La vita alta fa tendenza (E altri dieci imprescindibili dettami di moda)

di Ellery
(/viewuser.php?uid=159522)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


3. Ma che ne sai tu d’alta moda?


Hux non tentò neppure di nascondere il fastidio, quando Ren lo raggiunse. Gli rifilò un’occhiata velenosa.

«Almeno ti sei divertito?» ringhiò, mentre l’altro si chinava a contare gli spiccioli nel berretto di lana.

Lo sentì fischiare entusiasta:
«Non male! Quasi dieci euro… vali più come clochard che come generale, lo sai?»

«Fottiti.»

Si rialzò, spolverando rapidamente i propri abiti e recuperando il cappellino. Lo cacciò in una tasca, deciso a dimenticarsi della sua esistenza. Incrociò piccato le braccia al petto, soffiando nervose nuvolette di fiato.

«Allora?» incalzò dopo qualche attimo di silenzio.

«Allora cosa?» Ren lo stava fissando nuovamente con quell’aria ebete. Possibile che non riuscisse neppure a fare un semplice ragionamento? Lo aveva abbandonato fuori dalla cattedrale, lasciandolo al freddo per quasi un’ora ed era rispuntato come se niente fosse. Non gli aveva neppure chiesto scusa, o se desiderasse un the caldo o avesse bisogno dei servizi. Lo stilista se ne stava imbambolato, con le mani ostinatamente nelle tasche, e un’espressione tipicamente strafottente e disinteressata.

«Possiamo proseguire il nostro giro?» aggiunse stancamente, consapevole che aspettare una risposta dall’altro non sarebbe servito «Potremmo andare a vedere il Castello Sforzesco o la Pinacoteca di Brera…»

«Io ho fame.»

Ciondolò il capo, sconfortato. Perché Ren riusciva ad essere così irritante, ogni volta? Controllò di sfuggita l’ora, seguendo un display appeso sopra la galleria. Segnava quasi la una.

«Non puoi aspettare? Abbiamo fatto colazione tardi e… oh, tu ne hai fatte pure due.»

«Ma ho fame!»

Un bambino di cinque anni sarebbe stato più ragionevole. Sollevò la sinistra, indicando l’uscita della piazza.

«Da quella parte c’è il castello… non dista molto, potremmo fare una passeggiata. Lo visitiamo e poi andiamo a pranzo, che ne dici?»

«Ho fame adesso. Voglio un panzerotto di Luini.»

«Possiamo tornarci dopo!»

«è proprio qui dietro! Sai quanto ci mettiamo, ad andare fino al castello e ritorno? Troppo! Per allora mi sarò autodigerito dalla fame.»

«Che scemenze!»

Ren gli afferrò il polso e lo trascinò nuovamente verso le vie vicine, senza proferire altro verbo. A nulla valsero le sue protese. Il cavaliere era comunque più robusto e muscoloso di lui e anche senza Forza in circolo, riusciva comunque ad avere facilmente la meglio. Sbuffò e si arrese in fretta. Opporre ulteriore resistenza non sarebbe servito ad altro che aumentare il suo mal di testa. Si avviò pigramente dietro all’altro, maledicendolo silenziosamente.

 
***

 
«Facciamo una foto davanti al negozio, dai!»

Ren aveva cavato il cellulare di tasca, selezionando la modalità autoscatto. Hux spiò nello schermo, sconcertato. La nebbia ormai era così fitta che non si vedeva nemmeno ad un palmo dal naso. Era tanto densa da nascondere persino l’insegna della famosa panetteria, distante soltanto un paio di metri. Riusciva a stento a scorgere il proprio viso e quello di Ren, purtroppo terribilmente vicini: il cavaliere lo aveva acciuffato per le spalle, stringendosi a lui per sistemarsi nell’inquadratura.

«Ren, non si vede una mazza!»

«è perfetta!»

Il Click della camera immortalò quel momento e Ben Solo non perse tempo: caricò immediatamente la foto sul proprio profilo Instagram, inserendo svariate tag: #luini #panzerotti #Milano #ilovemilan #italy #iloveitaly #italianfood #bensoloinlove #sensitivesoul.

«Non capisco cosa ci sia di così straordinario» bofonchiò il generale, mentre già i primi like e commenti iniziavano a fioccare «è una foto di noi due in mezzo alla nebbia! Potremmo essere ovunque. Non si capisce affatto che siamo a Milano.»

«Ma che vuoi capirne di social network, tu?»

«Sarà, ma nel mentre… hai perso tempo. Guarda che coda si è formata!» aggiunse, indicando il lungo serpentone che si sviluppava dalla porta del negozio verso le strade vicine «Non solo non riuscirò a vedere il Castello Sforzesco… ma rimarrò anche a stomaco vuoto.» si lamentò, consapevole che quelle proteste sarebbero cadute nel nulla.

