Mowgli capitolo 6
Quando Mowgli arrivò al villaggio degli uomini mise tutti i
bufali nelle stalle in modo ordinato e preciso. I mandriani che lo accolsero
erano sconvolti da quanto fosse capace il ragazzino nel suo primo giorno. Il
bramino confermò che nessun bufalo era andato perso. Kamya gonfiò il petto di
orgoglio e mise una mano sulla spalla di Mowgli: “Sono molto fiero di te
Nathoo. Visto che non è così difficile ambientarsi nel villaggio se scopri
quello in cui sei dotato. Grazie mille bramino Purun, per l’occasione data a
mio figlio. Nathoo su, ringrazia anche tu”.
“Grazie bramino Purun”, disse Mowgli e lo intendeva davvero.
L’uomo grasso sorrise: “Non ringraziate me, ma gli dei che
mi hanno ispirato questa idea. Bene, ora vi lascio, vado a riposare. Il mio
cuore non è più abituato e oggi ho fatto una corsa tremenda”, si diresse verso
il tempio appoggiandosi al bastone. Mowgli aggrottò le sopracciglia: “Cos’è
successo perché il bramino si sia messo a correre?”, chiese sbalordito a Kamya.
“Haha. Si in effetti il bramino Purun è più un uomo di
preghiera che azione. Non ci crederai mai, ma sono passate tre scimmie nel
villaggio e hanno rubato tutti i manghi del tempio. Buldeo le ha inseguite a
suon di fucile ma gli sono scappate via. Dopo tutte le vanterie sul gran
cacciatore che è. Tu invece? Niente di strano durante il pascolo di oggi?”
“Assolutamente niente”, mentì Mowgli ancora sovraeccitato
dall’incontro con Baloo. Non vedeva l’ora di raccontarlo a Shanti, l’unica che
gli avrebbe creduto.
Kamya e Mowgli si avviarono verso la grande casa. Quando
entrarono furono accolti da un profumo invitante e trovarono la tavola
imbandita delle leccornie più disparate. Messua li accolse con un sorriso: “Un
mandriano che ha faticato tutto il giorno ha bisogno di una cena robusta”. Mowgli
e Kamya restarono a bocca aperta davanti a quello spettacolo. Il bambino corse
ad abbracciare Messua. Poi si scostò e lasciò che Kamya baciasse la moglie.
“Grazie tesoro”.
“Aspetta non è finita. Shanti vieni”. La porta della cucina
si aprì lasciando entrare Shanti e la madre. “Ho pensato che stasera visto che
è un occasione speciale da festeggiare, Shanti e Uma potevano unirsi a noi”,
disse felice la donna strofinando il braccio al marito. Kamya era un po’ restio
a cenare con le serve ma era così contento che volle accontentare la moglie.
Le due shura si avvicinarono. La bambina teneva felice un
grosso vassoio di manghi. Mowgli spalancò gli occhi: “Manghi? Ma come?”
“Quel bruto di Buldeo ha quasi preso Shanti con una
pallottola oggi”, disse Messua accarezzando i capelli della bimba, “È tornata
fradicia dopo che la brocca era andata in frantumi. Vero Uma?”
“Sì, signora”, disse pacata la madre di Shanti. Mowgli si
scurì subito in volto. Shanti lo rassicurò che stava bene. “Comunque, sono
andata da quel cacciatore da quattro soldi e l’ho messo al suo posto. Lui si
giustificava dicendo che Shanti sia una serva, perciò la pallottola sparata
valeva più della testa che avrebbe colpito. Riesci immaginare Kamya? Ad ogni modo,
è arrivato il bramino Purun e mi ha dato ragione. E visto che ormai tutti i
manghi del tempio erano stati colti mi ha dato tutti quelli che si erano
salvati dall’inseguimento con le scimmie. Sei contenta Shanti? So quanto ti
piacciono”. La bambina ringraziò mite.
“Beh, basta parlare e mangiamo”, disse Kamya sfregiandosi le
mani.
I cinque mangiarono e
risero a sazietà. Mowgli raccontò senza troppi dettagli la sua prima giornata
da mandriano. Mentre gli adulti discutevano tra loro sussurrò a Shanti che l’indomani
le avrebbe detto veramente cos’era accaduto. “Cosa?”, chiese Shanti a metà tra lo
spavento e l’eccitazione. “Aspetta domani”, rispose beffardo lui.
