sorrise: ecco che il bimbo addolorato già si faceva da parte per lasciare il posto al glaciale Conte Phantomhive. - Come desiderate, my Lord. -

- Puoi andare, adesso. - lo congedò il giovane, distendendosi nel letto. - Sono molto stanco e, ora che il caso di Jack lo Squartatore è chiuso, domani avremo parecchio lavoro da sbrigare. -

Il maggiordomo si inchinò e gli rimboccò le coperte. - Avete avuto una giornata pesante, padroncino, ma avete portato a termine il vostro dovere verso la Regina in modo esemplare, come sempre. -

Ciel arricciò il labbro con aria scostante e si girò nel letto dandogli le spalle. - Non ho bisogno delle tue lodi. -

Il sorriso trionfante di Sebastian si allargò: sì, quello era il suo padrone! - Bene, allora. Vi auguro un buon riposo. -

Sebastian raggiunse la porta con passo volutamente lento per dare il tempo al ragazzo di decidere se lo volesse al suo fianco mentre si addormentava. Ma l'ordine non arrivò e il demone uscì dalla camera spingendo il carrello.

Molto bene. Sembra che il signorino si stia riprendendo più in fretta di quanto pensassi. Questo mi faciliterà le cose.

Sollevò la tazza scheggiata e vide che sul bordo erano rimaste tracce del sangue del padroncino. Il suo istinto di demone lo invitava ad apporvi la lingua per saggiarne l'essenza. Tuttavia, sarebbe stato un comportamento inammissibile per un maggiordomo del suo livello e, almeno per il momento, quello era il ruolo a cui doveva attenersi.

Rimise la tazza sul piattino e iniziò a percorrere il corridoio. Aveva molti altri compiti ai quali attendere ma, per prima cosa, avrebbe eseguito l'ordine del signorino: disfarsi di quel servizio da tè infestato dal fantasma della zia. Una presenza ormai scomoda di cui egli non sentiva più il bisogno.

Certo, è un vero peccato distruggere un set di qualità così squisita. Sebastian sospirò prima di distendere le labbra in un sogghigno. Ma che razza di maggiordomo sarei, se disubbidissi a un ordine del mio padrone?




* Fondata nel 1842, Haviland è una rinomata marca di porcellane che si distingue per l'altissima qualità e il design innovativo e creativo delle sue produzioni.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3974428