milady
La notte era scesa sull'Inghilterra e
sulla magione dei Phantomhive. Una notte fredda e tempestosa
accompagnata da raffiche di vento che si abbattevano con violenza
sulle finestre e producevano un fischio acuto.
La giornata era scivolata via placida e
senza incidenti significativi, fatta eccezione per l'arrosto
carbonizzato da Bard, secondo il quale l'uso del lanciafiamme in fase
di cottura avrebbe concesso di risparmiare una considerevole quantità
di tempo; un intero servizio di piatti ridotto in frantumi da Mey
Rin, inciampata nel tappeto a causa dell'ipermetropia (quegli
occhiali andavano assolutamente sostituiti); e un'intera fila di
cespugli inavvertitamente decapitati da Finny, ancora poco pratico
nell'uso della sega elettrica unita alla sua forza sovrumana.
Ordinaria amministrazione, insomma.
Sebastian aveva scosso la testa e sospirato stancamente davanti al
trio di domestici mortificati. Erano senza speranza. Sgridarli per
l'ennesima volta avrebbe portato a un ben magro risultato, d'altra
parte, quei tre zucconi non erano certo stati assunti al servizio
della casata Phantomhive per le loro doti di cuoco, governante e
giardiniere. Erano ben altri i requisiti che avevano permesso loro di
entrare a far parte della servitù del Cane da Guardia della
Regina...
Come al solito, era toccato a lui
risolvere ogni cosa. Se non altro, la fortuna aveva voluto che quel
giorno non fosse prevista la presenza di ospiti al maniero,
circostanza che avrebbe reso il tutto ancora più complicato.
Qualche ora prima, il maggiordomo aveva
preparato il suo giovane padrone per la notte e gli aveva rimboccato
le coperte come ogni sera, per poi congedarsi con un inchino.
Dato che, in quanto demone, non
necessitava di dormire, Sebastian trascorreva le notti presidiando la
tenuta, studiando per migliorarsi nel suo ruolo di maggiordomo e
portandosi avanti con le faccende del giorno dopo.
Stava, per l'appunto, compiendo uno dei
suoi giri di perlustrazione intorno alla proprietà, protetto dalla
pioggia battente sotto un grande ombrello nero, quando il suo udito
finissimo colse un debole suono che emergeva a fatica tra lo scroscio
dell'acquazzone e l'ululato del vento. Un suono inconfondibile che da
sempre suonava alle sue orecchie come un dolcissimo richiamo di
sirena al quale non poteva resistere.
Si pietrificò e rimase in ascolto.
Quando lo udì nuovamente, si precipitò verso il punto del giardino
dal quale proveniva la fonte di quello che ricordava un flebile
gemito.
Il demone s'inginocchiò nell'erba
bagnata e trovò una gattina riversa a terra, sotto una siepe. Era
fradicia ed emetteva deboli miagolii sofferenti. Il pelo nero rendeva
difficile individuarne la sagoma, ma gli occhi di Sebastian erano più
acuti di quelli umani e non gli sfuggì il dettaglio di una grossa
spina conficcata in una delle zampe anteriori della bestiola.
- Oh, povera creatura! -
L'animale mandò un altro fievole
lamento alla volta del demone, come una richiesta di aiuto.
Sebastian si sentì sciogliere il
cuore. I gatti erano gli unici esseri che riuscissero a fargli
provare quella sensazione.
Allungò il braccio e sollevò il corpo
flessuoso della gatta, portandoselo al petto, attento a non
danneggiare ulteriormente la zampa ferita. La micia tremava di freddo
e paura contro di lui ma al contempo fissava il suo salvatore con gli
occhi di giada intelligenti e venati di diffidenza e sospetto, tipici
dei felini.
E questo spilungone? Vuole aiutarmi
oppure è un altro di quei fissati con la storia della sfortuna e
intende farmi fuori?Se è così, venderò cara la pelliccia, ci può
scommettere!
Il maggiordomo osservò il gonfiore che
iniziava a circondare il punto in cui la spina era penetrata sotto il
pelo. Andava rimossa al più presto, prima che l'infezione potesse
avanzare. C'era solo un piccolo problema da tenere in
considerazione...
- Il padroncino è allergico e non
approverebbe mai un gatto in casa. - rifletté Sebastian ad alta
voce, esalando un sospiro amareggiato. - Ma non posso lasciarti qui
sotto la pioggia in queste condizioni. Sarebbe imperdonabile. D'altra
parte, non mi è mai stato ordinato espressamente di non tenere gatti
nella mia stanza. Dovrò solo stare attento a non farmi
scoprire, giusto? -
La gatta lo guardava con attenzione,
soppesandolo. Alla fine, decise che quello strano individuo pareva
tutto sommato innocuo ed emise un corto miagolio di assenso.
