Il cielo
era già minaccioso quella mattina all'alba ma il Corpo di
Ricerca
non poteva permettersi di rimanere fermo troppo a lungo quando era in
missione fuori dalle mura e il comandante Erwin aveva dato comunque
l'ordine di ripartire.
Per qualche
ora era andato tutto bene e i soldati avevano subito poche perdite
negli occasionali scontri. I problemi iniziarono però nel
primo
pomeriggio, quando le squadre di ricognizione segnalarono un nutrito
gruppo di giganti in rapido avvicinamento su due lati e le nuvole
divennero in breve tempo ancora più scure.
Il Corpo di
Ricerca fu quindi
costretto a virare in direzione di una provvidenziale foresta, che se
non altro avrebbe permesso loro di utilizzare i dispositivi per il
movimento tridimensionale e mettere al sicuro i materiali che stavano
trasportando, ma fu subito chiaro a tutti che sarebbe stato uno
scontro molto pericoloso. Combattere tra gli alberi durante un
temporale non era proprio il massimo, e il vento sempre più
forte
avrebbe inoltre aumentato parecchio il rischio di incidenti, ma
rimanere allo scoperto su un terreno pianeggiante con la
visibilità
ridotta da acqua e nuvole basse non era neanche pensabile.
Sotto la
guida di Erwin, di lì a poco i soldati sfrecciarono in aria,
cercando di abbattere il maggior numero di giganti nel minor tempo
possibile.
Tra i rami
si muoveva sicuro anche Levi, che nonostante la poca esperienza sul
campo, dimostrò come sempre il proprio valore evitando per
un soffio
la morte di tanti commilitoni.
Purtroppo
il vento e la pioggia, aggiuntisi in breve tempo, erano un ostacolo
anche per i più esperti, però, e a un certo
punto, trovandosi
davanti un gigante che non aveva visto fino all'ultimo, fece una
mossa azzardata per evitare la sua mano già pronta ad
afferrarlo.
Funzionò,
per fortuna, ma uno dei cavi del dispositivo perse la presa sul legno
e Levi, sbattuto prima di schiena contro il tronco da cui era partito
e poi in avanti su un grosso ramo reso scivoloso dall'acqua,
finì
per precipitare da una grande altezza senza riuscire a fermarsi.
Prima
ancora di realizzare bene cosa stesse succedendo, il giovane si
ritrovò infine a terra ai piedi di un albero con la netta
impressione di essersi rotto almeno metà delle ossa.
Incapace di
muovere un solo muscolo, dovette quindi rassegnarsi ad attendere che
qualcuno, umano o gigante che fosse, sbloccasse la situazione.
Nessuno dei suoi compagni ancora in aria sembrava essersi
accorto di nulla e in breve tempo chiuse gli occhi per tentare almeno
di alleviare le sue sofferenze.
Non seppe
mai quanto tempo fosse passato quando percepì una presenza
vicino a
lui e una voce lontanissima che sembrava
chiamare il suo nome. Si sforzò di aprire gli
occhi e dire
qualcosa ma le palpebre erano troppo pesanti e dalla bocca gli
uscì
solo un lieve lamento
a
malapena udibile.
La persona
al suo fianco però dovette sentirlo perché un
attimo dopo delle
dita gli sfiorarono una guancia prima di scendere in una carezza a
lato del collo in cerca del battito e questa volta Levi, incuriosito
da un tocco tanto delicato, riuscì a dare una fugace
occhiata al
mondo esterno, trovandolo più buio e caotico di quanto
ricordasse.
Qualunque suono gli
rimbombava
infatti nel cervello e anche le immagini, poco
più che
macchie di colore indistinte,
gli
vorticavano intorno in maniera decisamente anomala. La
testa,
ancor più di prima, sembrava davvero sul punto di esplodere
e gli
stimoli che riceveva peggioravano la situazione.
Fu
questione di pochi secondi perché la nausea, sempre
più forte, lo
convincesse a richiudere gli occhi con un gemito
mentre l'uomo biondo che aveva intravisto lo
tastava piano per controllare i danni,
facendolo quasi urlare di dolore per tutto il tempo.
Riuscì
a trattenersi mordendosi forte l'interno delle guance e al termine
dell'esame, semisvenuto, non si sforzò nemmeno di capire
cosa gli
stesse dicendo. In quel momento avrebbe solo voluto tornare nel buio
e nel silenzio totali che lo avvolgevano fino a poco prima. Dalle
palpebre chiuse filtrava infatti un minimo di luce e i rumori intorno
a sé - passi, voci e grida a cui
faticava a trovare un senso - erano quasi una tortura.