Nel corso della cena poi, quando cominciarono a mordere i
manghi succosi, le bisbigliò serio che la vita di lei valeva molto più che un
cesto di manghi, la vita di Shanti valeva più di tutti i manghi del mondo, se
fosse stato presente quel pomeriggio quando Buldeo le aveva sparato gli avrebbe
fatto assaggiare la vera forza di un lupo. “Non è giusto”, protestò, “Perché
una persona bella e buona come te deve essere trattata come uno scarto mentre
persone orrende come Buldeo vengono rispettate e possono fare i loro comodi?
Questa storia delle caste è sbagliata, sbagliata!”
“Shhh. Ti prego non ti agitare Na–”, disse Shanti. Non voleva che attirasse l’attenzione del
padrone e rovinasse quella bella occasione, poi sussurrò ancora più piano: “Mowgli”.
Il bambino rimase sorpreso che Shanti trovasse il coraggio di dire quel nome,
anche se a sottovoce, con i genitori a pochi metri più in là. Lei sorrise alla
sua espressione sconvolta: “Tua madre ha detto che posso usarlo. Anzi, forse
non dovrei dirtelo ma credo voglia cominciare a usarlo anche lei”.
“Davvero?”, chiese incredulo Mowgli.
“Sì”, rispose Shanti, “Ha detto che hanno sbagliato a
cercare di chiamarti Nathoo viso che non è il tuo vero nome. Vuole cercare di
convincere Kamya a cambiare idea pure lui”.
“Che cosa state bisbigliando voi due?”, chiese Kamya.
“Oh, lasciali”, lo riproverò giocosamente Messua, “Lascia
che si divertano. Si sono stufati di parlare con noi vecchi. Sono in quell’età
in cui cominciano a fare tesoro di qualche segreto che i genitori non sanno. Piccoli
segreti preziosi e non tanto pericolosi da doverglieli far confessare. Anzi se
non gli lasciamo tenere quelli andranno di sicuro a nasconderci le cose più
importanti quando saranno grandi”, disse Messua guardandoli con occhi scintillanti.
Mowgli sorrise alla donna che lo chiamava figlio. Era la
prima volta che gli sembrava di sentire una lezione vera e
importante in quel villaggio. Vedeva Messua come una donna molto dolce colma di
amore e premure per lui ma finora non l’aveva mai sentita fare discorsi del
genere.
“Già” le diede ragione Kamya, “Mi ricordo quando avevo la
sua età e trovai anch’io il mio piccolo segreto” strinse la mano della moglie.
Finita la cena Shanti e la madre tornarono verso casa loro e
Messua e Kamya mandarono a letto Nathoo visto
che doveva tornare al pascolo il mattino dopo.
Il cucciolo d’uomo si mise sotto le coperte incapace di
dormire dopo tutte le emozioni di quella giornata. Domani avrebbe potuto
rivedere Baloo. Lo avrebbe visto tutti i giorni. Kamya finalmente gli sorrideva
ed era contento di lui, non vedeva più quella tristezza profonda negli occhi di
Messua. Forse da lì in poi le cose sarebbero andate nel verso giusto.
Mentre si rigirava nel letto con quei pensieri sentì delle
voci dalla stanza accanto. “No, questo no”. Era Kamya e sembrava un po’
alterato. “Andiamo Kamya. È un nuovo inizio per la nostra famiglia
e per nostro figlio. Hai visto che il ruolo di Nathoo pensato per lui non gli
sta bene. Ma la sua parte ancora legata alla giungla, il suo lato più… Mowgli,
quello è ciò che lo ha fatto fare faville con la mandria”.
“Messua per favore non rovinare la prima giornata felice
dopo tanto tempo. Andiamo a letto e basta”.
“Ma Kamya”.
“Niente ma. Una cosa è lasciarlo fraternizzare con la
servetta. Per ora è solo e ha bisogno di un’amica. Una cosa è lasciare che giri
mezzo nudo per il villaggio. Dopotutto è ancora bambino. Che faccia pure il
mandriano se è l’unica cosa che sa fare, non c’è niente di vergognoso in un
lavoro onesto. Ma mai, mai lascerò che se ne vada in girò chiamandosi mio
figlio e portando quel nome ridicolo”. Seguirono alcuni attimi di silenzio.
“Perché Kamya? Perché amore mio? È soltanto un nome. Se tu
non ti chiamassi più Kamya, ma Rajej o Kim o che so io, non cambierebbe l’uomo
che sei, né l’amore che provo per te. Cambierebbe il tuo affetto per me se io
non mi chiamassi più Messua?”, disse con tono dolce.
“Non è questo, e lo sai”.
“No invece, non lo so. Andiamo, dimmi cosa ti cambia tanto
che tuo figlio si chiami Mowgli o Nathoo? Che problema c’è?”