Non ho la minima idea di chi sia
questo padroncino né di quale problema abbia con noi gatti, ma se
hai deciso di aiutarmi, allora smettila di rimanertene lì impalato e
datti da fare, spilungone in nero!
Sebastian le sorrise e l'avvolse nel
soprabito. - Ti porto subito all'asciutto. Non posso accettare che
una creatura splendida come te se ne stia qui fuori con questo
acquazzone e, per di più, con una brutta ferita alla zampa. -
Creatura splendida, dici? Be',
quantomeno hai buon occhio.
La camera che Lord Phantomhive aveva
assegnato al suo maggiordomo assomigliava più a una cella monastica
che a un alloggio vero e proprio. L'arredamento era spartano ed
essenziale ma al demone non era mai importato granché di
quell'apparenza modesta. L'ambiente, confinante con la cucina, era
caldo e privo di umidità nonostante la tempesta che imperversava
all'esterno.
- Eccoci qui, Milady. Spero che la
vostra sistemazione per questa notte vi sia gradita. -
La gatta si guardò intorno, esaminando
la camera.
Non sarà Versailles, ma è meglio
che starsene là fuori con questo tempaccio.
Sebastian la depositò sul letto e si
tolse la giacca del frac. La micia aveva smesso di tremare ma
appariva ancora sofferente a causa della zampa infortunata.
- Bene. - fece il demone, frugando
nell'armadio. - Ora occupiamoci di quella ferita. Se ricordo bene,
qui dovrebbe esserci l'occorrente per le medicazioni... -
Dal fondo di un cassetto, estrasse una
boccetta di disinfettante, una garza di cotone e delle bende.
Arrotolò le maniche della camicia fino ai gomiti e s'inginocchiò ai
piedi del letto per esaminare la lesione.
La gatta si ritrasse istintivamente
quando tentò di toccarla.
Ehi! Che accidenti credi di fare?Giù
le mani!
Sebastian
le parlò con dolcezza. - Sono
profondamente dispiaciuto, Milady, ma quella spina va rimossa al più
presto. Lasciate che vi aiuti. -
La felina gli scoccò un'occhiata
sospettosa ma alla fine capitolò e si affidò alle cure del demone,
senza smettere di fissarlo minacciosa neanche per un secondo.
Ti tengo d'occhio, Spilungone. Bada
a quello che fai.
- Bene, così dovrebbe andare. -
La gatta scrutò la zampa bendata con
aria perplessa e critica, come a voler valutare l'operato del
maggiordomo. Alla fine dovette trovarlo soddisfacente perché
rilasciò un miagolio grato.
Suppongo che non avrei potuto
aspettarmi di meglio da un umano vestito da dandy.
- Non c'è di ché. - ribatté
Sebastian, inchinandosi. - Qualunque cosa per un esemplare così
magnifico, se mi concedete il complimento. -
La micia sembrò apprezzare la lode e
gli permise di accarezzarla, prorompendo in un concerto di fusa.
Questo tizio sa come lusingare una
signora, non ci sono dubbi. Mmm, e anche le sue carezze sono
piacevoli.
- Oh, povero me! - esclamò a un tratto
Sebastian colpendosi la fronte e facendola sobbalzare per la
sorpresa. - Mi stavo quasi dimenticando le regole dell'ospitalità.
Che razza di maggiordomo sarei se non trattassi un'ospite con tutti
gli onori? Dopotutto, i Phantomhive sono famosi per l'accoglienza che
riservano ai visitatori. Allora, che ne dite di uno spuntino di
mezzanotte, mia bellissima Lady? -
La bestiola miagolò di nuovo,
deliziata, e Sebastian si prese la libertà di interpretare quel
suono come un assenso. - Attendete qui, prego. Sarò subito di
ritorno. -
Questa magione deve appartenere di
certo a una famiglia nobile e ricca. Le loro dispense saranno
sicuramente colme di cibo squisito. Mi aspetta un pasto da regina! Ho
già l'acquolina in bocca!
Poco dopo, Sebastian rientrò nella
stanza reggendo una brocca di porcellana decorata con motivi floreali
e una tazza da tè abbinata. Vi versò del latte tiepido e la porse
alla gatta. - Volete favorire, Milady? -
L'ospite pelosa annusò il contenuto e
arricciò il naso, trafiggendo il maggiordomo con uno sguardo offeso.
Latte?! Mi stai prendendo in giro?!