Un attimo
dopo si sentì sollevare piano da delle braccia forti e
il respiro gli si spezzò tra i denti con un sibilo.
Avrebbe
voluto dire all'uomo di lasciarlo lì a riposare ma la voce
non volle
saperne di uscire.
«Scusa,
Levi, ma devo portarti all'accampamento. Hai bisogno di cure»
gli
sussurrò mentre il giovane perdeva di nuovo conoscenza.
Rinvenne
poco dopo quando delle gocce d'acqua gelida lo colpirono in pieno
viso, scivolandogli poi nei vestiti già zuppi.
Rabbrividì
e cercò istintivamente di cambiare posizione, ricevendo in
cambio
una fitta lancinante che gli attraversò tutto il corpo. Gli
sfuggì un gemito di intensa sofferenza e quando
riaprì gli
occhi a fatica per cercare di capire la situazione, ne
incontrò
subito un paio azzurri e preoccupati. Levi si chiese dove li avesse
già visti e lentamente il nome del suo comandante riemerse
dai suoi
pensieri confusi.
«Resisti,
ci siamo quasi» lo rassicurò piano Erwin,
cambiando appena la
postura per ripararlo maggiormente dall'acqua che filtrava tra le
foglie. Il temporale si era spostato altrove, per fortuna, ma il
vento e la pioggia infuriavano ancora, sferzando senza pietà
i
soldati impegnati a soccorrere i feriti e recuperare i corpi dei
caduti in un punto in cui la foresta non era in grado di fornire,
purtroppo, un grande riparo.
Da quando
era diventato comandante, capitava di rado che il biondo si occupasse
di questa terribile incombenza, ma vedendo i pochi uomini che gli si
erano radunati intorno alla fine dello scontro, alcuni dei quali era
fondamentale che rimanessero all'accampamento per curare i feriti,
aveva deciso di dare a sua volta una mano nel tentativo di salvare
più vite possibili. Per
questo si era messo a
esplorare, con i suoi sottoposti, la zona al limitare degli alberi
dove avevano combattuto, e a un certo punto, nella penombra, aveva
individuato
la sagoma di un corpo che non avrebbe mai voluto vedere a terra. Per
fortuna, nonostante fosse evidentemente in pessime condizioni in quel
cantuccio che doveva averlo protetto dai loro temibili avversari,
l'amico respirava ancora ed Erwin, dopo un rapido controllo, si era
affrettato a prenderlo in braccio, con la massima attenzione,
per portarlo nell'accampamento che avevano allestito nella zona
più
fitta della foresta, dove era meno probabile che i giganti
riuscissero a raggiungerli. Doveva aver fatto proprio una brutta
caduta per ridursi così e il biondo ringraziava il cielo di
averlo
trovato ancora vivo ogni volta che i suoi occhi si posavano sul suo
volto. Per un attimo aveva davvero temuto il peggio vedendolo
immobile e pieno di ferite ai piedi di un albero in una posizione
innaturale ma era bastato il lieve
lamento
del più giovane per
sentirsi rinascere. Con un sospiro di sollievo aveva provato a
toccarlo e un
attimo dopo
gli occhi di Levi,
stranamente vacui, si erano aperti per qualche secondo. La sua
espressione e gli spasmi del suo corpo mentre valutava i danni non
erano un buon segno ma sperava che Hange,
più esperta di lui in medicina,
fosse in grado di rimetterlo in sesto come sempre.
L'amico
continuava intanto a scivolare dentro e fuori dall'incoscienza,
gemendo
debolmente ad ogni
piccolo movimento che lo scuoteva. Purtroppo, zuppi e congelati
com'erano, capitava spesso che rabbrividissero e avanzare nella
foresta sempre più buia con un ferito tra le braccia
esponeva in
continuazione entrambi al rischio di piccoli e grandi contraccolpi
che per il compagno dovevano essere molto dolorosi ma Erwin non aveva
intenzione di adagiarlo su uno dei carri che in quel momento
fungevano da barelle a più posti. Rami e pietre sotto le
ruote
avrebbero avuto come minimo lo stesso effetto e preferiva stargli
vicino finché soffriva così tanto.