Quando Kylo Ren si metteva in testa una cosa, era impossibile fargli cambiare idea. Inoltre, non era sicuro di voler approfittare della pausa pranzo: chissà a che ora sarebbero riusciti ad entrare nel negozio! Avrebbero fatto indubbiamente tardi e non desiderava abbuffarsi prima della tanto sospirata cena da Cracco. Avrebbe chiuso il buco allo stomaco scroccando una punta piccina del panzerotto di Ren e poi avrebbe stoicamente resistito. In fondo, era abituato: quanto spesso era capitato, sul Finalizer, di saltare un pasto? Spessissimo. Non che se ne sentisse la mancanza: le barrette proteiche erano quasi peggio del digiuno stesso.

Prese a risalire la coda, contando silenziosamente i propri passi. C’erano almeno una cinquantina di persone assiepate, in attesa di poter mangiare uno dei famosi panzerotti. Naturalmente, la maggior parte stava discutendo sul gusto da richiedere: meglio il classico? Oppure spinaci e ricotta? O magari prosciutto e scamorza? Il solo cogliere quell’elenco di ingredienti agitava il suo stomaco in un borbottio incessante. Forse avrebbe potuto prendere qualcosa di piccolo giusto per temporeggiare? Ma…se poi gli avesse rovinato l’appetito per la sera. No, era più saggio resistere. Si costrinse ad ignorare il profumo fragrante che serpeggiava lungo la strada.

ntavolare una conversazione frivola con il suo compagno d’avventure, inoltre, gli avrebbe impegnato la mente:
«Sai, Ren… mi chiedevo… se tu avessi potuto scegliere un’altra meta, oltre a Milano, dove ti sarebbe piaciuto andare? Io stavo riflettendo su Roma. Potremmo allungare un po’ il soggiorno, che ne dici? Siamo già qui e dista poche ore di treno. Varrebbe la pena annullare i biglietti per il ritorno e prolungare la permanenza. Basterà solo qualche giorno. Magari poi potremmo scendere verso Napoli e vedere un po’ il sud Italia. Dicono facciano dei caffè stupendi da quelle parti.» interruppe il proprio monologo quando si rese conto di non avere risposte.
Scoccò una occhiata a destra e una a sinistra, prima di rendersi conto che il cavaliere non si vedeva da nessuna parte.

Tanto per cambiare, si disse. Ma perché succedono tutte a me?
 

***


Ren annuì compiaciuto alla gentile signora dalla sciarpa a fiori:
«Il suo nome?»

«Francesca.»

Alla mia cara Francesca,
Ben Solo
 
Firmò e restituì il blocchetto, prima di voltarsi e sollevare da terra un bambino, stringendolo tra le braccia. Sorrise, mentre la madre orgogliosa scattava una foto.

«Grazie a voi!» disse, restituendo il pargolo alla famiglia; un gruppetto di pensionati pugliesi si face da parte per farlo passare.

«Entri pure, signor Solo! Non stia qui fuori a prendere freddo.»

«Ma c’eravate prima voi…» protestò debolmente, ma l’intera comitiva lo spinse avanti.

Una anziana gli baciò le mani, benedicendolo con voce tremante:
«Siete una beatitudine da vedere.» gli disse, con un marcato accento barese «Quando verrete ad Altamura, vi faremo assaggiare il nostro pane che è una bellezza! Ah, vi farò delle orecchiette che vedrete come vi faccio cantare il palato.»

«Non ne dubito, madama.» rispose con un sorriso educato, varcando poi la soglia del negozio.

Si ritrovò a spiare un lungo bancone traboccante di panini, focacce e dei mitici panzerotti. Il signor Luini in persona gli stava sorridendo orgoglioso.

«Cosa posso offrirle, signor Solo?»

Indicò immediatamente un grosso panzerotto al prosciutto:
«Vorrei quello, per favore» disse, cavando il portafoglio dalla tasca «E una lattina di Sprite!»

Il fornaio, tuttavia, lo bloccò con un cenno:
«Non mi deve assolutamente niente. Offerto dalla casa! Anzi… se vuole altro, si serva pure. Non so, magari posso tentarla con un pezzetto di focaccia? O della pizza?»

«Troppo gentile, davvero. Accetto la pizza, ma una fettina proprio.»

L’uomo sorrise e gli elargì una abbondante porzione appena sfornata.
«Un altro panzerotto? Magari può portarlo ad un amico, se vuole?»