Cos'è, mi hai presa per una poppante?
Il demone sbatté le palpebre,
interdetto. - Oh, sono spiacente. Non è di vostro gradimento? -
Per tutta risposta, la gatta
indietreggiò disdegnando l'offerta e sedette sulle zampe posteriori,
fissando Sebastian con imperiosa insistenza, in attesa che
comprendesse la natura della sua disapprovazione.
Vedi un po' tu! Credi che mi sia
fatta questi denti affilati ingollando latte ogni santo giorno della
mia vita fino a oggi? Ma andiamo! Non posso credere che in questa
casa enorme non ci sia niente di meglio da offrirmi!
Alla fine, il maggiordomo stirò le
labbra in un sorriso. - Ah, capisco. Il vostro palato è piuttosto
esigente e difficile da soddisfare, vero? Non vi accontentate di un
pasto mediocre. - la sua espressione assunse una piega diabolica. -
Come me, del resto. -
A quel
punto, la gatta si sentì rizzare il pelo. Uh, e quel
luccichio rosso nei suoi occhi da dove arriva? Non ricordo di aver
mai visto nulla di simile negli esseri umani. Ma, in effetti, questo
damerino ha qualcosa di decisamente strano...
- Molto bene. Abbiate la compiacenza di
perdonare il mio errore, Milady. Ritornerò immediatamente con
qualcosa che sono certo sarà all'altezza dei vostri gusti raffinati.
-
Sarà meglio per te, Spilungone
Inquietante.
Non erano trascorsi neanche dieci
minuti quando Sebastian rientrò, stavolta reggendo un grande piatto
da portata coperto da una cloche.
Si chinò sul letto e servì la
pietanza con grazia, rimuovendo la copertura bombata e rivelando le
leccornie sottostanti.
- Per voi questa sera abbiamo paté di
pregiato salmone scozzese accompagnato da una delicata salsa di erbe
aromatiche. Spero che questo menù sia adeguato, Milady. -
La gatta miagolò estasiata, gli occhi
verdi luccicanti e il naso che fremeva, solleticato dal profumino che
si levava dal piatto.
Ora sì che ragioniamo!
Sebastian si
godette la visione della creatura che faceva onore alle sue
preparazioni, fino a non lasciare neanche una macchiolina di salsa.
Riportò il piatto
in cucina e quando rimise piede nell'alloggio trovò la sua ospite
ancora intenta a leccarsi i lunghi baffi con evidente soddisfazione.
Le rivolse un
sorriso compiaciuto. - Sono lieto che abbiate apprezzato la cena. -
Puoi dirlo forte!
Il demone si
distese sul letto sistemandosi la gatta in grembo e prese a
vezzeggiarla. Lei, dal canto suo, ora che la zampa non le doleva
quasi più e si sentiva sazia, fu ben felice di quelle attenzioni e
ricambiò con leccatine, strusciamenti e fusa.
- Ah, un corpo così agile e flessuoso;
pelo lucido e soffice; occhi brillanti come pietre preziose; e questi
adorabili polpastrelli rosa... Oh, i gatti sono semplicemente
perfetti! -
La
micia gli premette il muso contro la mano, incantata dalle sue
lusinghe. Al diavolo l'aspetto inquietante! Questo tipo è
un vero tesoro! Meowww!
Sebastian le
sorrise, poi la sua espressione si adombrò e un sospiro sfuggì
dalle sue labbra. - Oh, che crudele ironia. - si lamentò. - Proprio
a me, che amo così tanto i gatti, doveva essere affibbiato il nome
di un cane. Non la trovate una tremenda ingiustizia, Milady? -
La gatta gli concesse uno sguardo pieno
di solidarietà, prima di acciambellarsi sul suo petto e
addormentarsi, cullata dalle sue carezze.
L'alba si presentò puntuale,
portandosi via gli ultimi residui di nuvoloni scuri, presagio di un
giorno sereno e luminoso.
La micia dormiva ancora profondamente,
raggomitolata sul ventre di Sebastian.
Il demone le dedicò un'occhiata
adorante, dopodiché la trasferì con cautela sul materasso e si
alzò, mettendosi al lavoro per dare inizio alla giornata del
padroncino. Stirò le pagine fresche di stampa del Times in
modo che non rimanesse neanche la più piccola stropicciatura.
Approntò la colazione e dispose il tè del mattino sul carrello da
portata, dirigendosi poi alla camera del conte.
Aprì la porta ed entrò nell'ambiente
immerso nella penombra.
- Padroncino, è ora di alzarsi. -
disse, scostando le tende per lasciar filtrare la luce morbida del
sole nascente.