Dopo un
tempo che gli parve lunghissimo, raggiunse finalmente l'accampamento
rassicurando Levi quando lo sentì muoversi
appena con un mugolio infastidito e gli occhi serrati nel
vano
tentativo di ripararsi dalla luce delle torce.
Con un
sorriso mesto, lo portò nel punto più riparato
dalla furia degli
elementi in cui erano stati radunati i feriti e Hange, vedendoli da
lontano, li raggiunse di corsa.
«Cos'è
successo?» chiese preoccupata.
«Non lo
so. L'ho trovato svenuto ai piedi di un albero al limitare della
foresta e temo abbia diverse ossa rotte.»
«Probabile»
confermò lei con un sospiro, dopo una rapida occhiata, prima
di fare
strada verso un posto ancora libero.
Levi
gemette ancora
quando Erwin lo adagiò delicatamente sulla coperta appena
stesa a
terra da Hange ma si rilassò di nuovo, per quanto possibile,
nel
sentire le dita del biondo accarezzargli piano la fronte aggrottata
per il dolore. Purtroppo l'amica aveva bisogno di aiuto per poter
togliere i vestiti bagnati senza causare guai peggiori e il
comandante, sia pure a malicuore, fu costretto a ignorare le deboli
proteste
del giovane per
fare la sua parte, ma cercò comunque di rassicurarlo ad ogni
lamento
che gli giungeva alle orecchie.
Quando
ebbero finito, la mano di Erwin tornò subito sulla sua
fronte mentre
Hange, con la visuale finalmente libera, controllava i danni
borbottando qualcosa tra sé di tanto in tanto.
Il biondo
avrebbe voluto seguire meglio quel che diceva per cercare di capire
la gravità della situazione ma ben presto fu troppo
impegnato a
tener fermo Levi sul suo giaciglio e sussurrargli parole di conforto
mentre questi cercava istintivamente di sfuggire al dolore che la
donna gli provocava muovendo un arto o tastandolo con
delicatezza.
«Ti sei
proprio rovinato in questo scontro, Levi» commentò
alla fine Hange,
osservando mesta l'amico.
«È molto
grave?» domandò preoccupato Erwin.
«No ma lo
aspetta un lungo periodo a letto nelle prossime settimane»
sospirò
lei, immaginando già le proteste del diretto interessato
alla
scoperta della diagnosi. Levi odiava dover stare in disparte mentre
le persone a cui teneva rischiavano la vita ma questa
volta non aveva scelta. Non era neanche pensabile che in
pochi
giorni riprendesse la vita di sempre con diverse fratture a gambe,
braccia e costole. Per fortuna le vertebre avevano resistito agli
urti ricevuti e il trauma cranico non sembrava troppo grave, ma ci
sarebbe comunque voluto parecchio per rimetterlo in piedi.
Mentre
spiegava la situazione al comandante, Hange valutò anche
rapidamente
le ferite provocate da alberi e rocce nel corso della battaglia per
poi andare a preparare una siringa di antidolorifico. Aveva avuto
bisogno della collaborazione di Levi, per quanto possibile, per
cercare di capire l'entità dei danni all'apparato
muscolo-scheletrico, ma gli avrebbe risparmiato almeno il dolore
delle medicazioni. Alcuni tagli e graffi erano sporchi di terra e
frammenti di legno di varie dimensioni, sicuramente conseguenza dei
rami spezzati nella caduta, erano conficcati nella pelle qua e
là.
Vedendola
tornare accanto all'amico con l'occorrente per l'iniezione, Erwin
ricominciò a parlargli a bassa voce per tenerlo tranquillo,
preparandosi a malincuore a bloccarlo di nuovo in caso di bisogno, ma
il giovane si limitò a stringere un attimo gli occhi quando
l'ago
gli punse un braccio, senza accennare il minimo movimento. Era troppo
intontito dal dolore e dalla stanchezza per capire davvero cosa stava
succedendo ma la presenza del comandante chino su di lui, sia pure un
po' sfocato le rare volte che ne cercava lo sguardo, lo aiutava a
rilassarsi, al punto che non fece neanche caso né al tocco
poco
delicato di Hange, né alla medicina che gli veniva iniettata
lentamente in vena. Accolse però con gioia lo strano torpore
che lo
invase di lì a poco, permettendo al suo corpo esausto di
abbandonarsi del tutto all'oblio.
«Con
questa andrà molto meglio, vedrai» lo
rassicurò inutilmente
l'amica quando estrasse l'ago prima di alzarsi di nuovo per prendere
dalle casse sistemate in un angolo tutto ciò che le sarebbe
servito
per medicarlo.