Ren ci pensò su e scosse immediatamente il capo:
«No, non si preoccupi. È molto gentile, ma… davvero, non saprei a chi regalarlo…»
 

***

 
Hux si accasciò contro un muretto, riprendendo fiato. Aveva girato per l’intero quartiere per più di due ore, chiamando Ren a squarciagola. Aveva provato a contattarlo al telefono, solo per ricevere continui avvisi di segreteria telefonica. Perché quell’idiota non gli rispondeva? Aveva bloccato il suo contatto senza dirglielo? Maledetto stronzo egoista! Di questo passo, non sarebbe mai riusciti a finire il giro turistico che si era prefissato.

Controllò rapidamente gli orari della Pinacoteca di Brera: sul sito era indicata una chiusura straordinaria per l’allestimento di una importante mostra in arrivo nel fine settimana. In effetti, quel giorno la galleria avrebbe serrato i battenti alle cinque del pomeriggio, a cui mancava sempre meno. La nebbia si era fatta ancora più spessa e l’imbrunire si stava rapidamente avvicinando. In tutto questo, non vi era alcuna traccia dello stilista. Non capiva affatto quel talento innaturale di Ren nel perdersi: riusciva sempre a sparire nei momenti peggiori, per poi rispuntare dal nulla come se niente fosse. Naturalmente, avrebbe dovuto sentirsi almeno un po’ preoccupato: e se fosse stato rapito da dei terroristi dell’alta moda e tenuto in ostaggio per un riscatto? Magari dei No-Global lo avevano catturato e avevano dato fuoco all’intera collezione di pantaloni a vita alta…

Si cullò qualche attimo in quella fantasia: non era così male, dal proprio punto di vista. Tuttavia, non poteva succedere oggi! Non quando Ren aveva prenotato da Cracco. Era l’unica chance di salvare una giornata catastrofica.

Si costrinse a staccarsi dal muricciolo e a riprendere il cammino. Gli facevano male i piedi e le dita iniziavano a soffrire di un principio di ipotermia. Aveva fame e lo stomaco borbottava ormai incessantemente; si era pentito in fretta di non aver consumato neppure un pranzo frugale, ma ormai era tardi per i ripensamenti. Inoltre, il buio sarebbe presto calato e con esso le speranze di ritrovare il cavaliere si sarebbero ridotte ancora di più. Frugò nelle tasche della giacca, cavandone lo smartphone. Decise di fare un ultimo tentativo, digitando rapidamente il numero dell’ex-collega.

Risponde la segreteria telef…

Una voce squillante interruppe il disco:
«Pronto?»

«Ren! Si può sapere dove Kriff sei finito?!» urlò, incurante dei passanti che lo fissavano di sbieco.

«Oh, sono proprio dietro di te.»

«Come?» aggrottò la fronte, voltandosi immediatamente. Lo sguardo chiaro scandagliò immediatamente le figure lungo la via, sino ad individuarne una che saltellava sul posto. Notò un allegro sbracciarsi «Da quanto sei lì?»

«è da un po’ che ti sto seguendo. Mi domandavo dove fossi diretto…»

«Ti stavo cercando, Ren…»

«Ottimo! Mi hai trovato! Ora spetta a te nasconderti… io conto fino a dieci, d’accordo?»

«Ren…»

«D’accordo, dieci è poco. Trenta?»
 

***
 

La visita alla Pinacoteca era saltata, così come quella al Castello Sforzesco. Dopo una accesa discussione, avevano - quasi di comune accordo - deciso di ritirarsi presso la loro stanza. Hux si era concesso una lunga doccia calda, cercando di togliersi di dosso il nervoso. Quella giornata era stata semplicemente una catastrofe. Per quanto ancora avrebbe dovuto sopportare i capricci di Ren? Per fortuna, poteva essere ancora salvata: il ristorante di Cracco li stava aspettando.

Per l’occasione, aveva indossato il suo migliore completo: una giacca nera, coordinata ai pantaloni e a delle oxford lucide. Aveva rinunciato alla cravatta in favore di un papillon color antracite, che si sposava perfettamente con il gilet che vestiva sopra la camicia inamidata. Aveva sistemato i capelli con una abbondante dose di gel, schiacciandoli con cura ai lati della fronte perché non sfuggisse nemmeno una ciocca. Infine, aveva recuperato la giacca e atteso il compagno fuori dalla porta.

Ren non ci aveva messo molto a raggiungerlo. Aveva selezionato una blusa color melanzana, abbinata a degli atroci pantaloni a vita alta. Ai piedi, dei sandali di cuoio e degli osceni calzini di spugna. Aveva rinunciato a qualunque giacca in favore di un poncho sudamericano dai vaghi disegni aztechi. Per finire, aveva selezionato un paio di inopportuni occhiali da sole.

«Non hai niente di meglio da metterti?» aveva sbuffato Hux, poco prima d’essere liquidato con un cenno scocciato.

«Ma che ne sai tu d’alta moda?»




 




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3980480