“Perché...” il marito grugnì irritato e spazientito a
doverle spiegare una cosa del genere, “Perché quel bambino non è Nathoo. Non è
nostro figlio è lo sai bene anche tu”. Mowgli ascoltò ancora più attentamente
la voce alta di Kamya. “Nostro figlio è morto dieci anni fa nella giungla.
Quello lì è un trovatello che si sarà smarrito anche lui fino a dimenticare gli
usi umani, ma non è nostro figlio. L’unico motivo per cui lo abbiamo accolto è
perché il bramino sa quanto siamo ricchi e quanto tu sia ancora attaccata al
ricordo di Nathoo. Anch’io ho sofferto come te ma sono andato avanti. Tu ti sei
talmente tormentata dietro il pensiero del nostro bimbo...” la voce gli si
incrinò, “... che ci è stato ingiustamente portato via, che non appena hai
visto quel ragazzino nella piazza, hai voluto vedere Nathoo. Ma non è così. Ora
in questo modo il bramino ha avuto dell’argento in più nelle sue tasche e tu
l’infante che hai sempre voluto coccolare”.
Calò un silenzio terribile. Mowgli sentì la pelle d’oca
sulle braccia. Il silenzio fu rotto dai singhiozzi di Messua: “Kamya io lo so.
Sniff, ne sono consapevole. Ma perché questo dovrebbe rendere le cose meno
belle che se fosse stato nostro figlio? Ci è stata donata una gioia
immensa come puoi non esserne felice anche tu?”
“Perché io non ho scelto di accoglierlo in casa mia, sei
stata tu. Se non ti fossi gettata subito al collo di quel bambino gridando a
tutti che era nostro figlio qualcun altro si sarebbe appioppato quella mezza
scimmia. Io non lo volevo, ma per amore del tuo cuore che si stava spegnendo
nel lutto di Nathoo, ho acconsentito. Ora sono diventato lo zimbello del
villaggio, con un figlio adottato che è sempre sulla bocca di tutti. Ma potrei
passarci sopra. Su quello e sul mare di rupie speso per rimediare ai suoi
errori. Ma Messua, il nome… Almeno quello me lo devi lasciare. Almeno le
apparenze vanno mantenute. Sarà un ragazzo dalla mente semplice, irresponsabile
e ingenuo, ma deve portare il nome di mio figlio. Dopo Nathoo speravo che
avremmo potuto avere qualche altra benedizione che colmasse la sua perdita, per
poter ricominciare. Invece il nostro matrimonio è stato arido di frutti come il
deserto e prosciugato di ogni gioia come il letto del Waingunga in secca. Sono un uomo ricco Messua e
questo allontana l’amicizia della gente e fa proliferare l’invidia e il
biasimo. Tutto il lavoro che ho fatto per costruire quello che abbiamo e
soddisfare ogni tuo desiderio, sarebbe scomparso con me, non lasciando alcun
ricordo. Al massimo sarei diventato il prossimo usuraio fantasma dentro una
tigre delle storie del Buldeo di turno. Ma con un figlio tutto ciò può andare
avanti. Un figlio porterebbe avanti il mio lavoro, un figlio non mi
disprezzerebbe per il mio lavoro. Tutto questo pensavo, quando ho stretto
Nathoo fra le braccia la prima volta. E quello che ho sperato di mantenere
almeno di facciata con quel bambino della giungla. Questo sarà il figlio che
porterà avanti il nome della mia famiglia e preserverà la mia memoria e il mio
onore contro tutte le malelingue. Grazie a questo figlio, nessuno ti giudicherà
per i tuoi soldi, nessuno oserà sparlare alle tue spalle, Kamya. Ma appunto mio
figlio deve essere: Nathoo. Il figlio che abbiamo avuto dieci anni fa, non
Mowgli. Con quel nome ammetterei che sto facendo l’elemosina a un essere più
animale che uomo, che per quanto ne sai potrebbe essere l’orfano di un
intoccabile. Perciò, no Messua. Non lo chiamerò mai Mowgli. Questa è la mia
decisione definitiva. E non voglio sentirti pronunciare quel nome mai più”.
Mowgli affondò la faccia nei cuscini soffocando i
singhiozzi.
Kamya lanciò un lungo sospiro poi disse a Messua che non
voleva che stessero arrabbiati prima di andare dormire e le sussurrò qualche
parola per calmare la situazione. La donna lasciò impassibile che l’atmosfera
si placasse poi si addormentò insieme a lui. Mowgli invece rimase ancora con
gli occhi aperti e lucidi per molto tempo prima che la stanchezza avesse la
meglio su di lui.
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