Erwin non
disse nulla, limitandosi ad accarezzare piano il volto pallido e
freddo di Levi che stava intanto scivolando nel sonno. Era un
sollievo non sentirlo più lamentarsi per il dolore che aveva
purtroppo contribuito a provocargli e per qualche minuto,
approfittando del momento di relativa calma nell'infermeria
improvvisata, aiutò a lavare e disinfettare le ferite prima
di
coprirle delicatamente con le bende senza ottenere la minima
reazione.
Ben presto
però un soldato lo richiamò ai suoi doveri di
comandante per
aggiornarlo sulla situazione e il biondo, chiaramente combattuto, non
poté fare a meno di girarsi un attimo verso l'amico.
«Vai
adesso. Ci penso io a lui» lo rassicurò la donna
in un sussurro,
nascondendo un sorriso intenerito e malizioso al tempo stesso, ed
Erwin, dopo un'ultima esitazione, si convinse infine ad allontanarsi
leggermente più tranquillo. Sapeva che Levi avrebbe
preferito che
restasse al suo fianco - il bisogno di affetto e protezione, di
solito ben nascosto, veniva sempre fuori quando stava particolarmente
male -, ma era certo di lasciarlo in buone mani e si ripromise di
tornare di nuovo appena possibile.
Raggiunse
quindi il soldato, che lo aspettava a qualche metro di distanza, e lo
seguì dall'altra parte dell'accampamento mentre Hange
continuava il
suo lavoro con la massima attenzione per non peggiorare ancora le
cose. Era strano vedere l'amico così tranquillo e silenzioso
mentre
gli medicava le ferite e rimetteva in posizione le ossa rotte prima
di immobilizzare gli arti danneggiati ma di sicuro era meglio
così.
Bene o male, avrebbe avuto fin troppo tempo nelle settimane
successive per sentirlo inveire contro di lei...
Finito il
suo compito, lo coprì bene con un'altra coperta prima di
raggiungere
a sua volta l'ennesimo carro appena tornato alla base. Per fortuna il
comandante aveva assegnato all'infermeria un buon numero di uomini
con conoscenze mediche abbastanza elevate, ma la situazione
sfavorevole alla battaglia aveva procurato davvero molti feriti di
varia gravità e i momenti successivi ad ogni nuovo arrivo
erano
sempre parecchio frenetici.
Dovette
passare qualche ora prima del ritorno di Erwin e Hange, avvertita da
un compagno della sua presenza nello spiazzo ormai pieno, gli si
avvicinò con un sorriso stanco aggiornandolo sulle
condizioni di
Levi, che era appena andata a controllare. Non si era più
svegliato,
per fortuna, e il suo sonno sembrava tranquillo per effetto
dell'antidolorifico.
Il
comandante, visibilmente sollevato, si sedette di nuovo al suo fianco
e gli sfiorò subito la fronte per sentire la temperatura,
stando
attento a non toccarlo in corrispondenza di una ferita alla tempia
che gli aveva fatto prendere un colpo quando l'aveva trovato nella
foresta. Stare al caldo e all'asciutto doveva avergli giovato, dal
momento che il suo volto aveva già ripreso un colore
più normale e
persino i tremiti del suo corpo sembravano essersi attenuati. Era
arrivato in tempo per salvarlo, per fortuna, e per un po' rimase
seduto accanto a lui in attesa che si svegliasse, contemplando
intanto dispiaciuto i segni dell'incidente di cui nessuno si era
accorto.
Ci sarebbe
voluto parecchio prima di vederlo sfrecciare di nuovo tra i rami con
quello stile tutto suo e si ripromise di stargli vicino il
più
possibile per aiutarlo a riprendersi in fretta nel modo migliore. Si
sentiva responsabile per lui da quando l'aveva praticamente costretto
a entrare nel Corpo di Ricerca, legandolo sempre di più a
sé alla
morte dei suoi amici, e di certo non poteva lasciare Hange a
fronteggiarlo da sola per chissà quanto tempo. Levi era
sempre stato
un paziente problematico che il più delle volte si placava
soltanto
in sua presenza ed Erwin voleva fare la sua parte per il bene di
entrambi.
A
strapparlo alle sue riflessioni fu un gemito sofferente e un attimo
dopo, abbassando lo sguardo, incontrò quello confuso e
leggermente
spaventato del compagno.