Dalle coperte giunse un suono a metà
tra un mugugno e un gemito.
- Padroncino? - chiamò di nuovo in
tono paziente. - Il tè finirà per raffreddarsi. La miscela di oggi
è Earl Grey, il vostro preferito. -
Ciel Phantomhive scostò le lenzuola ed
emerse dalle coltri, gli occhi ancora gonfi di sonno e i capelli
arruffati.
Sebastian lo accolse con un sorriso
affabile. - Ben svegliato, signorino. Mi auguro abbiate riposato. La
vostra agenda di oggi è molto fitta. -
Il maggiordomo versò il tè e allungò
la tazza al ragazzino, intento a stiracchiarsi e sbadigliare senza
ritegno.
- Spero almeno che non ci sia in
programma una lezione di danza. - borbottò prima di prendere un
sorso della bevanda ambrata.
- Per vostra fortuna, Mrs. Mayerl è
bloccata a letto da un brutto raffreddore e si è trovata costretta
ad annullare il suo impegno con voi questa mattina. Dato il poco
preavviso, non mi è stato possibile trovare una sostituta in tempo,
dunque la vostra lezione di danza sarà rimpiazzata da una di
storia.-
Il conte emise un impercettibile
sospiro di sollievo. - Be', questo è un vero peccato. - commentò,
ironico.
Sebastian fece un sorrisetto allusivo.
- Naturalmente, almeno per oggi, potrei fare io stesso le veci di
Mrs. Mayerl e ricoprire il ruolo di istruttore. Ne sarei onorato. -
Ciel lo guardò di sbieco. - Tsk, ci
siamo già passati e, se ben ricordo, i tuoi metodi sono risultati
poco efficaci in quell'occasione. -
Il demone chinò il capo in una posa di
falso dispiacere. - Le mie scuse, my Lord. Volevo solo essere d'aiuto
al mio padrone. -
- No, tu volevi solo farti una risata
alle mie spalle, demonio. Ad ogni modo, quali sono gli altri impegni
per la giorn... ETCHUUU!!! -
La domanda del conte venne bruscamente
troncata da un violento starnuto. La tazza oscillò pericolosamente
nella sua mano e solo per miracolo il tè non si versò sulle
lenzuola.
Colto alla sprovvista, Ciel strizzò
gli occhi e tirò su col naso. Le narici avevano iniziato a
prudergli, come se avesse inspirato del pepe.
Fece appena in tempo a posare la tazza
sul carrello prima che sopraggiungesse un secondo starnuto.
- Oh, cielo. Vi state raffreddando,
signorino? -
Sebastian gli si era avvicinato,
chinandosi su di lui con un'espressione preoccupata disegnata sul
viso. Il fatto che il suo padrone soffrisse fin da piccolo di una
severa forma di asma rendeva anche una banale infreddatura un
pericolo da non sottovalutare.
Protese una mano e gli scostò i
capelli dalla fronte per sentire se avesse la febbre.
- Non siete caldo. - dichiarò,
ritraendo il braccio. - Questo è un bene. Ma vi prego di informarmi
immediatamente se doveste avvertire qualche malessere. La salute
degli umani è molto soggetta agli sbalzi di temperatura in questa
stagione e non dovete trascurare il fatto che la vostra è
particolarmente delicata. -
Ciel scosse la testa, liquidando quelle
raccomandazioni apprensive con un cenno irritato. - Smettila di
preoccuparti come una chioccia, mi stai dando il voltastomaco. E
comunque sto benissimo. - asserì, prima di accigliarsi e assumere
un'aria pensierosa. - Però sento pizzicare il naso e la gola. È
strano: di solito mi succede quando ci sono gatti nelle vicinanze...
-
A quelle parole, Sebastian s'irrigidì,
trattenendo il fiato. Non immaginava che la sensibilità al pelo dei
felini del suo padroncino fosse radicata a tal punto. Era stato a
contatto con la gatta solo per poche ore, inoltre si era assicurato
che i suoi vestiti fossero ben spazzolati prima di salire in camera
per svegliarlo.
Il demone si schiarì la voce e indossò
la facciata più innocente che riuscì a evocare. - Gatti, dite? -
Ciel annuì, strofinandosi il naso. -
Bah, probabilmente si tratta solo di un po' di polvere. -
Il maggiordomo colse la palla al balzo.