«Che è
successo?» domandò questi a fatica con una piccola
smorfia,
rinunciando subito al debole tentativo di guardarsi intorno.
«Sei
caduto da un albero durante la battaglia, immagino, ma non
preoccuparti. Guarirai» lo rassicurò Erwin.
«Come ti senti?»
aggiunse poi con leggera apprensione, facendo segno di nascosto ad
Hange, che si trovava a poca distanza, di avvicinarsi a loro.
«Sono
stato meglio» ammise piano Levi, a malincuore, dopo un attimo
di
silenzio.
«Dev'essere
finito l'effetto dell'antidolorifico. Te ne do subito un'altra
dose»
intervenne la donna dopo un rapido calcolo, voltandosi per andare a
prendere l'occorrente.
«Non ne ho
bisogno, Quattrocchi» la gelò subito il giovane,
riprendendo in un
attimo qualche briciola di energia e facendo intanto del suo meglio
per nascondere la sofferenza che cercava di smentirlo.
«Io invece
penso di sì» ribatté lei con calma,
preparando comunque la siringa
mentre gli occhi blu dell'amico sembravano trafiggerle la schiena.
«Non ho
chiesto il tuo parere» insistette Levi in tono tagliente.
«Hai un
trauma cranico e diverse ossa rotte, direi che il mio parere serve
eccome» lo rimbeccò Hange in tono di rimprovero,
voltandosi poi
verso il biondo per chiedergli con lo sguardo di darle una mano.
Sapeva che l'amico non sopportava di
essere sedato e non avere quindi, di conseguenza, il pieno
controllo della situazione, ma questa volta era davvero da pazzi
rifiutare. Vedeva dal suo sguardo che in realtà soffriva
molto ed
era pronta a dare battaglia per il suo bene.
«Ti ho
detto che non mi serve!» ribatté ancora il
giovane, testardo,
incenerendola con un'occhiataccia, ma i due compagni si accorsero
entrambi dell'ennesima fitta che lo fece sussultare leggermente.
«Sai anche
tu di averne bisogno, Levi. Lasciati aiutare» intervenne a
quel
punto il comandante con il suo solito tono calmo, decidendo di
mettere fine a quell'inutile sofferenza.
Come
sempre, lo vide esitare un attimo prima di rifiutare di nuovo un paio
di volte, con sempre minor convinzione, finché Hange non ne
approfittò per dare il colpo di grazia alla sua flebile
resistenza.
«E va
bene. Se preferisci che ci pensi Erwin...» disse allegra,
guadagnandosi l'ennesima occhiataccia da Levi e uno sguardo sorpreso
dal biondo, che però si riprese in fretta.
«Sai che
qualcuno deve farlo» gli fece notare giustamente l'uomo,
strappandogli un lieve sospiro.
«Questa me
la paghi, Quattrocchi» borbottò imbarazzato e
infastidito insieme.
«Certo,
certo» rispose tranquilla lei, decisamente soddisfatta per la
sua
resa, porgendo la siringa, ancora coperta, ad Erwin prima di andare
da un altro soldato che si lamentava piano lì vicino.
«Ti
prometto che resterò qui fino al tuo risveglio» lo
rassicurò il
comandante quando fu certo che si fosse allontanata e Levi
annuì con
un'altra piccola smorfia, dandogli tacitamente il permesso di
procedere. In fondo lo sapeva dall'inizio che sarebbe finita
così ma
non poteva proprio fare a meno di ribellarsi il più
possibile di
fronte a qualunque cosa minasse la sua capacità di
controllo. Per
troppo tempo aveva dovuto guardarsi le spalle sempre e comunque e non
essere in grado di farlo era forse la cosa che lo spaventava di
più,
anche se ormai era consapevole di potersi fidare abbastanza di Erwin
da lasciargli il compito di vigilare al suo posto per qualche ora,
con la certezza che davvero sarebbe rimasto al suo fianco per tutto
il tempo come Hange, impegnata ad assistere i feriti, non avrebbe mai
potuto fare. Senza contare che il comandante, sebbene affermasse il
contrario, aveva a suo parere la mano più delicata per le
iniezioni,
e anche questo non guastava.