- Non vedo altra spiegazione, signorino. - assentì, forse con un po'
troppo slancio. - Avevo incaricato Mey Rin di spolverare la vostra
stanza e temo che i suoi problemi di vista abbiano interferito con
questa mansione. Tuttavia, come maggiordomo, avrei dovuto assicurarmi
che il lavoro fosse stato svolto alla perfezione. Vi prego di
perdonare la mia negligenza. Non succederà più. -
- Mmm. - Ciel sollevò lo sguardo su di
lui, fissandolo con piglio severo. - Sebastian? -
Il demone si sentì percorrere la
schiena da un brivido gelido. Uno degli obblighi a cui era vincolato
dal contratto era il divieto assoluto di mentire al suo padrone.
Occultare la verità era un conto, ma se gli avesse posto una domanda
diretta ordinandogli di rispondere con sincerità, non avrebbe potuto
fare altro che rivelare di aver clandestinamente introdotto un gatto
in casa.
I secondi si dilatarono fra i due
mentre una palpabile tensione riempiva lo spazio tutt'intorno.
Infine, Ciel riprese la parola: - Ieri
sera ti ho detto che per la colazione di oggi volevo degli scones al
cioccolato. Li hai preparati, non è vero? -
Il demone si rilassò all'istante,
benedicendo la golosità del suo padrone. Il sollievo fu tale da
indurlo a scoppiare in una risatina, opportunamente soffocata per non
mancare di rispetto al padroncino.
- Certamente, my Lord. Come da voi
espressamente ordinato. -
Il ragazzo sollevò un sopracciglio. -
C'è qualcosa che ti diverte, per caso? Cos'è quel sogghigno che
stai cercando di nascondere? -
- Nulla, padroncino. - dichiarò il
maggiordomo prima di schiarirsi la voce e tornare al solito contegno
misurato. - Se permettete, è ora che vi vestiate per la giornata. -
Ciel gli lanciò un ultimo sguardo
sospettoso ma alla fine decise che vestirsi alla svelta per scendere
in sala da pranzo dove lo attendeva un invitante piatto di panini
dolci al cioccolato era molto più importante che comprendere
l'origine dell'improvvisa ilarità del suo servitore.
Quando tornò nella sua stanza,
Sebastian sorprese la gatta accucciata sulla madia tutta indaffarata
a leccarsi il pelo lucente davanti allo specchio appeso alla parete.
Lo
degnò appena di uno sguardo. Era ora, Spilungone. Sei
stato via un bel po'.
Il demone sospirò, avvicinandosi alla
clandestina. - C'è mancato poco. - esordì senza preamboli, parlando
più che altro a se stesso. - L'allergia del padroncino è molto più
seria di quanto pensassi. Se ti tenessi con me, finirebbe senz'altro
per accorgersene e temo che, alla lunga, possa nuocergli. -
La micia sospese le operazioni di
toeletta e lo guardò severamente. Mi stai dando il benservito?
- Suvvia, non guardarmi così. - la
blandì con voce calda e conciliante. - Vorrei davvero poterti
tenere, ma in quanto maggiordomo, la mia priorità è salvaguardare
la salute e il benessere del mio padrone. E poi, voi gatti non siete
creature nate per essere tenute al guinzaglio, giusto? -
Gli
occhi smeraldini della gatta mandarono un lampo d'orgoglio.
Certo che no! La catena intorno al collo piacerà a quei volgari
sacchi di pulci sempre a scodinzolare intorno agli umani, non è roba
per noi... però, quel paté di salmone era così buono...
La gatta abbassò
le orecchie e chinò il capo soffice in una posa che denotava tutto
il suo rammarico per quella cenetta sopraffina che non avrebbe potuto
gustare in nessun altro posto.
- Oh, Milady, non
abbattetevi, vi prego. - riprese Sebastian, notando l'afflizione
della micia e riprendendo il gioco delle parti messo in atto la sera
prima. La sollevò e se la strinse al petto, ricominciando a
coccolarla. Sebbene si sentisse ancora indignata per quel trattamento
scandaloso, la gatta non poté trattenersi dal fare le fusa.
- Mi scuso per le
mie orribili maniere, Milady, ma vi chiedo rispettosamente di
ascoltare la mia proposta. -
Lei lo guardò con
vago interesse. Una proposta? E va bene, sentiamo.
- Se rimarrete nei
paraggi della tenuta, prometto di farvi trovare ogni giorno qualche
manicaretto che possa compensarvi di questo oltraggio e magari, di
quando in quando, voi sarete perfino così gentile da farvi
accarezzare un po' da questo umile servitore. -
Spuntini gratis e senza sforzo in
cambio di qualche carezza? Andata! Abbiamo un accordo, mio galante
Spilungone!
Da quel giorno,
Milady si presentò puntuale ogni mattina alla porta che dava sul
retro del maniero.
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