Rabbrividì
quando il comandante scostò un poco la coperta e gli
disinfettò
l'incavo del braccio sinistro, miracolosamente libero dalle bende, ma
cercò di rilassarsi e lasciarlo fare senza pensare
all'effetto che
la puntura avrebbe provocato. Come sempre quando se ne occupava lui,
si accorse a malapena dell'ago che gli bucò la pelle e non
poté
fare a meno di sospirare di sollievo sentendo il liquido scendere
lento nella vena. Non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce ma il dolore
era davvero forte e per una volta era grato a entrambi per aver
insistito a dargli quell'odiata medicina.
«Dormi
tranquillo adesso» disse piano Erwin quando ebbe finito,
premiandolo
con una lieve carezza che gli scostò i capelli dalla fronte,
e Levi
chiuse gli occhi per godersela meglio. Non avrebbe mai creduto che
sarebbe finita così quando si erano conosciuti ma ora non
poteva
nemmeno immaginare di continuare quella vita senza di lui.
Ben presto
il sonno lo colse di nuovo mentre il biondo si sforzava invece di
resistere. Era stanco dopo la battaglia ma non voleva deluderlo.
Sapeva quanto fosse importante per Levi che qualcuno restasse vigile
per avvertirlo di eventuali pericoli, che in realtà non si
erano mai
presentati le rare volte che avevano dovuto sedarlo, ma alla fine gli
occhi gli si chiusero contro la sua volontà e al risveglio,
qualche
ora dopo, l'amico lo trovò addormentato con la testa
appoggiata a un
albero e una mano ancora vicina al suo volto.
«Si è
addormentato da poco ma gli ho dato il cambio» lo
informò
sorridendo Hange, con sua grande sorpresa, prima di abbandonare il
blocco su cui stava scrivendo per poterlo visitare, e per una volta
il giovane non protestò nemmeno per i suoi modi. Adesso che
era un
po' più lucido, gli dispiaceva che il comandante avesse
passato la
notte in bianco per lui, ma non poteva negare che gli avesse fatto
piacere quell'ulteriore dimostrazione di affetto nei suoi confronti.
Di certo non si sarebbe mai aspettato che “quella Quattrocchi
irritante”, come la chiamava tra sé, fosse subito
pronta a
prenderne il posto senza che Erwin, ne era sicuro, le avesse detto
nulla, ma non aveva motivo di non crederle.
Non fu
certo felice di sapere, qualche minuto dopo, che lo attendevano
settimane a letto ad annoiarsi, ma non osò inveire
più di tanto
contro di lei prima di cedere di nuovo alla stanchezza e a un'altra
dose di antidolorifico. Non se lo meritava, questa volta, e non
voleva svegliare il comandante con la loro discussione.
Dopo aver
borbottato piano qualcosa sulla sua scarsa delicatezza, si
limitò
quindi a mettersi più comodo nel caldo rifugio della coperta
che lo
avvolgeva con il viso rivolto verso la mano di Erwin, ringraziando
tra sé, per l'ennesima volta, quello strano istinto che il
giorno
della sua prima missione, nonostante tutto, gli aveva detto di
restare nel Corpo di Ricerca.
Prompt:
X fa una brutta caduta e Y deve portarlo al sicuro in pessime
condizioni meteorologiche.
Angolo
autrice:
Ciao
a tutti e grazie per essere arrivati fin qui! È la mia prima
Eruri e
non ho idea di cosa sia venuto fuori, ma spero che il risultato sia
almeno decente. Fatemi sapere che ne pensate, se vi va, e grazie per
il tempo che mi avete dedicato anche solo leggendo! <3
Come
ho accennato nell'introduzione, la fic avrebbe dovuto partecipare
all'iniziativa “Battleship challenge”
indetta dal gruppo fb Hurt/Comfort
Italia - Fanart & Fanfiction.
Mi raccomando, ringraziate anche l'admin e i membri del gruppo che
hanno votato il prompt se la storia vi è piaciuta,
perché senza di
loro non sarebbe probabilmente mai nata. ;)
Se
a qualcuno interessa, ho
fondato tempo fa un gruppo facebook principalmente su Fairy Tail ed
Edens Zero, ma anche sugli anime e manga in generale. Se volete
conoscere altri fan di queste bellissime opere, saremo ben felici di
accogliervi qui
(attenzione ai possibili spoiler se non seguite le scan online
però,
anche se cerco di stare attenta). Vi aspettiamo numerosi! :)
Penso
di non avere altro da aggiungere, quindi per ora vi saluto,
augurandovi una buona serata e buonanotte per dopo.
Bacioni
e alla prossima!
Ellygattina
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